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Come mai il sabato pomeriggio i semafori sono tutti rossi?

Sbadigliò annoiato della situazione e rassegnato a stare in coda all’ennesimo incrocio. Poi improvvisamente si risvegliò e tutti i sensi puntarono a quel magnifico, gonfio ed oscillante culo stretto in pantaloni bianchi, così attillati da mostrare inconfondibile la forma del tanga al di sotto. Le gambe snelle sopra tacchi vertiginosi procedevano decise con un movimento d’anca sensuale ed ipnotizzante. I culi delle amiche non si avvicinavano nemmeno a tanta bellezza. Era proprio il caso di dire una mosca bianca. Con la coda dello sguardo vide scattare il verde e volendo seguire quel culo che si stava allontanando da lui rilasciò lento la frizione. L’istante successivo sentì un botto tremendo e fu catapultato di nuovo nella realtà.

Mentre slacciò la cintura di sicurezza cercò di ricostruire mentalmente cosa potesse essere successo, l’unica spiegazione era che la macchina di fronte non fosse partita. Da un sabato noioso passò ad essere un sabato incazzato, era pronto a litigare anche se sapeva perfettamente di essere lui nel torto. Per prima cosa andò a sincerarsi dei danni al paraurti, quando sentì alle spalle una presenza alzò gli occhi pronto a maledire chiunque. Quando la vide gli si fermò la rabbia in gola come un raspo fastidioso che mandò giù a forza.

“Ma dove li hai gli occhi?”

Fu lei ad urlargli contro

“Era verde!”

controbatté. La risposta di lei fu coperta dai clacson di tutti quelli che avevano bloccato. Guardando alla sua destra vide il parcheggio di un bar

“Andiamo lì”

Suggerì ed entrambi si rimisero alla guida innervositi.

La sua solita e proverbiale fortuna! Per un attimo di distrazione, sarà andato al massimo ad un chilometro orario ed ecco lì che gli si era ammaccato il paraurti, non si sa come però all’altra macchina non era successo niente.

La ragazza aveva più o meno la sua età, un viso fresco, ma soprattutto due tette che era impossibile non notare nonostante il maglione largo che indossava. Vedendo che effettivamente non aveva ricevuto danni se non un graffietto si calmò e con un parlare calmo ed accondiscendente la fece desistere dall’idea iniziale di mettere in mezzo le assicurazioni.

Forse era colpa del culo che lo aveva distratto o forse era la massa nascosta di quei seni che lo infervorarono ma non aveva voglia di separarsi da lei anche se oramai il contenzioso era risolto.

“Ti posso offrire qualcosa al bar? – ed allo sguardo titubante aggiunse – Per cercare di sdebitarmi e magari per farmi perdonare!”

lanciò il suo sorriso più caldo e smagliante che funzionava sempre. Ed anche questa volta ebbe successo.

Non si capiva come mai il parcheggio fosse mezzo vuoto ma il bar stracolmo ed immerso in un costante brusio misto a musica. L’unico posto che trovarono era il tavolino nell’angolo più lontano.

“Dario”

“Marta”

e passarono con nonchalance al tu.

Al caffè si aggiunse il dolce e poi l’aperitivo. Parlavano amabilmente, come se si fossero sempre conosciuti, come se poco prima non l’avesse tamponata. Lei aveva appena staccato da lavoro, una commessa in un negozio per animali, stava andando dalle amiche per passare il sabato sera; anche lui si sarebbe dovuto incontrare con gli amici ma entrambi visualizzarono senza rispondere a chi li stava cercando.

Sovrappensiero e senza dar peso alla portata di quello che stava per dire

“Senti freddo?”

ed indicò i capezzoli che spingevano da sotto il maglione. Non capendo la domanda abbassò lo sguardo per capire a cosa si riferisse e vedendosi così esposta la prima reazione fu di coprirsi con le mani e poi diventò completamente rossa in viso

“Ma dove guardi tu?”

Scoppiò a ridere

“Non sarò mica il primo uomo che ti guarda lì!”

“Certo che no! – rialzò lo sguardo ed ancora titubante se voler continuare a dire cosa aveva in mente, aggiunse – Non sono così per il freddo… Tutt’altro… Non sei il primo che mi guarda le tette, ma decisamente sei il primo dopo tanto tempo che mi fa accaldare così tanto.”

Una bellissima rivelazione da lasciarlo senza parole

“Di’ qualcosa! O mi starai prendendo per una ninfomane ora?”

La schiettezza e la bellezza disarmante di Marta gli stavano dando alla testa più dell’alcool nei drink.

“Per una volta siamo noi uomini ad avere una posizione privilegiata – e vedendo la perplessità nei suoi occhi continuò – Per fortuna che c’è il tavolo a coprirmi, altrimenti mi vedresti nelle tue stesse condizioni!”

Ed effettivamente aveva un’erezione ma se ne era accorto solo dopo quella confessione estemporanea.

Si fissarono negli occhi come chi si riconosce per davvero, poi la vide muoversi in modo strano sulla sedia ed infine sentì un tocco all’interno coscia. Da seduta scivolò il più possibile con la schiena all’indietro ed il tocco sulla coscia si spinse di più verso il cavallo fino a quando non vide spuntare da sotto il tavolo il piedino velato da calze color carne che si portò esattamente sul rigonfiamento duro che aveva tra le gambe.

Si rilassò anche lui sulla sedia, spingendo il bacino verso di lei, per facilitarle il compito. In effetti, in questa posizione, poteva utilizzare tutto il piede, dalle dita all’arco plantare per accarezzarlo e per saggiarne la consistenza. Quelli seduti dietro di loro si alzarono e li fecero trasalire per poi riprendere una posizione più formale ma con dei sorrisi stampati in viso come crepe di un limite ormai rotto.

“Sì… sei davvero fortunato ad avere il tavolino che ti copre, non riusciresti in alcun modo a dissimulare quello che sta succedendo lì sotto.”

e la vide aiutarsi con la mano per indossare di nuovo la scarpa

“Tu sei una donna molto tattile, io invece sono un uomo che punta sulla vista… – il preambolo sembrò catturare la sua attenzione – Mi disturba vedere la rotondità del tuo seno costretta dalle coppe del reggiseno, ma soprattutto non riesco a vedere l’effettiva forma dei capezzoli.”

Sembrò accettare la sfida. Il tavolo a cui erano seduti era diventato una scacchiera che li contrapponeva ma al tempo stesso li univa nello svolgersi delle strategie alterne.

Consapevole di non essere vista, oppure noncurante di sguardi esterni, infilò le mani sotto il maglione e dopo aver tirato, spostato ed accomodato quello che ci aveva trovato le poggiò entrambi sul tavolo ed in mezzo a loro, sporgendosi in avanti adagiò anche i seni prosperosi. Quella massa molle ma compatta si sorreggeva e si allargava sul tavolino con solo il maglione morbido a tenerla, senza però riuscire a domarla. I capezzoli, grossi, lunghi ed estremamente duri sembravano puntassero verso di lui, vogliosi di abbattere anche quell’ultimo strato di lana.

Sapeva di aver colto nel segno, conosceva l’effetto del suo corpo sugli uomini ma era compiaciuta nel vederlo completamente sbigottito. Per un po’ lo lasciò guardare ed immaginare, era un uomo visuale dopotutto, poi si ritrasse e per quello che poté nascose il petto dietro alle braccia incrociate, pronta a fare la sua mossa.

“Hai avuto ciò che volevi, io no… Ok che mi piace usare il piede, ma sono le mani quelle più sensibili ed adatte per tastare!”

Gli lanciò un sorrisetto. Non voleva dirgli cosa fare ma lasciargli risolvere la sua voglia come meglio credeva. Rimase pensieroso poi si alzò con garbo e le si avvicinò di lato. Nella posizione in cui era riusciva a bloccare con le spalle larghe la maggior parte della visuale del bar, ma senza che la facesse sentire oppressa. Proprio di fronte a lei aveva piazzato il rigonfiamento più che evidente del cazzo. Lui continuava a parlare di qualcosa, non lo comprendeva, era distratta da altro, ma il tono poteva sembrare di una normale conversazione. Sciolse l’incrocio delle braccia, si girò appena in suo favore e con le mani sicure andò a modellare e distendere tra la coscia e gli addominali quell’erezione incontrollabile. L’asta larga, più tozza e forte alla base procedeva dritta verso la punta che sapeva morbida ma ce non riusciva ancora bene ad afferrare attraverso i jeans.

D’improvviso le sfuggì dalle mani lasciandole soltanto la sensazione del calore e della consistenza di quell’apparato affascinante. Tornò poco dopo con due bicchieri dal contenuto colorato.

“Allora? Che idea ti sei fatta?”

Il suo sorriso istrionico era pieno di confidenza.

“Non male, non male – le dita si strinsero come per richiamare la sensazione di poco prima – Anche se ci sarebbero anche altri aspetti da sondare!”

Non si lasciò prevaricare, ora era il proprio turno in quel gioco.

“In effetti la forma è solo uno degli aspetti della visione… un altro punto fondamentale è il colore, purtroppo però il tuo maglioncino grigio non è collaborativo al riguardo.”

Questa sì che gli sembrava una sfida ardua da superare ed invece lei, senza battere ciglia si afferrò il risvolto del maglione e guardandosi intorno lo fece salire sempre più in alto cercando di usare la stoffa e le proprie braccia per schermarsi. Le tette grosse, di un bianco latteo culminavano nelle grandi areole rosa tenue sormontate dai capezzoli dritti.

Quell’istante sembrò durare all’infinito ed anche dopo essersi coperta era come se la vedesse ancora, nitidamente nuda di fronte a lui. Una visione celestiale.

“Ora sarebbe il mio turno nel fare una richiesta.”

lo riattivò e gli fece spostare di nuovo lo sguardo dal petto al viso. Entrambi accaldati, entrambi stavano perdendo il senno e la prospettiva di chi fossero e dove fossero

“Basta con i giochi – le fece la contro proposta – Andiamo!”

ed afferrandola da una mano pensò di trascinarla in bagno ed invece non gli oppose nessuna resistenza, anzi, fu lei ad aprire la porta ed appena furono entrati gli palpò il sedere.

In un istante si spogliarono e spogliarono l’altro, erano un intrecciarsi di braccia che districavano vestiti e li lanciavano a caso. Si avvinghiavano e si separavano, si guardavano e si baciavano appassionatamente ad occhi chiusi. Non potevano fare altro che scopare forte, accoppiarsi come due animali, assaporarsi, palparsi e guardarsi dritti negli occhi attraverso il grande specchio sopra al lavandino dove erano appoggiati in una pecorina all’impiedi.

Quando fu soddisfatta gli si inginocchiò di fronte e con le mani abili, aiutate dalle labbra vogliose. Lo stimolò fino a farlo venire copioso e caldo sul grosso seno.

Non riuscirono a ricomporsi del tutto quando uscirono dal bagno, non sapevano neanche se qualcuno li avesse sentiti prima o se bastava guardarli per capire cosa fosse successo. Non importava. Avrebbero replicato molto presto.

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