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IL GINECOLOGO DELLE SUORE
(La visita)

Salve a tutti sono un ginecologo sessantenne sposato con figli di cui il maschio anch’egli specializzando in ostetricia e ginecologia è sulla strada per rilevare lo studio medico di famiglia dove esercito, mentre la figlia si sta specializzando in cardiologia.
Sono sulla soglia della pensione e leggendo sulla rete nei momenti di svago e distrazione di alcune curiosità erotiche mi sono detto:
” Perché non riferisci ai lettori di questo tipo di racconti e confessioni erotiche, qualche tua storiella che ti è capitata davvero durante la professione…?”
Per questo ho deciso di scrivere quanto segue, mettendo a conoscenza dei molti quello che sanno pochi, pochissimi sulla mia professione, riguardanti vicende boccaccesche. Naturalmente non verrò meno alla deontologia perché non sarà possibile capire di chi parlo e quindi non svelerò rapporti riservati, ma solo di tipo professionale con alcune pazienti, come se preparassi una relazione per un congresso, e ho parecchi fatterelli da raccontare, ma questa volta mi soffermerò su due, gli altri se vorrete ne scriverò prossimamente.

Ho iniziato a professare ginecologia e ostetricia seguendo le orme di mio padre, mio mentore e maestro, nella città di Roma degli anni 80, sia in ospedale che in forma privata ( intramoenia come si dice ora), facendo con quella scelta la sua felicità, infatti lui era stato primario (ora in pensione) del reparto di ginecologia di un grande ospedale… cattolico di Roma, lo stesso dove ora esercito io con le stesse mansioni dirigenziali, solo che il responsabile non si chiama più primario ma Direttore di Struttura Complessa e dove a breve verrà assunto anche mio figlio, come dicevo anche lui ginecologo, che percorrerà la mia stessa carriera.
Di me ho già detto che sono un sessantenne, dicono un bell’uomo, sto bene economicamente e sono un po’ cinico e disincantato (classica figura del romano de Roma), da giovane sono stato un cosiddetto figlio di papà, non mi è mai mancato niente in ogni senso, soprattutto donne, però in modo molto riservato visto che la mia professione.
Immaginate la felicità di mio padre quando anch’io ho seguito le sue orme nella specialità, facendo lui di tutto per spianarmi la strada. Certo ne lui ne mia moglie mi conoscono per come sono in realtà, lui mi pensa tutto l’opposto di come mi sono descritto e anche mia moglie ha di me l’immagine di un medico serio e professionale e non potrebbe essere diversamente visto il clima “papalino” che si respira in famiglia.
La nostra è una famiglia cattolica strettamente osservante, molto conosciuta negli ambienti ecclesiastici e per questo papà era molto bene introdotto negli ambienti “bene” della città, come me oggi, era il medico delle “vulve e vagine” di molte vip e di mogli di vip, politici, magistrate, professionisti, gente dello spettacolo e della televisione ecc.
Chiusa la sua carriera non ha pensato altro che a mettermi al suo posto per continuare la tradizione di famiglia. Non pensiate però dalla mia descrizione che vi ho fatto, che io non sia bravo come medico ginecologo, tutt’altro, sono uno dei migliori e non lo dico per vantarmi, ma perché lo sono davvero; è il mio modo di pensare che è diverso.
Ho sempre amato il “triangolo” peloso delle donne e ne ho viste molte fuori e di conseguenza dentro a decine di migliaia, di tutti i tipi, giovane e vecchie, grasse e magre, vergine e diciamo navigate… mamme, mogli, figlie, fidanzate, sorelle…ricche e povere, depilate completamente, in parte o pelose., occidentali, ma anche qualche extracomunitaria.
Come dicevo il triangolino mi è sempre piaciuto per cui la mia professione la svolgo con “passione” e ancora oggi davanti ad una bella donna, nuda o quasi dall’ombelico in giù, a gambe larghe appoggiate sulle reggi gambe, mi eccito ancora; e comunque non credete se qualche collega dice che non è vero, davanti a una bella vulva in posizione esplorativa non si resta insensibili, chi lo dice è solo un visionare e manipolare solo professionale. Tutti, quando è il caso, per un tipo di donna che ci prende in modo particolare o ci piace per qualcosa di sua caratteristica ci eccitiamo e ci fa piacere osservargliela, scrutarla, studiarla, come diciamo noi anche esternamente. La correttezza sta nel non approfittare in alcuni casi della posizione di vantaggio in cui ci si vieni a trovare e vi assicuro che è meglio per le signore lettrici non conoscere cosa si dicono i signori ginecologi nelle pause dei congressi, i commenti, le battute e derisioni sulle loro vulve.

È comunque con uno spirito un po’ goliardico che ho affrontato la professione, a parte quei casi veramente seri che non sono molti, in cui occorre lavorare bene.
Perché, in effetti, il più delle volte, le donne, in quelle zone anatomiche, hanno problemi veramente semplici anche se loro (e soprattutto i loro medici di famiglia) pensano il contrario.
Vi ho già detto che mio padre era medico ginecologo cattolico e quindi di fiducia del mondo ecclesiastico, per cui curava molte suore. Avete capito bene le suore.
Le suore sono femmine… con gli stessi problemi di tutte le altre donne, solo che vista la loro condizione religiosa, sono solitamente indirizzate dalla stessa Curia a medici ginecologhi di estrema fiducia e provata fede cattolica; per cui le visitavo e curavo e lo farò ancora anche in pensione.… visto che uno dei medici di loro fiducia ginecologo, sono io.
Le suore o le religiose in generale sono chiaramente pazienti un po’ particolari e “subiscono” certe visite solo quando le superiori esercitano certe pressioni; occorre sempre molto tatto e con il tempo ho imparato che con loro, in genere, bisogna essere estremamente impersonale, un po’ burbero e scostante. Sono donne abituate a subire l’autorità superiore religiosa e a ubbidire tacendo e se percepiscono questa autorità anche dal medico vi si inchinano e abbandonano completamente.
Vi sono però anche le eccezioni, di solito le suore più anziane e scafate che nella vita hanno visto e subito un po’ di tutto, sono disincantate e autoritarie, per cui con loro si riesce a stabilire un contatto sullo stesso piano.

Innanzi tutto per farvi capire meglio quello che narrerò vi devo fare una piccola introduzione su cos’è una monaca o una suora. Diciamo subito che la differenza è minima, la monaca è una donna appartenente ad un ordine religioso cristiano di tipo monastico di origine antica, anche medievale. La suora invece è colei che fa parte di un ordine religioso più recente nei secoli. La prima vive nei monasteri o abazie, la seconda nei conventi. E comunque entrambe sono donne che hanno pronunciato voti pubblici e semplici di povertà, obbedienza e castità e che conducono una vita in una congregazione religiosa canonicamente eretta dalla legittima autorità ecclesiastica.
Alcune svolgono vita contemplativa di preghiera in clausura, altre sono dedite alle opere di apostolato attivo, come, il lavoro a livello sociale, l’insegnamento cristiano della gioventù, l’assistenza infermieristica, l’assistenza pastorale e di ritiri, il lavoro missionario, il lavoro nei media, l’assistenza agli anziani o ovunque si sentano chiamate.
Vivono e lavorano in uno spazio “chiuso” sia esso monastero o convento, proibito a tutti tranne che ai sacerdoti, al personale medico e ad alcuni operai per riparazioni e con la possibilità di uscire solo per questioni mediche o che coinvolgono il monastero o il convento.

In genere una giovane conosce nella propria vita una spiritualità cristiana e ne rimane attratta e affascinata. Dal fascino iniziale comincia una frequentazione sempre più intensa di una comunità di quel particolare ordine/istituto religioso da cui è attratta, e sono possibili dei periodi di esperienza interna nella comunità. Durante il tempo del noviziato le giovani sono accompagnate da una formatrice chiamata “maestra delle novizie” che istruisce sulla spiritualità e il carisma tipico di quella famiglia religiosa e verifica le motivazioni della candidata.
Sono donne che hanno la vocazione indipendentemente dall’età sia a 20 che 50 anni e si sentono chiamate da Dio.
Nel primo passo di avvicinamento all’ordine, si diventa “Aspirante”, che altro non è che una introduzione, dove una donna o ragazza vive un periodo con una comunità o congregazione religiosa, per capire se si sente attratta veramente e realmente ed è a proprio agio nella vita monastica e anche per capire se la comunità si trova bene con lei. E questo periodo da “Aspirante” viene chiamato “Pre­postulandato” per poi se accettata diventare” Postulante”.

Una “Postulante” è una donna o ragazza che ha iniziato a imparare a vivere in comunità per un periodo di discernimento più intenso. Il discernimento è la possibilità di distinguere il bene e il male e avere giudizio e criterio per capire e scegliere interiormente tra la vita sociale e civile e quella secolare delle suore.
Il postulandato dura dai 6 mesi all’anno, e in quel periodo la donna può essere chiamata “sorella”. E può se concesso dalla comunità indossare l’abito religioso bianco o seguire un codice di abbigliamento deciso dalla comunità, con un programma giornaliero fatto di studio teologico e di preghiera.
Una “Novizia o principiante” (dalla parola “nuovo”) è una postulante che è stata accolta formalmente nella comunità. Il noviziato in genere a seconda dell’ordine religioso di appartenenza dura due anni per le donne e dà inizio a un periodo di formazione intensa, studio e approfondimento della preghiera, e include una formazione sia canonica che apostolica. La novizia indossa un abito religioso bianco e prende un nome religioso che in genere decide la Superiora o la Badessa e sarà distinta dalle altre per il velo bianco.
Una volta completato il noviziato richiesto, la novizia richiede l’ammissione formale ai voti semplici, e la badessa o la Superiora e i membri della comunità decideranno se è chiamata (adatta) al loro ordine o associazione (sempre si). E diventerà a tutti gli effetti un membro “professo temporaneo” della comunità, e potrà lavorare in un apostolato e firmare usando l’abbreviazione della comunità (ad esempio suor Teresa, suor Maria).
Al termine del noviziato avvengono i voti finali (o “perpetui”) e la religiosa prenderà i voti per la vita come membro di quella comunità. Ci sarà la professione dei voti di povertà, castità e obbedienza secondo le costituzioni tipiche dell’istituto religioso.
Durante la cerimonia religiosa presenziata dal vescovo e dalle autorità ecclesiastiche, verrà svestita dagli abiti civili indossati provvisoriamente per la funzione e rivestita degli abiti dell’ordine. Le verranno tagliati pubblicamente alcune ciocche di capelli in una misura simbolica davanti ai parenti e conoscenti in segno di rinuncia alla vanità, (e poi dopo, in privato davanti alla congregazione, tolto il velo e il soggolo le verranno rasati completamente con la macchinetta). Eseguirà il giuramento di rinuncia, di povertà, di obbedienza e di castità e firmerà la formula sull’altare mostrandola a tutti i presenti, e i suoi voti verranno inviati in Vaticano.
Da quel momento si dirà che è “pienamente professa”, diventerà suora a tutti gli effetti e in un certo senso una “professionista” della vita religiosa, con una formazione continua che durerà tutta la vita.
Per loro quando prendono i voti, il convento è il desiderio. L’obbedienza è il naturale. La preghiera è il piacere.
Durante la loro vita religiosa avranno ognuna un lavoro in comunità con compiti specifici dall’insegnare ai giovani, fino a zappare nell’orto. Negli anni si diventerà sorella maggiore e si potrà entrare a far parte del consiglio, che è composto da quattro suore scelte direttamente dalla madre priora. All’interno del Consiglio, verrà scelta una suora a cui verrà dato il compito di maestra delle novizie; questo incarico è molto importante, in quanto la suora dovrà formare le giovani che entreranno nel convento, fino al raggiungimento dei voti.
Al primo posto se vogliamo usare un termine sportivo, c’è la Madre Priora o la Madre Badessa o la Madre Superiora a seconda dell’ordine, tutte Madri Reverende, che dovrebbero essere elette dalle altre suore in maniera democratica, ma spesso, anzi quasi sempre sono sponsorizzate dai superiori ecclesiastici, vescovo in primis. L’incarico di Madre dovrebbe durare tre anni e poi essere rinnovato se c’è il consenso delle altre suore per altri tre. Ma non sempre è così o meglio formalmente, ci sono delle Reverende Madri che sono vent’anni che professano.

Ora tralasciando le parti religiose e sociali dei rapporti interni tra di loro nelle abazie, monasteri e conventi, dove avvengono anche episodi di mobbing, manipolazioni, gelosie, cattiveria, perversione e abusi di potere, fino a sconfinare negli abusi fisici o sessuali da parte di sacerdoti e religiosi contro suore, ma anche spesso “abusi sessuali tra suore “tra la formatrice e la persona in formazione ( Novizia)”, parlerò della vita secolare in modo erotico e boccaccesco, sotto quell’aspetto non visibile e per loro segreto, ma che tutte le donne hanno.

Oggi uno dei problemi più importanti della Chiesa oltre il calo della vocazione è la vita sessuale in convento e per questo vengono tollerati il lesbismo e il bisessualismo.
Appena si entra in convento la vita pare rosa e fiori, il luogo sicuro e fascinoso in cui le donne sono misteriose, sicure, soddisfatte e rispettate, ma non sempre è così. Lungo il loro percorso fatto di ubbidienza castità e preghiera spesso iniziano a sentire il richiamo del desiderio e della carne, cadono in tentazione e l’assecondano. Alcune iniziando a masturbarsi con le dita o con altri oggetti preparati, da loro, (in genere candele), spesso fino a giungere se lo sono, all’autosverginazione in preda al piacere incontrollabile. Altre vengono cercate, adulate e portate ad avere rapporti sessuali di lesbismo con altre suore che le iniziano a tale pratica. Altre ancora a veri e propri rapporti sessuali con penetrazione con sacerdoti o laici occasionali che per qualche motivo(lavoro) accedono al convento.
L’astinenza e il desiderio portano alla tentazione e questa o prima o dopo ha il sopravento sulla loro volontà ed è percepita, subita e cercata maggiormente della castità votata… e per questo è il diavolo.
E subito iniziano le prime, amare disillusioni, l’ambiente monastico assomiglia più ad una caserma che a un luogo di gioia e libertà.
Dopo qualche anno, a volte solo mesi, si sentono, umiliate, stressate e sempre più afflitte dal ‘burnout’, (la sindrome da stress da adattamento a un modo nuovo di vivere, diverso dal precedente e non accettato completamente.) Non si adattano totalmente alla vita monastica, ma decidono di viverla lo stesso e spesso vengono isolate con altre consorelle dentro i conventi, finché non superano la fase della criticità.
Viene detto anche stress post traumatico, quando il cambiamento di vita e di affetti è davvero incisivo da essere interiormente violento e procurare un trauma interiore. Ma in genere dopo qualche anno tutte queste crisi nelle giovani suore terminano con l’accettazione piena e consapevole della vita monastica, delle sue usanze, i suoi segreti e i loro peccati.
Ed è spesso in quella condizione, tra le consorelle che si instaura una forma di dipendenza affettiva ai limiti della morbosità e della sottomissione; facendo germogliare in molte l’omosessualità latente che ognuna ha oppure le viene indotta o imposta da altre.
Come donne alle suore è negato il sesso e quindi il piacere della carne e anche la maternità, il sentirsi madri che per la donna è la cosa più importante.
Quasi tutte le novizie occidentali (che sono poche per la verità) vengono da famiglie cattoliche e severe, già abituate a ubbidire in casa e quindi è facile per loro ubbidire in convento alle altre consorelle. Oppure arrivano da altre parti del mondo, con storie di disperazione alle spalle, poche per vera scelta e vocazione.
Ma le suore e le monache sono prima di tutto delle donne, come tutte le altre, con le loro pulsioni, passioni e desideri sessuali, preferenze, simpatie e attrazioni fisiche e come tutte le donne anche loro si innamorano, che sia un sacerdote un esterno o una consorella o novizia. Ma soprattutto tra di loro.
E anche a loro oltre le mestruazioni, come alle altre donne viene “la voglia…il desiderio carnale” e la tentazione anche se la reprimono fin che possono pregando, per poi violare il voto di castità giurato e lasciarsi andare e cadere in tentazione, masturbandosi e pentendosene al termine, autocastigandosi e infliggendosi punizioni anche corporali, pregando di non farlo più. Ma poi inesorabilmente ci ricadono di nuovo, specie se sono giovani suore, ma anche quelle mature di temperamento caldo non sono da meno. E così inizia la frustrazione, lo stress… di peccare sapendo di farlo…. E poi di pentirsi e pregare. Come un gatto che si morde la coda.

Ora torniamo a noi, in 35 anni di professione ne ho viste di tutti i colori anche tra le religiose, sia tra le secolari (novizie comprese) che le suore laiche, con il loro profumo conventale fatto solo di fiori di lavanda, biancospino o violette o miscele composite da questi fiori stessi a seconda dell’età e dei gusti, e che non mettono mai direttamente sul corpo come fragranza, per non peccare di vanità, ma arriva su di loro tramite le saponette che usano e come conservano nei cassetti e negli armadi i loro abiti talari e gli indumenti intimi che indossano, con vicino sacchettini di stoffa contenenti petali di fiori secchi o ovatta profumata con le stesse essenze.
Come dicevo sopra potrei raccontarvi vari episodi boccacceschi e non è detto che non lo faccia in seguito, erotici, peccaminosi e boccacceschi, ma oggi ve ne voglio narrare solo due che vi facciano capire il senso di quello che scrivo e narrerò in futuro.

Molte suore le visito nel mio studio privato e vista la riservatezza sempre con appuntamento. Arrivano ed entrano quasi subito, non vengono mai sole, sempre in coppia o in tre. Tra di loro c’è una consorella anziana responsabile del trio o della coppia e a turno dalla sala d’aspetto vuota, entrano in studio per farsi visitare.
Discorso diverso per le novizie che sono accompagnate anche all’interno dello studio dalla consorella anziana e responsabile, che si siede al suo fianco di fronte a me a presenziare l’intervista per la visita; questa avviene però da sola, sul lettino dietro il paravento, con la consorella anziana alla scrivania seduta di spalle che attende.
Molte alle prime visite sono vergini, con l’imene intatto, dopo qualche mese o anno ritornano soprattutto per spasmi pelvici e irritazioni vulvovaginali dovute prevalentemente allo sfregamento di dita e o oggetti rigidi sulle pareti vulvari esterne e vaginali interne, tali da irritarle le mucose. E alcune di loro, dopo averle visitate e trovate vergine mesi prima, alla nuova visita non lo sono più. Il loro viso è arrossato e pieno di vergogna e imbarazzo all’attuale visita, sapendo che le troverò deflorate, leggendo nel loro sguardo che non incrociano mai volutamente il mio ma guardano basso, il disagio, la vergogna e in qualcuna anche la preoccupazione e nei loro volti l’imbarazzo, perché io apprenderò il loro segreto più intimo, scoprendo e costatando che non sono più illibate; avendo timore che parli e lo riveli alle consorelle o alla Reverenda Superiora o Madre Badessa, e questo mi dà un senso di superiorità e autorità su di loro.
Come giungevano a essere deflorate non lo sapevo e mai glielo avrei chiesto per deontologia, ma le più numerose erano derivate dall’autosverginazione dovuta al piacere della masturbazione praticata in giochi erotici solitari o esercitata da qualche consorella compagna di lussuria, con oggetti di cera o legno liscio che simulavano il pene.
Alcune suore, ancora oggi, sono bisex, cioè hanno la possibilità di accoppiarsi sessualmente sia con consorelle che a uomini, siano questi secolari come i sacerdoti o i frati o persone sociali vicino alla chiesa, tipo sacrestano, giardiniere, campanaro, negoziante da cui si riforniscono di generi alimentari, o altri. Ma quello di avere un maschio vero che le possegga è un privilegio che spetta a poche, a quelle che ne hanno la possibilità, che hanno il potere monacale o sono molto belle, sia che siano badesse che semplici sorelle.
Altre come ancora oggi si dedicano al lesbismo tra di loro, diventano amanti, fanno l’amore baciandosi, accarezzandosi e possedendosi con strumenti fallici provvisori e sono anche gelose tra di loro; c’è chi fa il maschio e chi la femmina oppure si alternano nei ruoli, questo avviene soprattutto nell’età che va dai 20 ai 60 anni…. Ma il clou si ha tra i 30 e i 50 anni.
Le suore anziane hanno diritto di prelazione sulle novizie e a volte tra di loro litigano per sceglierle. Suore sfatte e grasse nel corpo per età e o golosità ma che contano all’interno del convento e della gerarchia monacale, si accompagnano con novizie dal corpo longilineo e perfetto; alcune si innamorano tra di loro e praticano l’amplesso con gelosia, di nascosto da altre.
Il resto, che poi è la maggior parte delle religiose, pratica l’onanismo con strumenti che si producono e costruiscono loro stesse, oggetti che imitano e simulano la forma e la grandezza dei falli veri. C’è chi lo esercita in modo continuo e giornaliero e chi saltuariamente ogni settimana. Salvo poi alcune pentirsi e biasimarsi per quello che fanno, dando la colpa alla tentazione e al diavolo, professando penitenze, dicendo preghiere e facendosi benedire… ma per poi come dicevo ricaderci nuovamente e ripetere ancora il peccato perpetuando nella masturbazione in maniera solitaria o in compagnia con qualche consorella quando sono eccitate.
Questo per quanto riguarda le suore occidentali nei conventi europei, per essere più precisi e senza nessuna forma di razzismo quelle di razza bianca. Discorso a parte sono quelle sorelle che arrivano dal terzo mondo, sia esse sud americane, africane o orientali. Queste quasi tutte hanno già avuto una vita sessuale precedente la “vocazione”, iniziando nei loro paesi di origine ad avere rapporti sessuali da giovanissime con uomini adulti, molte forzatamente o imposte dalla famiglia, altre per scelta, dall’età di 12 anni in su. E quando arrivano a 20- 25 anni, raramente hanno la vocazione religiosa reale, ma più semplicemente scelgono per necessità o convenienza di farsi monache per sfuggire alla miseria o a qualche sopruso, sono già donne con esperienza sessuali complete e allargate e… e alcune già con figli ai paesi d’origine. Quindi qui da noi si comportano in modo diverso delle nostre suore occidentali, con meno pudore e rispetto per la castità che non praticano e si concedono facilmente tra di loro o con uomini di chiesa come amanti.
A volte corrompendo e diventando compagne sessuali di consorelle occidentali, per trarne vantaggi personali. C’è da dire che la stragrande maggioranza delle religiose del terzo mondo non è lesbica al contrario delle nostre europee e occidentali che lo diventano quasi subito una volta entrate in convento; le suore extracomunitarie sono eterosessuali, le piace il maschio, il fallo vero, lo hanno già avuto e lo desiderano ancora e quindi lo cercano e lo prendono e molte appunto si accompagnano e accoppiano ai sacerdoti….

Vi siete mai chiesti, sotto il talare, come sono abbigliate le suore? Sia occidentali che del terzo mondo? Ve lo dico io, dipende dalla stagione e dall’ordine religioso a cui appartengono, ma in genere sono simili almeno qui in Europa.
Calze nere o bianche a secondo della congregazione di appartenenza, autoreggenti alle cosce, le giovani, aiutate a stare su con l’elastico le anziane. E qualcuna i collant, ma non in tutti gli ordini i sono ammessi, specialmente tra le monache che seguono una vestizione secolare e tradizionale. Alcune sono belle ed erotiche lo devo ammettere, altre meno, le anziane il più delle volte non hanno nulla di eccitante nel far vedere quelle cosce grosse pallide ed esangui strette da un elastico sulla balza della calza, che lasciano trasbordare la parte superiore, oppure gambette fini con le calze larghe che si sfilano con un soffio e tolgono ogni fantasia. Mutande uguali per tutte, non mutandine ma mutande, giovani o anziane, tipo boxer con la coscia in tessuto più o meno lunga a volte a pantaloncino altre sembrano bermuda, aderenti e di cotone rigorosamente bianco senza nessuna merlatura o pizzo, che seguono la forma del corpo e arrivano quasi all’ombelico. Il reggiseno, anche questo rigorosamente bianco, senza coppe preformate, trasparenze o merlature, elasticizzato inferiormente in modo da sostenere le mammelle, per farvi capire simile al reggiseno chiamato” bralette o brasette”, senza ferretti, gancetti e imbottiture, composto da due triangoli di stoffa che fasciano il seno dal torace in sì, coprano parte del decolté e diventano bretelline, per capirci simile a quelle che indossano molte ragazze sportive, che sembrano dei top. E ogni convento ordina la loro misura in negozi specializzati per indumenti intimi per suore.
E sopra una maglietta intima a T-shirt o a canottiera accollata, sempre in cotone; e come dicevo hanno una pelle bianchissima, verginale che sembra porcellana.
Alcune giovani e snelle e altre mature e formose ma belle fisicamente, sono ben distribuite nelle loro parti del corpo, sono piacevoli da osservare, perfino se prosperose e anche eccitanti nella loro castità formale e nel loro peccare reale.

Fatta questa breve premessa su come vivono molte suore nei conventi o monasteri, per fortuna non in tutti, passerò a narrarvi i primi due episodi dei vari che mi sono capitati.
Un pomeriggio mi telefonò la Madre Badessa di un monastero romano, chiedendomi un appuntamento per una visita ginecologica, dicendomi che era molto urgente. Era una monaca molto autorevole nell’ambito ecclesiastico e glielo diedi alla sera stessa appena finito di fare studio.
Arrivò accompagnata da un’altra consorella giovane, di cui a prima vista pensai che fosse lei la preposta alla visita ginecologica, invece con mio sommo stupore e al contrario di come succedeva sempre che entravano in due, una restando seduta alla scrivania mentre visitavo l’altra, disse alla giovane suora in modo autorevole di aspettare fuori, di accomodarsi in sala d’attesa.
Era lei quindi che dovevo visitare, la Madre Badessa, una monaca sulla cinquantina d’anni, appena formosa ma ancora attraente nell’aspetto seppur nell’abito monacale. E voleva che lo facessi senza presenze esterne, un atteggiamento insolito per le suore farsi visitare da sole, contrario al loro regolamento che lei stessa era preposta a far rispettare alle altre sorelle, ma intuii che doveva essere qualcosa di molto serio se desiderava farsi visitare da sola e la feci accomodare.
La Badessa era una monaca alta, come dicevo leggermente formosa, dalla presenza e dall’atteggiamento austero e carismatico, sui cinquant’anni, intelligente e acculturata. Si sedette dall’altra parte della scrivania e la invitai a espormi il suo problema e lei imbarazzatissima mi spiegò:
“Ecco dottore… mi sono comparse come delle verruche, non so come mai ma mi danno fastidio e prurito.”
“Come le sono comparse? Dove? Da quando?” Domandai.
“Nella zona genitale, tra i peli, sarà un mese… “Mi informò con voce smorta e imbarazzata.
“Vediamo… vada dietro il paravento si spogli e si metta sul lettino” La esortai visto che non era la prima volta che la visitavo e sapeva come fare. Attesi un po’ e quando vidi che si sdraiava arriva, era solo con la canotta di lana, il soggolo e il velo che si era tolto e rimesso per togliere l’abito secolare.
Le presi le gambe pallide e appoggia la regione poplitea (dietro il ginocchio) sugli scanni mettendola a gambe divaricate, con la sua figa pelosa alla mia vista in posizione ginecologica.
Mi misi la lampada frontale e l’accesi, poi i guanti, presi lo speculum e mi sedetti sul seggiolino tra le sue cosce spalancate, osservando la vulva esternamente tra i peli, le grandi e piccole labbra e ne vidi qualcheduna sulle piccole labbra e tra i peli e toccandoli con il dito guantato dissi:” Sono questi…”
“Si… dottore!” Rispose lei sentendo il tatto del mio dito.
Infilai lo speculum all’interno e le divaricai la vagina, illuminandola internamente con la lampada frontale e osservai. Guardai con attenzione e scrupolo.
“Ce ne sono anche internamente…” La informai: Non molte ma ci sono…”
“Cosa sono dottore?” Mi chiesi ansiosa, ma non gli risposi:” Glielo dico dopo…” Replicai.
Terminata la visita avevo già fatto la mia diagnosi, chiusi e tolsi lo speculum dalla vagina e i guanti e le dissi di vestirsi aiutandola a tirarsi su e a sedere nel lettino per alzarsi. Io tornai a sedermi alla scrivania e a scrivere, finché lei non ricomparve e si venne a sedere difronte a me.
“Allora dottore, cosa ho?” Mormorò.
“Qualcosa di non bello!” Esclamai.
“Di grave?” Ribatté subito.
“Guardi Reverenda Madre, voglio essere chiaro con lei… Dal punto di vista medico non c’è niente di grave e che con le dovute cure si possa risolvere, ma lo è dal punto di vista sanitario e sociale…” Dichiarai facendola diventare rossa il quel volto contornato dal soggolo bianco e dal velo nero.
E mentre mi osservava ansiosa dissi:
“Sono condilomi…Reverenda Madre… un’infezione da virus Hvc, il Papillo virus… ed è considerata una malattia venerea perché è trasmissibile sessualmente…”
Vidi che da rossa diventò pallida come un lenzuolo bianco.
“Condiloma? …” Balbettò.
Certamente sapeva cos’erano, ogni tanto capitano nei conventi numerosi.
“Si!” Risposi:” Queste escrescenze che sembrano verruche altro non sono che condilomi genitali …”
Vidi che preoccupata restò in silenzio apparendomi priva di autorevolezza, spaventata… vergognosa e proseguii:
“Questa patologia interessa la regione genitale esterna e interna, vulva e vagina. Nella donna i condilomi si localizzano sui genitali esterni, dentro la vagina, a livello della cervice uterina e attorno o dentro l’ano. La condilomatosa genitale è la malattia sessualmente trasmessa più diffusa. Si può guarire spontaneamente in un anno, ma possono anche degenerare in forma cancerogena…”
Vedevo che era sconvolta e anche se pensava fosse qualcosa di sessuale, non si aspettava questo e le spiegai un poco in cosa consistevano:” Si presentano come escrescenze esofitiche, della grandezza variabile da una capocchia di spillo fino a raggiungere le dimensioni di vari centimetri assumendo un aspetto a “cresta di gallo” o nelle forme ancora più floride a cavolfiore. E volgarmente nel gergo popolare sono anche chiamate creste di gallo per la loro caratteristica forma.
In alcuni casi, tutta la zona vulvare può essere interessata da queste proliferazioni biancastre risultando molto fastidiose. Altre volte possono localizzarsi isolatamente a livello della forchetta vulvare in sede para clitoridea, sulla faccia interna delle piccole labbra, al solco imenale od in sede vestibolare.
Solitamente non causano dolore né particolari fastidi tanto che la paziente spesso non si accorge della loro presenza; a volte possono manifestarsi con prurito, bruciore o lieve dolore.
” Ma cosa posso fare per guarirli?” Domandò con voce tremante e sguardo umiliato e imbarazzato.
“Il trattamento può essere medico con soluzioni e creme nell’area interessata senza essere lavato via il farmaco o chirurgico con diatermocoagulazioni, bruciarli con il bisturi elettrico in genere questi trattamenti li pratica il dermatologo, ma se vuole madre, lo posso fare io…”
“Si… si… lo faccia lei, non voglio che lo sappia nessuno, di lei mi fido… solo di lei, me lo faccia lei …” Disse quasi supplicandomi.
Capii la sua situazione, era una Madre Badessa che probabilmente aveva avuto rapporti sessuali con qualcuno contaminato e ora se per curarla si fosse saputo, sarebbe stato oltre alla vergogna e all’umiliazione, uno scandalo, con probabile e conseguenza rimozione dall’incarico dirigenziale ecclesiastico….
Non entrai mai nel merito di dirle apertamente che aveva avuto rapporti sessuali, ma le feci capire che la causa era quella e lo sapeva anche lei e volli che sapesse bene che la favorivo, affermando:
“Essendo una infezione sessualmente trasmissibile andrebbe redatta obbligatoriamente la denuncia all’ufficio igiene dell’asl… ma credo che nel suo caso non sia opportuno con le conseguenze che avrebbe. Ma mi pone un problema di coscienza… deontologicamente e moralmente se omettessi la denuncia alla autorità sanitaria competente, mancherei a un mio preciso compito sanitario…”
Lei continuava a osservarmi con uno sguardo supplichevole che non era abituata a fare ed avere, ma solo ricevere dalle sue sottoposte.
“Ma mi rendo conto della sua situazione… se lo sapesse il Vescovo…” Mormorai.
“No! Non lo dica a nessuno dottore, non faccia la denuncia gliene sarò riconoscente per sempre…” Esclamò con gli occhi lucidi.
Sospirai… feci una pausa pensando e poi esclamai:
” Va bè vorrà dire che dira qualche preghiera per me per questa mia mancanza.”
“Si… tutte quelle che vuole? Pregherò sempre per lei…” Esclamò illuminandosi gli occhi e il viso.
E le feci pesare tutta la situazione:” Guardi che lo faccio solo per lei Reverenda Madre di mancare al mio dovere, a un’altra non lo farei…”
“Grazie… Grazie…Grazie…” Esclamò allungando le braccia sulla scrivania per prendere la mia mano come volerla baciare.” Gli e ne sarò grata per sempre …” Ripeté.
“Faremo tutto in modo riservato, senza che venga registrata, anche perché vista la sua posizione, lei capisce… Madre?”
“Si … si faccia lei. Mi fido completamente di lei, mi affido a lei …” Mi ripeté:” L’importante che nessuno lo sappia e che mi guarisca…”
A quel punto vedendola spaventata e affidarsi completamente a me, mi alzai e guardandola dall’alto in basso le dissi:
“Bene, la curerò io personalmente in modo che resti un fatto riservato solo tra noi due.” E iniziai a informarla: “Tra i vari metodi io propongo questo schema, iniziare con la diatermocoagulazione interna ed esterna e bruciare tutti i condilomi, soprattutto quelli interni sulla parete vaginale che in altro modo diventa lungo, e difficile estirparli o farli morire solo con la terapia farmacologica. E comunque ci vorrà più di una seduta… e sarà un pizzico doloroso bruciarli…”
“Non importa… faccia come ritiene giusto dottore, sarà un dolore meritato il mio…” Pronunciò interrompendomi facendomi sorridere, aggiungendo ancora:” … le sarò grata per sempre…”
E continuai: “… Una volta cauterizzate con il bisturi internamente, procederemo esternamente con pennellate di condiline, un farmaco a soluzione da pennellare sopra il condiloma, e internamente ad applicare Papilocare – Gel vaginale, che è composto da una cannula e flacone monouso da introdurre nell’area vaginale, tutto questo preferibilmente alla sera prima di coricarsi.
Dovrà introdurre la cannula e svuotare il suo contenuto delicatamente all’interno. Ripetere il trattamento per 21 giorni e successivamente altri 21 a giorni alterni.
“Si…sì… va bene…” Replicò.
“Bene, abbiamo impostato un quadro terapeutico e quindi lei verrà qui in studio da me due volte alla settimana a praticare la terapia. Ahh… “Esclamai all’improvviso:” …naturalmente dovrà rasarla tutta…”
“Rasare tutta?” Ribatté sorpresa.
“Si… deve essere depilata completamente, senza un pelo bisogna vedere bene la parte da medicare e non si può fare con la peluria. Dovrà rasarsela.” Restò in silenzio e poi come smarrita disse:
“Ma io non l’ho mai fatto… non so come si fa…”
“Non c’è qualche consorella che potrebbe farglielo?”
“No… Non so, non credo, in convento come sa non si fanno queste cose e poi mi vedrebbero, capirebbero.”
Effettivamente alle suore era proibito depilarsi il sesso, ce l’avevano tutte peloso, le novizie rigoglioso, le consorelle mature molto peloso e le anziane grigio e spelacchiato quasi senza peli per la caduta fisiologica, come i capelli dovuta all’età.
“Ho capito faccio tutto io, la prossima volta la depilerò completamente e praticheremo la diatermocoagulazione vaginale e a seguire inizieremo la terapia…”
Ci salutammo e uscì salutandomi con riverenza, ringraziandomi in continuazione per quello che facevo per lei e si allontanò accompagnata dalla giovane suora.
Ci saremmo visti il martedì.
Quel pomeriggio vedendola soggiogata pensai di divertirmi un po’ con la Madre Badessa, in modo soft naturalmente, sfiorandola e accarezzandola senza che capisse che fossero atti volontari.

Il martedì sera al termine, prima, che andasse via la segretaria-infermiera dello studio, feci allestire il carrello con tutti gli accessori per la tricotomia, preparò tutto, quando arrivò la Madre Badessa la feci entrare e accomodare e la giovane suora che l’accompagnava tornò a sedersi in sala d’aspetto.
Dopo un breve dialogo tra noi, l’accompagnai dietro il paravento, dicendo di spogliarsi completamente nuda per ispezionarla anche sulla schiena e il seno, lasciandole solo le calze bianche, il velo nero e il soggolo bianco, evitando di lasciare quel bel viso maturo con il capo scoperto che ne riduceva l’eroticità nel vederla con i capelli quasi rasati a zero, grigi, tagliandoseli cortissimi tra di loro in modo disordinato, senza nessuna femminilità, a maschio e sempre al naturale senza tinte.

Quando fu pronta aiutandola la feci sdraiare sul lettino in posizione ginecologica.
Mi guardò e seppur esitando, intimidita, tra tentennamenti lo fece.
Si sdraiò aiutata da me, che le allargai bene le gambe appoggiandole su gambali, mostrandomi a gambe divaricate il suo triangolo peloso, bello, gonfio e soffice seppur da curare.
“Bene, ora le pratico la tricotomia…” L’avvisai.
“Che vuol dire?” Domandò non capendo cosa significasse.
“Tricotomia è in termine sanitario di origine greca, che significa depilare, rasare, tagliare i peli…” Risposi.
Ubbidiva a tutto quello che le dicevo di fare. Quella condizione la rendeva passiva e accondiscendente ai miei comandi, lei, Madre Badessa, sempre altezzosa, abituata a comandare gli altri, ora doveva ubbidire…. a me!
Aveva timore di quello che aveva e soprattutto che si sapesse nell’ambito monacale e come scrivevo sopra, decisi di divertirmi un po’, di giocarci come a volta facevo professionalmente con alcune signore che visitavo.

La madre badessa passiva teneva sempre lo sguardo basso, non incrociando mai i suoi occhi con i miei per vergogna.
Su un carello l’infermiere prima che andasse via aveva già preparato tutto l’occorrente per eseguire la tricotomia, che altro non era che l’occorrente per radere, schiuma, rasoio, salviette di carta e una bacinella d’acqua tiepida.

Dopo averle allargato le gambe, le spruzzai un abbondante getto di schiuma da barba spray sui peli che sembrava fossero una foresta e con le dita lentamente gliela spalmai bene dappertutto, amalgamandola delicatamente con i peli con movimenti circolari sulla vulva, toccandole la clitoride da eccitarla, coprendole completamente il sesso.

La situazione non era particolarmente problematica, sia per l’atto che dovevo compiere di rasargliela completamente e sia per la mia manipolazione che avrei praticato ai suoi genitali, dove lei certamente e silenziosamente ne avrebbe provato piacere, anche in quella condizione. Lo mostravano involontariamente la turgidità dei suoi capezzoli, dritti e duri che sporgevano dall’areola al margine inferiore del soggolo bianco dove il bavaro le arrivava quasi alle mammelle e che io fingevo di non osservare, di non accorgermene, mentre lei silenziosa e imbarazzata guardava intorno o il soffitto per estraniarsi.
Per questo l’avevo voluta nuda completamente … per poter giocare un po’ con lei e anche darle gioia, farla godere dalle mie dita guantate.
Presi dal carello un rasoio normale, da barba, tolsi la copertura e mi avvicinai.
Lei era rossa in viso, tesa e rigida, ma anche eccitata da quello che le stava accadendo a giudicare dai capezzoli sempre più duri e dritti che aveva.
Mi avvicinai e mi portai sopra di lei, facendole togliere dal gambale e abbassare una gamba dal mio lato, per raderla meglio e piegando la testa sul pube le disse sarcasticamente sorridendo:
“Resti immobile Madre che è facile tagliare.”
Poggiai una mano sul suo ventre e con maestria iniziai a rasare con movimenti sapienti, brevi, continui e decisi, partendo dal monte di venere in giù, fino a giungere sulla vulva, agli inguini e al perineo vicino l’ano. Presi con due dita le grandi labbra e le tirai per tenderle e rasarle meglio in tutte quelle pieghe, pliche e affranti che c’erano.
Nel silenzio mi fermavo solo per pulire il rasoio dalla schiuma e dai suoi peli, risciacquandolo nella bacinella dell’acqua… ascoltando entrambi nel silenzio della stanza, il fruscio della scia dell’acqua spinta in movimento dal rasoio lavato e il suo battere sul bordo della bacinella per far cadere i residui.
La badessa era in silenzio provava piacere alla mia manipolazione sul suo sesso anche se non avrebbe voluto provarlo, ma assolutamente non disse nulla, sperò probabilmente che le mie mani guantate di lattice non se ne accorgessero e lo capissero.
In alcuni momenti tratteneva il respiro, muoveva la testa per non gemere, fingendo di guardare girando gli occhi in tutti gli angoli del soffitto del mio studio.
I suoi capezzoli nelle grosse mammelle tese e gonfie erano diventati ancor più turgidi e dritti, segno del piacere che provava mentre io continuavo a rasarla, accarezzandole la clitoride e la fessura vulvare con le dita, nel gesto di aggiungere o togliere un po’ di schiuma e di verificare se la zona era liscia e depilata sotto la schiuma.
Avrebbe voluto stringere le gambe dal godimento e dalla vergogna che provava in silenzio, ma non potava farlo davanti a me, farmi capire che le piaceva essere manipolata lì nella sua zona genitale.
Da come muoveva gli occhi e respirava, temeva che mi accorgessi che stava provando piacere.
Era bagnata. Lo vedevo quando passavo il dito sulla fessura della vulva, la giunzione delle grandi e piccole labbra che lasciavano tra di loro il luccichio schiumoso dell’umore vaginale. Stava godendo in silenzio, vergognandosene.
Gli aprii di più le gambe, gliele allargai bene, lei aveva paura di essere tagliata, ma le piaceva sentire la lama del rasoio sulla pelle, portarle via peli e schiuma assieme, per questo lasciava alle sue gambe, prendere posizione come io volevo.
Sentiva passare quella lama fredda sul suo pube, sul suo sesso e a ogni passaggio le portava via tutto il suo bel pelo ancora scuro nonostante i cinquant’anni. Quei peli che per lei erano segno di castità e non di vanità ed erano stati portati via tutti.
L’ultima traccia di schiuma, se ne andò via con l’ultima passata di rasoio sulla pelle delle labbra del sesso. Poi le passai una spugna sulla fessura, la allargai con due dita e gliela pulii bene, anche dalla schiuma che era penetrata all’interno. Le feci delle spugnature sopra, mentre la Badessa in silenzio godeva.
Poi mi fermai e la guardai con le gambe larghe, tutta depilata, senza un pelo. L’effetto era bellissimo, la sua vulva era grande, enorme senza la peluria che la ricopriva, con grandi labbra rasate imponenti e bombate esternamente, con le piccole labbra che fuoriuscivano dalle grandi come ali di farfalle. Una clitoride sviluppato ed evidente, ed era liscia come il vetro, completamente rasata, nuda, con quelle piccole escrescenze dei condilomi che ora si notavano maggiormente sparsi sulla vulva e le labbra vaginali.
Lei, era sdraiata sul lettino a gambe divaricate non più sulla poggia gambe e io in piedi al suo fianco.
Le passai sopra ancora la spugna, per lavarla e poi l’asciugamano ad asciugargliela e all’improvviso eccitato anch’io da quelle manovre e del veder lei eccitata che cercava di celarlo, con il dito guantato di lattice come se fosse un piccolo pene in un preservativo, la penetrai, gli infilai dentro il medio nella vulva e lo spinsi fino in fondo nella vagina, come se eseguissi una esplorazione vaginale, trovandola già piena di umori e umida, constatando quello che sapevo già, che la Reverendissima Madre Badessa pur entrata giovanissima in convento, non era vergine, ma questo lo sapevo già. E all’improvviso una volta dentro iniziai a muoverlo velocemente su e giù.
Fu colta di sorpresa, non se l’aspettava, la Madre, cercò di stringere le gambe per reazione e spalancò la bocca, bisbigliò qualcosa che non capii, forse disse:” … Ma che fa?” Ma oramai eccitata iniziò a godere sul lettino, scuotendosi e dimenandosi tutta.
Le stavo praticando velocemente un ditalino con il dito medio e contemporaneamente con il pollice appoggiato le sfregavo e titillavo il clitoride.
Le passai il braccio sinistro dietro la schiena, tirandola leggermente su con il busto quasi semi seduta, fino a far arrivare la mano in fondo al sedere e con la destra in mezzo alle sue gambe e il dito guantato in vagina continuai a masturbarla veloce con il medio, guardandola fissa negli occhi…E con autorità e professionalità la esortai:
“Così brava Madre… si lasci andare… goda! Si liberi della tensione che ha dentro, così poi sarà tranquilla… Vedrà che dopo starà meglio…”
Mentre lei rossa in viso, con espressione di stupore e piacere, sorpresa dal mio ardire e osare tanto su di lei, gemendo e godendo si lasciò masturbare guardando in avanti, emettendo degli:” Ooooohhhhhhhh!!!!” Monacali di piacere e liberazione a intermittenza per poi terminare nell’orgasmo in uno continuo.
…. Si! … La Madre Badessa passiva e in silenzio non reagiva, lasciandosi masturbare semi seduta a gambe divaricate, gemendo, godendo, ansimando, fino a emettere un urlo di piacere ed avere l’orgasmo, contorcendosi, facendo ballare le sue mammelle prosperose, gonfie, dai capezzoli dritti e turgidi, assieme al lettino su cui sedeva sopra; appoggiando per reazione al suo godere le mani sul mio avambraccio che muoveva il pollice sulla clitoride e il dito in vagina mimando un rapporto sessuale, tenendolo forte come se fosse l’estensione di un pene o qualcosa di simile che la possedesse in vagina e volesse essere lei a gestirlo, a masturbarsi, come probabilmente era abituata a fare.

In quel momento sorridevo dentro di me nel vederla in quello stato di piacere e sottomissione al punto da accettare che la masturbassi sul lettino.
Al termine diventò rossa in viso, mi guardò vergognandosi di essersi lasciata andare davanti a me, di aver goduto con le mie dita. Anch’io ero strabiliato da quello che era successo, dalla sua reazione e dal mio ardire, non me lo sarei mai aspettato di vederla godere così, masturbata da me e goderne sul lettino ginecologico.
Quando tirai fuori il mio lungo dito guantato e bagnato dal piacere della Badessa, lo guardai davanti a lei, mostrandoglielo in silenzio sorridente.
Anche le labbra della vulva erano bagnate dall’orgasmo. Dopo averle asciugate bene al termine della tricotomia, ora dopo il ditalino si vedevano gli umori schiumosi uscire dalla lunga e grossa fessura vulvare e luccicare alla luce.
Presi ancora una salvietta e gliel’asciugai bene, tutta e poi … e rivolgendosi a lei come se non fosse successo nulla disse:
” Ora è pronta per la cauterizzazione … lei è rilassata, è la vulva liscia come il vetro. Dovrà averla sempre così per parecchi mesi se lo ricordi… quando ricresceranno i peli, rasarla nuovamente se no coprono i condilomi…se ha dei problemi gliela raso io qui! …” La informai serio.
“Va bene… sì!” Rispose con voce flebile e non più autoritaria come quando parlava con le sue consorelle o le novizie, ben sapendo e sperando che alle seguenti tricotomie seguisse una nuova masturbazione, come avvenne.
Di quello che era accaduto non ne parlammo più, neanche in seguito nel tempo non accennammo mai più a quel ditalino e a quelli successivi che le praticai sul lettino facendola godere. Nemmeno lei ne parlò mai, come se non fossero mai avvenuti, non ci fossero mai stati.

Poi esclamai:” Ora dopo il piacere ineludibile della manipolazione alla preparazione, ci sarà la sofferenza della diatermocoagulazione…” E sorrisi e sorrise anche lei raccomandandomi in modo confidenziale:
“Non mi faccia male dottore…! Mi fido di lei… sono nelle sue mani.”
“Stia tranquilla Madre, purtroppo sentirà pizzicare e bruciare, ma al termine le darò qualcosa che lenirà il dolore e glielo farà passare…” Proseguendo:” … certo sentire il diatermocoagulatore non sarà come sentire le mie dita.” E sorrisi.

Una volta pronta e nuovamente in posizione ginecologica con le cosce divaricate sui gambali, posizionai sulla vulva il divaricatore vaginale, una specie di speculum ma senza le pareti a coprire le mucose. Misi la lampada portatile vicino puntata sulla vagina oltre la luce frontale che avevo sul capo, presi il bisturi e regolando l’intensità della corrente elettrica, iniziai a bruciarglieli tutti in vagina, tra l’odore acre di carne bruciata che esalava e ne usciva fuori.
Ci misi più di mezz’ora, ma feci una bella pulizia, non ne restò uno visibile a occhio nudo. Al termine gli feci una lavanda internamente con del disinfettante e poi prosegui esternamente con le pennellate di condiline.
La Madre Badessa fu brava, pur penando per le bruciature non disse mai nulla.
Era stato un buon lavoro e lei una brava paziente.
Poi si alzò indolenzita internamente, mise un panno esterno alla vagina e si rivestì dietro il paravento, mentre io rimossi i guanti e la lampada frontale ero tornato alla scrivania.
Per sicurezza feci anche uno striscio su un vetrino che mandai con un nome di fantasia in laboratorio ad analizzare e proseguimmo con il piano terapeutico che avevo impostato con buoni risultati.
Ci salutammo, l’accompagnai alla porta della sala d’aspetto, dove fuori in preghiera l’aspettava la giovane suora che da poco aveva preso i voti perpetui e non era più novizia, mi ripeté più volte quanto fosse il mio onorario, ma non volli nulla, mi bastava il potere e la dominanza che avevo acquisito su di lei.

Ritornò due volte alla settimana sempre accompagnata dalla giovane suora che penso in seguito fece diventare sua amante, che ignara con il breviario leggeva e pregava per la Reverenda Madre attendendo seduta fuori in sala d’aspetto, ignara che dentro le stavo praticando anche un ditalino e la facevo godere.
Il piano terapeutico funzionò, dopo vari mesi guarì completamente, le restò esternamente qualche cicatrice sulla cute della cauterizzazione esterna, ma presto fu coperta da peli quando le dissi che poteva lasciarseli ricrescere.
Senza guardarmi in faccia mi chiese se era ancora contagiosa, preoccupata per il contatto con le consorelle. Le dissi di no, che non era più trasmissibile ma che ogni tanto avrebbe dovuto praticare un ciclo di antivirale e applicare il Papillo-care gel vaginale per prevenzione, ed eseguire visite di controllo almeno due volte l’anno. Probabilmente era preoccupata e voleva iniziare ad avere rapporti sessuali attivi con la sua giovane nuova amante
Mi fu sempre riconoscente per quello praticato a lei, per la mia riservatezza a mantenere il suo e qualche altro segreto monacale e io acquistai una posizione di rilevanza, direi di dominio con tutte le consorelle anche quelle dei conventi vicini che venivano a farsi visitare….
Della masturbazione non ne parlammo mai più una volta guarita, anche con il tempo quando la rivisitai… Ci vedemmo altre volte anche in occasioni ufficiali e cerimonie religiose, con il cardinale e altri prelati, io spesso con mia moglie vicina, con lei sempre in prima fila superba e autoritaria, il viso severo e autorevole, contornato dal soggolo bianco e dal velo nero; con le braccia conserte sotto e dietro lo scapolare anteriore, assieme alla cinta di stoffa e il crocifisso ben evidente al petto, con la sua tonaca nera le arrivava fino ai piedi, scoprendo appena le scarpe, che la slanciava e rendeva più magra di quello che era realmente. Sempre vicina e un pochino avanti ad altre Madri Badesse o Suore Superiore, a capo di gruppi di monache e suore della sua e altre congregazioni che la seguivano in silenzio come galline. E quando incrociava il mio sguardo su di lei, faceva un cenno di saluto reverenziale solo muovendo il capo e abbassava subito gli occhi, per poi rivolgerli autoritaria alle sue consorelle affianco e dietro lei.

Ora vi narrerò di una novizia… che aveva preso i voti da poco ed era diventata una sorella.
Ogni tanto quando capitavano mi divertivo a mettertele in imbarazzo assumendo atteggiamenti burberi… come con suor Angela (nome di fantasia), che aveva da poco preso i voti perpetui, cioè a vita e faceva parte integrante della sua comunità religiosa ed era una giovane suora a tutti gli effetti, ma proprio perché ancora giovane e inesperta, era sempre seguita da una consorella maggiore.
Come dicevo sopra, arrivavano in studio su appuntamento quando non c’erano le altre utenti ad attendere da visitare.
Suor Angela come dicevo era accompagnata sempre da una o due consorelle maggiori, era giovane e veramente carina in viso, direi bella. Avrà avuto una ventina di anni, con un corpo notevole e snello che intravedevo nel paludamento delle vesti secolari, alto e magro. Aveva avuto la vocazione da qualche anno e si era allontanata dal mondo esterno, senza nemmeno conoscere completamente i piaceri della carne.
Quando le feci accomodare davanti alla scrivania, la consorella maggiore prima mi porse i saluti della Reverendissima Madre Badessa che ricambiai ossequioso e di seguito mi spiegò che il problema per cui erano venute, riguardava suor Angela, la nuova suora, aggiungendo che non aveva mai praticato una visita ginecologica, ed era la prima volta.
Suor Angela era imbarazzatissima e tesissima, parlando e facendole domande personali sempre davanti alla consorella maggiore mi confermò tutto quello che mi aveva detto la consorella maggiore. Mi faceva tenerezza ma usai l’atteggiamento più “cattivello” e scostante. Capii subito che soffriva di dismenorrea (dolori associati al ciclo mestruale) probabilmente dovuti allo stress del cambiamento di vita e dopo le domande di rito la invitai ad andare dietro il paravento a spogliarsi.
Accompagnata dalla consorella posteriormente il divisorio, che aperto sulle giunture verso la scrivania, mi dava modo di intravvederla e osservarla, aiutata dalla suora maggiore iniziò a spogliarsi, dandomi modo le fessure di osservarla svestirsi; iniziando a togliersi la veste talare.
La consorella la spoglio quasi nuda, facendola restare solo con le calze bianche, il soggolo il velo e una maglietta di cotone a canottiera che le copriva anche il pube, come io facevo restare sempre a loro suore anziane, ma suor Angela era giovane e in imbarazzo, e vergognandosi con le mani tirava sempre più giù il margine inferiore della canottiera.

La consorella tornò a sedersi davanti alla scrivania lasciandola dietro al paravento, le visite erano riservate. Dopo aver scambiato qualche chiacchera con la consorella, andai dietro al paravento e la trovai ancora con la canottiera” vicino al lettino.
“Beh, cosa fa ancora in piedi?” L’apostrofai con fare un po’severo; lei rossa in viso, balbettò qualche cosa che non capii tenendo le cosce serrate e le mani unite compresse sul ventre.
Osservandola in piedi, non mi ero sbagliato, suor Angela era davvero pregevole, con le sue autoreggenti, boxer bianchi, corti di cotone aderenti alla forma del corpo e maglietta castigata, ed era estremamente eccitante in quella sua purezza e castità. Si girò verso di me tenendo gli occhi bassi.
L’aiutai a togliersi la canottiera tenendole il velo e restò con il reggiseno a bralette con le spalline a bretella.
“Si sieda su lettino…” La esortai. Cosa che fece subito e iniziai a visitarla.
Mentre le provavo la pressione le guardavo il seno che si intravede sotto la bralette: piccolo, pallido e sodo, con le areole e i capezzoli turgidi e rosa che spingevano sul tessuto di cotone.

“Si sfili anche il reggiseno!” Le dissi in modo sbrigativo ma autorevole e lo fece, a fatica lo tirò su sfilando prima le braccia dalle spalline e una volta fatto, lo fece passare dal velo e dal soggolo fino a toglierlo dalla testa e trovai conferma a quello che pensavo; aveva due mammelle incredibilmente belle, medie, tonde, sode e perfette, con due capezzoli rosa e una piccola areola più scura, ma era tutta bella, fianchi stretti e ventre incavato, gambe lunghe e pelle naturalmente chiara.
Le auscultai rapidamente il torace e la schiena con molta professionalità, mentre lei teneva il viso e lo sguardo rigorosamente voltato dalla parte opposta. Una alla volta le sollevai il braccio sopra la testa e iniziai a visitarle il seno, a palparlo. Come le presi il capezzolo tra le dita e lo strinsi leggermente, manovra che si pratica per vedere se ci sono secrezioni, vidi che sospirò, ma non disse nulla e non mi guardò.
Divertito dalla sua pudicizia verginale e sacra, andai avanti parecchio nel palpeggiamento, le presi la mammella e la premetti e impastai e notai che i capezzoli le si irrigidirono sporgendo di più; passai all’altra indugiai anche su quella, manipolandola, accarezzandola, palpeggiandola e stringendole il capezzolo provocandole brividi senz’altro di piacere in tutto il corpo. Naturalmente nessun ragazzo o uomo l’aveva toccata prima di me sul seno in quel modo e il fatto che fosse un vecchio come me a farlo, mi eccitava come anche a lei, perché nelle sue fantasie certamente come capitava a molte sorelle, mi avrebbe identificato con il piacere solitario che prima o poi avrebbe praticato se già non lo esercitava. Avrebbe senz’altro pensato a me, alle mie mani quando sarebbe caduta in tentazione e si sarebbe masturbata nel peccato.

“Si sdrai!” La esortai e passai a visitare l’addome, piatto e incavato come le ragazze magre. Iniziai dalla parte superiore poi con fare noncurante passai a quella inferiore e le abbassai le mutandine a boxer quel tanto da scoprire un po’ di peli sul pube. Come le mie mani le toccarono il basso ventre, sentii che si irrigidì. E pensai:
” Cara la mia suor Angela, siamo solo all’inizio. Ora ti farò godere un po’ e ogni volta che verrai a farti visitare ti darò piacere sempre di più.” Mi dissi soddisfatto.
Aveva proprio un bel corpo suor Angela e mi sentivo eccitato e attratto da quella giovinezza verginale, pura. Aveva il ventre caldo e il contatto con le mie mani più fresche le facevano venire i brividi e la pelle d’oca. Era molto tesa. Seduta la feci piegare in giù su sé stessa, con le mani sulle ginocchia e dalla schiena le auscultai i polmoni e intanto la guardavo, aveva un bel viso, un profilo con dei bei lineamenti stretto ne soggolo bianco.
Una volta auscultata, l’aiutai a rigirarsi e a mettersi sdraiata a pancia in giù, i boxer abbassati appena, dietro le arrivavano a metà natiche e mettevano ancora più in risalto la loro rotondità. Aveva glutei sodi, alti, senza un filo di cellulite come una qualsia ragazza di 20 anni che metteva in mostra con gonnellini corti o pantaloncini aderenti. Lei invece no, nascondeva tutto quel splendore e quella gioia per ogni uomo sotto la lunga e larga tonaca nera.
Le controllai la schiena e i lombi e la feci rigirare a pancia in su.

“Si tolga le mutandine e anche le calze che devo visitarle anche le gambe per osservare se ha qualche anomalia o vena varicosa e si sdrai bene sul lettino.” Le dissi. Cosa che fece subito ubbidiente tirandosi su, come una ragazza qualsiasi, oserei dire come una gazzella, arrotolò le calze, giù fino alle ginocchia e poi ai piedi e le tolse gettandole sulla sedia e appena fu senza , fui io tra il suo imbarazzo e vergogna a farla sdraiare nuovamente e prendere per l’elastico le sue mutandine sui fianchi e tirarle giù, rimuovendole completamente dalle caviglie e gettandole con un gesto di insensibilità sulla sedia assieme alle calze, e alzando il volto istantaneamente mi apparve il suo triangolo di peli scuri, bello, rigoglioso e arricciati, che gonfi e vaporosi creavano contrasto con la pelle pallida attorno.
“Si metta in posizione ginecologica ora…” La esortai.

Vidi e capii che non sapeva come fare, mettersi essendo la sua prima visita e senza dire una parola la presi per i fianchi, la feci indietreggiare con il sedere e sdraiare bene sul lettino, le presi le gambe pallide che erano sempre state coperte dalle calze e dal talare fino ai piedi e le sistemai negli scanni. Era nuda, a cosce spalancate e indifesa dinanzi a me che in quel momento la dominavo.
Si sa, che per una donna la prima visita ginecologica è sempre un po’ traumatica, proprio per la posizione che devono assumere, divaricare dinanzi agli occhi e alle mani di un’altra persona, un uomo e mostrare il loro segreto più intimo, il sesso e suor Angela non era da meno.
Piena di vergogna ed eccitazione il suo pube ricoperto da un pelo bruno chiaro, voluminoso e denso, era davanti a me che ne potevo sentirne l’odore di timore ed eccitazione che emanava.
Mi muovevo con molta calma facendole capire che ero sicuro di me anche se lei vergognosa non mi seguiva con gli occhi come facevamo molte ragazze la prima volta accompagnate dalla madre, per cercare di capire in anticipo cosa le arei fatto.

Mi infilai il guanto sulla mano destra, mi sistemai sul fianco del lettino, di lato a lei e appoggiai la mano sinistra sul ventre all’altezza del pube e prima ancora di toccarle il sesso suor Angela accennò un movimento del bacino come a ritrarsi dal contatto sacrilego ed eccitante della mia mia mano; mi voltai di scatto a guardarla severo in viso, fissandola con aria decisa e un po’ cattiva, soggiogandola. Lei mi fissò per un istante, arrossì e voltò lo sguardo dalla parte opposta, vergognandosi che io oltre che vederle il sesso, glielo toccassi con le dita; era come un agnello sacrificale che si lasciava fare dalla mia autorevolezza qualsiasi cosa senza reagire. Come dicevo, con la mano sinistra appoggiata a coppa sul monte di Venere, con due dita giù lungo la fessura tra i peli, allargandoli a forbice le aprii le labbra vaginali esterne portando alla luce la pelle lucida e rosata del sesso, ed era umida, bagnata di umori.
In silenzio godeva, le piaceva il contatto delle mie dita sui suoi peli e le grandi labbra. Con l’indice guantato della mano destra lo feci scorrere lungo il solco dal perineo alla clitoride, indugiando sulla vulva con la falange, soffermandomi a stuzzicare la clitoride aprendo la sua stretta fessura e poi in basso indugiare, sfiorare e accarezzare sul piccolo foro della vagina.

Dovevo essere delicato nella penetrazione, prima dovevo capire se l’imene era intatta e la penetrai lentamente con l’indice premendo verso il basso per aprirle la vulva ed entrare in vagina. Spinsi ed esplorai.
No, l’imene non c’era più, non era più vergine fisicamente. Forse aveva già avuto rapporti sessuali prima della vocazione. O chissà aveva avuto qualche delusione d’amore e il suo ragazzo l’aveva lasciata per un’altra…” Pensai:” … oppure è stata lei che dopo il primo rapporto sessuale, in preda alla vocazione ha lasciato lui votandosi alla castità e alla vita monacale.” Ragionavo.
“Ma potrebbe essere benissimo avvenuto in convento, nella sua cella…” E riflettevo:
“Chissà se suor Angela ha davvero provato i piaceri del sesso prima di farsi suora, se è stata davvero con qualche ragazzo o si è auto sverginata masturbandosi con le dita o la candela… oppure l’ha fatto fare abbandonandosi tra le braccia di qualche sua consorella più pratica?” Era una domanda a cui non avrei mai avuto risposta. Mi dovevo attenere alla casistica, in genere le suore giovani, quelle che prendevano i voti vergini, venivano prese sotto il “mantello” (la protezione) di qualche consorella autorevole e volenti o nolenti nella vita monacale pur di avere qualche privilegio e beneficio, ne diventavano amanti. Come la Reverenda Madre Badessa e la sua giovane aiutante…e venivano o deflorate dalle loro pretendenti, o da qualche consorella occasionale o si auto defloravano in preda al piacere e l’eccitazione della masturbazione.

La guardai, teneva sempre il volto girato da una parte, gli occhi chiusi, il viso rosso e la fronte un po’ sudata, il seno, con i capezzoli si erano irrigiditi all’inverosimile, e il petto e le giovani mammelle si alzavano e abbassavano rapidamente in un respiro ansioso e un po’ affannoso.
“No … in questa bella fighetta il mio dito è la prima cosa viva che entra da quando è nata.” Mi dissi studiando le sue reazioni e manifestazioni sessuali. Probabilmente qualche sera o notte presa dai desideri della carne era caduta in tentazione, masturbandosi … e si era auto sverginata.
La penetrai sino in fondo con l’indice quasi ad arrivare all’utero, era bagnata segno che stava godendo alla mia manipolazione, le toccai il collo dell’utero con la falange del medio, sentendone la consistenza e un suo gemito, la guardai ancora, aveva il viso contratto e sentii le pareti calde e umide dalla sua vagina strette intorno al dito, contrarsi ripetutamente. Godeva.
Premetti sull’addome:
“Ok…” Mi dissi:” … utero e annessi sono nella norma e in sede.”
La dilatai ancora un po’ le labbra vaginali, sfilai leggermente l’indice e lo unii soprapponendolo al dito medio e forzai per entrare ancora con due dita congiunte.
Come tutte le ragazze della sua età suo Angela seppur dedita alla preghiera, era una porcellina e aveva la vagina lubrificata e la sentivo bene umida anche con il guanto.

“Per sentire meno fastidio si rilassi …” Le dissi:” Non stia contratta…” Avvertii la tensione muscolare meno tesa per cui spinsi con entrambe le dita ed entrai in lei più facilmente e sino in fondo, facendo sempre con il palmo della mano sinistra pressione sul pube mentre con polpastrello dell’indice della stessa mano allungandolo inferiormente da farlo apparire casuale, iniziai a strisciare e premere leggermente la falange sulla clitoride. Ruotai le dita in vagina rivolgendole verso l’alto e premetti entrando e uscendo verso la parete superiore della vagina stessa; era il modo più efficace per masturbare una donna, sfregando anche il cosiddetto punto G, che altro non è l’arrivo delle terminazioni nervose sensibilissime della radice interna della clitoride, allargate nella parete antero-superiore vaginale.
Guardai suor Angela che con gli occhi chiusi e il viso rivolto di lato piena di vergogna e piacere in preda all’ansietà, aveva lunga escursione respiratorie il suo respiro si era fatto più affannoso e tratteneva a fatica i gemiti, che anch’io non volevo facesse e potesse sentirli la consorella seduta davanti alla mia scrivania. I capezzoli le erano diventati duri e grossi e l’areola più scura e in rilievo. La vagina palpitante era pronta a ricevere l’organo sessuale maschile iniziando già a contrarsi.
“E proprio bagnata bene e ben autolubrificata adesso…” Pensai:” … sicuramente non ha mai goduto così, toccata dalla mano di un uomo anziano.”
Gli umori che le uscivano dalla vagina, bagnandoli rendevano i genitali esterni lucidi, facendo brillare alla luce della lampada i riccioli dorati dei peli scuri davanti alla fessura sulla vulva. Dal piacere aveva la pelle d’oca in tutto il corpo e appariva più intensamente rosata. Mi resi conto che stava per avere un orgasmo e non volevo, se le sarebbe fuggito qualche gemito la consorella avrebbe potuto sentirlo, anche se avrei trovato una giustificazione per quello, per cui smisi di penetrarla e di toccarla, sfilai fuori le dita bagnate e mi allontanai.
Tolsi il guanto con il lattice dell’indice e del medio letteralmente bagnati di umori, stavo per prendere lo speculum dallo sterilizzatore quando lo stronzo che era dentro di me prese il sopravvento.

Presi il tubetto di vasellina sul carello chirurgico e subito mi avvicinai a lei e la guardai. Il suo respiro era diventato quasi normale, rossa in viso osservava in giro evitando accuratamente di guardare me, le mani allacciate strette abbandonate sulla pancia. La lasciai così ancora qualche minuto poi mi avvicinai al lettino, lo manovrai alzandolo per sollevare la parte del bacino e divaricai ulteriormente i sostegni delle gambe. Oltre al sesso ancora più esposto e divaricato, anche tutta l’area anale era aperta e visibile. Una leggera peluria trasparente circondava l’area plissettata a raggiera che confluisce verso lo sfintere dell’ano. Non mi misi più il guanto e spalmai un ricciolo di vaselina sull’ano con il polpastrello nudo, massaggiando tutto intorno allo sfintere. Suo Angela al di là del benessere che provava a farsi massaggiare l’ano esternamente, capì cosa stavo per fare e irrigidì tutti i muscoli dell’addome. Non dissi nulla e continuai massaggiare con movimenti circolari l’orifizio anale. Misi ancora un ricciolo di vaselina sul dito e lo appoggiai sulla rosa anale. La lubrificazione mi permise di entrare con tutta la prima falange dentro quell’ano vergine, ma un suo lamento e i muscoli serrati mi fecero fermare. Si poteva dire che l’avevo sverginata analmente con il dito.

“ Si rilassi… Rilassi i muscoli suor Angela e non sentirà fastidio.” Pronunciai deciso e brusco in modo autorevole, attendendo che le mie parole arrivassero al suo cervello e che lei ubbidisse, e prima che i suoi muscoli involontari mi rifiutassero, penetrai con tutto il dito sino a sentire le nocche della mia mano contro la pelle calda del suo perineo e dei suoi glutei. Durante quella manovra di penetrazione lanciò un gridolino di fastidio. Era fatta come si dice volgarmente l’aveva preso in culo…
Intorno al mio dito avvertivo la pressione e il calore dei suoi muscoli anali e nella parte distale, l’ampiezza del retto vuoto, forse pieno solo di aria; premetti sul ventre con l’altra mano per distogliere un po’ le sue reazioni e sensazioni nervose dirette solo al mio dito. Ormai ero dentro il suo ano e iniziai a muoverlo lentamente all’interno del suo ventre, nel retto, in modo da lubrificare con la vaselina anche l’interno. Lei si rilassò capendo che allentando la tensione sentiva meno fastidio; mentre io sentivo la pressione dei suoi sfinteri intorno al mio dito farsi più leggera e meno pressante.
Mossi lentamente il dito avanti ed indietro dentro il suo splendido e verginale culetto, come se la sodomizzassi con un piccolo pene e l’osservavo sempre gli occhi chiusi e viso girato da una parte e il respiro un po’ affannoso a godere con una espressione di benessere al volto di quella manovra e del suo movimento. Si può dire che la stessi inculando con il dito.
Con il pollice penetrai contemporaneamente la vagina: era molto bagnata e rilassata; controllai rapidamente che non ci fossero problemi anatomici aiutandomi premendole l’altra mano su tutto l’addome da spostare la pelvi, il suo contenuto e gli annessi.
“Bene è tutto a posto…” Mi dissi e cominciai a muovere entrambe le dita dentro i suoi buchini che si erano rilassati e bagnati in una sorta di sottomissione passiva. Era ancora eccitata non era completamente scemata quella di prima, perché in un attimo i suoi capezzoli si indurirono e scurirono ancora di più e il respiro divenne accelerato, e ancora mi resi conto che la stavo portando all’orgasmo.
Mi fermai subito, tolsi le dita dal suo ano e dalla sua vagina e mi dressi al lavandino a lavarli, l’indice era sporco di feci, ma non mi fece schifo vista la sua bellezza e tutto quello che toccavo in ospedale; le diedi tempo di calmarsi. Mi manca solo di darle un’occhiata all’interno vaginale con lo speculum ma volli farlo mettendola in una posizione “panoramica” e oscena e non ginecologica. Mi asciugai le mani e avvicinai al lettino. Le comunicai in maniera tranquilla e molto professionale: “Abbiamo quasi finito suor Angela.”
Lei senza dire una parola mosse le labbra, abbozzando un sorrisino innocente e timido, era arrossata in viso e intuii che non aveva capito razionalmente sino in fondo cosa diavolo era successo e le avevo praticato e che le mie manovre, seppur molto professionali, erano libidinose. L’avevo masturbata davanti e dietro e i miei movimenti le avevano fatto provare realmente il piacere; e la sua reazione e del suo sesso dimostravano che aveva reagito molto bene e che era una suora calda, come la Madre Badessa e tante sue consorelle. Altro che apostrofare le suore com’è luogo comune dire con un:” … sono delle fighe fredde…”

All’improvviso decisi di osare quello che a volte per pazzia o troppa sicurezza di sé capita che avvenga e mi diede un brivido di potenza vedere quella suora, con il soggolo e il velo nuda dal seno in giù ai miei comandi e rischiando e mostrando a me stesso la mia potenza professionale e sociale su di lei, le dissi:
“Si giri ora suor Angela, si metta a carponi e l’aiutai a voltarsi tenendole un braccio e il sedere. Mi ubbidì, si voltò e posizionò a gambe strette e braccia tese davanti appoggiate al lettino. Mi guardava mentre avvicinai la lampada alogena ai piedi del lettino.
“Resti in ginocchio, pieghi in busto in avanti e si appoggi con i gomiti al lenzuolo” La esortai.
Lei probabilmente non capiva come fare, per cui la manovrai io, prendendole le braccia le feci l’appoggiare i gomiti al lettino, premetti sulle spalle perché chinasse la testa sino a toccare le mani sul lenzuolino e le abbassasse. Ed eccitato anch’io la presi per i fianchi e le alzai il sedere in alto, facendole divaricare le gambe, mettendomelo in mostra.
Restò ferma in quella posizione oscena e animale, era una posizione magnifica dal punto di vista sessuale, la guardai da dietro con quel culetto meraviglioso, il solco intergluteo era unito e lungo e subito sotto il perineo, apparse la sua vulva con le labbra del sesso dischiuse e lucide di umori, con lo sfintere anale leggermente dilatato e arrossato dalla mia manipolazione.
Non resistetti e le passai leggero il dito dall’ano verso il basso in una carezza dolce e sensuale sul perineo. Presi la pompetta e la lavai internamente la vagina, praticandole una lavanda e poi l’asciugai con dei kleenex; introdussi lo speculum in quella posizione a carponi, all’inserimento ebbe un piccolo gemito e la dilatai.
Guardai in piedi l’interno corallino di quella galleria dell’amore e del piacere che si era votata all’astinenza sessuale, alla castità e alla gioia maschile, vidi la cervice del suo giovane utero che con la sua scelta religiosa rifiutava il seme, di essere fecondata, diventare madre e di concepire la gioia di ogni donna, un figlio.
Poi tolsi lo speculum dicendo ad alta voce in modo che sentisse anche la consorella alla scrivania:” Tutto a posto suor Angela, l’interno è sano anche se un po’ arrossato. Stia tranquilla, le darò da fare delle lavande vaginali.”
Pronunciai con l’intento voluto che introducesse in vagina la cannula della peretta e certamente si sarebbe masturbata con essa, probabilmente pensando a me.
“Scenda e si i rivesta pure, le prescriverò dei farmaci e controllo tra un mese”

Tornato alla scrivania intanto che suor Angela si rivestiva la consorella accompagnatrice seduta in attesa mi domandò:” Cos’à dottore?”
“Oh niente di particolare stia tranquilla, l’apparato genitale e tutti gli annessi sono a posto e solo un po’ arrossata internamente e in fondo alla vagina causa probabilmente lo stress, capita nelle giovani, le darò delle lavande vaginale da fare…” Lei annuì.

E intanto che attendavamo suor Angela che si rivestisse pensai maliziosamente:
” Le darò quelle con il beccuccio lungo come il dito da introdurre in vagina, che le sembrerà un piccolo pene di plastica che inserisce, così potrà masturbarsi mentre la pratica…” In modo da indurla all’onanismo della masturbazione permanente.
Mi eccitava la probabilità di creare in quella giovane suora l’induzione all’autoerotismo, iniziarla alla pratica masturbatoria.
Quando tornò con il talare tutto nero fino ai piedi si sedette affianco della consorella con il suo viso dolce, aveva lo sguardo basso, non mi osservava mai negli occhi, sapeva che aveva goduto alle mie manovre ginecologiche e la tranquillizzai:”
Come dicevo alla sua consorella superiore, non c’è nulla di preoccupante, l’apparato genitale e gli annessi sono tutti a posto… è una leggera forma di vulvovaginite che le procura piccole perdite, prurito, irritazione con bruciore e dolore vulvare e le darò delle lavande vaginali da praticare…”
E prendendo il prontuario abbassai il capo a scrivere… e mentre lo facevo parlavo.
“Le prescrivo una soluzione vaginale con all’interno il medicinale, praticherà queste irrigazioni che sono anche detergenti una volta al giorno per sette giorni consecutivi, meglio alla sera prima di coricarsi, così il farmaco avrà tutta la notte per agire, poi sospenderà per una settimana e le rifarà per altri sette giorni in quella successiva… vedrà che le passerà tutto. “E mentre scrivevo alzavo la testa guardandole e spiegando:” La soluzione può essere utilizzata a temperatura ambiente, ma io le consiglio di intiepidirla sotto l’acqua calda del rubinetto, perché riscaldata produce più effetto…. Basterà esporre per pochi minuti il flacone chiuso ad un getto d’acqua calda sotto il rubinetto, quando lo sente tiepido nella mano procederà all’introduzione…”
Il sistema di scaldare la peretta vaginale e renderla tiepida se non calda serviva solo una volta introdotta la soluzione a riscaldare le pareti vaginali e in quel modo richiamare e fare confluire più sangue ai tessuti della pelvi e di conseguenza maggior calore vaginale e quindi maggior piacere. Si perché il calore genitale è piacere.
“Sono flaconi monouso, che non dovranno essere riutilizzati una seconda volta. All’interno della confezione c’è una cannula, lei toglierà il tappo al flacone che è di plastica morbida cedevole alla pressione delle dita e lo sostituirà con la cannula sulla sommità del flacone avvitandola… “Ascoltava con attenzione mentre la consorella annuiva con il capo.
“Siccome l’irritazione è alta, nelle vicinanze del protio dell’utero e dovrà arrivare in fondo con la soluzione medicamentosa, le consiglio di non farlo in piedi o seduta sul servizio igienico come fanno in molte, non in questo caso almeno, ma per farla giungere a medicare bene in fondo dovrà mettersi distesa sul lettino della sua cella, in posizione ginecologica, come quella che aveva poco fa sdraiata sul lettino, a gambe divaricate avendo magari cura di porre un asciugamano sotto le natiche e le cosce per evitare se ci fosse qualche perdita di bagnare il letto, in modo che in questa posizione essendo sdraiata la somministrazione abbia un contatto più lungo con il farmaco. In quella posizione cercherà il foro d’entrata sulla vulva con le dita che le faranno da guida, una volta trovato introdurrà la cannula lentamente fino in fondo a far toccare la vulva alla bocca del flaconcino e comprimerà contemporaneamente forte con le dita il flacone in modo da fare uscire la soluzione, fino a svuotarlo completamente ripetendo più volte la manovra in modo da evitare che resti qualche residuo di farmaco nel flacone…”
La istruii sapendo che il quel modo uscendo, la soluzione tiepida e violenta le paresse come se fosse una eiaculazione calda in vagina. Aggiungendo alla loro attenzione:
“Il liquido dovrà essere trattenuto in vagina per alcuni minuti, dopodiché è possibile alzarsi e far fuoriuscire il residuo per poi gettarlo via o su un panno o in bagno.
Per evitare nell’attesa che trattiene la soluzione alcuni minuti in vagina, di togliere il flacone e metterci una mano o un indumento per contenere all’intero il farmaco liquido e che nella manovra rischi di far uscire e perdere la soluzione, io le consiglio per bloccarlo, di tenere per alcuni minuti il flacone spinto con la mano contro la vulva, a mo’ di tappo, con la cannula in vagina, in modo che non ci siamo fuoriuscite e perdite e il risultato sia migliore in quel modo, tenendosi la cannula dentro alcuni minuti.”
Maliziosamente con quella mia raccomandazione si sarebbe tenuta dentro la vagina la cannula calda come un dito, come un piccolo pene eretto di plastica per parecchi minuti, stimolandole per reazione essendo un corpo estraneo, le contrazioni vaginali e quindi le secrezioni di umori e di più il piacere per la presenza, il contatto con le pareti vaginali e i movimenti che ci sarebbero stati. Precisando:
“Dopo la lavanda non dovrà lavarsi per evitare di alterare l’efficacia del principio attivo.”
“Hai capito bene?” Le chiese la consorella.
“Si…!” Rispose Suor Angela in modo flebile e vergognoso.
Comunque è semplice, e visto che è la prima volta si attenga alle modalità medica, oppure si faccia aiutare da una consorella, poi se c’è qualcosa che non capite mi potete contattare anche telefonicamente quando volete.

Prescrissi i farmaci e le lavande e si alzarono, lo studio era vuoto a quell’ora, solo per loro che come dicevo sopra venivamo ricevute per riservatezza esclusivamente su appuntamento.
Mi chiese il mio onorario prendendo dalla borsa il portafogli e io come sempre devotamente rifiutai il denaro anche alle sue insistenze. Ripetendo ogni volta di spendere quei danari per la loro comunità religiosa o chi loro ritenessero abbisogno e di salutarmi tanto la Reverenda Madre Superiore…
“Non mancherò…non mancherò…” Rispose la consorella superiore abbassando un poco il capo con il velo nero, come se fosse un saluto e un inchino reverenziale verso me, stringendomi la mano tra le sue in un sorriso caloroso. Anche quella consorella anziana che l’accompagnava era mia utente ed era stata visitata da me più volte… e anche lei non era vergine…
Sapevano di poter contare sulla mia discrezionalità, che le mie visite nello studio privato al mondo civile erano da 200 euro a paziente e che io a loro e ad altri conventi vicini li assistevo gratis e oltre per la mia professionalità e la mia provata fede di praticante cattolico, anche per questo ero il loro ginecologo di fiducia.

Le accompagnai sull’uscio, per ultima uscì suor Angela che timida e vergognosa evitava di guardarmi in volto non sostenendo il mio sguardo. Con il suo viso bello, dolce e angelico racchiuso in quel soggolo bianco e velo nero, con quella lunga tonaca nera fino ai piedi che la copriva tutta e le dava una figura snella e slanciata.
“Vai …vai…” Pensai vedendola uscire e camminare dietro la consorella maggiore:” Ci rivedremo ancora io e te, vedrai che ti piacerà venire a farti visitare dal tuo ginecologo delle suore, praticarti le lavande vaginali che ti darò e tornerai… si ritornerai suor Angela e vedremo cosa sarà successo alla tua bella vulva e vagina da ex novizia…”

E così fu, qualche mese dopo ritornò per un controllo. Oramai era avviata alla pratica della masturbazione solitaria quotidiana, all’onanismo come si dice scientificamente, come altre sue sorelle in convento.
Sarebbe presto diventata anche lei una brava Chissà? Probabilmente si, cambiando strumento di piacere e dimensione, con qualche altro oggetto o candela come molte di loro praticano o forse essendo giovane e bella, con il tempo secolare finire amante di qualche sorella maggiore se non addirittura della madre superiora. La Reverenda Madre Badessa… se non addirittura di qualche sacerdote….

Queste due narrazioni boccaccesche l’ho dedicate alla Reverenda Madre Badessa e a Suor Angela.
Se vi interessa prossimamente potrò scrivere altre novelle accadute e non solo a monache, ma anche a belle signore mogli di professionisti e professioniste serie loro stesse.

Il ginecologo.

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Grazie.

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