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Le avventure di Carlo – 3o capitolo – In ufficio

By 21 Marzo 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Le avventure di Carlo

Mi chiamo Carlo, sono un ragazzo di trent’anni come tutti gli altri, o quasi. Sono curioso, il mio motto &egrave -come fai a sapere che non ti piace, se non lo hai provato-, cerco di vivere la mia vita secondo questa ideologia. Non poche volte questo ‘approccio’ alla vita mi ha messo anche nei guai. Ma sono ancora qui per raccontarvi delle mie avventure, quindi alla fine, &egrave sempre andato tutto bene.

3. In ufficio

Come già vi sarete accorti sono più che curioso. Ho anche qualche feticcio più o meno pesante. Fra i quali uno &egrave quello per le donne anziane. Non le famose e bellissime milf. Le vecchie. Se ci aggiungi anche il mio feticcio per le donne grasse arriviamo a questa storia.

Io sono contro le relazioni sul posto di lavoro, anche se si tratta solo di una storia di sesso oppure na scopata e via. Perch&egrave quella persona la vedi tutti i giorni, la vedi più di quanto vedi tua moglie. La nostra segretatia si chiama Camilla. Il nome fa pensare a una bella ragazza giovane e piacente. Ma Camilla era il contrario. Aveva forse 55 anni, portati male. Era piùttosto grassa e abbastanza bruttina. Era bassa, forse 1,60. Capelli corti biondo- castani con delle mash arancioni e nere. Gambe corte e tozze, un girovita immenso, un seno grande e floscio, un viso tondo con le guancie pendenti. Sembrava un bull dog. Ma passiamo alla personalità, diversamente da quel che si potrebbe credere era sicura di se, simpatica e sempre pronta alla battuta. Quando ci incrociavamo nei corridoi non mancavano mai delle battutine spinte. Non so se erano i miei feticci o se era la sua personalità, ma mi ero trovato sempre più spesso a fantastcare su di lei, qualche volta anche toccandomi. Sapevo che ci sarebbe stata, dalle battute che faceva e da come mi guardava.

Anche quel giorno la incrociai alla fotocopiatrice. Ero di fretta e hiesi se potevo usala prima io. ‘Certo, mi dovrai un piacere’ disse togliendo il suo foglio dalla fotocopiatrice. ‘Dai dopo alla macchinetta ti offrirò un caff&egrave!’ ‘Eh, si il caff&egrave. Io pensavo a qualcos’altro’ disse ammicando scherzosamente. Non era la prima volta che faceva un allusione così palese. Anzi, quasi ogni volta che eravamo solo noi due. Io sorrisi dicendo ‘Facciamo così, il caff&egrave intanto lo prendi come un’acconto.’ ‘va bene’ disse ‘io segno intanto’.

Quel giorno era una giornata nera, iniziata male e continuata male. Di solito il mio orario andava fino alle 18:00. Ma comes spesso accadev dovevo stare oltre per finire un’offerta per un cliente. Erano le 19:30 quando decisi di andare a bermi un caff&egrave. La ditta era tutta buia. Nella sala machinette risplendeva solo la luce bluastra dei distributori automatici. Inserii la chiavetta caricandola con alcune monete. Nel silenzio totatle si sentiva solo il tintinnio che faceva la moneta cadendo sulle altre nella macchinetta. ‘Anche tu qua? Giornata di merda eh?’ Sussultai.
Mi girai e vidi Camilla. ‘Anche tu le ore piccole Cami? Dai che ti offro sto caff&egrave’ Feci cenno alla macchinetta, lei scelse e premette il pulsante. La macchinetta partì. Bevemmo il nostro caff&egrave chiaccherando del più e del meno, stranamente senza alcuna allusione o battuta. Finito il caff&egrave ci salutammo e io mi diressi verso i bagni. Erano due ore che mi scappava la pipì, ma per il tanto lavoro mi ero praticamente dimenticato.

Tirai lo sciaquone e aprii la porta. Nella parte centrale che univa i bagni dei maschi con quello delle femmine c’erano i lavandini. Mi sciaquai le mani e le asciugai. Poi quando mi girai per uscire mi spaventai di nuovo. Camilla era li alla porta. Come aveva fatto ad avvicinarsi così silenziosamente. ‘Cami, mi hai spaventato’. ‘Non sono così brutta dai’ sorrisi e dissi ‘no affato, anzi ‘ ‘ un lungo silenzio. Si avvicinò sussurrando ‘riparlando di quel piacere che mi dovevi’. Io ero a disagio, non sapevo da che parte guardare. Ma non ebbi il tempo di rispondere. Camilla mi schiaccio contro il muro e mi baciò. Sapeva di caff&egrave e sigarette.Baciandomi mi spinse nel bagno delle donne e chiuse laporta dietro di se. Mi sbotonò ipantaloni e si sedettesulla tazza del water. Tirò giù i miei mantaloni. Il mio pene eretto saltò fuori dalle mutande. Lo prese con due mani scappellandolo e guardandomi. Poi appoggio la lingua sulla punta che era già un pò bagnata. Togliendola si formò un filamento lunghissimo e trasparente. Stringeva la mano saldamente attorno al mio cazzo e con l’indice dell’altra tocco la punta formando un altro filamento. Sorrise e sempre guardandomi con quegli occhioni troppo truccati se lo mise in bocca. ‘Ah, Cami.’ Iniziò a pompare prendendolo in gola. Io assecondavo i suoi movimenti. Sentivo come ogni tanto lo tirava un pò fuori girando la lingua sulla cappella, per poi rimetterselo in gola. Quando sentivo che stavo per venire la fermai. Le dissi di rimanere seduta e le tolsi le scarpe. Sbottonai i suoi pantaloni e sfilai mutande e pantaloni contmporaneamente. Le sue gambe e il suo sedere erano molli e piene di cellulite. La sua fica non si vedeva nemmeno fra tutto il grasso ed il pelo che la circondavano.

Mi inginocchiai davanti a lei le aprii le gambe con le mani e ammirai lo spettacolo. La sua fica era già tutta bagnata e il suo succo vaginale aveva inzuppato tutto il pelo attorno. Ci affondai il viso laccando e aspirando tutto il suo succo dolciastro. Aveva un odore pungente di sudore e pipì. Leccai spingendo la mia lingua più in profondità possibile, poi stuzzicandole il clitoride. Avevo perfino i capelli bagnati. Ogni tanto alzai la testa per prendere aria. Vidi che si era tirata su la camicia e il reggiseno facendo penzolare i suoi seni molli. Con una mano iniziai a massagiarle le tette pizzicandole i capezzoli. Lei sussultava dal piacere. Poi all’improvviso mi prese la nuca ansimando spingenomi la faccia nella sua fica. Io leccai con più foga. Girò e si afflosciò. Era venuta. Io continuai a leccare ma lei mi fermò. Prendendo aria. ‘Volgio il tuo cazzo adesso’ disse. Poi mi guardò con sguardo imbarazzato e disse ‘Ti scandalizzi se prima faccio la pipì’ Sentivo il mio cazzo esplodere dall’eccitazione. Misi la testa fra le sue gambe e dissi. ‘No, pisciami in bocca’
‘Madai Carlo non fare lo stupido’ disse lei spingendomi via. Io mi rimisi in posizione a bocca aperta. Lei non disse niente. Si concentrava. ‘Non riesco così’ disse. ‘Ci riesci, ci riesci’ dissi ‘chiudi gli occhi e non pensare a niente’. Chiuse gli occhi e si concentrò. Sentivo come spingeva, poi ancora prima di assaporarla ne sentii l’odore. Poi un fiume di piscio giallo e caldo mi inondò il viso. Tentai di berne il più possibile. Quando ebbe finito la leccai tutta.

Si alzò e si appoggio al muro a novanta. Io mi sputai in mano e le misi tutto lo sputo sulla vagina lubbrificando. Lei girò la testa ‘No, da li sono già venuta’ mi disse. Presi la palla al volo, le aprii le natiche con le mani, spostando quelle montagne di cellulite, scoprendo un picolo buchino scuro contornato da pelo. Le sputai sul bucino e sul mio cazzo. Lo puntai e spinsi. Sentivo come lei premeva contro. Sentivo come a ogni spinta entrava sempre un pò di più. Arrivato in fondo iniziai a pompare. Lei asimava dicendo il mio nome. Io mi piegai su di lei, sempre pompando e presi in mano le sue tette che penzolavano. La loro consistenza flaccida mi faceva eccitare ancora di più. Pompai per pochi minuti poi non riuscivo più a controllarmi e venni. Rimasi dentro di lei il mio venrte appoggiato sulla sua schiena piena di sudore. Sentivo come chiudeva i muscoli dello sfintere attorno al mio cazzo che si stava pian pianino afflosciano dentro di lei.

Quando il mio pene scivolò fuori da solo ci staccammo. Ci rivestimmo in silenzio e tornammo ai nostri lavori come se nulla fosse successo. Anche i giorni e mesi successivi era tutto come prima. Le mie paure per una relazione sul posto di lavoro risultarono completamente infondate. Non si presentò mai più una occasione come quella. Ma sia io che lei lavoriamo tutt’ora in quella ditta e chi lo sa, forse un domani l’occasione si ripresenterà. Io lo spero.

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