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Le gemelle schiave (parte I)

By 8 Luglio 2021No Comments

Due giovani e avvenenti gemelle diventano oggetto della sconsiderata brama sessuale di un depravato sessantenne che, in cambio di loro prestazioni erotiche, è disposto ad annullare un pesante debito che il loro padre ha contratto con lui.
(per commenti scrivete a: pensieriosceni@yahoo.it)

Sono Alberto G., ho 60 anni e desidero ora confessare la vicenda che da marito fedele e padre esemplare mi ho portato ad essere l’amante e il padrone di due diciottenni e a scoprirmi un depravato!

Sono un imprenditore edile molto attivo nella regione in cui vivo (per ovvi motivi eviterò di dire quale) e per lavoro ho conosciuto Ernesto, divenuto mio socio, e la sua famiglia: la moglie e le loro due figlie, Vittoria ed Eleonora, due gemelle perfettamente identiche tra loro. Allora erano due bambine, bellissime ma odiose, superbe, viziate e guardandole crescere mi affascinava il loro diventare sempre più ribelli e sprezzanti. Spesso sorprendevo me stesso a fissarle, stregato dalla loro bellezza e intrigato dal loro carattere.

Ad Ernesto ho fatto un prestito per aprire un locale, un club privé, e con la scusa di tenere d’occhio i conti ero da loro ogni giorno. Così quella morbosa, insana attrazione per le due ragazze cresceva. Più diventavano graziose ma insopportabili più ne restavo turbato e affascinato. Loro lo hanno capito e smaliziate si divertivano a irretirmi con il loro fare civettuolo, i sorrisetti intriganti e certe occhiate malandrine. Io sono stato a quel gioco, consapevole di quanto fosse assurdo e insensato quel feeling morboso con ragazze di cui potevo essere nonno. Sapevo quanto fosse sbagliato e rischioso ma a rassicurarmi, frenandomi, era la presenza dei genitori ogni volta che mi trovavo da loro. Poi il locale di Ernesto ha segnato il rosso, l’attività è arrivata sull’orlo del fallimento e quell’incapace ha bruciato tutti i soldi che gli avevo prestato, che intanto erano diventati a 200mila euro!

Quando ho scoperto il suo ammanco gli ho parlato a muso duro al telefono, dicendogliene di tutti i colori e pretendendo un incontro, quella stessa sera, per farmi dare conto della sua scellerata gestione dei miei soldi.

Mi ha dato appuntamento da lui nel tardo pomeriggio e arrivando mi sono trovato nel mezzo di un litigio furioso tra lui e le figlie. Sentivo le urla uscendo dall’ascensore, mi sono fermato davanti la porta di casa indeciso se suonare o meno, pareva proprio un momento inopportuno per presentarmi. Sentivo le urla isteriche delle figlie che accusavano il padre di essere un fallito, uno che aveva sempre sprecato tutte le occasioni per farle vivere nel lusso. In effetti Ernesto era un Re Mida al contrario, su qualunque affare mettesse le mani finiva per trasformarlo in merda, ed il mio prestito ne era la prova evidente.

Quando ho suonato mi ha aperto una delle figlie, l’altra singhiozzava isterica, con le mani nervose e tremanti strette alla testa e il padre lì accanto che provava a calmarla sporgendosi timoroso verso di lei.

La lite era scoppiata quando lei era uscita dalla doccia, aveva addosso un asciugamano e sulla pelle nuda scorrevano ancora le goccioline d’acqua. Era la prima volta che ammiravo quella bella ragazza quasi nuda, l’agitazione le aveva fatto abbassare l’orlo dell’asciugamano che scopriva così le tette sode, di una quarta misura abbondante, che vedevo sollevarsi e scendere per il respiro agitato.

La rabbia che avevo già in corpo più la scena a cui stavo assistendo, hanno fatto sì che una pulsione incontrollata tra le cosce mi facesse venire una potente, oscena erezione che mi gonfiava i pantaloni, mentre Ernesto cercava di calmare la figlia che frignava in mezzo alla sala. L’asciugamano pareva sul punto di caderle, gli orli le pendevano sui gomiti e le tette erano sgusciate quasi del tutto fuori, mostrando le areole color carne e i capezzoli assai puntuti.

In quell’istante ho capito che c’era solo una cosa che avrei accettato come saldamento del debito che lui non poteva pagare: le sue figlie. Il cazzo indurito che mi scalpitava nei pantaloni ne era la prova e volevo subito svelare le mie intenzioni alle ragazze. Approfittando del momento così teso ho detto al padre che era meglio se andava via perché la sua presenza riusciva solo a renderle isteriche.

“Vai a farti un giro, esci. Ci penso io a calmarle.” Gli ho detto rassicurandolo.

“Ma dobbiamo parlare del tuo prestito.”

“Non è il momento adesso! Hai visto come hai fatto sclerare tua figlia! Sparisci per un po’!” Ho sbottato, quasi spingendolo verso l’uscita. Quando se n’è andato ho chiuso la porta e mi sono voltato verso di loro che mi fissavano aspettandosi una qualche ramanzina.

“Ragazze, non farò come quel coglione di vostro padre che sa dirvi soltanto di non preoccuparvi e che risolve tutto lui. Non vi indorerò la pillola; la vostra situazione economica è seria, molto. È disastrosa. L’ammanco di vostro padre è da spavento e la cosa grave è che il debito che la vostra famiglia ha con me è legato a una cosca mafiosa molto potente e cattiva.”

“I soldi del tuo prestito sono soldi dei mafiosi???” Esclamavano sorprese e terrorizzate.

“Siete sveglie, ragazze. Meglio così.”

Una ha ripreso a singhiozzare, urlando che li avevo messe nelle grinfie dei mafiosi, la sorella la abbracciava e cercava di calmarla poi si voltava verso me chiedendomi con lo sguardo se potessi fare qualcosa, implorandomi di farla.

“La situazione non è disperata, ragazze. L’ingente somma di denaro che ha dilapidato vostro padre può essere coperta da voi due. Se siete disponibili…”

Le due gemelle mi guardavano interrogative e io, bramoso di loro, ero deciso più che mai a ottenere ciò che volevo. Così esposi deciso la mia proposta indecente.

“Ragazze, io sono pazzo di voi due. La mia è una vera ossessione, vi desidero, vi voglio, non faccio che pensare a cosa vi farei!”

Da sorprese e curiose rimanevano basite e scandalizzate. Le conoscevo da quando erano bambine, mi rinfacciavano l’averle viste crescere e trovavano inconcepibile il mio arrivare a desiderarle sessualmente. Mi ero esposto troppo, confessando la mia ossessione, potevo avergli dato l’impressione di poter essere loro a dominare me, così ho continuato mostrando più freddezza e cinismo.

“Smettete di fare le scandalizzate, vi siete divertite a fare le maliziose con me, ho sempre visto come vi scambiavate occhiate di intesa ogni volta che mi mostravate le vostre scollature e le minigonne inguinali!

Le cose stanno come vi ho detto. Senza giri di parole, chi può evitarvi di finire male è solo il sottoscritto. E oltre a tirare fuori voi stesse e i vostri genitori dai pericoli potreste permettervi la bella vita, tutte le comodità e i vizi a cui siete abituate e molto di più.

Se esco da quella porta…” L’ho indicata alzando la voce e aggrottando minaccioso la fronte. “…Non ritornerò mai più e i 200mila euro di debito verranno a riscuoterli i mafiosi! Quelli ammazzano anche per duemila euro, vi rendete conto cosa vi farebbero per una cifra così grossa? Sgozzano i vostri genitori e vi mettono in strada a battere insieme alle slave e alle nigeriane! Volete questo?”

Le avevo fatte spaventare a dovere. Eleonora, in preda ad una ancora maggiore disperazione, mi s’è buttata tra le braccia piagnucolando e implorandomi di non fargli questo.

Sentire il corpo morbido e sodo della ragazza contro il mio mi stava eccitando ancora di più, il cazzo duro e sporgente premeva contro il suo morbido bacino e la mia erezione diventava oscena. Sentivo che avevo perso la ragione e che stavo per fare una pazzia; liberare finalmente tutte le voglie e le fantasie indecenti che più o meno inconsciamente albergavano nella mia testa da tanto tempo. Eleonora continuava a frignare sulla mia spalla, io le ho stretto la faccia tra le mie mani e l’ho fissata.

“Non piangere più tesoro, ora se vuoi puoi salvarti… dipende solo da te.”

“E cosa devo fare?” Chiedeva con la voce rassegnata e rotta dai singhiozzi del pianto.

“Tu niente per adesso. Devi solo lasciarti fare…”

Ho portato le mani sotto l’asciugamano e ho palpato le sue chiappe sode e rotonde, gliele ho palpate con sempre più brama, le dita affondavano in quelle natiche soffici e mentre palpavo con avidità spingevo in avanti il bacino e le facevo sentire la mia verga dura premere contro di lei.

“Che gran bel culo che hai. Pensa che peccato se non potessi più permetterti la palestra per modellartelo così sodo ed elastico. Vero che ti piace avere un culetto che ti ammirano tutti?”

“Sì.” Rispondeva rassegnata, in piedi, ferma come una statua, mentre le strizzavo quelle natiche fino a farle male. Mi sono abbassato all’altezza del suo pube, avevo la sua passera davanti alla bocca e ho iniziato a baciargliela timidamente poi le ho fatto allargare le cosce e ho preso a leccarla, spingendo dentro la lingua. Dopo una lunga leccata ho deciso che era il momento che Vittoria partecipasse alla festa.

Ora che avevo sciolto i freni inibitori provavo una eccitazione sempre più crescente e irrefrenabile. Il senso di potere, l’avere il controllo su quelle due belle figliole, mi inebriava e spingeva a un’indecenza a cui non sapevo di poter arrivare. Mi sono alzato, ho ordinato alla ragazza vestita di avvicinarsi, l’ho presa tenendola per la testa e l’ho spinta verso sotto, facendola inginocchiare. Il suo bel faccino chiaro e con le guance rosse era davanti alla mia patta e, una volta sbottonata, il mio cazzo duro guizzava fuori svettandole imperioso davanti. Le ho intimato di leccare e lei, seppur schifata, iniziava a spennellarmi l’asta mentre io premevo sulla sua nuca.

“Avanti ragazzina,” ho detto a Vittoria porgendole la mano. “Vieni anche tu e datti da fare!”

Eleonora è la più sensibile delle due, molto più attaccata alla famiglia, Vittoria è più egoista. Mi è bastato minacciarle il padre per rendere così remissiva e arrendevole l’una, invece con l’altra ho dovuto passare a prospettarle lussi e vantaggi.

“Dai, guarda com’è brava la tua sorellina… Su, non vorrai mica che si prenda tutto lei? Tu lo sai quanto ho saputo essere generoso con quel fallito di tuo padre. Pensa, non dovrete più elemosinargli soldi per tutto il lusso a cui siete state abituate. Vestiti, scarpe, viaggi, auto e qualche regalino costoso…”.

Vittoria cedeva allettata e si accovacciava accanto alla sorella, le due gemelle adesso mi leccavano diligentemente la verga. Eleonora iniziava a frugarmi nei testicoli con la sua lingua e la mia asta si drizzava sempre più.

“Visto quanto siete brave, ragazze? Se saprete far fruttare il vostro talento vi si apriranno tutte le porte!”, dico mentre accarezzo la testa alle due magnifiche ragazze, inginocchiate ai miei piedi, che mi slinguano l’asta slappando da un capo all’altro come due cagnoline allo stesso osso grosso e duro che poi sollevo drizzandolo verso l’alto, e sporgo in avanti l’enorme e gonfia sacca dei testicoli e loro ci affondano le labbra e la lingua, sussurro loro di spalancare la bocca e farsi entrare le mie palle e succhiarle.

“Succhiate belle cagne… Oh così… Succhiate!”, dico con la voce languida, godendomi il loro sublime lavoretto con la bocca.

Le gemelle parevano essere entrate alla perfezione nel ruolo delle troie vogliose, così io facevo loro cenno di accomodarci sul divano dove affondo comodamente e distendo le gambe aperte. Eleonora si accovacciava nel mezzo, tenendo stretto alla base il mio randello di carne con entrambe le mani mettendosi a pomparlo velocemente, succhiandolo vorticosamente. Sentivo la mia cappella arrivarle in gola e lei che ritraeva la testa per poi ributtarla in avanti, ancora e ancora e ancora. Vedevo le ciocche caderle davanti gli occhi e lei che se le raccoglieva dietro le orecchie e continuava a succhiarmelo con foga, incavando le guance.

“Mmmh, è proprio una cagna insaziabile la tua gemella! Chi immaginava che avesse tutta ‘sta fame di cazzo? A diciott’anni non avete ancora preso le verghe? Oh, che spreco di bocche e fiche… ma da adesso si rimedia, ragazze mie!”, dico con tono enfatico ed entusiasta guardandole pompare e leccare.

Il ghiaccio era rotto, Vittoria si metteva in ginocchio sul divano, dritta, accanto a me, e io infilavo la mano sotto la sua maglia palpando con voglia le sue tette belle, sode e generose come quelle della sorella, poi la facevo piegare a gattoni per farle di nuovo slappare il mio cazzo.

Le aggraziate sorelle si rivelavano due vere zoccole e maestre nel pompino nonostante i diciott’anni appena compiuti. Si muovevano sinuose e delicate, accovacciate su loro stesse come due gattine che si dividono il mio cazzo, alternandosi a leccare l’asta, succhiare la cappella e spennellarmi lo scroto. Il culo di Vittoria mi si agitava a pochi cm dalla faccia; un culo favoloso e invitante, rotondo e pieno, che pareva sul punto di debordare dai jeans. Non potevo certo resistere a quel bel culetto fresco di ragazzina e così le sbottonavo i pantaloni e glieli sfilavo facendola rimanere con le mutandine di pizzo. Mentre lei e la gemella lavoravano con la bocca i miei genitali, io le titillavo il clitoride e spingevo le dita nella sua fichetta.

“Mh sì, continuate così, belle porcelline, vi farò diventare due mie perfette e obbedienti schiavette.”

Ero così soddisfatto che, al ritorno di Ernesto, nonostante fosse mortificato e timoroso per la sceneggiata di prima, lo salutavo con una pacca sulla spalla rimandando la discussione del suo debito alla prossima volta.

(Continua)

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