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Con zia Betty avevo un rapporto speciale. Era la zia giovane, ultimogenita della numerosa famiglia di mia madre: tra loro due c’era una differenza di oltre vent’anni. Una differenza anagrafica accentuata dall’apparenza fisica: mia madre a 56 anni ne dimostrava il doppio, era già un po’ curva e aveva i capelli grigi; la zia ne aveva 38 ed era bella come il sole. Non parliamo poi della personalità. Erano come il giorno e la notte. Mia mamma era una donna pia, la cui missione nella vita era cucinare, curare la casa, accudire alla famiglia, andare a Messa e mostrarsi compassionevole verso i parenti e i conoscenti più sfortunati. Si esaltava nelle disgrazie, ripeteva il suo mantra “poverina questo, poverina quello”. Non era mai uscita dall’Italia e arrossiva se sentiva una parolaccia. Una donna nata vecchia.

La zia al contrario era vivace, colta, estroversa, amava andare a ballare e divertirsi. Laureata in storia dell’arte, guadagnava bene e si sentiva realizzata. Per il suo lavoro viaggiava spesso in tutto il mondo: nel suo campo era ritenuta una vera autorità, partecipava a conferenze dove sfoggiava il suo inglese perfetto, non c’era bisogno dell’interprete. Aveva un senso dell’umorismo mordace e acuto, non convenzionale, politicamente scorretto. Sebbene volesse molto bene a mia mamma (ricambiata), non perdeva occasione per punzecchiarla scherzosamente. In una famiglia abbastanza puritana e di vedute ristrette come la mia, una estrosa e disincantata come zia Anna, che si permetteva pure di fumare (orrore!) era ritenuta, se non una pecora nera, una testa matta inaffidabile. Non era né sposata, né fidanzata, anzi a dire il vero non l’avevo mai vista in compagnia di un uomo. Anni prima veniva al mare con un’amica, Margherita, erano praticamente inseparabili, ma era sparita da un pezzo. Ogni tanto ne parlavo con la mamma:

-Ma come mai zia Betty non è sposata? E’ tanto bella…

Mia madre alzava le spalle o biascicava frammenti di risposta, e subito cambiava argomento. Per me restava un mistero. La zia era bella: alta, slanciata, con una cascata di folti capelli neri, leggermente arricciati, che facevano da cornice ad un viso dai lineamenti regolari, fini, delicati. Gli occhi castano chiari con striature di verde erano quasi a mandorla e mandavano lampi di divertita arguzia. Rideva spesso mettendo in mostra una dentatura perfetta su due labbra che parevano boccioli di rosa. Non si truccava, non ricordo di averla mai vista con lo smalto; solo per le grandi occasioni adoperava un po’ di rossetto. Ma non ne aveva bisogno perché la semplicità era la sua forza: non aveva bisogno di fronzoli. Quando andavamo al mare non potevo non ammirare il suo fisico mozzafiato, i seni pieni, due gambe ben tornite modellate dallo sport (era stata campionessa di pattinaggio), un sedere che appena appena iniziava a farsi più largo ma senza perdere un grammo della sua armonia.

Io la vedevo come una specie di essere superiore, che tutto poteva. La sua autonomia, la sua indipendenza, mi affascinavano. Volevo essere come lei. Era una sorella maggiore, no, di più, una guida, mi stava a sentire per ore, non importa se l’argomento era il rendimento scolastico o i ragazzi che mi ronzavano intorno. Mi aveva abbracciata e consolata quando il mio ragazzo mi aveva lasciata e mi aveva dato un sacco di preziosi consigli di vita. Era stata in America e mi aveva promesso di portarmi la prossima volta: per me sarebbe stato il massimo. Si lamentava con mia madre, avrebbe voluto che mi desse più libertà di uscire, conoscere e vedere il mondo, anziché tenermi in una specie di clausura. Dopotutto avevo già 19 anni, teoricamente avrei potuto uscire quando e come volevo; ma mia madre su questo era inflessibile, guai a passare una notte fuori col mio ragazzo. Zia Betty quando sentiva queste cose sbuffava, non si capacitava che la sorella avesse idee tanto arretrate. Però era riuscita a strappare a mia madre una promessa: alla fine degli esami di maturità, avrei trascorso con lei un weekend nel suo villino al mare. Un sogno!

E così fu. Non vedevo l’ora di trascorrere un fine settimana con la zia, sarebbe stato troppo figo, uno spasso Partimmo il venerdì pomeriggio, la giornata era splendida, ammirammo il tramonto e facemmo il bagno mentre iniziava a farsi buio. Dopo una cena sostanziosa (perché la zia era anche un’ottima cuoca), giocammo a carte e poi rimanemmo a parlare sdraiate sul divano. Quella sera zia Betty, semidistesa sul divano, i capelli un po’ arruffati, in maglietta aderente e shorts, era ancora più bella del solito. Aveva un’aria languida, che sul momento non seppi giustificare. Mi sembrava mezzo addormentata, in realtà era immersa nei suoi pensieri. Mi guardava con un’espressione enigmatica, non riuscivo a capire. Ad un certo punto se ne uscì fuori con una frase abbastanza insolita:

-Sei cresciuta dall’anno scorso. Ti sei fatta più donna.

-Vero, ho messo su un po’ di tettine- risposi ridendo e sollevandomi la maglietta per un attimo per fargliele vedere. I suoi occhi ebbero un lampo strano, continuava a fissarmi.

-Però è anche perché ho messo su qualche chiletto, devo decidermi a perderlo.

-Stai benissimo. Ti guardavo anche prima, al mare.

-Dici?

-Si, hai un bel fisico. E dei capelli stupendi. Si schiariscono al sole. Fai bene a farteli crescere.

-E’ vero, mi ero stancata di portarli corti.

-Sono molto belli.

Spense la sigaretta e scosse la testa, come a scacciare qualche brutto pensiero.

-Riccardo è un ragazzo fortunato.

Riccardo era il ragazzo col quale stavo da un paio di mesi. Mi piaceva molto ma lo trovavo un po’ immaturo. Lo dissi alla zia.

-Cara Anna, gli uomini sono sempre immaturi. Anche a 60 anni rimangono dei Peter Pan che non vogliono crescere. Noi donne siamo diverse.

-Cioè? Come siamo?

-Cresciamo prima. E, qualunque cosa possano dire loro, abbiamo più cervello.

-Non ti piacciono gli uomini, zia?

Tacque un attimo prima di rispondere con voce meccanica: “Non particolarmente”.

-E’ per questo che non ti sei mai sposata?

Anche stavolta non rispose subito. Disse in fretta “Bisogna avere fortuna, trovare la persona giusta. E ora è il momento di andare a letto”.

Mi avvicinai e le diedi un bacio sulla guancia.

-Sei la migliore zia del mondo.

Sorrise e rispose dicendomi “E tu sei la nipotina più bella del mondo”.

-Grazie zia.

E qui successe una cosa incredibile. Mi alzò la maglietta e mi passò una mano sui seni. Io la guardavo stupita. Poi la girò sullo scherzo. “…con le tette più belle del mondo”, e mi fece il solletico, sapeva che lo soffrivo molto. Scoppiò a ridere, risi anche io e finì li. Ma a letto non riuscii a prendere sonno, pensavo e ripensavo a quell’episodio. La zia l’aveva fatto passare per una gag, ma a me non ero sfuggito un certo suo compiacimento nel toccarmi le tette. Ero ingenua ed inesperta, ma non avevo l’anello al naso. E ancora: in quei pochi secondi, con le sue mani che mi sfioravano il seno, come mi ero sentita io? Risposta: un certo languore mi aveva attraversato il corpo e una strana sensazione di arrendevolezza mi aveva presa. In altre parole: mi era piaciuto che la zia mi avesse accarezzato le tette. Dovevo preoccuparmi? Ma forse no, dai, esageravo, mi sbagliavo, quando mai….

Il sabato trascorse spensierato e felice. Andammo ancora al mare, pranzammo con dei panini e la sera, dopo aver visto un film, ci mettemmo in terrazzo a guardare le stelle, sorseggiando mirto fatto in casa. C’era allegria, la zia era in forma, una battuta dietro l’altra sui nostri parenti, io ero piegata in due dalle risate. Eravamo complici, fatte della stessa pasta. Smettemmo di ridere, mi appoggiai al parapetto e guardavo la luna. Si era fatto silenzio. La zia, al mio fianco, mi abbracciò: “La mia dolce nipotina”, sussurrò. Io rimasi così per un po’, la testa appoggiata sulla sua spalla, gli occhi chiusi. La luna splendeva in alto nel cielo, sembrava di essere in pieno giorno. Zia Betty mi baciò sulla fronte, un bacio leggero, dolce, pudico. Ero come abbandonata, in trance. Mi godevo quell’abbraccio, la luna, le stelle, il tepore delle prime serate estive. Era tutto così piacevole che quasi non mi accorsi degli altri baci della zia. Sì, perché aveva continuato a riempirmi di bacetti affettuosi. Riaprii gli occhi, incontrai i suoi e in un attimo le nostre labbra si unirono. Come se fosse la cosa più naturale del mondo. E li capii. La volevo, così come lei voleva me. Fu tutto rapido ma mi sembrò un’eternità: la sua lingua che roteava dentro la mia bocca e giocava con la mia in un turbinio di sensazioni e umori; il suo sguardo lascivo mentre mi toglieva la maglietta, si chinava a baciarmi i seni; il mio sospiro “ah, si, zia”; la sua mano che si intrufolava dentro i miei pantaloncini. Mi prese per mano, mi portò giù in salotto. In piedi davanti a me, si tolse la maglietta gli shorts e le mutandine nere restando completamente nuda. Era stupenda, una donna nel fiore della maturità. Deglutii per l’eccitazione.

-Ti piace la zia? – chiese, compiaciuta del mio sguardo di ammirazione.

-Da morire – risposi in un soffio.

-Cara….

Mi prese le mani, se le portò sulle tette, strofinandole con vigore. Sentivo quella carne tenera, ammiravo quei globi perfetti che si muovevano ritmicamente. La zia sospirava, eccitata. Io sentivo i miei umori sciogliersi tra le cosce e bagnare le mutandine. Si avvicinò, mi strinse forte e i nostri seni si toccarono: a quel contatto, mi sentii la figa diventare fradicia. Mi prese la testa e mi fece chinare, la bocca all’altezza della sua figa, ricoperta da un ciuffo di peli neri.

-Baciamela – disse quasi rantolando.

Obbedii. Anche lei era tutta bagnata, emanava un odore acre che si mischiava con l’aroma della sua pelle. Mossi la lingua dentro di lei, cercando di seguire un ritmo. Ero inesperta ma compensavo con la passione. Zia Betty rispondeva alla grande. Mi teneva la testa affondata nella sua figa, me la spingeva dentro e sobbalzava ad ogni mia leccata.

-Brava….così….continua…siiiii….

Alzai per un attimo gli occhi e notai che con la mano libera si stava masturbando i seni. La vista mi eccitò ancora di più. Continuai a leccarla con amore e voglia.: la stavo scopando con la lingua. Ad un certo punto sentii che le pulsazioni della figa della zia aumentarono e così anche i suoi gemiti: la sentii irrigidirsi, e gridò. Era venuta. Me ne accorsi anche dalla gran quantità di liquido che sentii defluire nella mia bocca. Aveva avuto un orgasmo simile a quello di un uomo.

Dopo qualche attimo, mi fece rialzare e mi baciò di nuovo sulle labbra ancora sporche del suo liquido.

-Sei stata brava, sei dolcissima. Come ti senti?

-Bene, zia….è stato bello.

Mi accarezzò il viso.

-Vieni, tesoro.

Mi portò nella sua camera da letto. Accese l’abat-jour. Vedevo quel suo seno splendido danzare alla tenue luce della lampada e mi sentii avvampare di desiderio.

-Mettiti a letto, amore.

Feci quel che mi aveva chiesto. Mi tolse i pantaloncini, rimase a giocare con le mutandine.

-Sei tutta bagnata, cara…mmmm….

Poi me le levò e fui anche io tutta nuda. Accarezzò le gambe con circospezione, era chiaro che volesse prolungare quel momento il più possibile. Toccò coi polpastrelli l’interno delle cosce, ebbi un fremito e istintivamente aprii le gambe. Lei non aveva fretta. Si allungò sopra di me, coprendomi col suo corpo e riempendomi di baci ora materni ora pieni di passione. Scese sulle tette che furono subito sue. Rossa in viso, mi sentivo pervasa dagli umori. Le sue labbra indugiarono sui capezzoli duri, li tiravano e li succhiavano avide. Zia Betty mi stava cuocendo a fuoco lento. Era bravissima: le sue carezze, i suoi baci mi provocarono un primo orgasmo. Ma ne volevo ancora di più: sono fatta così, riesco ad avere una serie di orgasmi uno dopo l’altro. E la zia voleva ancora godere del mio corpo. Posizionata frontalmente, cominciò a giocare col mio sesso. Prima passò le dita sulla clito, strappandomi un urlo di piacere; poi andò sulla figa fradicia. Non vedevo quel che stava facendo, ma lo sentivo. Mi frugava dentro la figa, usando sapientemente le sue dita. Io mi dimenavo, con le cosce oscenamente aperte e dalle mie labbra uscivano spizzichi di frasi sconnesse.

-Si, si….si….zia, è stupendo….sei bravissima…mmm….

Non riuscivo a parlare, dominata dal piacere. Venni di nuovo con un grido, così come aveva fatto lei. Chiusi gli occhi, abbandonandomi ad un senso di spossatezza e gioia. Sentii di nuovo le labbra della zia sulle mie. Quindi il calore del suo corpo, sistemato accanto al mio. Mi aveva abbracciato ancora.

-Piccola mia, ti è piaciuto?

-Si, zia….è stato magnifico. Mi hai aperto un mondo.

-Non avevi mai fatto l’amore con una donna.

.No. Ma mi è piaciuto tanto.

-La tua zia lesbica….

-Ecco perché non ti ho mai vista con un uomo.

-A me piacciono le donne. E’ un peccato?

-No, zia. Ma perché io?

-Perché mi piaci. Sei bella, dolce, hai fatto nascere dentro di me un sentimento che non sono riuscita a controllare.

-Ti senti in colpa per avermi sedotta?

-Forse domani. Non stanotte.

Facemmo ancora l’amore quella notte. Al risveglio mi sorpresi ad essere esausta. La zia non c’era più, sentivo la radio accesa. Stava preparando la colazione, erano già le 9.

-Buongiorno, cara.

-Ciao zia.

Mi avvicinai a baciarla sulla bocca, ma lei si ritrasse, imbarazzata.

-Cosa c’è?

-Ci ho pensato, Anna. Quello che abbiamo fatto stanotte…dobbiamo dimenticarcelo. Non sta bene.

-Come no? E’ stato stupendo. Come può una cosa tanto bella essere sbagliata?

-Sei mia nipote. Ho dei doveri verso i tuoi genitori.

-Zia, hai sempre ripetuto che è giusto fare quel che si vuole, che non si può essere schiavi delle convenzioni…

-Questo è diverso.

-Io ti adoro, zia. Sarà il nostro segreto.

-Anche io ti voglio bene, ma non si può.

Passammo mezz’ora a discutere, io supplicai, piansi, ma la zia fu irremovibile. Lo disse anche con toni duri: da quel momento in avanti,saremmo tornate ad essere zia e nipote, quella notte d’amore dovevamo scordarcela, anzi, non era mai accaduta. Io piansi di nuovo. Lei mi lasciò sfogare e disse, con più dolcezza:

-Cara, sei una ragazza intelligente, capirai col tempo. Adesso andiamo al mare, vuoi?

La giornata, contrariamente a quella precedente, fu tesa e triste. La zia cercava di coinvolgermi in conversazioni banali, io, con un broncio grande così, rispondevo a monosillabi. Riflettevo: potevo capire la posizione della zia però pensavo che non stessimo facendo niente di male. Ci volevamo molto bene, dimostravamo il nostro affetto. O il nostro amore. Della parentela non mi fregava nulla, adesso che avevo scoperto quanto fosse bello. Non volevo mollare così facilmente.

Dopocena, la zia disse di avere un po’ di mal di testa e andò a letto presto. Forse ero maliziosa, ma pensai che in realtà l’emicrania fosse una scusa: lei voleva soltanto stare lontano dalla tentazione. Io volevo giocarmi le mie carte sino in fondo. Mi misi davanti allo specchio, mi ravviai i capelli, mi truccai per bene. Indossai una leggera camicia da notte mezzo trasparente. Non ero affatto male.

Andai in camera della zia, bussai alla porta.

-Avanti – rispose da dentro.

Era semi distesa a letto, anche lei in camicia da notte, stava leggendo un libro. Sembrò stupita di vedermi. Si tolse gli occhiali da vista

-Tesoro, che c’è?

Lasciai passare un paio di secondi per fare una pausa ad effetto prima di rispondere: “Ti piaccio, zia?”.

Mi squadrò per un attimo ed ero sicura di avere visto un lampo di desiderio passare nei suoi occhi. Poi però la sua espressione cambiò, diventò infastidita.

-Ti ho già detto che…

-No, zia – la interruppi – Io so che mi vuoi quanto io voglio te.

Stavo giocando forte: teoricamente avrebbe potuto prendermi a schiaffi e sbattermi fuori. Ma non le diedi il tempo di replicare: misi le mani sui seni ed iniziai a muovermi nel modo più sexy che sapevo. Passai la lingua sulle labbra rosse. Mi tolsi la camicia da notte, rimanendo completamente nuda. Continuavo ad accarezzarmi i seni e a muovermi.

-Ti piaccio, zia?

Usai le stesse parole che aveva usato lei la sera prima. Stavo cercando di sedurla come aveva fatto lei. La zia mi guardava eccitata, ma ad un certo punto chinò la testa: combatteva con sé stessa. Ma quando disse piano “Si….mi piaci”, capii che ce l’avevo fatta.

Mi distesi al suo fianco, la baciai sulle labbra e anche lei mi baciò. Perse ogni riserva, ogni pudore: sospirando per l’eccitazione, si tolse anche lei la camicia da notte e mi baciò dappertutto per poi scendere alla figa e regalarmi ancora orgasmi in seria.

Poi si sedette su di me, offrendo il suo sesso alla mia bocca. Non me lo feci dire due volte, cominciai a lavorare di lingua in un modo che la mandò in estasi. Lei si toccava le tette e si muoveva in modo sconcio, emettendo gemiti di piacere. Quando, un po’ per gioco, un po’ per malizia, le stuzzicai il buchetto del culo con le dita, rispose con un urlo. Venne ancora una volta inondandomi la bocca di liquido.

Sono passati due anni, da allora. La zia è diventata la mia amante fissa. Cerchiamo naturalmente di essere prudenti. La vado a trovare il sabato pomeriggio, a casa sua. Lei spesso si fa trovare già a letto, completamente nuda, pronta per le mie coccole. A volte lo facciamo nella vasca da bagno, immerse nella schiuma, ma l’abbiamo fatto anche sul divano del salone, in cucina. Ho ancora il fidanzato, sarei ipocrita se dicessi che non mi piaccia fare l’amore con lui; ma con la zia è un’altra cosa. Forse ne sono innamorata.

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