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Le labbra, rese di un rosso acceso dal rossetto, si strinsero sulla sigaretta. Il piede continuava a battere in maniera ritmica sul pavimento. Gli occhi quasi vitrei fissavano un punto imprecisato della parete di fronte. Una nuvoletta uscì dalle labbra arricciate.
Fumando a sua volta, Gianni osservava la collega. Nonostante la postura rigida, non poteva fare a meno di apprezzarne il fisico formoso. Il sedere non troppo abbondante ma sodo e ben definito era messo in risalto da un pantalone aderente. Il seno abbondante dava sempre l’impressione di essere sul punto di sbucare fuori dalla camicetta rosa in maniera prepotente.
Nonostante il fisico mozzafiato, gli occhi di Gianni erano fissi sulle labbra. Il modo in cui si stringevano sul filtro della sigaretta, e poi si increspavano per espirare fuori il fumo, era per lui di una sensualità assoluta.
«Sono il tuo tipo oggi?»
Bruna, nel vedere l’insistenza con cui il collega la fissava, se ne era uscita con questa mezza battuta, la voce più nervosa di quanto avrebbe voluto. Ma la donna non se ne preoccupò, tra lei e Gianni scherzi e sfottò erano all’ordine del giorno.
«A parte che sei il mio tipo tutti i giorni» Gianni accompagnò le parole con un sorriso esagerato. «Comunque, osservavo come oggi da te traspare calma e rilassatezza. Sembri un monaco zen. Complimenti.»
«Hai deciso di rompermi il cazzo?» Una nuvola di fumo seguì le parole.
«Peccato! Ho infranto la tua tranquillità. Chiedo umilmente venia.»
«Chiedi quello che cazzo vuoi…»
«Una signora! Come sempre!»
«Gianni, non è giornata. Perciò non rompermi il cazzo. Chiaro?»
«Non si era capito, sai?»
Bruna stava per sbraitare altro rivolta al collega, ma questi gli impedì di parlare. Buttata la cicca sul pavimento, anticipò la risposta della donna.
«Carissima, tu già non dovresti fumare, almeno vedi di calmarti un po’. Ti devo ricordare che sei incinta?»
«E come potrei dimenticarlo?»
«La pancia ancora non si vede, e comunque conservi ancora il tuo fisico da applausi. Fidati.»
«Uno, la pancia inizia a vedersi. Tu non la vedi solo perché la camicetta non è troppo aderente. Due, sta sicuro che non potrei dimenticarmelo comunque.»
Lo sguardo di Gianni non poté evitare di finire sui bottoni della camicetta.
«E quindi? Qual è il problema?»
Bruna stava per aprire bocca ma poi si limitò a sbuffare, prima di prendere un’altra sigaretta dal pacchetto.
«Se se… Ma la tua ginecologa è d’accordo?»
«Non fumando diventerei troppo nervosa per l’astinenza. Perciò meglio fumare.»
«Come no. Proprio meglio. Comunque mi vuoi dire qual è il problema? Magari se ti sfoghi un po’ ti calmi e ti fumi qualche sigaretta in meno. Lo scricciolo nella tua pancia apprezzerebbe.»
«Non dire quella parola ti prego.»
«Quale?» Chiese arricciando la fronte Gianni.
«Sfogare. Non toccare quel tasto.»
«Ah… È quello il problema?»
«Fammi compagnia con un’altra sigaretta e ti spiego.»
I due colleghi si trovavano nella scale d’emergenza, luogo preposto per i fumatori in azienda. Gianni osservò attraverso il vetro della porta se nel corridoio ci fosse movimento. Nessuno in vista. Si accese un’altra sigaretta invitando la collega a proseguire, anche se avrebbe preferito invitarla a “sfogarsi”, ma a giudicare dall’umore di lei, valutò fosse meglio mettere un attimo da parte gli scherzi, ed anche i riferimenti sessuali.
«Da quando sono rimasta incinta, quindi due mesi e poco più» Bruna terminò la frase con un gesto della mano.
La mano chiusa a pugno con indice e pollice distesi a formare una L, con quest’ultimo dito che si muoveva a bandiera a destra e sinistra.
«Intendi?» Gianni accompagnò la domanda a sua volta con un gesto.
Le dita della mano erano piegate, lasciando il palmo scoperto, e la mano si mosse avanti e indietro più volte.
«Esatto.»
«E ti credo che stai coma una pazza.»
Bruna brontolò mentre aspirava un profondo tiro dalla sigaretta.
«Ma come mai?»
«Boh! Così ha deciso. Lui. Non mi tocca più, a stento mi guarda. Ci credi che sto facendo di tutto per provocarlo. Niente. Di ghiaccio. Si vede che incinta gli faccio schifo!»
Gianni osservò la collega meditabondo. La gravidanza si iniziava appena a vedere, ma nonostante questo, Bruna aveva un fisico niente male. Il seno già abbondante aveva assunto un’ulteriore piacevole rotondità. Anche il sedere, poco abbondante, era diventato un filo più morbido.
Come facesse il compagno ad ignorarla, Gianni non riusciva proprio a capirlo.
«Eppure anche la ginecologa gli ha detto che non ci sono problemi» continuò Bruna, mentre il suo interlocutore accarezzava ogni sua forma con gli occhi. «La dottoressa ha suggerito solo di limitarsi un tantino evitando pratiche troppo violente o, come dire, niente di troppo acrobatico, diciamo così. Il sesso va bene, ma meglio se si resta sul tradizionale.»
«Sì. Lo so, il sesso in gravidanza non è un problema. E lui? Niente?»
«Niente di niente. Ho gli ormoni che mi escono dalle orecchie.»
«Questo non può essere semplicemente un effetto della gravidanza. Credo sia normale quando si è incinte. No?»
«Sì, in parte. Ma a me il problema non è quello. Gianni, io ho una voglia di scopare che mi fa uscire pazza.»
«Questo l’avevo intuito, sai?» L’uomo si fece una risata, poco gradita dalla collega.
«Che cazzo ti ridi? Vorrei vedere te a non scopare per due mesi.»
Gianni alzò le mani in segno di scuse, ma non riuscì a smettere di sorridere.
«Bruna ma scusa, lui non ti caga neanche di striscio. Ok. Ma a questo punto, se proprio ti senti così eccitata, masturbati. Lo so che non è proprio la stessa cosa, ma almeno ti sfoghi. Magari ti calmi.»
«Eh… È una cosa che non ho mai fatto» disse tutto d’un fiato Bruna.
«Ah sì? Non ti sei mai toccata da sola?»
«Mai in vita mia.»
«Come mai? Non c’è niente di male, è una cosa che fanno tutti.»
«Lo so questo. Ma è una specie di tabù per me. Proprio non ci riesco.»
«Non c’è problema. Ho la soluzione ai tuoi problemi» Gianni si passò una mano sul mento accarezzando il filo di barba.
«Se stai pensando a vibratori o giocattoli simili, no. Mi fanno impressione.»
«La mia idea è decisamente meglio» un sorriso furbo si disegno sul volto di Gianni, che lanciò un’occhiata ancora più marcata sul corpo della collega.
«Ti aiuto io!»
«Cioè?» Chiese Bruna alzando un sopracciglio.
«Se non riesci a toccarti e darti piacere con le tue mani» Gianni assunse un tono di voce che sarebbe andato bene in una televendita, «affidati ad una mano amica.»
«La mano dagliela a tua sorella!» Sbottò Bruna, che si era pure interessata alle parole del collega, convinta che questi gli stesse dando un consiglio serio.
«La mano datela a chi vi pare» la voce del responsabile di settore di entrambi li fece tacere di colpo, «ma adesso tornate a lavoro. Subito!»
Il tono non ammetteva replica.

***

Bruna dopo l’invito del responsabile era tornata alla sua scrivania, ma di lavorare, non ne aveva proprio intenzione. Si sentiva nervosa, carica come una pila elettrica. Ogni minimo particolare la stimolava. Una volta gli passava davanti agli occhi un collega e lo sguardo andava al cavallo dei pantaloni o al sedere. Un’altra osservava un paio di bicipiti. Addirittura si soffermò a guardare il sedere abbondante della sua vicina di scrivania, che indossando un pantalone a vita troppo bassa, metteva in bella mostra un perizoma nero e non solo.
Ad aggravare ancora di più la situazione, le continuavano a girare in testa le parole di Gianni. Anche se sul momento aveva sbottato, a mente fredda, anche se si sentiva tutto fuorché fredda, iniziava a valutare il lato positivo della proposta, almeno della prima parte di questa.
In fondo, si diceva tra se, cosa c’era di strano? Gli era sempre piaciuto farsi toccare tra le gambe. Sia farsi titillare il clitoride, sia farsi infilare anche più di un dito all’interno. Una volta si era fatta infilare quattro dita, e contemporaneamente si era fatta leccare il clitoride. Ancora si ricordava le grida e le gambe che tremavano, per non parlare delle contrazioni dei muscoli vaginali e della quantità di fluidi.
Però quella volta la mano non era sua… e questo nella sua testa, faceva tutta la differenza del mondo. Mai nella sua vita si era anche solo sfiorata la passera con le mani per fare qualcosa di diverso dal lavarsi o depilarsi.
Eppure, doveva ammettere che sarebbe stata una soluzione. Una volta aveva letto che raggiungere il piacere da soli o in compagnia, da un punto di vista chimico e fisico, non faceva alcuna differenza, quindi se fosse venuta trastullandosi da sola, per il suo corpo sarebbe stata la stessa cosa che scopare.
Immersa nelle sue riflessioni, Bruna piegò dubbiosa un labbro.
«Sti cazzi.»
«Cosa?» Chiese la collega dal sedere abbondante.
Bruna non si era resa conto di aver parlato a voce alta.
«Niente. Riflettevo ad alta voce.»
Bruna si soffermò ad osservare la collega. Il fisico abbondante, soprattutto sedere e fianchi, non era poi tanto male, doveva ammetterlo. Da quello che lei sapeva era single, quindi magari anche lei si masturbava, forse con regolarità.
Per un attimo fu tentata di chiederglielo. Male che andasse, non sarebbe stata la prima volta di chiacchiere a sfondo sessuale in ufficio.
Un attimo prima di aprire bocca si bloccò e finì per mordersi la lingua. Una cosa era spettegolare, ma se le confidenze ed i pettegolezzi dovevano prendere spunto dal suo essere arrapata all’ennesima potenza, no, questo non gli andava per niente: meglio fare da sola, in tutti i sensi.
Alzatasi di scatto si recò senza esitazione in bagno. Entrata si accertò di aver chiuso a chiave la porta. Si guardò intorno osservando il ben noto bagno femminile, piccolo ed essenziale. Non proprio un posto che invogliasse a determinate pratiche di piacere, ma doveva accontentarsi.
Si sbottonò i pantaloni abbassandoli. Sotto questi indossava un bel perizoma rosa di pizzo, non poco trasparente. Prima di abbassare anche questo, provò ad accarezzarsi la vulva attraverso il tessuto. La carezza fu esitante, i polpastrelli disegnarono la curva della sua intimità con fare circospetto, un movimento lento ed insicuro.
Bruna ritirò la mano e tirò un profondo sospiro. Nonostante si fosse appena sfiorata, attraverso il tessuto dell’intimo, aveva sentito un brivido lungo la schiena.
Dopo un altro profondo sospiro si decise ad abbassare l’intimo e sedersi sulla tazza. Si osservò la vulva, perfettamente depilata ad eccezione di una stretta e rada striscia di peli scuri larga due dita.
Mentre si osservava le parti intime, iniziò a passare due dite sui peli accarezzandoli come se volesse pettinarli. Ancora dubbiosa si decise a far scivolare le dita oltre il monte di venere. Non appena sentì sotto i polpastrelli l’anatomia rugosa del suo sesso, il respiro si fece netto e deciso; la sensazione di disagio non tardò ad arrivare.
La punta dell’indice percorse con delicatezza la linea rugosa delle grandi labbra. Ripeté il movimento più volte, come disegnando l’apertura della sua intimità che però non sembrava voler reagire.
Continuava si a sentire l’eccitazione che ormai la accompagnava in maniera costante, ma questa se ne restava lì, ferma, immobile, ingombrante. Un grumo duro e fastidioso.
Iniziò a fare più pressione con il dito, facendo aprire solo appena le grandi labbra, trovandosi del tutto asciutta. La sua mano sembrava incapace di procurarle piacere. Fosse stata la mano di un uomo, le sarebbero bastati quei pochi sfioramenti per farsi trovare umida ed invitare il lui di turno ad andare avanti, ad esplorare il suo piacere. Invece…
Bruna sbuffò. Un braccio reggeva il viso con il gomito appoggiato alla sua coscia, mentre con l’altra mano continuava a sfiorarsi la vulva con fare timido e circospetto. Aveva quasi l’impressione di stare toccando la vagina di un’altra donna. Anzi no, anche quel tipo di esperienza in passato era stata più piacevole, molto più piacevole di masturbarsi in quello squallido cesso.
Ormai era chiusa in bagno da diversi minuti senza aver ottenuto alcun risultato. Decisa a fare l’ultimo tentativo, cercò di spingere l’indice verso la vagina. La sensazione fu identica a quando infilava un assorbente interno.
Scosse la testa. Forse infilare l’assorbente era meno spiacevole. Cercò di spingere ancora un po’ ma il suo sesso restava inerte. Sentiva il fuoco ardere dentro, mentre in superficie niente di niente, nella maniera più assoluta.
«Ci vuole tempo?» Le parole, accompagnate da ripetuti colpi di una mano sulla porta, la fecero saltare sulla tazza.
«Ma che cazzo!» Gridò rivolta alla porta.
«Bruna stai lì dentro da un quarto d’ora» la voce era quella della collega dal sedere abbondante.
«E quindi?» Chiese la donna senza nascondere il proprio fastidio.
«Il bagno serve a tutte!» Rispose a tono la collega.
«Quando avrò finito, sarà tutto vostro!»
Solo a questo punto, avendo ormai rinunciato ad ogni proposito di darsi piacere da sola, si decise a fare pipì, cercando di fare quanto più rumore possibile per indispettire la collega.
Quando Bruna aprì la porta per uscire, si ritrovò la collega dinanzi e non gli risparmiò un’occhiataccia capace di incenerirla. Per un attimo valutò la possibilità di sfogare i suoi bollenti spiriti attraverso l’esercizio fisico, ovvero una bella litigata con la culona, magari arrivando anche alle mani.
«Neanche una pisciata in santa pace si può fare?» Chiese con il tono più acido di cui fosse capace.
«Sempre una signora» rispose la collega con voce schifata, mentre si chiudeva in bagno timorosa.

***

Bruna e Gianni presero insieme l’ascensore, come abitudine lui le avrebbe dato un passaggio a casa. I due non erano soli, Gianni notò lo sguardo di lei, fisso su un punto imprecisato della parete grigia.
Usciti dal palazzo Gianni continuò a fissare il viso di Bruna, la donna non aveva cambiato espressione, adesso fissava un punto immaginario che solo lei vedeva, sospeso a mezz’aria davanti a sé.
«Ehi!» Gridò di colpo Gianni sbattendo un piede per terra.
Bruna scattò di colpo gridando a sua volta.
«Ma sei stronzo? Guarda che sono incinta, coglione!»
«Ua scusa! Non ci avevo pensato!» Cercò di giustificarsi Gianni.
«E che sembravi in trance. Non mi è venuto in mente nessun altro modo per svegliarti.»
«Ma va a cagare!»
«Comunque sei ritornata tra noi?»
«Senti, riesci a mettere da parte le stronzate per qualche minuto? Devo dirti una cosa seria.»
«Ehilà, giornata di confidenze…» Gianni stava per aggiungere qualche altra cavolata ma lo sguardo di Bruna lo bloccò.
«Ti ricordi quello che ci siamo detti prima?»
Il collega si limitò ad annuire mentre camminavano verso il parcheggio.
«Facevi sul serio?»
«In che senso?»
«La soluzione che mi hai proposto, facevi sul serio o era solo una delle tue millemila cazzate?»
«Questa domanda mi mette un attimo in difficoltà.»
E non era una battuta. Gianni non aveva la benché minima idea del grado di serietà della collega in quel momento, e la possibilità che potesse stare prendendo in considerazione la sua proposta, gli suonava non poco assurda.
«Sono seria. Molto. Facevi sul serio?»
«Bruna, spiegati meglio. Vuoi sapere se davvero sarei disposto a toccarti tra le gambe?»
«Esatto.»
I due avevano abbassato la voce, ma neanche poi tanto, considerando il grado di isolamento del parcheggio in cui di solito lasciava l’auto Gianni.
«Mi sembra uno di quei quiz dove ogni risposta…»
«Sì o no? Che cazzo…» Sbraitò la donna.
«Sì» rispose con decisione Gianni, forte del fatto che giunti alla macchina, questa era fra loro due, e a quella distanza Bruna non avrebbe potuto colpirlo.
«Allora diamoci da fare. Fermiamoci in un posto isolato. Ci sto!»
Gianni guardò la collega con sguardo stralunato.
«Ma tu veramente fai?»
«E ci hai rotto il cazzo però. Sei disposto o no?»
Gianni continuò a guardarla perplesso.
«Sveglia. Tanto lo sappiamo tutti e due che avresti sempre voluto portarmi a letto. Schifo non ti faccio. Se ti accontenti di toccarmi la figa, hai la tua occasione. Altrimenti uno che mi mette due dita tra le cosce, stai sicuro che lo trovo.»
L’uomo continuò a non rispondere, ma solo perché impegnato a pensare dove potersi fermare.
«Allora? Ci stai o no?»
«Mi è pure venuto in mente il posto adatto.»
«Lo prendo per un sì. Però» per un attimo Gianni rabbrividì, pensando di non averci capito niente, «Quello che stiamo per fare: non sarà mai accaduto. Neanche una parola, neanche tra noi due. Niente di niente. Come se non fosse mai accaduto.»
Il posto andava bene, convennero entrambi. Ma i due colleghi restarono almeno un paio di minuti a fissarsi, non tanto imbarazzati, quanto indecisi sul da farsi.
«Ti spogli tu? O preferisci che lo faccia io?»
Chiese Gianni rompendo il silenzio.
«Magari abbassa prima i sedili, saremo più comodi. No?»
«In effetti sì.»
Bruna si distese giusto tre secondi, prima di rialzarsi.
«Però mettiamo le cose in chiaro. Mi masturbi solo. Niente altro. La tua mano e la mia fica. Niente altro.»
«Giurin giurello!» Fu la risposta di Gianni, baciando prima da un lato e poi dall’altro indice ed anulare tenuti vicini.
La cosa fece scoppiare in una sonora risata Bruna.
«Dai muoviamoci. Non abbiamo tutta la sera.»
Gianni avvicinò le mani ai bottoni del pantalone di Bruna ma questa lo fermò.
«Faccio io. Preferisco.»
Bruna sbottonò i pantaloni e se li abbassò fino a farli raccogliere sotto le ginocchia. Dopo un profondo respiro, il perizoma seguì i pantaloni.
Gianni aveva seguito con sguardo fisso la collega denudarsi. Gli occhi erano puntati sul pube di Bruna, da quando la conosceva aveva fantasticato un’infinità di volte su di lei.
«Avrei scommesso che fossi completamente depilata.»
«Avresti perso.»
«Adesso vuoi darti da fare? O vuoi restartene lì impalato a guardarmi la fessa?»
«Non me lo faccio dire due volte.»
Gianni continuava ad avere il dubbio che Bruna l’avrebbe interrotto di colpo dicendo di averci ripensato, quindi decise di aver perso già fin troppo tempo.
La mano si appoggiò con delicatezza tra le gambe della collega, che ebbe subito un leggero brivido che la fece irrigidire. Con la punta delle dita iniziò a massaggiare le grandi labbra turgide e gonfie. Poi un dito si mosse con maggiore insistenza lungo la fessura. La pressione aumentò fino a penetrare all’interno delle grandi labbra. Trovando la donna già umida.
Bruna stringeva le labbra per impedirsi di gemere. Era bastato solo essere sfiorata dalla mano di Gianni, per iniziare a godere. Addirittura temeva di avere già un orgasmo, e la cosa l’avrebbe messa terribilmente in imbarazzo. Poteva immaginare le battute sulla mano miracolosa capace di farla venire in cinque secondi netti.
La donna venne strappata dai suoi pensieri quando un dito di gianni le entrò con decisione nella vagina. Iniziando a grattargli la parete vaginale.
A questo punto non poté trattenere un gemito.
Gianni insistette ancora di più fissando il viso della donna, su cui emergeva l’eccitazione a lungo sopita. Come anche era evidente dagli umori che già copiosi scendevano tra le gambe.
Un gemito prolungato e caldo accompagnò la schiena di Bruna che si inarcava.
«Ho la mano miracolosa direi» disse con tono esultante Gianni mentre spingeva ancora di più il dito nella femminilità di Bruna.
Gli umori vaginali si fecero più scuri. Le pareti interne iniziarono a contrarsi al ritmo dei gemiti liberatori di Bruna, che sentiva quel grumo pesante e fastidioso di eccitazione che finalmente, dopo due mesi, iniziava a sciogliersi e gocciolare via.
L’uomo decise di non concedere pausa alla collega. Per prolungare l’eccitazione e moltiplicarla, prima che questa potesse scemare, la penetrò con un secondo dito.
Bruna mostrò subito di gradire. Adesso l’eccitazione aveva preso il sopravvento su ogni considerazione e su ogni imbarazzo. Voleva solo che la mano di Gianni continuasse, senza pausa.
Da parte sua il collega, sentiva il membro premergli nei pantaloni con pulsante insistenza. Più la vulva di Bruna diventava umida, più la sua erezione si faceva dura e fastidiosa da tenere all’interno dei pantaloni.
«Più dentro… Più forte…»
La voce eccitata di Bruna lo implorava di continuare, un secondo orgasmo era lì per arrivare, e quando un terzo dito di Gianni si fece strada nella sua intimità, questo esplose prorompente. Un lungo grido caldo lo accompagnò insieme alle contrazioni dei muscoli vaginali che si strinsero sulle dita di Gianni.
I fluidi vaginali avevano formato un’ampia macchia scura sul sedile.
Questa volta non cercò di prolungare l’orgasmo di Bruna.
«Già ti vuoi fermare?» Chiese la donna, con la voce calda ed impastata dall’eccitazione.
«No. Per niente. Ma così starai più comoda.»
Gianni mentre parlava aveva già sfilato una scarpa di Bruna, per poterle poi sfilare pantalone e perizoma, lasciandoli infilati solo sull’altra.
«Così puoi aprire le gambe come si deve.»
In effetti, dovette ammettere la collega, così sarebbe stata molto più comoda. Quando però vide l’amico che si sbottonava i pantaloni e tirava fuori il membro, ebbe un attimo di esitazione chiudendo di scatto le gambe.
Non poteva negare di aver pensato, anche per più di un attimo, di continuare ciò che avevano iniziato, senza limitarsi. Ma adesso che vedeva il membro turgido di Gianni, mise da parte il pensiero.
«Avevamo detto solo mano e fica. Niente altro. Rimetti dentro il pistolino.»
«Ah Bru’ e stai tranquilla. Non sei la sola ad essere eccitata. Mi da fastidio nei pantaloni, mi è venuto troppo duro. Merito tuo. Prendilo come un complimento. Comunque starò ai patti. Fidati.»
Gianni si abbassò portando il volto tra le cosce di Bruna. La lingua iniziò a cercare il clitoride, trovandolo sporgente ed umido. Il sapore dei fluidi della donna era forte ed aspro.
Bruna accarezzò la testa di Gianni. Nelle intenzioni l’avrebbe voluto allontanare, infondo si era detto solo mano, ma il grumo di dura eccitazione riprese fuoco all’istante sotto le umide e dolci carezze della lingua dell’uomo.
Dopo aver insistito per un po’ sul clitoride, la lingua scese lungo le grandi labbra, aperte ed umide, esplorando con la punta ogni piega. I fluidi della donna era tanto copiosi da rendere il viso di Gianni lucido.
Quando ritornò al clitoride, l’incendio divampò. Stavolta avrebbe insistito così tanto da trasformare il corpo di Bruna in una brace di eccitazione.
La mano di Gianni risalì sino al seno, stringendolo. Bruna stava bruciando di passione, avrebbe voluto allontanare la mano, che si era spinta oltre i limiti stabiliti. Ma in quel momento non ne era capace. L’orgasmo la stava dilaniando con meravigliosa forza e violenza. Se in quel momento Gianni avesse spinto il proprio membro dove adesso aveva la lingua, non sarebbe stata in grado di fermarlo, anzi, gli avrebbe chiesto di scoparla forte sino in fondo.
Quando Gianni allontanò il viso dalla femminilità di Bruna, questa continuò a gemere e prendere lunghi respiri, mentre tentava di tornare presente a se stessa.
La donna si rialzò e vide che Gianni si teneva una mano sul membro accarezzandolo.
«Non una parola» disse prima di scostare la mano dell’uomo e stringere la sua sul membro di questi iniziando a masturbarlo, con movimenti rapidi e decisi, privi di passione, ma che avrebbe presto portato a compimento l’eccitazione del collega.
Infatti bastò poco perché degli abbondanti fiotti di sperma caldo iniziassero a colare lungo l’asta, rendendo le sue mani appiccicose.
Mentre entrambi si davano una pulita utilizzando delle salviette umide, nessuno dei due disse una parola. Bruna prese dei volantini dal portaoggetti laterale, per metterli sotto al sedere ed evitare di sedersi sulla macchia di umido dei suoi stessi umori.
«Non è mai successo. Va bene?»
Il silenzio venne rotto da Bruna, dopo aver ripreso la strada di casa.
«Non è mai successo» confermò Gianni sorridendo.

FINE

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