Skip to main content
Erotici RaccontiRacconti EroticiRacconti Gay

prima volta. Il mare in tasca, negli occhi la felicità

By 17 Luglio 2020One Comment

Prima volta. Il mare in tasca, negli occhi la felicità

Sulla battigia della spiaggia si correva mano nella mano come due fidanzatini ma eravamo dello stesso sesso e ci conoscevamo da tempo immemore.

Il sole era appena tramontato, altri pochi minuti di luce e poi soli nel buio.

Corremmo ancora, poi, stanchi, ci lasciammo cadere sulla fine rena. Il cuore batteva all’impazzata e ci stringevamo forte la mano. Ci stendemmo, supini ci tenevamo ancora per mano. Chiusi gli occhi e assaporai l’odore del mare e il piacere di essere in sua compagnia, soli.

Non so quanto tempo stetti così ma quando riaprii gli occhi era già buio e il suo viso mi sovrastava e lui mi guardava intensamente. Accennai ad un sorriso e aprii leggermente le labbra. Fu un implicito invito. Si abbassò, mi sfiorò le labbra con le sue labbra e un attimo dopo la sua lingua esplorava la mia bocca.

Lo desideravo, da tempo avevo aspettato un momento simile.

Come un automa avvolsi le mie braccia attorno al suo collo e mi abbandonai a lui. Dolci i suoi modi, dolce il suo sapore nella mia bocca. Ci stringemmo forte, in silenzio, nessuna parola né sillabe era necessaria.

Attilio il mio compagno, non staccò le sue labbra dalle mie mentre fece scivolare la sua mano all’interno del mio costume da bagno. Cominciò a stringere il mio piccolo cazzo e a stringere la mano attorno ai testicoli. Non mi faceva male anzi quella pressione mi eccitava. Dopo una diecina di minuti, a me sembrò un tempo brevissimo perchè mi piaceva quello che faceva, senza mai stancarsi di baciarmi, allentò la presa ai testicoli e fece scivolare a mezza gamba il mio costume. Una sensazione di fresco mi fece rabbrividire per pochi secondi, poi sentii che mi allargava le natiche con le dita della mano destra e un dito che cercava di entrare dentro, mi sembrava, ma si limitava a premere sullo sfintere e ad allentare la pressione. Pian piano fui io stesso a spingere in fuori il culetto, ancora vergine, per permettergli di entrare. Mi sembrava il supplizio di Dandalo perché Attilio mi massaggiava per aumentare la mia voglia di essere penetrato e per preparare i muscoli ad essere rilassati. Poi, con lieve pressione del suo corpo su di me, mi invogliò a girarmi di lato, porgendogli le spalle. Per pochi secondi si distaccò dalle mie labbra e prese abbondante saliva sulle dita dalla sua bocca e incollò di nuovo le sue labbra alle mie. Sentii che mi lubrificava l’ano con la saliva che aveva sulle dita e poi lubrificò anche l’interno introducendo il dito medio. Lo faceva entrare ed uscire ed io ero portato a spingere in fuori il mio buchetto.

Come desideravo essere allargato e riempito. Pochi attimi servirono a lui per calarsi i suoi slip e il suo cazzo duro e grosso si poggiò sulle mie natiche e suo calore mi pervase completamente. Mi stavo sciogliendo completamente e un lungo sospiro di abbandono uscì da me quasi come un sibilo perché ancora erano le mie labbra incollate alle sue. Poi Attilio guidò con la mano la cappella del suo cazzo sul mio buchetto. Mi spinsi verso di lui per invitarlo ad entrare ed Attilio, delicatamente cominciò a spingere. Sembrava non volesse entrare. Mi sussurrò all’orecchio:” Spingi come se dovessi far cacca”. Ubbidii e fu allora che fui invaso dalla sua cappella. Ci fermammo a prendere fiato e a far sì che potessi rilassarmi di nuovo, passarono secondi interminabili, lunghissimi. “Sei pronto?” mi chiese e ad un mio cenno di assenso col capo, riprese: “Spingi di nuovo.” E assieme a lui contemporaneamente ci avvicinammo. La seconda spinta fece entrare il cazzo fino a metà della sua lunghezza. Attilio non voleva farmi sentire dolore, si fermò di nuovo e ancora ancora diversi secondi perché mi rilassassi e poi, poi l’ultimo colpo congiunto e lo sentii entrare tutto in me. La sua pancia premeva sulle mie natiche e i suoi testicoli rimbalzavano sui miei. Che sublime sensazione. Si fermò ancora, non aveva fretta di venire e di farmi godere. Voleva che durasse quanto più possibile. Quanto tempo rimanemmo così. Non ho idea, una eternità un secondo non sapevo più valutare il tempo. Ero in un’altra dimensione. Cominciai a muovermi lentamente roteando attorno al suo cazzo per poi allontanarmi di poco e poi mi avvicinavo a lui quanto più potevo. Più volte ripetei l’azione, era dolce comandare l’azione e i gesti, lo sentivo dentro, caldo, pulsante, enorme e desideravo farlo godere. Ad un tratto si ridestò il leone che era in lui. Colpi decisi e un avanti e indietro a ritmo sostenuto mi incalzò tale che non feci più movimento e godevo ai suoi assalti poderosi. Tirava il cazzo quasi fino a fuoriuscire e poi giù con un colpo solo me lo spingeva dentro e le sue palle toccavano le mie. Ancora, ancora e ancora, la sua possente forza era inesauribile. Mi dilatava ogni volta di più e non mi sembrava vero potermi aprire così tanto da accoglierlo agevolmente. Cominciai a non resistere più, mi abbandonai rilassandomi completamente e lo incitavo ad essere più violento e lui assecondava i miei incitamenti. Mi sentivo rompere e ne volevo ancora di più e più a fondo. Cominciai a stringere lo sfintere per sentirlo maggiormente e per dargli tutto il piacere che potevo trasmettergli. Inizialmente cominciai a contare i suoi affondi ma poi persi il conto, mi sentivo completamente sciolto. Alla fine mi strinse a se con forza e ripetuti colpi profondi mi fecero capire che stava godendo, allora sentii il suo caldo seme inondarmi e riempirmi.

Nella mia testa mille e mille sprazzi di luce e scintille mi abbagliarono e senza toccare minimamente il mio cazzetto venni anch’io emettendo un po’ del mio seme che si sparse sulle gambe.

Una sensazione unica. Restammo così per lungo tempo assaporando e prolungando insieme quei momenti di intenso piacere, poi girai la testa verso di lui e desiderai essere baciato come una vera donna e Attilio mi accontentò mettendo la sua lingua a duellare con la mia, a succhiare i miei umori ed io ad assaporare i suoi.

Uscì da me e mi sentivo un vuoto enorme. Mi accucciai tra le sue braccia e rimanemmo così per un tempo lunghissimo fino a quando non riprendemmo le forze, allora ci ricomponemmo e pian piano abbracciati ritornammo al nostro albergo che era vicino al mare, laggiù a Paestum in una notte d’estate di tanti anni fa.

L’estate fu breve per noi. I pochi giorni che rimanemmo lì li passammo a far l’amore nella più comoda stanza d’albergo. Sperimentammo tutto quello che era possibile. Mi insegnasti a dar piacere con la bocca e a godere nell’assaporare la tua linfa vitale, a mangiarla e tu pure volesti ricambiare assaporando il mio e dandomi qualche volta il tuo culo. Era solo per farmi avere tutte le esperienze possibili, rimaneva che io ero la tua donna e se volevi mi sarei prostituita per te, mio padrone, mio uomo.

Ritornammo alla nostra città, al lavoro quotidiano, ci vedemmo ancora fui tua per tanti mesi fino a quando non ti stancasti di me perché avevi trovato un altro più femmina di me, che ti dava maggior soddisfazione e mi gettasti via come una scarpa vecchia.

Da allora quanti anni sono passati, quasi quaranta. Siamo vecchi la passione è scemata, il ricordo di te e l’amore che mi hai dato non sono scomparsi. Sono sempre vividi e spero che tu stia bene ed in dolce compagnia, come ti ho sempre augurato, amore mio lontano.

One Comment

Leave a Reply