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PIU’ CHE SORELLE

L’indomani mattina fu all’insegna della concentrazione mancata.
Mamma usciva di casa alle sette in punto e fui la prima a giungere in cucina; ricordo che avevo i capelli incasinati, un sonno pazzesco ed una gran fame, il tutto contornato da due, forse tre ore di vero sonno, di una notte passata nel senso di colpa.

Preparai il thè per Giulia ed il latte per me, per poi sedermi aprendo una scatola di biscotti senza neppure accendere la TV o la radio.
La principessa scese dalle scale una decina di minuti dopo; se a chi m’avesse visto sarei sembrata una reduce di guerra, Giulia probabilmente aveva lottato con un lupo mannaro. Era tuttavia una cosa consueta che si presentasse in stato comatoso la mattina, infatti era risaputo quanto faticasse a svegliarsi.
Con i capelli disastrati, la spallina della maglia abbassata fino a far vedere il seno destro e con gli shorts per diagonale lungo il bacino, più o meno riconobbi la figura di sempre, seguendola mettersi seduta e poggiare la testa sul tavolo.

‘che palle…’

‘c-che cosa c’è?’

‘con le tue stupide fisse mi hai fatto stare sveglia a pensare fino alle tre e mezza’

Sorpresa dalle sue parole, le passai la tazza e lo zucchero.

‘anche tu ci hai pensato?’

‘non sono mica di pietra, è solo che non mi andava di parlarne subito… per dire cosa poi? Che siamo due maiale?’

Cadde il mio biscotto nella tazza ed uno schizzo di latte bagnò il tavolino e la maglia bianca, ed imprecai sia per quel termine, sia per l’accaduto.

‘va bene… ci ho pensato tanto anche io, è stato un errore enorme, ed il seguito un vero disastro, ma è passato, non succederà più, d’accordo? Tra molto tempo l’imbarazzo finirà e lo scorderemo…’

Si alzò leggermente con la schiena allungando una mano per rubarmi i biscotti e silenziosa iniziò a mangiare.
Restammo così per un po’, ma si sentiva che l’aria era un po’ tesa.

‘tutto ok?’

‘si si… però sarebbe carino che qualcuno chiedesse pure a me che cosa ho pensato’

‘s-si… hai ragione scusa. Che cosa hai pensato?’

Finì prima di me, poggiando il cucchiaino e bevendo con un lungo sorso il thè rimasto, per poi leccarsi il pollice e l’indice guardandomi sorridendo.

‘siamo due maiale, accettiamolo no? Al solo pensiero mi torna una gran voglia te lo giuro…’

‘Giulia! Zitta! Abbassa la voce’

‘ah già giusto… il tostapane potrebbe dirlo al frigo’

Rise facendo il segno del silenzio agli elettrodomestici e la cretina fece ridere pure a me.

‘credevo avessi pensato… con il cervello’

‘e invece ho pensato con un’altra cosa, come fai te no?’

Abbassai immediatamente lo sguardo vedendo sulla sedia un suo piede fermo a qualche centimetro dal mio corpo che vibrò sospirando, quasi a trattenere il respiro.

‘dai sto facendo tardi, se vuoi puoi usarlo finché non finisco i rimasugli dei biscotti nella tazza’

‘i-io… non…’

Sentendo il desiderio galoppare ripensando alla notte trascorsa e quello che ancora mi portavo dentro, senza star su troppo a pensare, socchiusi gli occhi ed avvicinai di poco il bacino.
Il piede di Giulia saggiò l’intera lunghezza di quanto stava sotto i miei pantaloncini, restando ferma e lasciando a me il lavoro.
Per quei minuti mi limitai a sentire la leggera pressione dell’estremità e darci qualche sguardo, poi, con un gesto deciso, mia sorella riuscì ad infilare la sagoma del pene tra l’alluce ed il secondo dito stringendoli. Non so come, ma con quell’azione, al primo ritrarsi delle dita, anche la pelle esterna venne tirata giù facendomi restare senza fiato e con la bocca aperta.

‘non hai tolto il laccio? l’ho sentito col piede… ma come hai fatto a…’

‘n-non passa da li stupida!’

‘davvero?! Beh scusa se non ti ho mai vista andare al bagno! Che caspita ne sapevo… ma ora lo so’

‘ed ecco quella faccia che ormai ho capito a cosa si riferisce. Ora devo andare a prepararmi, tu attenta o tra un po’ finirai i cambi’

Rise alzandosi e lasciandomi come una stupida ad ansimare, poi filò in camera e ci salutammo quando uscì di casa, finché restai di nuovo sola.

Nonostante andai in biblioteca per tentare di studiare, qualsiasi cosa mi riportava con la mente a Giulia e le pazzie che avevamo commesso.
Mi rimproverai di essere stata una debole ed aver agevolato quella degenerazione nella quale eravamo finite ed in sostanza, dopo quattro ore di studio non sapevo neppure che cosa avevo letto.

Mi guardai attorno verso l’ora di pranzo e l’attenzione andò su alcuni ragazzi poco distanti; era un gruppo misto, fermo al tavolo più grande e contava cinque ragazzi e quattro ragazze, forse di qualche anno più piccoli.

Quando mi accorsi d’essere eccitata, per l’imbarazzo sentii il calore avvamparmi il guance, cosa che poteva definirsi come la mia maledizione; tornai poco dopo a guardare il più bello tra loro, un tizio alto e biondo con un fisico allenato, ma non eccessivo e lentamente portai una mano nelle tasche dei jeans.

Fu una cosa del tutto anonima e che nessuno avrebbe potuto notare data la mia posizione molto decentrata, quindi presi a carezzarmi arrivando al culmine entro breve.
Diedi la colpa chiaramente a Giulia e proprio allora mi venne in mente in modo concreto che al suo ritorno (quindi tra poche ore), mi avrebbe dato quello che la notte precedente e la mattina mi aveva negato.

Tolsi la mano lievemente sudata, tornando sul libro di testo inutilmente e passai il resto del tempo a ragionare come e quando avessi iniziato a provare attrazione per i piedi.

Tornai a casa molto più affaticata del solito ed a pranzo parlai con mamma a malapena e forse intuì qualcosa che non andava; decisi di rilassarmi sul divano in attesa che mia sorella tornasse, ma pian piano che il tempo passava, l’attesa si faceva snervante, tanto che alle quattro del pomeriggio decisi di mandarle un sms.

Ricevetti la risposta esattamente un ora più tardi, dove con diversi smile, mi confermava tranquillamente che sarebbe tornata la sera perché aveva accompagnato Andrea a fare dei giri.

Ci rimasi male, ma la cosa per qualche ragione mi eccitò; avevo bisogno di sfogarmi e così andai in camera mia decisa a darmi una ridimensionata.
Chiusa la porta, presi a toccarmi con decisione, ma passata la mano sul sesso poche volte, il pensiero di farlo per conto mio anziché lasciare fare a Giulia mi rallentò fino a fermarmi, guardando uscire dalla punta alcune goccioline trasparenti.

Poco dopo, (non so come), tirai su i jeans e presi un lungo sospiro accendendo la TV passando il resto del pomeriggio a chiedermi se mia sorella avesse fatto qualcosa con il suo amico.

Erano le sette o poco più quando la porta di casa si richiuse dando il segnale che Giulia fosse tornata. Entrò in camera mia trovandomi al PC e mi abbracciò scusandosi almeno una decina di volte ridendo come una bambina.

‘ti ho chiesto scusa eddai! Mi perdoni? Ho da dirti una cosa che mi gira in testa da stamattina per colpa tua… sei pronta?’

‘d-dimmi…’

‘aspetta fammi togliere la cartella che non ne posso più; allora, come sai oggi ero con Andrea e mentre eravamo in giro si parlava del più e del meno, anzi si parlava di lui perché avevo iniziato a fargli un sacco di domande, insomma salta fuori il discorso delle sorelle, sai no? che i maschi hanno questa fissa delle ragazze più grandi e guarda caso io ce l’ho’.

‘e quindi… non capisco’

‘fammi finire! Dicevo; gli chiedo se a lui anche interessano quelle più grandi e lui facendo il finto tonto mi dice un mezzo si. Non ci ho messo tanto a fargli dire un si completo, comunque ecco la cosa: perché non inizi ad usare anche tu le tue armi?’

Alzai basita le sopracciglia portando il collo leggermente avanti dallo stupore.

‘tu ti devi dare una calmata! sembra ti abbiano posseduta Giulia! Io non ci voglio provare col tuo amico, non sono interessata, è troppo piccolo e poi lo sai che c’è un bel problema qui no?!’

Sorrise contro la mia indignazione, ma non si scompose.

‘sei davvero una rompipalle, ma mica te lo devi sposare, semmai te lo devi fare! Comunque intendevo di provare a vedere se gli piacciono anche i tuoi piedi o se io sono l’unica ad avere il primato’

‘tu sei pazza… e non so se stai scherzando o fai sul serio’

D’un tratto si avvicinò sedendosi sulle mie ginocchia innocentemente, ma poggiando le sue labbra sul collo prese a tirar fuori la lingua e leccarmi, lasciando piccole scie di calda saliva sulla pelle.

‘ce l’hai ancora legato giusto?’

‘n-no…’

E invece lo avevo tenuto.
Non so perché avevo mentito, inoltre le avevo detto quella mattina che per urinare, il canale prestabilito era sempre quello femminile; fui sciocca, ma la bugia ebbe il naso molto corto, infatti, bastò un suo tocco per capire che c’era altro oltre la carne.

‘ci hai provato… apprezzo il tentativo, ma era troppo palese stamattina mentre lo toccavo’

‘smettila…’

‘e nemmeno hai fatto nulla, vero?’

‘n-no… contenta?’

‘si, tanto anche. Senti tra poco è pronta la cena, pensi di resistere oppure vuoi finire subito?’

Restai basita per quei modi dissoluti ed abbassai lo sguardo imbarazzata e nervosa.

‘allora puoi aspettare, oggi ci ho camminato tutto il giorno, dici che è meglio che me li lavo?’

‘fai come vuoi, che vuoi che ne sappia!?’

Risposi acida facendola alzare.

‘ad Andrea piacciono così mi ha detto… andranno bene anche a te immagino, ci vediamo a cena’

E così uscì dalla stanza come era arrivata, portandosi via la cartella lasciata all’angolo della porta.
Attesi la fine della cena quasi trepidante.
Ci pensò Giulia a parlare con mamma, per lei non era certo un problema trovare argomenti e mentre parlava, io pensavo a tutt’altro, cercando di seguire il TG della sera, finché qualcosa non tornò a farmi visita sotto il tavolo.

Per la sorpresa sobbalzai di scattò sbattendo alla gamba del tavolo e prendendo l’attenzione di tutte e due.

‘tutto bene? Che è successo?’

‘n-niente… ho avuto un crampo scusate’

Mamma tornò a seguire mia sorella che invece non mi guardò neppure, poi tornata composta ricevetti a breve una seconda visita in mezzo alle gambe.
Stavolta scesi con lo sguardo sulla sedia e trovai il piede avvolto nei calzini bianchi di mia sorella; la pianta era grigia per via della suola degli anfibi con cui andava sempre in giro e riuscivo persino a sentire un leggero aroma salire dal basso, lasciandomi senza parole in balia della confusione.

Prese com’erano dal parlare, nostra madre non si sarebbe accorta di nulla, ma il solo rischio mi eccitò talmente da arrivare vicino allo schizzare dentro i jeans.
Tentai di stringere le gambe per farla smettere, invece, poco dopo si spinse più avanti accostando la pianta sudata al cavallo, muovendo il piede delicatamente.
Fui costretta a portarmi con la sedia più sotto il tavolo per coprire quella pazzia e senza nessuna via di fuga, maledii me stessa per aver allentato il laccio la notte passata; dopo poche carezze, strinsi i denti, rilasciando con silenziosi spasmi quello che da troppo trattenevo.

Detta così sembra semplice, ma quando la notte avevo allentato il nodo non l’avevo fatto di certo pensando di venirci, quindi per passare, il liquido si era compresso notevolmente e soltanto la fortissima pressione a tratti l’aveva sputato fuori, facendomi davvero un gran male e sopendo la sensazione dell’orgasmo.

Giulia sembrò sorpresa.
Mi venne spontaneo tossire per giustificare il mio rossore e gli occhi lucidi, poi ansimante strinsi la tovaglia nei pugni, sotto lo sguardo divertito di Giulia e quello neutro di mia madre che mi rammentò di fare bocconi più piccoli.

Con la sensazione di bagnato che andava espandendosi, dovetti restare così fino alla fine della cena per non destare sospetti, poi non appena nostra mamma fu voltata, salutai e salii le scale filando in bagno a cambiarmi e riprendermi.

Giulia giunse dopo quasi venti minuti.
Al suo passaggio la tirai con violenza nella stanza senza darle possibilità di reagire.

‘ma ti sei impazzita!? Che cosa hai fatto?’

‘ehm… quello che ti avevo promesso? Anche se non credevo sarebbe successo…’

alzò le spalle non vedendo nessun problema per poi scrutarmi curiosa.

‘m-ma… e se avesse visto qualcosa?!’

‘non è successo’

‘ma avrebbe potuto!’

‘ti è piaciuto? Volevo giocarci di più ma sei la ragazza più veloce del West, hai tolto il laccio prima di scendere?’

‘n-non è colpa mia… è da ieri che mi trattenevo!’

‘rispondi…’

‘l’ho solo allentato un po’… mi ha fatto malissimo Giulia, stavo per piangere’

‘se avessi lasciato le cose come stavano non sarebbe successo, è colpa tua. Comunque, scommetto che se ti faccio qualsiasi cosa anche adesso ci metti un attimo’

‘smettila di prendermi in giro… non mi piace’

Si sedette divertita sul letto ed io al suo fianco, sospirando nel silenzio che cadde nella stanza.

‘hai ancora voglia?’

‘…’

‘mamma ha da sistemare giù come al solito, abbiamo un po’ di tempo prima che salga, vuoi?’

Non la guardai neppure negli occhi e sospirai sentendo crescere il desiderio e non solo quello, poi scrutai i suoi piedi avvolti dai calzini sporchi.

‘dovresti cambiare quelle scarpe, te li fanno puzzare tantissimo…’

‘dici? E ti piace?’

‘no!’

‘dai scendi sul pavimento e sbrighiamoci’

‘Giulia! Datti una calmata’

La rimproverai, eppure schifosamente scesi in ginocchio davanti a lei che rise poggiandomi sulla testa un piede esattamente come la sera prima.

‘devi essere più onesta con me, sono tua sorella, puoi dirmi tutto, tanto ho capito come sei davvero; quando dici no, in realtà significa si’

Feci per ribattere, però mi ritrovai un piede sulla bocca, inebriandomi del profumo acre ed intenso che mi tolse il respiro.

‘visto?’

‘mmm…’

‘tiralo fuori’

Mugugnando qualcosa, non resistetti oltre ed abbassai i jeans facendo svettare il sesso ancora umido nonostante avessi fatto del mio meglio per asciugarlo.
Constatando quel dannato laccio che effettivamente era di poco più largo, mi afferrò con delicatezza senza togliersi i calzini, lasciandomi percepire la sensazione di attrito tra la pelle ed il tessuto usato, poi prese a muoversi.

Le provai tutte per trattenermi, ma il massimo a cui giunsi furono cinque minuti, passati i quali dovetti avvertirla.

‘che brava che sei, non mi fai faticare nemmeno… però non mi va che sporchi in giro’.

Senza esitazione alcuna, finalmente Giulia rimosse un calzino dal piede la cui sola vista bastò per avvicinarmi ad un passo dall’orgasmo, poi infilò il calzino sopra il pene come un preservativo e subito dopo riprese a massaggiarlo.

‘chiaramente poi me li lavi tu questi… chiaro?’

‘G-Giulia… il laccio, se non lo levi…’

‘tanto abbiamo visto che puoi venire ugualmente no?’

‘no Giulia mi fa male! Dico sul serio levamelo’

Quando la pianta del piede nudo sfregò la punta del sesso con insistenza, non ci fu nulla da fare ed un intensa contrazione esplose fuori copiosi fiotti di liquido, costretti ad uscire ad intervalli per via dell’ostacolo.
Stringendo i denti per l’orgasmo ed il forte bruciore, mi accasciai sulle sue gambe ed ansimai riempiendo il calzino, gonfia a dismisura per colpa del sangue imprigionato della carne.

‘com’è che dicevi? Puzzano? Non mi sembra sia un grande problema nemmeno per te, proprio come Andrea e lo stesso possiamo dire per il laccio, mia grande idea ovviamente. Hai visto? sei arrivata a cinque minuti stavolta’

‘mi fa male tantissimo… te l’ho detto. Perché hai continuato?’

‘perché se davvero era insopportabile l’avresti tolto una volta arrivata su dopo cena… dimmi tu perché l’hai tenuto, ti piace sentirlo così?’

‘n-no… non lo so’

‘non sarà anche che ti piace sentire male? Questo sarebbe un po’ più grave dei piedi Nadia…’

‘Giulia zitta ti prego dammi un minuto…’

‘però rimane ancora dritto… se fa male, dovrebbe scendere no?’

Con un gesto deciso, mia sorella usò il piede nudo per schiacciarmi a terra il pene ancora gonfio e pulsante che sul pavimento si compresse facendomi urlare.
Mi tappai la bocca per quel grido istintivo, ma quando alzò nuovamente la gamba, il sesso scattò all’insù colando fuori altra secrezione, sputando quello che rimaneva dell’orgasmo precedente.

‘oddio Nadia ma sei davvero così?! ma lo sapevi?’

‘n-no io… ora basta, devo andare in bagno’

‘ah no! Ferma qui, finché non mi dici la verità’

Mi trattenne premendo di nuovo il piede sul pavimento facendomi morire dalla sensibilità, finché stremata da quel suo pestaggio non accennai alla possibilità oggettiva che avessi in qualche modo anche quel difetto.

‘Altro che Andrea… oppure ce l’ha anche lui quest’altra fissa?!’

‘non dirlo nemmeno… ti prego alzati!’

‘che cosa non devo dire? Che sei una feticista dei piedi di tua sorella? Forse pure masochista? E che al più presto scoprirò se anche Andrea è così?’

Quando vide che, oltre a farmi vergognare come un cane non c’era quasi più risposta e che schifosamente le stavo sbavando sui jeans, si decise ad alzarsi e lasciarmi libera, abbracciandomi forte ridendo.

‘dio mio Nadia sei una meraviglia! mmm… forse fai bene vergognarti un poco; però sei mia sorella e ti vorrò sempre bene. Adesso leccali un po’ prima che sale su mamma’.

Completamente sottomessa e con il suo piede davanti, tirai fuori la lingua e dimostrai la mia perversione ancora una volta.

Se ne andò a breve, quando sentimmo i passi di nostra madre sulle scale, lasciandomi anche il secondo calzino e ricordandomi di lavarlo.
Mi diede qualche bacio sulle guance e poi restai da sola, aiutata a stendermi sul letto in preda ad ansimi ed un batticuore terribile.

Coprendomi la faccia col cuscino biasimai me stessa e quello che ero.
Ero semplicemente la cosa più disgustosa che avessi mai avuto il dispiacere di vedere e conoscere; attratta da mia sorella, dai suoi piedi ed ora anche dai maltrattamenti e più passava il tempo, più questa situazione cresceva e più mi sentivo una pervertita.
Dal canto suo, c’era anche da dire che Giulia non faceva nulla per fermarmi e trattava la cosa come un gioco a cui giocava solo lei però e quella idea malsana del suo amico Andrea venne riesumata dall’inconscio.

Tolsi il cuscino, asciugandomi gli occhi umidi di sensi di colpa e massaggiandomi in mezzo alle gambe per il dolore, guardai i miei piedi oltre i jeans. Quando il fastidio fu placato, lentamente me li avvicinai uno alla volta e rimossi i calzini grigi che avevo, restando scalza.

Avevo nei giorni passati letto sul web che il feticismo dei piedi è relativo all’infanzia della persona, un modo secondo gli psicologi di ammortizzare la presa di conoscenza della differenza tra uomo e la donna; in altre parole, quando mi accorsi che mia sorella o addirittura mia madre non avevano il pene, la mia psiche aveva sostituito quella mancanza con qualcos’altro, per l’appunto i piedi.

Il perché fosse uscita solo adesso però, la cosa rimaneva ancora da spiegare, eppure, nel turbinio di pensieri deprecabili che si affollavano nella mente, cercando di essere onesta almeno una volta, i ricordi mossero episodi molto ambigui proprio a riguardo; come quella volta da piccole in vacanza.

Era circa dieci anni fa ed eravamo scesi nel sud Italia per le vacanze estive, prendendo una piccola casa in un villaggio turistico in Calabria; le stanze contavano un letto a castello ed un matrimoniale per nostra madre.

C’era però un problema, ossia che il materasso del letto in alto, chiaramente scelto da Giulia, era così morbido che le dava un fastidio pazzesco e non riusciva a dormire, così dovetti ospitarla per le notti e ci mettemmo d’accordo per dormire a forbisce, l’una con i piedi dell’altra vicini per capirsi.

Mi bastò focalizzare un attimo di più quei dieci giorni per ricordare tratti di me che preludevano ad una possibile svolta, come stava avvenendo in quei giorni; infatti, dormendo con lei tardavo a riposare.
Sentivo il suo respiro pesante, segno di sogni beati ed io restavo a guardare i suoi piedi a pochi centimetri da me e nell’imbarazzo di non capire quei sentimenti, la piccola erezione che puntualmente scattava mi costringeva a girarmi di spalle per calmarmi.

Una di quelle notti ricordai persino che Giulia era un po’ agitata e nel sonno si girò spesso, finendo con il mio stupore nel mettermi un piede proprio in mezzo alle gambe e senza avere la forza di toglierlo per paura di svegliarla passai una notte terribile, con la sua estremità adagiata sul mio sesso ancora acerbo.

Tornai con la mente al presente e nervosamente sorrisi.
Giulia era davvero una sorella meravigliosa; sapendo la mia condizione, quello che ero e tutta la mia vita, mai neppure una volta mi aveva ferito nel mio intimo, ed ora che proprio di quell’intimo si parlava, avevo scoperto quanto sapesse essere dolce (a suo modo).

Mi carezzai i piedi guardando la porta socchiusa per ascoltare se venisse qualcuno; poi mi alzai con la schiena continuando a toccarli sulla pianta, in mezzo alle dita e sul collo, unendoli vicini e pensando ad Andrea.

Probabilmente, se la logica del feticismo valeva come discorso generale, anche lui doveva averne passate un bel po’ per arrivare ad accettare la sua condizione.
Mi interrogai su di lui ed ebbi una forte curiosità di sentire la sua storia finché, mi accorsi di essere nuovamente eccitata; sbuffai per la reazione del mio corpo e sbottonai l’unico bottone dei jeans allacciato, guardando il disastro che c’era dentro.
Raccolsi da terra i calzini di Giulia, uno di questi con la suola bagnata dal mio liquido e li annusai, prima uno alla volta poi entrambi.

L’odore era fortissimo; mi chiesi se fosse soltanto un giorno che li indossava perchè per raggiungere quel livello, probabilmente a me ne sarebbero serviti due o tre certamente.
Quel profumo svegliava in me sensazioni malsane; sapevo che fosse una cosa sporca, ma questo era un dettaglio che sembrava amplificare la mia eccitazione, ed in breve dovetti smettere per non ricominciare a toccarmi.
Prima di alzarmi ed andare a fare una doccia però, guardai ancora una volta i miei piedi e velocemente scesi su di essi annusandoli, poggiandoci il viso sopra.
Tolsi una ciocca di capelli invadente e aspirai il mio stesso odore, provando ugualmente un senso di piacere, leggermente differente.

Decisi che poteva bastare con l’essere un animale per quella sera ed andai a fare la doccia, portando con me i calzini umidi di Giulia che dovevo assolutamente lavare.

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