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Una cazzo di infermierina

By 10 Aprile 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

“arrivo, cazzo,arrivo!!” Gridò Viktorie spegnando la fiamma del fornello, mentre il campanello della porta suonava all’impazzata.
“se &egrave di nuovo quella stronza [la vicina di casa n.d.a.] a dirmi di abbassare il volume della musica, faccio una strage”

La bruna armeggiò con le chiavi di casa per sbloccare la serratura, dopo aver dato un pugno alla porta esclamando “vyser si voko! Sto aprendo!!” E finalmente facendo smettere quel fottuto suono fastidioso.
La musica uscì dallo spiraglio della porta assieme alla faccia della ragazza, la cui espressione mutò immediatamente dall’incazzata nera alla sorpresa.
“Ty vole, che cazz… *****?? Che cazzo ci fai qui??”

Davanti a lei l’ultimo crush sentimental-sessuale, un appetibile trentenne che negli ultimi tempi la accompagnava nella vita sociale e lettereccia senza eccessivo trasporto emotivo, le sorrideva cercando di entrare in casa.
“quanta fretta, oh!” Esclamò lei facendogli spazio nel vano della porta “che cazzo succede, ti inseguono?” Chiese Viktorie chiudendo, prima do essere sbattuta al muro con foga e baciata animalescamente.

“ho una cena di lavoro e ho mezzora di tempo, non potevo non vederti, prima di ore ed ore di noia e vecchi coglioni” sospirò lui. Facendo sciogliere immediatamente lei.
“oh… Ma che cosa tenera…” disse sinceramente colpita la mora, con un sorriso e un lieve avvampare di guance. “… non me lo aspettavo”.
“difatti non &egrave tenero proprio per niente!” replicò lui portandole una mano sul sesso. Una vigorosissima erezione tendeva i pantaloni eleganti, niente di nascondibile, anche per le più che discrete dimensioni.

“cazzo, ma &egrave un sasso!” Sbottò la ragazza. “s’ &egrave un sasso da un’ora!!” replicò lui quasi con una voce dispiaciuta.
Viktorie rimase indecisa se ridere o preoccuparsi. Scelse la prima.
“che cazzo hai preso, viagra nel caff&egrave?? La stagista nuova &egrave una fichetta meglio di me che te lo fa tirare cosi senza fare nulla??” disse tra le risate.

“nessuna &egrave meglio di te, per quello sono venuto qui. Aiuto! Non posso andare a cena cosi!”
“decisamente no…” Convenne lei. “ma che cazzo faccio?”
***** sorrise. “hai sempre ‘cazzo’ sulla bocca, Vik, potresti tenerlo ‘in bocca’.”
La mora rimase a guardarlo interrogativa per un qualche secondo.

“&egrave tutta una scusa per un pompino? Potevi chiedermelo senza inventarti la storia della super erezione.”
“&egrave davvero cosi da un’ora…”
Vik sbuffò, scostandosi dal muro e andando verso la sala “potevi tirarti una sega”. Non le piaceva essere considerata, anche in una relazione sessuale, proprio una svuotapalle.
“ne ho fatte due” sospirò lui. “e ho dovuto dire che avevo problemi di pancia perché ho occupato il cesso per un pezzo”
La mora si girò verso il ragazzo. “due di fila? Una via l’altra?” “si… Non scende.”
“ti hanno messo il Cialis nella barretta di cioccolato.” Disse Viktorie, annuendo.
“Vik!!” protestò lui “ho bisogno una mano! Se non vado alla cena mi licenziano, se vado con il cazzo dritto pure! Sii seria!”

“Sono seria… Anche se non sono la tua cazzo di infermierina e non posso certo fare uno stunt in anestesia totale per il tuo episodico priapismo…” sorrise la mora, stiracchiandosi con una mano il collo come un’atleta.
“Mi toccherà succhiarti fuori anche l’anima.”

Lo prese per la cravatta e sculettando lo portò sul divano, spingendolo seduto senza mezzi termini. Un minuto dopo la congestionata erezione svettava davanti alle sue labbra ingolosite.
“Quanto tempo ho?”
“Venti minuti?”
“Andiamo di violenza.”

Scattò cosi la fellatio più animalesca e schizofrenica che Viktorie si ricordasse di aver fatto, perlomeno da sobria, perlomeno con qualcuno per cui sentisse altro che il desiderio di una scopata.
Lappò vigorosamente quell’asta pulsante non risparmiando sulla saliva, e cominciando la sua esperta danza con le mani. Su e giù, intorno, stringere, rilassare, più forte, più piano, tenendo sesso o cappella in bocca, doveva farlo impazzire subito, velocemente, non c’era tempo per le raffinatezze.
***** mugolava di piacere, colto dalla varietà di sensazioni che lei voleva provasse anche in quel contesto surreale.
“io… Mi sarei fatto solo altre seghe…” Piagnucolò sentendo il prepuzio nella gola di lei che aspirava senza soluzione di continuità, prima di staccarsi con un movimento rapido, dalla gola bollente al fresco della stanza.
“certo, perché sei un uomo” disse Vik tenendo una mano alla base dell’asta e continuando a masturbarlo ruotando l’altra. “la complessità &egrave donna.”
Lui sospirò ” non ho voglia di discutere” disse, vinto.
“hai voglia di scoparmi la bocca.” Sussurrò lei facendogli aprire gli occhi per guardarla.
“come?” Lei inarcò le sopracciglia continuando a masturbarlo, il viso a un millimetro dalla sua carne eccitata.
“hai voglia di scoparmi la bocca. La bocca della tua troia…” ammiccò lei, leccandosi il labbro superiore.
Così lo faceva impazzire…

“oh non sai la sete di sborra che ho…” piagnucolò lei a occhi chiusi, strofinandosi la guancia su quel sesso corposo e lucido.
Lui respirò affannosamente, mentre lei si staccava dal suo inguine e si inginocchiava un poco più indietro rispetto al divano.
Si portò un dito alla bocca aperta, poggiandolo sul labbro inferiore, chiudendo gli occhi.
Indicava la direzione. Il suo desiderio. ***** non resistette oltre, balzò su dal divano e tenendosi il sesso con una mano, la accontentò.
Lo faceva impazzire come lei gli permettesse di scoparla nella sua calda, voluttuosa, tumida bocca lucida di saliva, lo faceva morire, lo faceva eccitare infinitamente oltre ogni cosa, e si sfogò per chissà quanti minuti prima di sentire montare un orgasmo potente.

Aveva paura di venire, doveva venire, non poteva non venire… Lo temeva.
Viktorie percepì il suo timore, lottò per farsi scivolare l’organo dalla bocca, solo per sussurrare “…avanti… Non ho ancora cenato… Sfama la tua troia…” con la voce più sensuale che potesse avere.
Esplose.
Esplose nella bocca della mora, sul visino, sulle labbra, qualcosa andò anche sui capelli scuri. E distrutto, ricadde sul divano.

Nessuno parlò per diversi minuti, lui stordito da un orgasmo di intensità tale che non aveva memoria, lei accosciata sul pavimento, dedita con noncuranza a portarsi l’orgasmo del partner dalle guance alla bocca.

“Ho mentito.” sussurrò lui. Viktorie sorrise. “volevi solo un pompino prima di cena.”
“no, era davvero un’erezione immotivata… Ma erano almeno due ore e mezza.”
Lei spalancò la bocca lucida di sperma, teneramente preoccupata, cosi in contrasto con il fatto che ci fosse del bianco sulla sua pelle candida e sui suoi capelli neri.
“oddio! Ma…” “… Temevo ti saresti preoccupata. Ma vedi? Sta..”
Lei sorrise. Il membro rilassato ricadeva flaccido e tuttavia più che corposo sull’inguine di lui.
“vai a cena, ma passiamo da un medico.”
“sapevo ti saresti preoccupata.”
“…ti voglio duro quando serve, non a cazzo.”
“… ‘a cazzo’. Sei pessima.” Sospirò lui.

“non era detta apposta. Ma ora lavati e sistemati e vai, prima che vedermi sporca del tuo cazzo ti ecciti troppo.” Scrollò la testa lei, indicando il bagno.
“e altri venti minuti con quel ritmo non ce li hai.”

***** sorrise provocatorio, alzandosi “e tu non li reggi.” Viktorie si alzò di scatto, afferrandogli il sesso e portandosi a un millimetro dal suo corpo.

“chiedimi scusa.” Lui sembrò sorpreso dal tono crudo della sua voce. I denti bianchi lievemente scoperti di lei rimandavano cromaticamente alle gocce di piacere che ancora le imperlavano il viso. Ma la facevano sembrare ancora più inquietante.
“… Di sottovalutarmi. Sono la tua troia, ma lo sono stata di molti altri e altre, da soli, in compagnia, tu non mi conosci, posso farti piangere e implorare di smetterti di scoparti.”
Lui sbuffò. “difficile.” “basta legarti al letto. Vuoi scommettere?”
Lui soppesò le opzioni. Non troppo, prima di suscitare una nuova erezione. “ok, no. Non mi interessa.”
“Sono pessima con i nodi.”

**** se ne uscì di casa qualche minuto dopo, finalmente libero e in ordine. Viktorie si lavò il viso e un poco i capelli.
“dopo, doccia. Ma devo cenare prima…” Pensò sentendo il suo pancino brontolare, dirigendosi in cucina. Il tempo di riaccendere il fuoco e uno scampanellio la interruppe.

“Oooh, ty vole!!” Imprecò lei, afferrando il telefono squillante.
“pronto, mamma?” sospirò la mora. “… No, dimmi pure… Sì, si, ho già mangiato… Cosa? Emh… Carne!”

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