Skip to main content

E’ un racconto – non racconto, perché non nasce come racconto ma è preso pari pari da una mail che ho inviato a SC.

Rileggendolo però mi è piaciuto e ho pensato che magari dopo tanto tempo potrebbe essere divertente tornare a pubblicare qualcosa qui, vediamo come va.

Per giorni caldi e prime notti fresche, mille luci, gente in giro la domenica sera o anche solo commenti e saluti scaaty@gmx.com

***

Aprì gli occhi e, facendo meno rumore possibile, si girò a guardare il piccolo orologio luminoso sul comodino.

Sospirò di sollievo quando vide che era riuscita a svegliarsi da sola pochi minuti prima che suonasse la sveglia.

Sempre nel massimo silenzio, scivolò fuori dalle coperte e girò attorno al letto, e con un tocco spense la sveglia sull’altro comodino.

Nuda com’era uscì dalla stanza e andò in bagno, chiudendo tutte le porte per fare meno rumore possibile.

Dopo esersi fatta la doccia e lavata, si passò lentamente il palmo della mano su tutte le gambe, le ascelle e tra le gambe, controllando che non ci fosse nessuna piccola ricrescita, e che i peli sul monte di Venere fossero corti come dovevano.

Uscì dal bagno, nuda, aprì l’armadio indossò le scarpe nere, lucide, con tacco 12.

Andò in cucina e preparò una spremuta di arance e pompelmo, un piatto con due fette biscottate integrali, la marmellata di arance, uno yogurt magro, versato dalla confezione in una tazza, a cui aggiunse un cucchiaino di miele.

Accese la macchina per il caffè americano e poi rimase ferma, in piedi, nuda con le scarpe, a guardare la caraffa mentre si riempiva di caffè.

Quando la macchina finì di borbottare, controllò che la piastra sotto la caraffa fosse calda così da non fare raffreddare il caffè (una volta era successo…) e di nuovo si mise ferma, in piedi, nuda, nel mezzo della cucina.

Restò così a lungo.

Poi, quando l’orologio sul forno segnò l’ora giusta, sempre in silenzio mise tutto su un vassoio, mescolò la spremuta facendo attenzione a che non ci fossero troppi residui in superficie, versò il caffè in una mug controllando che fosse bollente, prese il vassoio e lentamente, ondeggiando il meno possibile sui tacchi, si diresse verso la camera.

Davanti alla porta, di nuovo lentamente e con grande attenzione, si accucciò a terra, posando il vassoio.

Poi aprì in silenzio la porta, si accucciò di nuovo, riprese in mano il vassoio e piano piano si rimise in piedi.

Entrò in camera, cercando di evitare il più possibile che i tacchi facessero rumore.

Poggiò il vassoio sul comodino.

Si inginocchiò accanto al letto, e lentamente infilò le mani sotto le coperte.

Sfiorò appena il corpo nudo e caldo di sonno, per capire se fosse prono o supino.

Quando si accertò che fosse a pancia in giù, lentamente si infilò sotto le coperte, tra le sue gambe, quasi sdraiata.

Appoggiò le mani sui suoi glutei, li sperò lentamente, e ci infilò la faccia nel mezzo.

Il corpo si mosse appena.

Tirò fuori la lingua e iniziò lentamente a leccare prima intorno all’ano, poi l’ano stesso, frugando tra le pieghe e infine spingendo la lingua all’interno, cercando di ignorare quel sapore amaro a cui non si era mai abituata.

Continuò così a lungo, senza che sucedesse nulla.

Poi il corpo si girò, e lei prese in bocca il cazzo, duro e umido.

Lo leccò e succhiò piano, non per farlo venire, ma solo per farlo svegliare del tutto.

All’improvviso, lui si alzò dal letto e senza dire nulla andò verso il bagno.

Lei rimase ferma, con gli occhi chiusi.

Quando sentì che stava pisciando, si permise un piccolo sospiro di sollievo; questa volta, non le aveva ordinato di entrare nella doccia e farsi pisciare addosso o, peggio, in bocca.

Quando tornò, lui si sedette a letto appoggiandosi alla spalliera e prese l’ipad, aprendo la versione digitale di un quotidiano, mentre sorseggiava il caffè che aveva preso dal vassoio.

Senza che lui dicesse o facesse nulla, lei si mise carponi sul letto, con il culo rivolto verso di lui, e ricominciò a succhiarlo, dopo aver leccato le ultime gocce di urina rimaste.

Più tardi, nella doccia, mentre lei lo lavava e lo sciacquava, lui la appoggiò al muro e le spinse il cazzo nel culo con violenza.

Quando uscì, dopo esserle venuto dentro, lei si inginocchiò e, dopo averlo lavato, lo leccò ancora.

Alzando gli occhi, prese coraggio e sussurrò “buon giorno, padrone”.

Lui le accarezzò distratto la testa, mentre usciva dalla doccia.

5
3

Leave a Reply