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Erotici Racconti

Solo

By 7 Giugno 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Da tempo oramai la vita aveva preso la solita piega monotona. L’asfalto scivolava sotto l’auto silenziosa. I lampioni illuminavano d’arancio il cruscotto, mentre il riflesso verde dei comandi si rifletteva sulle mie mani. Ci sono certe cose che nella vita, uno non se le sa spiegare’ eppure sono così. Accesi l’interruttore dei neon e l’auto si trasformò in un’astronave da strada. Mi dava soddisfazione. Avevo curato ogni dettaglio per ottenere il gioco di luci che desideravo. Tendina elettrica nel baule che scopre l’impianto stereo ben illuminato, la musica che parte, i sub che iniziano a vibrare, la musica che copre tutto, anche i pensieri. Cercavo così di dare sollievo a una angoscia ingiustificata che mi prendeva da dentro, dal centro del petto, che sembrava comprimermi, volermi schiacciare sotto un peso enorme. Mille domande s’affacciavano alla finestra dei miei pensieri, senza trovare risposta alcuna. Respiro profondo. Un altro e poi ancora un altro. Niente, non passa. Cerco di capire da dove venga, ma non lo so. Ripenso al passato, al giorno prima. Flash. Ripenso a lei. Ripenso ai suoi capelli profumati, morbidi, lunghi. Ripenso al suo viso ovale, al suo sorriso sincero, al suo corpo avvolto dalle mie braccia. Nostalgia e malinconia si mescolano a formare un’unica sostanza. Mentre la strada deserta s’allunga davanti a me, come a voler scappare, un continuo ronzio assilla la mia testa. Fino ad allora nessuna preoccupazione, finché era lì, finché era sola, la speranza di una seconda chance m’aveva accompagnato. Continuo ad essere inquieto e non capisco perché. Flash. Non &egrave sola. C’&egrave qualcun altro. No, devo essere razionale. Come si &egrave comportata ultimamente? Non c’&egrave nulla che me lo possa far pensare, eppure sono angosciato. Che abbia capito qualcosa che non voglio ammettere a me stesso? No &egrave sicuro. Ha un altro. Il peso si moltiplica, mi schiaccia il petto contro il sedile. Gli occhi mi tremano mentre la voce urla, inghiottita dalle vibrazioni della musica. Stringo il volante, quasi come fosse la mano di colui che, lo so, me lo sento, non la merita. Posso meritarla io? Non lo so, ma non di certo una persona che non provi nulla nei suoi confronti. Nulla di paragonabile a quanto provi io.
Arrivo a casa. &egrave vuota. Non mangio, vado direttamente in camera da letto. Non ho la forza di spogliarmi. Mi stendo. Mi sento solo. Terribilmente solo. Come se fossi in uno spazio sconfinato, buio, solo. Il soffitto non c’&egrave più, non c’&egrave più il pavimento. Non c’&egrave più nulla. Ci sono solo io coricato su un letto che galleggia nel nulla. Chiudo gli occhi mentre una lacrima solca il mio viso. Chi ha detto che un vero uomo non piange mai? Non ho paura di nulla, nulla mi ha mai intimorito, ho sempre dato il massimo, pretendendo il massimo. Non mi sono mai arreso, mai rassegnato. ‘Io sono il capo e la matita, e il foglio bianco &egrave la mia vita’ queste sono le parole che scrissi su un diario quando andavo a scuola. Voglio scrivermelo io il mio futuro. Purtroppo però ci sono cose che non tocca a te scrivere. Sono gli altri a scrivere, a correggere, a cancellare.. a strappare. Mi alzo, mi spoglio. Ho freddo. Ho voglia di quel calore materno, di quel tocco di famigliarità. Mi accoccolo al centro del letto, con la testa affondata nel cuscino e il piumone pesante che mi protegge. Il rumore di un petalo di rosa che cade per terra mi desta, o forse no. In questa dimensione non riconosco più il vero dal sogno. Però lo vedo cadere, sento il suo rumore. Quel petalo. Rosso di una rosa ormai sfiorita. Quella rosa. Quella che le regalai per il suo compleanno. Quel primo bacio. Quella voglia di renderla felice, di darle tutto ciò che hai, di farla principessa di quel mondo, nascosto da alte mura, proibito ai più.
(continua’)

paride.iovieno@gmail.com
Mi destai. Il verde radioattivo della sveglia. 4.40am. Lo stesso peso. La stessa angoscia. Non &egrave passata. Cerco svago. Jeans, t-shirt bianca, scarpe da ginnastica, gel nei capelli. Scendo le scale velocemente. Sono in garage. La mia auto, con quel suo sguardo triste, la sua vernice arancione e la fascia blu elettrico aerografata. L’ho fatta io. Ogni volta che la guardo non posso che non esserne orgoglioso, non posso che non pensare a lei. Il primo bacio ce lo siamo dati in auto, dopo averla accompagnata. Le luci blu e viola dell’abitacolo illuminavano il suo viso. Un breve discorso senza senso, la domanda. Il suo si. Le sue labbra. Il gusto dolce in bocca, il sorriso felice, l’auto che sfreccia nel buio, lo squillo sul cellulare. In un attimo, tanti ricordi.
Ho voglia di lei. Del suo sorriso, del suo profumo, della sua pungente ironia, del suo gusto dolce.
Esco. Giro per le strade di periferia senza una meta. L’angoscia che nei ricordi sembrava sparita, ritorna. Il freddo della notte mi sveglia. Cerco di non pensare, ma &egrave impossibile.
Comincia ad albeggiare, mi sento stanco. Senza essermene accorto sono lì. Alzo gli occhi verso la sua finestra. Il palazzo, ancora imbrattato dal buio, dormiva nella città ancora assopita. Fisso ancora quella finestra. Il tempo passa lento, la luce s’accende. Mi desto dai miei pensieri. Già mattina s’&egrave fatta e la strada s’&egrave animata di gente. Vedo una figura magra, aggraziata aprire le finestre. &egrave lei.

Cari lettori. La storia fino a qui autobiografica, ho deciso di troncarla. Non me la sento di andare avanti. Comincia a far affiorare sentimenti e dolori che non voglio sopportare ancora.
Se e quando le cose miglioreranno, ci sarà un seguito, ma fino ad allora’ vi chiedo scusa.

paride.iovieno@gmail.com

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