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Storie da un matrimonio

By 30 Ottobre 2016Aprile 2nd, 2020No Comments

Capitolo 1
Mi chiamo Filippo, ho 56 anni. Sono abbastanza in forma per la mia età. Mia moglie Lucia di anni ne ha 42 e se li porta decisamente bene. Un viso normale, occhi grandi, labbra nella norma, collo lungo, capelli biondi e ricci. Un bel seno, fianchi sinuosi anche se due o tre chili si erano posati negli anni. Gambe lunghe e devo dire molto ben fatte caviglia stretta e lato B di tutto rispetto. Insomma una donna normalmente bella. Con tutti gli attributi giusti per essere considerata una che fa girare gli uomini per la strada.
Tutto a posto?
No
Lucia &egrave una donna mite, timida con un senso di colpa permanente. Mai mettersi in mostra, mai apparire sensuale, mai andare un po’ oltre il solito tran tran.
Sessualmente non &egrave mai stata molto passionale. Il suo abbigliamento da letto &egrave una camicia da notte sformata d’estate e un pigiama di pile d’inverno. Quando facciamo all’amore luce spenta e sempre mezza coperta. Se ci penso l’ho vista nuda una ventina di volte. Siamo sposati da 15 anni ed abbiamo una figlia di 6.
Io al contrario sono un tipo decisamente passionale, ho sempre amato un filo di trasgressione. Nelle che avevo avuto prima di Lucia, ho sempre cercato partner che amavano il sesso e lo praticavano senza limiti. Storie più o meno brevi dove il sentimento non era mai comparso. Lucia invece, sarà perché era così diversa dalle altre, mi arrivò subito dritta al cuore. Ci sposammo dopo quattro mesi e in quel breve tempo dedicato a conoscerci non riuscii mai a possederla o a praticare con lei quei giochini di sesso orale o di manipolazione dei rispettivi genitali.
Si lasciava accarezzare ma sempre rigorosamente sopra i vestiti. E lo stesso faceva lei con me. Solo una volta, ricordo, riuscii a farle prendere in mano il mio pene. Due carezze fugaci e poi me lo fece ritirare nei pantaloni.
Non vedevo l’ora di averla tutta per me. Desideravo il suo corpo come non mi era mai successo con nessuna donna. L’amavo troppo anche solo per pensare di tradirla occasionalmente. Trascorsi quei quattro mesi con un unico pensiero: fare l’amore con la mia Lucia. Non ne avevamo mai parlato ma ero certo che lei fosse ancora vergine. Per convincerla a fare cadere i suoi tabù le avevo provate tutte ma era sempre riuscita ad evitare abilmente ogni attacco alla sua virtù, fermamente ma senza mai ferirmi.
Venne finalmente il giorno del matrimonio e io non vedevo l’ora che fosse sera. Il programma era passare la prima notte nella nostra nuova casa, l’avevo comprata in fretta e furia e avevamo fatto un tour de force per arredarla in tempo e secondo i gusti di Lucia che erano veramente raffinati, per poi partire per un viaggio di nozze in Madagascar.
La cerimonia era stata fissata per le 10 e filò via senza intoppi. Poi venne il momento delle foto. Tutti i parenti e gli amici passarono davanti all’obiettivo del fotografo per farsi riprendere insieme agli sposi. Non finiva più. Andammo al ristorante che aveva un bellissimo giardino d’inverno. Altre foto, questa volta noi due soli. Tra uno scatto e l’altro la sfioravo con nonchalant nelle parti del corpo che fino a quel giorno mi erano state proibite. Lei sorrideva ma si sottraeva facendomi capire che non le piaceva lasciarsi andare davanti ad estranei. Il pranzo fu interminabile. Antipasti, primi secondi, gelati, torta nuziale, caff&egrave amari. Per fortuna ogni tanto fummo costretti ad alzarci per fare il giro dei tavoli e saltammo qualcosa. Verso le sei del pomeriggio cominciammo a salutare gli invitati. Lasciammo il ristorante alle 7 e mezza e subito mi diressi verso la nostra casa che distava dal ristorante un quarantina di chilometri. Davanti alla porta la presi in braccio com’&egrave d’uso ed entrammo in casa. Dentro trovammo un caos infernale. Ogni stanza era invasa da palloncini, piume, stelle filanti, coriandoli, scritte sui muri fatte con la panna montata: Gli ‘amici’ si erano fatti dare le chiavi dai genitori di Lucia e avevano fatto quello scempio in nome della gogliardia.
Lucia scoppiò a piangere. La casa che avevamo arredato con amore sembrava un campo di battaglia. Andò in camera e dopo qualche minuto si presentò davanti a me con un paio di leggins, una felpa consunta e un specie di bandana sui capelli e senza dire una parola cominciò a far scoppiare i palloncini, passare l’aspirapolvere, pulire i muri i vetri e gli specchi dalle scritte. Io tentai di darle una mano ma lei rifiutò il mio aiuto dicendo che era solo colpa sua perch&egrave aveva dato lei il permesso ai suoi di dare le chiavi, e bla bla bla.
Andai a togliermi il vestito da cerimonia e mi buttai sul letto, la nostra camera era stata la prima stanza ad essere portata alla normalità.
Mi addormentai senza accorgermene. Sentii lei che si infilava nel letto, guardai la sveglia erano quasi le cinque. Fra due ore avremmo dovuto partire alla volta dell’aeroporto.
Non me la sentii di proporle di fare l’amore. Così finsi di dormire.
Arrivammo al nostro hotel in Madagascar ventotto ore dopo essere partiti. Eravamo veramente esausti. Lucia aveva il viso veramente segnato dalla fatica e andammo direttamente in camera. Ci guardammo dolcemente negli occhi e contemporaneamente proponemmo un piccolo riposino prima di andare a cena.
Appena sveglio guardai fuori dall’ampia finestra del bungalow il sole era ancora alto. Mi girai verso il lato del letto dove doveva esserci Lucia ma lei non c’era. Pensai fosse in bagno quindi la chiamai. Nessuna risposta. Mi alzai e la cercai nel soggiorno e sulla terrazza del bungalow. Niente. Nessuna traccia di mia moglie. Rientrai in camera e vidi che le valigie erano state disfatte e il loro contenuto sistemato perfettamente negli armadi.
Mi feci una rapida doccia e mi misi costume e t-shirt dei Ramones e mi diressi verso la reception. L’hotel era formato da un corpo centrale nel quale c’erano la maggior parte dei servizi. Tutt’intorno c’erano quattro semicerchi formati da bungalow tipo il nostro, circondati da piccoli giardini con palme e bellissimi cespugli di vegetazione locale. Il nostro era situato nell’anello esterno a una trentina di metri dalla spiaggia.
Appena entrai nella reception mi si fece incontro una bellissima ragazza creola che in un italiano quasi senza accento mi chiese se volevo fare colazione.
Colazione? Secondo il mio senso del tempo dovevano essere circa le sei di sera al massimo le sette. Che cosa voleva dire? Mi venne un dubbio.
‘Scusi ma che ore sono?’
‘ Sono le 10 qui in Madagascar le 9 in Italia’ e dopo una piccola pausa ‘del mattino naturalmente’.
Allora tutto mi fu chiaro. Avevo dormito tutta la notte. Ero sposato da tre giorni e non ero ancora riuscito a fare l’amore con mia moglie.
Salutai gentilmente la ragazza e mi diressi verso la spiaggia.
Era meravigliosa, il mare straordinariamente limpido. La spiaggia, non molto profonda, aveva un colore ambrato. Allineati c’erano dei gazebo. In corrispondenza del nostro bungalow vidi una figura femminile sdraiata a pancia in giù , sotto un gazebo, che si godeva la brezza del mare.
Mi avvicinai, e per la prima volta, vidi mia moglie mezza vestita. Aveva un bikini bianco, molto elegante, ne volgare ne castigato. I lunghi capelli erano sparsi intorno alla testa senza coprire la schiena. Mi sentii premere forte dentro il costume. Il mio corpo quasi all’improvviso dette segno di gradire la visione. Raggiunsi il lettino. Non riuscivo a staccare gli occhi dal suo corpo che era veramente perfetto. Una schiena perfetta, gambe proporzionate, neppure un accenno di cellulite. Il sedere era fantastico. Chiappe rotonde e sode.
Senza fare rumore mi inginocchiai vicino a lei e con delicatezza le baciai la schiena. Lentamente, girò la testa verso di me e sorrise. Si mise a sedere così potei ammirare anche l’altro lato del suo corpo. Il seno, fasciato dentro al top del costume, era fantastico. Una terza misura abbondante. I capezzoli premevano impertinenti sulla stoffa bianca creando un rilievo provocante. La baciai sulle labbra. Da casto il bacio si trasformò in passionale e subito i nostri corpi si avvinghiarono, le nostre lingue si cercarono, le nostre mani iniziarono ad accarezzare il corpo dell’altro. Le sussurrai di andare in camera per dare libero sfogo ai nostri desideri. Lei per un attimo parve irrigidirsi e poi si alzò e, senza dire una parola, si diresse verso il nostro bungalow.

Non vedevo l’ora di vederla completamente nuda. Continuare ad immaginare il suo corpo per tutti questi mesi era stato sfibrante. La desideravo come non mi era successo per nessuna altra donna.
Appena entrato la cercai con lo sguardo ma non la vidi. Andai in camera ma non c’era. Sentivo scrosciare l’acqua della doccia, aprii la porta e vidi la sua sagoma attraverso il vetro sabbiato della cabina. Mi avvicinai lentamente e aprii la porta. Lei lanciò un piccolo urlo e poi mi sorrise. Mi fece segno di entrare con lei. In un attimo mi levai il costume e la t-shirt e mi buttai con lei sotto l’acqua scrosciante della doccia. Avevo il pene in un’erezione come non ricordavo di avere mai avuto. Ero emozionato, non sapevo dove e come mettere le mani. Lucia si girò e mentre si insaponava la parte bassa della schiena mi prese il cazzo in mano. Lo strinse forte. Poi si voltò, sul viso aveva sempre stampato quel sorriso malizioso che non avevo mai visto fino a quel giorno. Si inginocchiò e cominciò a passare la lingua sui testicoli, sulle gambe, sul pube avvicinandosi sempre di più all’asta di carne che svettava verso di lei, ma senza mai arrivare veramente a lambirla.
Si rialzò, mi baciò, prese la mia mano e se la pose sul seno. Avevo già avuto modo di accarezzare le sue tette ma sempre sopra i vestiti. Ora erano li nude e incredibilmente sode. I capezzoli erano eretti e fuoriuscivano almeno di un centimetro dalla semisfera quasi perfetta. Mi venne il dubbio che fossero finte. Allora presi a palparle con più vigore, cercando quei segnali che anche di fronte al lavoro del migliore chirurgo plastico si hanno toccando un seno rifatto. Il seno era autentico. Mi trovavo al cospetto di due tette perfette, le più belle che avessi visto nella mia vita di libertino.
Scesi con la mano verso il monte di venere, insinuai le dita tra le gambe, accarezzai le grandi labbra. Accennai ad una penetrazione con il mio dito medio ma lei formò la mia mano e mi sussurò.
‘Niente dita, oggi voglio solo il tuo cazzo’
Cazzo, aveva usato quel termine che mai le avevo sentito pronunciare come nessun’altra parola volgare.
Aprii la porta della cabina e condussi mia moglie sul letto a tre piazze della camera.
Eravamo ancora grondanti d’acqua. Ci buttammo sul letto e ricominciammo a baciarci selvaggiamente. Le lingue si aggrovigliavano tra loro per poi separarsi e andare sul, collo, sugli omeri, e poi di nuovo un contro l’altra ad accarezzarsi nella profondità delle nostre bocche.
Cominciai a scendere verso i seni, una volta raggiunti li leccai prima uno e poi l’altro perché non fossero gelosi tra loro. Avevo deciso che l’avrei leccata in ogni parte del suo corpo e il viaggio era iniziato.
Titillai l’ombelico e poi raggiunsi il ciuffetto della sua serica peluria. Le baciai il clitoride di sfuggita poi le feci capire che desideravo si girasse. Assecondò subito questa mia tacita richiesta cosi mi trovai il suo stupendo sedere a qualche centimetro dalle mie labbra. Baciai le natiche, e lentamente insinuai la lingua nel solco che stava perfettamente a metà di quei due meloni perfetti. Lei divaricò le gambe, raggiunsi il suo bottoncino che subito baciai e leccai. Continuai a scendere. Lucia puntò le ginocchia e sollevò il bacino. Poi mi passò un cuscino. Lo infilai sotto la pancia e finalmente mi trovai nella posizione perfetta per leccare la sua figa meravigliosa. Prima di affondare la lingua la guardai per un paio di secondi. Era eccezionalmente proporzionata, le grandi labbra erano delle giuste dimensioni, le scostai e vidi apparire un fiore rosa. Infilai la lingua lentamente ma inesorabilmente verso l’interno di quella figa bellissima. Subito sentii il sapore meraviglioso dei suoi umori provocati dall’eccitazione dalle mie azioni. Le leccai il clitoride per un paio di minuti poi alternai questo movimento con delle lappate vigorose.
Sentii Lucia vibrare, prima piano poi sempre più intensamente, dalle sue labbra uscirono dei gemiti soffocati dal lenzuolo sul quale appoggiava la testa. Chiuse le gambe intorno alla mia testa. Le vibrazioni del corpo aumentavano fino a che capii che l’orgasmo era giunto al suo apice. Cominciò ad essere scossa da violenti sussulti che andarono avanti per circa un minuto. Allargò finalmente le gambe liberando la mia testa e si gettò sull’altro lato del letto esausta.
Anche io ero abbastanza stanco. L’intensità emotiva dell’ultima mezz’ora mi aveva tolto le forze. Mi alzai andai in bagno a lavarmi il viso e a sciacquarmi la bocca con del collutorio. Avevo notato che non tutte le donne gradiscono essere baciate da una bocca che ha odore e sapore del proprio orgasmo. A scanso di equivoci preferii non rischiare di rovinare l’atmosfera.
Tornai in camera, era ancora nella stessa posizione di prima, con le gambe larghe, e lo sguardo perso nel monotono bianco del soffitto. Mi sedetti accanto a lei e le accarezzai i capelli.
‘&egrave stato bellissimo’ sussurò. ‘Non ho mai provato niente di simile in tutta la mia vita. Grazie Filippo’
‘Hai un corpo perfetto amore mio e un sapore di frutta fresca. Anche per me &egrave stata una sensazione nuova’.
Allungò la mano, prese delicatamente il mio pene tra le mani che immediatamente riprese la sua rigidità che negli ultimi minuti si era un po’ persa. Sollevò la testa e cominciò a baciarlo, ad ogni bacio seguiva una breve laccata. I baci smisero e iniziò a far correre la lingua lungo tutta l’asta, scese fino alle palle che loro ricevettero una dose abbondante della lingua di Lucia. Con una mano premette sullo sterno per invitarmi a sdraiarmi. Continuava nella sua opera di blandire i miei genitali. Infilò prepotentemente la testa tra le mie gambe e la lingua raggiunse il perineo e lusingò l’ano.
Ripercorse tutta la strada al contrario fino alla punta del glande che finalmente ingoiò.
La mano destra si muoveva su e giù con un senso leggermente rotatorio, la sinistra mi accarezzava le palle e con il dito medio mi sfiorava il buco del culo accennando ogni tanto ad una lieve pressione. Venni dopo qualche minuto. Un orgasmo che stava in equilibrio tra un intenso piacere e un supplizio al limite del dolore.
Pulì il cazzo con precisione e poi si tirò su, mi guardò e inghiotti. Di nuovo quel sorriso.
‘Buono, veramente buono. Ha il sapore di’ cazzo’
Come quando ero adolescente, il mio pene non accennò minimamente a cercare un po’ di riposo. Continuava ad essere in piena erezione. Ma che effetto mi stava facendo questa moglie. Avevo aspettato quattro mesi di fare sesso con lei. E ora, dopo avere conquistato il mio cuore e la mia anima stava conquistando anche il mio corpo.
Lucia si mise a cavalcioni del mio inguine, appoggio il glande sulla sua figa e con una lentezza tremenda cominciò a farselo entrare.
‘Ecco, ci siamo’ pensai. ‘Ora scoprirò se &egrave vergine o se invece ha già avuto altre esperienze’. Devo dire che la cosa non mi aveva mai veramente interessato. Ho sempre preferito le ragazze con un po’ di esperienza a quelle imbranate. Non mi &egrave mai piaciuto svezzare le mie amanti. Ma con Lucia era diverso. Avevo passato quattro mesi da incubo. Quattro mesi a desiderarla con l’unica ricompensa di sfiorarle le tette da sopra la maglietta..
Il cazzo scivolò dentro senza ostacoli. Lucia cominciò a cavalcarmi come se non avesse fatto altro nella vita. Sapeva prendere il mio arnese facendolo aderire alle parti più sensibili della sua vagina; sapeva darmi un piacere immenso ad ogni colpo di reni che dava. Piccole rotazioni, si abbassava e si alzava, mi accarezzava le palle, si massaggiava il clitoride. Di nuovo quelle vibrazioni che aumentavano d’intensità. Aumentò il ritmo, quasi a saltare sul cazzo che la penetrava. Sentii chiaramente gli spasmi del suo orgasmo sul mio pene. Anche questa volta un gemito sfuggi dalle sue labbra e crebbe d’intensità. Improvvisamente mi accorsi che stavo venendo anche io e che la stavo riempiendo con il mio liquido. Lei non accennava ad estrarre il cazzo da dentro il suo corpo. Lo sentii ridursi ed all’improvviso sgusciò fuori. Si chino, ed effettuò di nuovo l’operazione di nettatura con la lingua. Pensai subito che lei non faceva parte di quelle ragazze che non gradiscono il proprio sapore intimo.
Il viaggio di nozze trascorse in un modo sensazionale. Ogni ora, ogni momento, ogni luogo era buono per fare l’amore. Mi sembrava di vivere dentro un film hard. Lucia era veramente l’angelo del sesso. Mai un rifiuto, sempre propositiva e senza limiti o tabù.
Quando tornammo in Italia ero certo che mi aspettasse un futuro meraviglioso con una donna perfetta sotto tutti i punti di vista.
Il giorno dopo il nostro arrivo tornammo alle nostre rispettive occupazioni. Io sono proprietario di una piccola azienda che produce pelletteria di classe, lei lavora in un ufficio alla periferia della città.
Capitolo 2
Dopo una settimana dal nostro rientro a casa non avevamo ancora fatto all’amore. Lei era sempre impegnatissima a sistemare la casa che, naturalmente, non era a posto. Aveva ancora l’aspetto di un negozio di mobili. Quindi Lucia, sera dopo sera, sistemava le tendine, attaccava i quadri, trovava il posto per i regali ricevuti. Tutte le sere arrivava a letto sempre molto tardi ed io nonostante gli sforzi, già dormivo.
Arrivò il sabato. Le chiesi se voleva uscire, andare al cinema a cena fuori, lei mi disse che non ne aveva nessuna voglia. Voleva restare a casa e preparare una cenetta come si deve.
Infatti alla sera mi fece attendere nel soggiorno proibendomi di andare in cucina.
‘Filippo, ora puoi venire. &egrave pronto.’
Andai a tavola mi accomodai e lei usci dalla cucina con un piatto da portata pieno di frutti di mare.
‘Che ne dici?’ Era un piatto curato nei minimi particolari. Ostriche, astice, fasolari, cappesante, cannolicchi, ciuffetti di basilico e alcune ciotoline di salse. Lei era radiosa. Era vestita con un vestitino vintage a fiori ed una larga fascia intorno ai capelli.
Quella sera sulla tavola arrivarono piatti di altissima cucina preparati con amore ed impiattati con grande gusto.
Al termine della cena lei si avvicinò e mi baciò. E poi andò in cucina per rimettere a posto tutto. Ormai avevo capito che la casa in ordine era una sua mania. Non riusciva a concentrarsi su niente altro se prima tutto non era in ordine.
‘Vai pure a letto io ti raggiungo appena ho finito. Mi raccomando non addormentarti’.
Mi preparai per la notte. Presi un libro e mi misi a leggere in attesa che mi raggiungesse. Dopo quasi due ore. Entrò in camera. Indossava un t-shirt, anzi la mia t-shirt dei Ramones, si sistemò dalla sua parte del letto. Io posai subito il libro e mi chinai su di lei per baciarla. Lei rispose al bacio ma in modo un po’ più freddo di quanto ricordavo. L’accarezzai e mi accorsi che non portava le mutandine. Cominciai ad accarezzarla in mezzo alle gambe. Lei mi assecondò tirandole su ed allargandole. Avevo deciso di procurarle il primo orgasmo della sera con le mani. Quindi cominciai ad accarezzarle il clitoride infilando ogni tanto un dito dentro di lei per raccogliere il suo liquido e lubrificare le mie carezze. Raggiunse l’orgasmo dopo qualche minuto. Nel solito modo ma senza lasciarsi andare a quei gemiti che per me erano diventati il segnale del suo godimento. Appena terminato mi accarezzo il viso e mi disse.
‘Dai Filippo, montami sopra’
Facemmo l’amore nella più classica delle posizioni. Quando venni lei mi baciò e si alzò per andare in bagno a rinfrescarsi. Quando tornò fu il mio turno e quando rientrai in camera lei stava già dormendo.
Era tornata la ragazza che avevo conosciuto prima dl matrimonio. Un po’ freddina, molto di ‘maniera’ ma senza la passione, la sfrontatezza e il desiderio del piacere e di piacermi che avevo conosciuto in Madagascar.
Il mattino dopo mi svegliai ma lei non era accanto a me. Mi alzai e la vidi ai fornelli che stava preparando il pranzo della domenica. Era vestita come nella fantasia di noi maschietti pensiamo ad una casalinga. Una fascia le teneva i capelli, un vestito a fiori con sopra un grembiulino bianco immacolato. Le scarpe rosse con un tacco importante. Sembrava arrivata direttamente dagli anni 50. Potevo vedere la prima parte del solco che dei seni. Il grembiule pareva disegnato sul suo corpo. Era truccata in modo discreto ma il rossetto aveva lo stesso colore intenso delle scarpe. Una collana di perle e due orecchini coordinati completavano la visione. Era veramente bella.
Subito pensai che si fosse abbigliata in quel modo per eccitarmi. Ogni movimento provocava un leggero svolazzamento della gonna larga mettendo così in mostra qualche centimetro sopra il ginocchio. Quel vedo non vedo, il desiderio costante che provavo per lei e l’atmosfera da mattina di festa mi provocarono un’immediata reazione dentro i pantaloni del pigiama. Lei se ne accorse subito, ma non diede importanza alla cosa.
‘Vestiti, preparati che fra mezz’ora &egrave pronto e la mamma sta per arrivare’
Mi sentii gelare. Edna, mia suocera, era una donna di 48 anni. Poco dopo la nascita di Lucia il marito se n’era andato e da allora aveva tirato su la figlia da sola con grandi sacrifici. Non si era più risposata, non aveva più avuto relazioni, sembrava che la solitudine non le pesasse e che non sentisse il bisogno di avere un uomo al suo fianco.
Mi gettai sotto la doccia, mi vestii con cura e raggiunsi Lucia in cucina proprio mentre suonava il campanello di casa.
‘Ciao Edna’ dissi aprendo a mia suocera. Le parole mi si strozzarono in gola. Era vestita con un cappotto vintage elegantissimo, la pettinatura era tipo quelle che si vedevano nei film Cyd Charisse negli anni 50.
‘Ciao caro’ entrò in casa, si tolse il cappotto e me lo affidò. Era vestita con un abito di seta dal modello identico a quello di Lucia. ‘Dov’&egrave la mia bambina?’ e si diresse svolazzando verso la cucina. Mia suocera era una donna molto bella, impeccabile in qualsiasi situazione. Mai una sbavatura. Gestiva un ufficio commerciale in centro. Tutti i giorni un po’ di palestra e poi a casa, cena fugace e a letto con un buon libro. Da 25 anni sempre la solita vita.
Osservai le due donne vicine e solo allora mi resi conto che erano identiche. Un brivido mi scese lungo la schiena, Lucia sarebbe diventata come la madre? Sempre perfetta ma senza passione? Sarei fuggito anche io. Eppure durante il viaggio di nozze Lucia era stata un’amante eccezionale, avevamo fatto tutto quello che ci era venuto in mente. Da scopare sulla spiaggia a chiedere la colazione in camera e fare entrare il cameriere mentre facevamo sesso. Da fare sesso orale sul gommone che avevamo noleggiato a poche decine di metri dalla spiaggia, a farla camminare con un cortissimo copricostume e nient’altro addosso per le vie della cittadina vicina al villaggio.
Insomma, non riuscivo a prendere atto che fosse la stessa Lucia. Forse la presenza della madre la condizionava a tal punto da spegnere in lei qualsiasi desiderio. Dovevo cercare di capire meglio qual’era il rapporto tra le due donne.
Il pranzo fu naturalmente perfetto. Dopo aver mangiato e dopo aver sistemato la cucina, madre e figlia si sedettero sul divano a parlare del più e del meno escludendomi dalla discussione. Questo mi permise di osservarle con attenzione. Erano sedute nello stesso identico modo. Edna ogni tanto si sistemava i capelli con un gesto tipico che avevo visto fare centinaia di volte anche a mia moglie. Le ampie gonne delle signore dopo qualche minuto che erano sedute sul sofà erano leggermente salite lungo le cosce e così potei apprezzare la perfezione delle gambe di mia suocera. Un rapido cambio di posizione di Edna mi permise di vedere l’ombra scura delle calze. Quindi niente collant per la signora. O autoreggenti o reggicalze. La cosa mi provocò una vibrazione nei boxer. Mi alzai prima di trovarmi in imbarazzo e andai nello sgabuzzino dove potei dedicarmi alla mia passione: il modellismo.
La giornata prosegui con madre e figlia che parlavano allegramente sorseggiando th&egrave e sgranocchiando biscottini di mais fatti in casa mentre io ogni tanto uscivo dal mio regno per andare a dare un’occhiata alle due signore sempre più rilassate e prese dai loro discorsi su persone a me sconosciute.
La notte tentai una timida avances verso mia moglie che però continuò a dormire o a fingere di farlo.
Il mattino successivo mi alzai con in testa un’idea fissa. Volevo scoprire se mia suocera era solo veramente ‘la signora Perfettini’ oppure aveva anche lei qualche scheletro nell’armadio o qualche storia torbida nella sua routine quotidiana.
In ufficio non riuscivo a concentrarmi sul lavoro così decisi di preparare un piano d’azione per arrivare a quella che cominciava a diventare quasi un’ossessione. Nella mia vita non sono mai stato una persona desiderosa di farsi gli affari degli altri, ho sempre amato farmi i fatti miei e guidare sempre verso il raggiungimento dei miei obiettivi. Ma questa volta era diverso. Vedere mia moglie e mia suocera così simili mi aveva messo un po’ di tensione addosso e volevo capire se Lucia avrebbe seguito le orme della madre nella sua rigidità e nella sua ‘apparente’ frigidità.
Mi presi qualche ora libera, chiamai un taxi e mi feci portare nei pressi dell’ufficio dove lavorava Edna. Andai in un piccolo bar che stava proprio di fronte all’ingresso del luogo dove lavorava mia suocera e mi sedetti ad un tavolino interno vicino alla vetrata, ordinai un caff&egrave d’orzo e attesi. Era quasi mezzogiorno e sapevo che lei faceva la pausa per il pranzo ma non sapevo di preciso l’ora.
4 caff&egrave ed panino dopo, all’una e trentacinque circa, la vidi uscire. Era vestita con quel suo stile impeccabile. Un vestito grigio che le arrivava a metà del ginocchio, un parka legato alla vita da una cintura segnava il suo fisico dandole un tocco di sensuale femminilità.
‘Non ci si veste in questo modo solo per andare in ufficio’ dissi tra me, ma poi pensai che essendo la responsabile della nostra regione di un’importante azienda che si occupa di commercializzare nuove tecnologie, il suo look doveva essere sempre di alto livello.
Con passo svelto si diresse verso la parte opposta a dove mi ero piazzato io. Pagai velocemente, uscii ed iniziai a seguirla. La strada era molto affollata vedevo solamente la inconfondibile pettinatura stile anni 50 che si faceva strada tra le numerose persone che camminavano lungo il marciapiede. Giunta al primo incrocio si fermo per attendere il verde e attraversare la strada. Mi fermai per non rischiare di essere visto. Al via libera attraversò, giunta sull’altro lato della strada fece ancora qualche metro e si fermò davanti ad una vetrina di abbigliamento. Diede uno sguardo e poi entrò. Attraversai anche io e solo allora mi accorsi il genere di capi trattati dal negozio. Si trattava di una jeanseria con i capi che andavano per la maggiore tra i giovanissimi. La vidi che stava acquistando una t.shirt con qualche scritta sopra e un giubbotto di pelle stile ‘chiodo’. Pagò con la carta di credito ed uscì Mi nascosi dietro un gruppo di persone. Lei fece, in senso contrario, la stessa strada che aveva fatto per arrivare al negozio e rientrò in ufficio.
Tornai anche io verso il mio ufficio a piedi. Si trattava solo di un paio di chilometri e fare una passeggiata mi avrebbe aiutato a riflettere. Per chi aveva comprato mia suocera quei capi d’abbigliamento così diversi dal suo standard? La fantasia correva. Gli scenari che si presentavano alla mia mente andavano dal nipote di qualche lontano parente al figlio di qualche collaboratrice di Edna. Dentro di me speravo a qualcosa di torbido che in qualche modo facesse ben sperare sull’evoluzione sessuale del mio matrimonio visto che il tarlo che madre e figlia fossero uguali nel fisico e nei comportamenti stava diventando sempre più invadente nei miei pensieri.
Appena arrivato in ufficio sbrigai velocemente gli impegni che dovevo svolgere, salutai i collaboratori e tornai alla mia postazione nel bar di fronte all’ufficio di mia suocera.
La sua giornata di lavoro doveva terminare alle 18 ed io mi ero sistemato con l’ennesimo caff&egrave d’orzo in mano mezz’ora prima.
Qualche minuto dopo le 18 vidi uscire dal portone di fronte un paio di persone che avevo riconosciuto come suoi dipendenti. Ne uscirono altri tre e poi finalmente gli ultimi due. Ma di Edna nessuna traccia. Un altro quarto d’ora. Non era uscito più nessuno ma verso le sei e mezza era entrato un ragazzo che sembrava un pony express. Passò un’altra mezz’ora. Telefonai a Lucia dicendole che avevo un impegno fuori ufficio e che sarei arrivato a casa più tardi. Lei mi rispose con la solita allegria nella voce, senza fare ulteriori domande.
Il portone si aprì ed uscì un ragazzo. Riconobbi subito il giubbotto di cuoio nero stile ‘chiodo’. Era lo stesso capo che avevo visto acquistare da mia suocera qualche ora prima.
Il ragazzo si fermo a una decina di metri. Arrivò un taxi e ci salì sopra ma l’auto non partì. Altri cinque minuti e uscì anche Edna, si diresse verso il Taxi e furtivamente vi salì. L’auto partì subito. E si perse in mezzo al traffico della sera.
Chiamai anch’io un’auto pubblica. Arrivò quasi subito, diedi l’indirizzo della casa di mia suocera chiedendo all’autista di prendere la strada più breve e più veloce.
Edna abitava in una zona collinare molto signorile nella prima cintura della città. Quando arrivammo vidi che un taxi che si stava allontanando ma in strada non c’era anima viva. Le luci della casa di mia suocera erano spente. E la luce dei radi lampioni non consentiva di vedere bene.
Il taxi lo avevo lasciato andare. Decisi di chiamarne un altro. Avevo appena dato l’indirizzo alla segretaria della compagnia di auto pubbliche quando si accese la luce del salotto della villetta a schiera dove abitava mia suocera. C’erano le tende quindi non si vedeva nulla dentro ma ad un tratto si scostarono e vidi il volto del ragazzo che guardava in strada. Fu solo un attimo ma sufficiente per capire tutto. Mi spostai di un centinaio di metri in un angolo buio della strada per non rischiare di essere visto, comunicai il cambio del numero civico al taxista e attesi. Mentre facevo ritorno verso il mio ufficio per recuperare la mia auto misi a punto un piano che avrei fatto partire il giorno dopo.
L’indomani, appena arrivato in ufficio, iniziai un’intensa ricerca su internet di materiali da ‘spionaggio’. Chiesi alla mia segretaria di non disturbarmi per nessun motivo e mi diedi da fare a sfogliare pagine su pagine di spyshop presenti sulla rete.
Dopo circa mezz’ora avevo identificato cosa mi serviva e lo avevo acquistato facendomelo recapitare in ufficio in pacco anonimo.
Avevo comprato alcune microcamere, 3 a fibre ottiche, una in una penna, una in una sveglia da comodino. Trasmettitori digitali e ricevitori con hard disk per registrare completavano l’ordine.
Ora che avevo trovato il materiale dovevo capire come montarlo in casa di mia suocera. Mi venne in mente che probabilmente mia moglie avrebbe potuto avere un paio di chiavi per ogni evenienza. Alla sera, al mio ritorno, mentre Lucia era indaffarata a preparare la cena, io andai a cercare questo mazzo di chiavi. Lo trovai quasi subito nel comodino di mia moglie. Per evitare che si accorgesse della mancanza, tornai in cucina e dissi a Lucia che avevo dimenticato una cosa e uscii. Andai di corsa all’Ipermercato che distava circa 5 chilometri da casa nostra, raggiunsi il piccolo stand che si occupava di risuolare le scarpe e fare copie di chiavi e telecomandi.
Dopo un quarto d’ora avevo il mio mazzo di chiavi. Tornando a casa mi fermai in una pasticceria e acquistai un golosissimo vassoio di dolci bontà.
Arrivai a casa appena in tempo. La cena era in tavola. Baciai Lucia sul collo e le diedi il vassoio di paste.
Lei rimase stupita ma le ricordai che io l’amavo dolcemente, lei sorrise e portò il vassoio nel frigorifero, colsi l’occasione per andare velocemente a rimettere le chiavi nel comodino.
Cenammo, mangiammo i dolci, poi mi avviai verso il divano con un libro e lei si mise a rimettere a posto la cucina. Verso le 11 andai a letto mentre lei era ancora impegnata a rasettare. I primi giorni del nostro matrimonio mi ero proposto di aiutarla ma lei si era categoricamente opposta. Mi addormentai e, come tutte le sere, non la sentii arrivare a letto.
Dopo un paio di giorni, Marina, la mia segretaria, bussò alla porta e mi portò una scatola. Firmai la ricevuta e le chiesi di non passarmi telefonate e di non disturbarmi per nessun motivo.
Scartai il pacco come fa un bambino la mattina di Natale. All’interno trovai le varie confezioni delle attrezzature con le istruzioni tradotte in italiano.
Studiai tutto il giorno il funzionamento. Provai a piazzarle in ufficio poi chiami Marina per chiederle delle cose banali. Lei non si accorse di nulla. Una volta uscita scaricai i filmati sul computer e cominciai a visionarli. La qualità dell’immagine era ottima anche a luce bassa. La visione ad infrarossi era anche di buonissima qualità e consentiva di vedere i più piccoli particolari.
Bene. Anche il collaudo era stato fatto. Decisi di fare ancora una prova per verificare l’autoaccensione delle apparecchiature.
Verso le 15 andai a casa. Lucia doveva arrivare verso le 17.00. Piazzai le varie videocamere ed uscii.
Rientrai alle 19,30 come tutte le sere. Lucia mi corse incontro, mi baciò delicatamente sulla guancia e poi, sempre sorridente tornò in cucina.
‘Tra 15 minuti si mangia amore. Ti ho preparato un risotto con asparagi e menta che sono certa ti piacerà e dopo una bella orata al cartoccio’.
‘D’accordo vado a cambiarmi ed arrivo’.
Corsi in camera, mi misi velocemente una tuta, ritirai le videocamere nella valigetta del lavoro che avevo svuotato apposta, sfilai la SD Card dal registratore e la misi in tasca.
La cena fu come al solito di straordinaria qualità.
Andai nel mio studio, misi la card di memoria nel portatile che avevo sulla scrivania e cominciai a guardare lo schermo. In basso a destra si vedeva l’ora di accensione dell’apparato. Vedevo la mia immagine che passava saltando davanti alle camere e poi tutto buio.
3 secondi di nero e poi sul video apparve l’immagine di mia moglie che entrava in camera. L’orologio segnava le 17,05. In perfetto orario. Si sfilò il vestito, e lo appoggio sulla poltroncina, tolse anche i collant, il reggiseno e gli slip e uscì dal campo. 3 secondi di nero. Erano le 17,21. Era avvolta nel suo accappatoio. Aprì l’armadio e tirò fuori una cassetta di legno che non avevo mai visto. L’appoggio sul letto, apri il comodino e prese il mazzo di chiavi che avevo copiato la sera prima. Con una aprì la cassettina. Non riuscivo a capire cosa contenesse. Lucia si stese sul letto e e si slacciò l’accappatoio. Mi apparve il suo corpo nudo. Iniziò ad accarezzarsi i seni prima il destro poi il sinistro. Le mani contemporaneamente presero delicatamente i capezzoli e iniziarono a dare leggeri pizzichi che diedero quasi istantaneamente il risultato di farli ergere sulle semisfere perfette che erano le tette di mia moglie. La mano destra scese fino al monte di Venere e iniziò a passare la mano sul clitoride con un movimento lento e dolcissimo. Tirò su le gambe e le spalancò per bene. Cambiai inquadratura, questa volta era quasi di fronte. La macchina da presa era posta sull’armadio proprio di fronte a Lucia. La mano aveva aumentato il ritmo ed un dito ogni tanto penetrava all’interno della vagina. Era uno spettacolo impensabile. Vedevo mia moglie che si stava masturbando con una tecnica sopraffina proprio davanti a me a sua totale insaputa. Vedevo le grandi e le piccole labbra umide e brillanti, quasi gocciolanti. Non mie ero accorto che la mano sinistra si era infilata nella cassettina di legno e vi aveva estratto un pene di gomma di dimensioni notevoli. Se lo passò sulla parte esterna della vulva e poi inizio a spingerlo delicatamente all’interno. Dopo una decina di spinte il grosso cazzo di silicone era completamente sparito dentro mia moglie. Un ronzio entrò nelle cuffie facendomi sussultare. Temendo che Lucia sentisse il rumore e lo riconoscesse, abbassai il volume repentinamente. Il pene vibrava dentro e fuori Lucia che si stava contorcendo sul letto. Non sentivo nulla ma si capiva che stava gemendo. Dopo qualche minuto raggiunse intensamente l’orgasmo. Spossata lascio scivolare le braccia lungo il suo corpo nudo. Il pene ancora in piena attività continuava a vibrare oscenamente mezzo dentro alla figa ormai fradicia di Lucia. Dopo un paio di minuti Mia moglie si alzò dal letto, estrasse il pene vibrante e andò davanti allo specchio. Si fermò un attimo a guardarsi poi spalancò la bocca e si infilo il cazzo di gomma. Con la lingua lo ripulì per bene dai suoi umori e tornò in bagno. Nero. Riapparve dopo 5 minuti, vestita come l’avevo vista al mio rientro. Rimise il cazzo nella cassetta, chiuse a chiave e la riposizionò nell’armadio.
Nero. Entravo io a staccare le videocamere.
L’apparato di spionaggio erotico, come lo avevo definito, funzionava perfettamente e mi aveva riservato una sorpresa. Mia moglie che si scopava da sola con un cazzo di gomma e godeva come un’ossessa.
Spensi computer. E andai a letto.
Cominciai a pensare. Se tutti i giorni Lucia si ripassava con quell’attrezzo, era abbastanza comprensibile che non desiderasse avere rapporti sessuali ulteriori. In vacanza, probabilmente lo aveva lasciato a casa e quindi tutto il suo desiderio lo avevo placato io con il mio cazzo che comunque non era molto più piccolo di quello che avevo visto.
Quando arrivò in camera finsi di dormire. Andò in bagno, si spogliò completamente, sentii scorrere l’acqua del bidet e poi la vidi tornare nella parte del bagno che potevo vedere. Si infilò la camicia da notte. Fissò l’immagine che lo specchio le rimandava si posò l’indice sulle labbra e mandò un bacio all’immagine riflessa. Spense la luce e delicatamente si infilò sotto le coperte.
Il mio ego di maschio ferito mi diede fastidio tutta la notte. Se la scena che avevo visto era sicuramente molto eccitante, non ero io che avevo soddisfatto Lucia ma un aggeggio di silicone. Avevo deciso che dovevo incontrare il mio antagonista. Uscii di casa e attesi in macchina una mezzora che anche Lucia uscisse. Tornai su e presi le chiavi dal comodino, cercai la cassetta e la trovai nascosta sotto una pila di maglie. Provai alcune chiavi finché non trovai quella giusta. La cassetta aveva veramente l’aspetto di uno scrigno. Era circa 30 x 40, alta 30. L’aprii e i trovai due cazzi di gomma uno che simulava la pelle di un bianco e l’altro, un po’ più grosso tutto nero. Sui lati della base spuntavano due fettucce. Le tirai su e il piano sul quale erano posati i due peni vibranti si sollevò e sotto apparvero altri tre dildo. Uno di vetro corto e tozzo, e due dalle forme strane. Nessuno dei due ricordava un pene ma si capiva che erano stati studiati per dare piacere alla vagina, Altre due fettucce ed ecco l’ultimo piano con un vibratore classico come quelli che si vedevano nei film porno degli anni 60 e uno metallizzato. C’erano anche due palline con un cavetto che le univa anch’esse dotate di un interruttore.
Rimisi tutto a posto. E andai in ufficio.
Non sapevo più cosa pensare. Da fidanzati una suora, in viaggio di nozze un’amante senza limiti, a casa un ghiacciolo senza fantasia e infine da sola eccola diventare una masturbatrice evoluta. Avevo completamente dimenticato il motivo per cui avevo acquistato tutta quell’attrezzatura. Mia suocera e la sua possibile love story con il ragazzino non aveva più nessuna importanza. La domanda che continuava a girarmi in testa era sempre la solita: ‘Chi era veramente la donna che avevo sposato?’
Andai svogliatamente in ufficio e passai la giornata a sfogliare distrattamente i giornali.
Alla sera arrivai a casa e trovai la solita atmosfera da telefilm della famiglia perfetta. Moglie impeccabile che mi correva incontro per salutarmi con un bacio veloce e profumi deliziosi che arrivavano dalla cucina.
Mi cambiai e mi gettai sul divano a guardare la televisione. Non lo facevo quasi mai. Vidi il viso di Lucia spuntare dalla cucina ed ebbi la sensazione che stesse per chiedermi qualcosa. Poi rientrò in cucina e la serata proseguì come tutte le altre.
Quella notte non chiusi occhio. Pensavo a come risolvere la situazione. Fare sparire la cassetta? Affrontare Lucia e dirle che l’avevo spiata ed avevo frugato tra le sue cose? Fingere di trovare per caso la cassetta e chiederle cosa conteneva? Comprare un un dildo simile ai suoi ed usarlo la prossima volta che avremmo fatto sesso?.
Al mattino ero stanchissimo, la testa mi faceva male ed ero di pessimo umore. Feci la doccia e andai a fare colazione con l’asciugamani attorno ai fianchi. Non lo avevo mai fatto e Lucia mi guardò con stupore. Mi portò una bella tazza di caff&egrave e due fette biscottate con la marmellata. Si sedette di fronte e mentre sorseggiava la sua tazza di te th&egrave continuava a fissarmi dritto negli occhi.
Non c’era malizia in quello sguardo solo due occhi che lasciavano intuire che la sua mente vagava in chissà quali lidi.
‘Problemi?’ le chiesi all’improvviso.
‘No. Stavo solo pensando che mi sembra impossibile che finalmente siamo sposati, Ti amo tanto e ho desiderato questi momenti dalla prima volta che ti ho visto’.
‘Anch’io ti amo. Ti risposerei ogni giorno. E ogni giorno vorrei essere in luna di miele con te.’
‘Accidenti, Sono in ritardo. Scusami amore.’ E si fiondò in camera per prepararsi alla giornata di lavoro.
Non potei non notare che al primo accenno alla meravigliosa luna di miele fatta di sole, mare e tanto sesso di alta qualità, lei aveva cambiato abilmente discorso e se n’era andata.
Maturai il mio piano di battaglia. Ero certo che il suo comportamento fosse legato al rapporto che lei aveva con la madre. La donna apparentemente perfetta che lei aveva eletto come modello immacolato. Quindi la prima cosa da fare era capire fino a che punto la perfezione della madre fosse vera o una maschera che la bella signora Edna si metteva all’occorrenza.

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