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Erotici Racconti

L’amazzone

By 10 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

La storia che vi sto per raccontare ha dell’incredibile ma &egrave vera.

E’ dedicata al mio amico Linus che ha gradito ‘Patrizia’ e che ringrazio per le parole di apprezzamento.

Era un Sabato mattina e come in molte altre occasioni stavo ‘pascolando’ il mio cagnolino al parco mentre ero intento nella lettura del quotidiano quando fui ridestato dalla intensa concetrazione da un leggero strattone al guinzaglio.

Nerone ( questo il nome del mio adorato e fedele amico ) aveva addocchiato sicuramente un altro cane o magari una bella cagnolina.

E infatti !

Si trattava di un bellissimo e possente boxer al guinzaglio di una splendida creatura di sesso femminile che passo a descrivervi perch&egrave lo merita..

170 cm circa , capelli neri e lisci a incorniciare un viso dolce ed espressivo su cui risaltavano due occhioni nerissimi e grandi che bruciavano come il fuoco.

La bocca ben disegnata era ricoperta da un velo di rossetto rosa e si dischiudeva in un dolce sorriso che rivelava una chiostra di denti perfetti e candidi.

Una visione !

Indossava una di quelle magliettine striminzite che lasciano scoperto l’ombelico e dei pantalocini di jeans a vita bassa che lasciavano scoperte le anche tornite e la vita stretta.

Le lunghe gambe erano nude e davano l’impressione di una levigatezza incredibile.

Ai piedini dalla forma delicata portava dei sempllici sandaletti di cuoio neri che li lasciavano interamente scoperti.

Le unghie erano teneramente dipinte di un rosa molto delicato e molto femminile.

Il seno non sembrava enorme ma doveva essere sodo perch&egrave non sembrava portare reggiseno e la gravità per il momento sembrava avere perso la battaglia a tiro alla fune e infatti i capezzoli svettavano chiaramente orgogliosi e puntati verso il cielo come due missilietti antiaerei.

Le braccia erano ben disegnate e piuttosto muscolose così come le spalle e il ventre che metteva in mostra degli addominali ‘a tartarughina’ da come erano scolpiti.

Le cosce e i polpacci recavano anch’essi i segni di un’attività fisica non comune : erano particolarmente sviluppati e sembravano parecchio tonici.

La prima impressione di ‘esilità’ fu ben presto cancellata : la ragazza , che in seguito appresi chiamarsi Elena era tutt’altro che esile, anzi a occhio doveva essere piuttosto forte, a giudicare da come controllava con una sola mano gli strattoni del Boxer che si voleva a tutti i costi avvicinare a Nerone.

Come ogni proprietario di cane ben sa non c’&egrave niente di meglio che un cane per ‘rompere il ghiaccio’.

Infatti così fu : In breve , una volta lasciati annusare reciprocamente i due cani e stabilito un patto di non belligeranza , iniziammo un tratto di strada insieme dove avemmo occasione di chiacchierare piacevolmente per una decina di minuti , fino a quando avvenne il fatto che mi sconvolse l’esistenza .

Distratti dalla piacevole conversazione, nessuno dei due si era accorto del sopraggiungere , sul nostro stesso sentiero, di un energumeno di almeno due metri, grosso e forte come un orso all’apparenza che recava con se, naturalmente senza guinzaglio, come si addice alla media dei proprietari di quell’aspetto, un enorme e sbavante rottweiler che , a giudicare come si avventò sui nostri due cani doveva essere stato addestrato al combattimento.

La visione di questo mostro lanciato a 40 km/h buoni contro di noi a me personalmente produsse un effetto paralizzante.

Mi bloccai senza saper bene cosa fare ma d’istinto mollai Nerone in modo che almeno potesse darsela a gambe. Fu una mossa giusta . Per Nerone ! Il piccolino se la diede a gambe infilandosi in una vicina macchia di cespugli.

Ora il terrore puro mi aveva assalito e attendevo l’iiminenza dell’assalto.

Elena dal canto suo aveva fatto la medesima cosa, dando al suo cane almeno la possibilità di difendersi , cosa che sicuramente sarebbe stata impossibile se fosse stao al guinzaglio.

IL Boxer tigrato rimase al nostro fianco e prese ad abbaiare furiosamente all’indirizzo del Rottweiler il quale per nulla impressionato continuò la sua corsa omicida verso di noi.

Io cercai disperatamente un qualcosa che potesse servire da arma, un bastone, una pietra ma…nulla, solo foglie e inutili rametti. Nel frattempo buttai un’occhiata al mio fianco per vedere che cosa stava combinando Elena che io immaginavo paralizzata dal terrore.

Immaginatemi il mio stupore quando , invece di vedere una dolce e tenera creatura indifesa tremante di paura, mi trovai al fianco un essere completamente trasformato rispetto alla persona che avevo incontrato dieci minuti prima.

Calma come una roccia, attendeva l’arrivo del cane e nella mano destra impugnava saldamente una di quelle corte spade giapponesi dalla lama rettangolare che credo si chiamino ‘Bokken’.

La Bokken era l’arma di ‘back up’ dei Samurai che la portavano sempre insiema alla più famosa Katana, la lunga spada resa famosa da tanti film di Kung Fu.

Le gambe erano leggermente flesse e i piedi che ora mi accorsi essere nudi ( doveva aver scalciato i sandali per norischiare di scivolare ) si ancoravano bene al terreno.

Il viso era calmo e disteso senza ombra di aggressività.

L’azione fu talmente rapida che quasi non riuscii a coglierla nella sua interezza : il cane lanciato come una furia e con le fauci spalancate, spiccò un balzo verso di noi.

Elena spostò il corspo verso sinistra a scansare l’attacco e immediatamente scattò con una lieve ma rapidissima rotazione di busto e braccio leggermente flesso con la lama a tagliare.

La lama affilatissima penetrò nella gola del cane come il filo caldo nel burro e ne uscì dalla parte opposta tranciando tutto ciò che incontrò sul suo cammino, vene arterie, ossa tendini.

Il Rottweiler atterrò già morto e con la testa attaccata per un lembo di pelle.

Io ero sconvolto . Elena non tradiva il minimo segno di emozione e non aveva nemmeno il fiatone. Con calma ripose il coltello insanguinato nella guaina che , scoprivo solo ora, portava appeso con una bretella sulla schiena con ilmanico rivolto verso il basso.

Nel frattempo , urlando e bestemmiando , stava sopraggiungendo l’energumeno , che esaminato da vicino , almeno a me , incuteva più timore del cane.

Una bestia , grosso e scuro, largo come un armadio a due ante, dotato di bicipiti grossi come le mie cosce e a occhio, in grado di staccarmi la testa a mani nude.

Penso che fosse proprio quella la sua intenzione ed io a quel punto avevo perso ogni speranza di ritornare a casa con le mie gambe.

Non così Elena che attese con calma assoluta l’arrivo del bestione e , mentre questo , sempre bestemmiando ( a questo mondo certa gente non capisce mai quando &egrave il momento di ammettere di avere torto marcio : ad ogni modo non era il momento di cercare di spiegarglielo) si slanciava verso di me, forse colto da un empito cavalleresco che gli impediva di alzare le mani contro una signora; scattò verso il basso e facendo perno sul piede sinistro e puntando le mani a terrà lo falciò con la gamba destra provocandone la caduta rovinosa .

L’azione tanto fluida quanto rapidissima , non era certo terminata.

Mentre il bestione ancora rotolava per terra Elena era già scattata in piedi e , non appena questo rialzò il viso puntandosi con le mani per cercare di rialzarsi, lo colpì con un calcio di tallone di una precisione e di una potenza devastante che lo rispedì a terrà con il naso rotto e sanguinante.

La regola aurea del combattimento dice che quando hai un vantaggio , &egrave meglio sfruttarlo , colpire duro e in fretta.

Elena non attese che la bestia recuperasse l’equilibrio e partì con un calcio rotante di collo pieno dritto sull’orecchio che lo stordì e immediatamente dopo, in sequenza, con un calcio frontale inpiena faccia che lo mandò al tappeto definitivamente.

Non rimanemmo li ad aspettare che si rialzasse , richiamammo i cani e rapidamente ci dileguammo.

Il tutto avvenne nell’arco di una trentina di secondi al massimo.

Io ero choccato ! Un’esile creatura di 55 Kg al massimo aveva test&egrave ucciso un cane da combattimento e praticamente disintegrato un energumeno capace di sradicare una cabina telefonica senza nemmeno molta fatica.

E non aveva nemmeno il fiatone.

Fu lei a confortarmi e a rincuorarmi e mi invitò a casa sua, poco distante da li per prendere qualcosa .

Dopo avermi completamente sbalordito con uno show di potenza e superiorità fisica e psichica devastante , Donatella ( solo in seguito scopersi il suo nome : non c’era stato il tempo fisico dato il succedersi degli avvenimenti ), ritornò ad essere quella creatura dolce e bellissima che mi aveva stregato solo venti minuti prima degli avvenimenti.

Il ‘Fil Rouge’ non si era spezzato ma anzi rafforzato . Bruciavo dalla voglia di saperne di più , di conoscere l’origine di tanta forza , velocità e potenza.

Iniziai a farle domande a raffica alle quali sembrava essere riltuttante a rispondere.

‘Tutto a tempo debito, ora vieni a casa mia, ho bisogno di rilassarmi e di una doccia, sono tutta sudata’.

Dopo un breve tragitto in auto , raggiungemmo una bella villa un po’ fuori mano, circondata da un grazioso giardino e immersa nel verde.

Donatella liberò il cane che corse a dissetarsi alla fontanella dove zampillava acqua fresca e trotterellò tranquillo insieme a Nerone con il quale aveva fatto amicizia.

‘Prego accomodati’, disse Donatella entrando in casa e contemporaneamete scalciando via i sandaletti.

Rimase a piedi nudi, quei piedini deliziosi e ben curati che avevano giusto pochi minuti fa disintegrato un bestione da centocinquanta Kg buoni .

‘Mi aspetti un attimo ? Faccio in un baleno, intanto tu accomodati, prenditi da bere, accendi la televisione, fai quello che vuoi.’

Mi accomodai , presi un goccetto di cognac che avevo trovato nel bar e mi sedetti sul divano guardandomi intorno.

La casa era moderna, arredata con gusto ma notai che non c’erano foto o testimonianze rivelatrici della personalità o del passato della mia fresca amica.

Qualche strano oggetto, che doveva provenire da qualche viaggio, attirò la mia attenzione . Anzitutto Una specie di strano monolite di pietra di forma umanoide , simile ai Moai dell’Isola di Pasqua, troneggiava nel salotto.

La mia perplessità consisteva nel come avessero fatto a trasportarlo all’interno dato che , ad occhio doveva pesare non meno di una tonnellata. Ci vuole come minimo una benna di un Caterpillar per muoverlo.

Poi , allineati in bell’ordine su un tavolino dalle gambe rinforzate, degli strani oggetti cilindrici, apparentemente d’acciaio, di dimensioni ragguardevoli e crescenti dal primo , un cilindro di 15 cm di diametro e lungo una quarantina, fino all’ultimo, del diametro di 30 / 35 cm e lungo un metro abbondante.

Il tutto doveva pesare non meno di mezza tonnellata e l’ultimo, da solo , un centinaio di Kg.

‘ Ti starai chiedendo a che cosa servono ‘ disse Donatella arrivandomi alle spalle senza far rumore.

‘ Beh si , effettivamente….’ Le mie parole mi morirono in bocca quando la vidi.

Era appena uscita dalla doccia e indossava solamente la parte superiore di un Kimono da Karate. Sotto era completamente nuda.

Credo di aver assunto un’espressione idiota al momento ma immediatamente cercai di darmi un contegno anche se il mio sguardo non riusciva a staccarsi da quel corpo incredibile nudo e perfetto.

Ora potevo vederlo nel suo splendore . Era magnifico.

Le gambe lunghe e muscolose, il sedere pieno , la vita stretta gli addominali che ora mi sembravano davvero d’acciaio.

Il pube nero era incolto , foltissimo e selvaggio.

I seni , che mi erano parsi di dimensioni modeste erano invece una rispettabilissima quarta misura e di una sodezza marmorea con dei capezzoli lunghissimi e svettanti.

Ebbi un’erezione imponente che non tentai nemmeno di dissimulare.

‘Sono i miei attrezzi da allenamento ‘

‘ I tuoi attrezzi da allenamento ? Ma sono pesantissimi, Come fai a muoverli’

Donatella sorrise !

‘ Muoverli ? ‘ Per la verità devo cambiarli due o tre volte alla settimana perch&egrave alla fine del’allenamento sono da buttare’.

Ancora non capivo.

‘ MA scusa , in cosa consiste questo allenamento per cui quei cilindri d’acciaio sono da buttare ?’

Con un movimento rapido e disinvolto Donatella si tolse la giacca del Kimono e rimase completamente nuda .

‘Tu siediti sul divano che ora ti mostro’

Obbedii senza discutere.

Nuda e bellissima, afferrò il cilindro più piccolo , che a occhio non poteva pesare meno di 20/ 25 Kg.

Ne afferrò le estremità con entrambe le mani e cominciò a flettere.

Avvenne in lei una trasformazione che mi lascià senza fiato !

I suoi muscoli iniziarono a gonfiarsi a dismisura, raggiungendo in breve delle dimensioni da far invidia al più grosso dei Body Builders.

IL metallo , sotto la forza immane di quelle braccia , iniziò a flettersi fino a che il cilidro non divenne una specie di U .

Come se stesse maneggiando un fil di ferro , Donatella iniziò a compiere il movimento contrario e il metallo ritornò dritto.

Aumentò il ritmo come un uomo normale avrebbe fatto facendo delle flessioni e iniziò a pompare chiudendo e aprendo il tubo come se fosse fatto di plastilina.

Alla fine le sue braccia si muovevano tanto velocemente che non riuscivo quasi più a seguirne il movimento fino a che udii un secco ‘snappp’ e i due tronconi del tubo le rimasero in mano.

Con un gesto noncurante, li gettò a terrà provocando un clangore tremendo.

‘ E ora passiamo a qualcosa di veramente grosso’

SI diresse senza esitazione verso il cilindro da 150 Kg , enorme e pesantissimo.

Lo afferrò dalle due estremità e se lo appoggiò al petto.

Facendo trazione con le braccia e leva sul petto , iniziò a tirare con una forza pazzesca e , anche in questo caso il metallo , obbediente, si flesse fino ad assumere una forma ad U che ora avvolgeva il suo corpo.

Io ero terrorizzato e tremendamente eccitato di fronte a una tale dimostrazione di forza.

Ma non era finita qui.

Premendo sul centro della sbarra e appoggiandola sugli addominali ricominciò a tirare finch&egrave il metallo non ritornò dritto.

Continuò l’esercizio per venti trenta , quaranta, cinquanta volte fino a che il metallo , con un sordo botto, si tranciò di netto.

‘E ora le cose difficili ‘

Si accostò al ‘Moai’ , e con le mani infilate sotto la sua base cercò di sollevarlo da terra.

Senza sforzo apparente , Donatella inclinò il pietrone pesantissimo cercando di portare le mani verso il centro . Con uno scatto di reni, e flettendo le gambe, si infilò sotto il pietrone e con la forza di una pressa idraulica le sue braccia cominciarono a spingere verso l’alto.

Ora teneva il monolito completamente sollevato sopra la sua testa.

Io ero intimorito e non mi aspettavo che mi rivolgesse la parola.

Con voce ferma e senza un tremito mi disse : ‘ Fammi un favore, prendi quel tubo di ferro appoggiato alla parete’

Si riferiva ad un tubo d’acciaio di diametro 15 cm abbondanti e lungo 50 cm pieno.

‘Quello ? ‘ Dissi . ‘ Si quello ‘

Con un certo sforzo riuscii a muoverlo a facendolo rotolare lo portai vicino a lei .

‘E ora cosa devo fare? ‘

‘Tu niente, faccio io !’ Disse.

‘Tienilo solo drittto, al resto penso io ‘

Un po perplesso ubbidii non avendo ancora ben compreso che cosa intendesse fare.

Sempre reggendo il monolite sopra la testa, a passi sicuri e fermi si allineò con le gambe leggermente flesse sopra il tubo d’acciaio e lentamente si abbassò divaricando le cosce fino a che le labbra della sua fica appoggiarono contro l’estremità del tubo.

Con una mossa rapidissima, prese un piccolo slancio e si lasciò cadere a cosce aperte sopra il tubo che si conficcoò profondamente nella sua vagina.

Con un mugolio di soddisfazione si godette la sensazione di quell’oggetto mostruoso che penetrava nella sua fica e cominciò un lento ma costante movimento di su e giù.

Io ero ammutolito davanti ad una tale dimostrazione di forza.

Il suo ritmo accelerò tanto che il metallo si scaldò e fiotti di succo vaginale fuoruscivano a causa degli orgasmi multipli che stava sperimentando.

Poi , ad un tratto , si fermò, sempre sorreggendo il pietrone da una tonnellata e con il palo d’acciaio conficcato nella fica.

Trasse un respiro profondo e fece una cosa ancora più incredibille . Lentamente i suoi piedi si arcuarono e in un movimento repentino si staccarono dal suolo.

Le gambe si alzarono da terra fino a formare una spaccato perfetta.

La sua fica , con la sola forza dei muscoli interni stava sorreggendo il suo peso più quello del monolite.

Con repentini movimenti interni riusciva a sprofondare un po e poi a risalire . Anche in questo caso il ritmo aumentò fino a farle ragguingere un altro orgasmo squassante che allagò il pavimento di liquidi vaginali.

‘Ora basta mi sono stancata di questi esercizi’

Detto questo si rialzò e , sempre con il palo immenso conficcato nella fica, con un movimento dolce, posò il pietrone a terra senza neanche fargli fare rumore.

Poi con calma estrasse il palo dalla fica e me lo passò affinch&egrave io potessi esaminarlo.

Dalla parte conficcata, si poteva ossevare dove i potentrissimi muscoli vaginali avevano fatto presa perch&egrave la barra appariva deformata come se fosse stata sottoposta ad un’enorme pressione.

Ero sbalordito e l’eccitazione tremenda mi aveva provocato un’erezione mai sperimentata prima.

Chiesi allora il permesso di accarezzarla. Morivo dalla voglia di sentire sotto le dita la consistenza di quel corpo incredibile.

Lei sorrise e mi disse ‘ Hai il mio permesso’

Le mie mani vagarono su tutto il suo corpo, toccai i seni lisci levigati e sodissimi, le gambe muscolose, baciai i piedini delicati, e leccai la fica odorosa e fradicia,

Leccai il suo buchetto posteriore e volli baciarla sulla bocca per sentire la morbidezza delle sue labbra e della sua lingua.

Lei con dolcezza, aprì i miei pantaloni ed estrasse il mio membro che svettava duro e orgoglioso come una colonna di alabastro.

Con estrema delicatezza lo prese in bocca e cominciò a succhiarmelo , leccarlo fino a farlo diventare ancora più duro e rendermi pazzo e disideroso d possederla di congiungermi carnalmente a lei, alla mia Dea.

Con un movimento dolce e fluido appoggiò le labbra della fica sul mio membro e si lasciò cadere come aveva fatto con la sbarrà di acciaio.

Fun una sensazione incredibilmente forte che mi fece sballare di testa.

La sua fica sapeva essere fortissima ma anche estremamente mobile e delicata

.

Iniziò ad eseguire una serie di movimenti interni che accarezzavano l’asta del mio pene, accelerando e rallentando quqando avvertiva che stavo per venire.

Continuò così senza stancarsi a farmi arrivare sul limitare del piacere e arrestandosi quando sentiva eche non avrei più retto.

Alla fine la implorai di farmi venire perch&egrave credevo di perdere la ragione.

Sorrise e alla fine mi concesse di venire . Esplosi nel suo ventre con un getto copioso e abbdondatissimo che sorprese anche me.

Mai avevo sperimentato un godimento tanto acuto come con lei.

Esausto e felice le sorrisi e la baciai con dolcezza.

Era nato un amore.

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