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I raggi del sole non riescono a bucare la caliginosa coltre di vapore e per effetto della rifrazione la luce diffusa mi ferisce gli occhi stanchi. Le mie amate colline, solitamente azzurrine in lontananza, appaiono di un colore grigio, sabbioso e il loro profilo velato ondeggia incerto per il calore. Non ho voglia di uscire, non ho voglia di mare, di amici, di cercarmi la compagnia di una donna.
L’afa toglie il respiro: rimpiango l’aria climatizzata che ho detestato durante la notte trascorsa in ospedale.
Notte di guardia. – Un rianimatore con urgenza in PS. – Lavoro frenetico ma metodico, preciso. La speranza, la delusione, la tristezza, imprecazioni di rabbia, bestemmie che sono in realtà invocazioni, pianto di familiari, disperazione impotente intorno e nel mio cuore smarrito.
Ho ancora l’odore pungente, disgustoso del sangue nelle mie narici, infisso come un chiodo. Thanatos.
Sono stordito, stanco, incazzato; è l’hangover successivo alla guardia. Si affacciano e sostano tenacemente molesti, nella mia mente, esclusivamente ricordi sgradevoli, così come nelle aiuole, inaridite dalla vampa estiva, resistono solo le erbe infestanti.
Sulla sdraio del mio balcone agogno un refolo d’aria che non arriva, mi attacco alla bottiglia gelata di Coca Cola come un poppante ad un biberon. Maledizione a me che non ho installato il clima, rimandando la decisione.
Mi assopisco, poi, nonostante tutto.
Nella fase preliminare del mio sonno, che ancora sonno pieno non è, mi sembra di cadere nel vuoto, i miei pensieri si strutturano solitamente in allucinazioni, spesso in incubi, ma stavolta è diverso. Ci sei tu, Marilina, la mia vicina che ti stagli predominante. Eros.
Le sottili pareti che ci dividono non riescono a celare il tuo disagio, la tua sofferenza per un amore travagliato, per un uomo bello e impossibile con cui non potrei assolutamente competere. Le tue conversazioni concitate, la tua voglia di un piacere esplosivo che spesso non trova adeguata risposta per i suoi i capricci che crudelmente godono nel renderti schiava. E poi la tua umiliazione , la tua frustrazione, i tuoi pianti, la tua rabbia, che non riescono a offuscare il tuo straordinario fascino.
Procedo e son lucido nella nebbia giallastra del sogno e dei suoi fantasmi.
Ti osservo: sei semi nuda, indossi un tacco 12, che slancia le tue gambe e solleva le natiche tornite, ti sfreghi l’inguine contro lo stipite della porta, le tue dita si intrufolano nella tua figa e nel tuo culo, intridendosi (tu diresti sporcandosi) delle tue secrezioni che spalmi sulle tette dagli aguzzi e duri capezzoli.
Ti tolgo i pochi indumenti residui, e libero, con gesto delicato, sacrale, i tuoi piedini dalle decolletè. Aspiro i tuoi odori, il tuo afrore di donna in ogni centimetro di pelle, in ogni anfratto, ascelle, inguini, incavo del gomito e del ginocchio. Suggo e lecco ogni liquido del tuo corpo fino al trionfo di aromi della tua fessura che mi porgi, fradicia di secrezioni e impreziosita da residue gocce di urina. Sono una bestia erotica famelica che non vuole farsi sfuggire nulla di te. Mirabile creatura bollente di passione risucchi Il mio sesso inesorabilmente e felicemente nel gorgo fantastico delle tua vagina. Guardo le tue chiome madide, incollate al tuo volto, la tua bocca dolcemente dischiusa e che geme lasciva, si offre felice di arrendersi. Ascolto la tua voce squillante urlare di piacere e sto impazzendo per la meraviglia che mi dai il privilegio di vivere con te: incanto, stupore. Il male, con le sue minacciose nubi, è cancellato e resta fuori ormai senza importanza.
Non ti basta ancora e la tua pesca di carne che cela un fuoco violento mi regali. La apro con le mani e il mio cazzo affonda, procede dentro, colma le tue viscere fino all’esplodere del mio piacere estatico.
Mi risveglio zuppo di sudore e con un’erezione esplosiva, dolorosa. Chissà, sarà questo mescolarsi, fondersi di thanatos ed eros, pulsioni di morte e di vita, che mi dà la carica e la decisione di venire da te, Marilina e di palesare la mia voglia di prenderti, di fondere i nostri corpi e di esploderti dentro.
Son consapevole di avere la stessa probabilità di successo con te quanto una carica di cavalleria contro i carri armati: gesto coraggioso, tuttavia dissennato.
Non di meno sono davanti alla tua porta. Suono il campanello. Scalpiccio di piedi dall’interno.
Apri e ti affacci all’uscio: sei scalza, rivestita unicamente da una slabbrata e abbondante t-shirt che ti copre fino a metà cosce, ma fa intravedere, presagire tutto di te e della tua carica esplosiva.
Mi aspetto un insulto, una porta sbattuta in faccia, ma un sorriso illumina il tuo bel volto pur velato di tristezza. Ti ritiri da una parte per farmi entrare. Mi sorge il dubbio di stare ancora dormendo, che la realtà sia illusione. Il fuoco dei tuoi occhi basterebbe da solo per perdermi. Mi sforzo affinché la mia voce sia ferma e desidero mostrarmi sicuro e calmo, ma ciangotto, balbetto:
– Ma…Marilina”.
Entro. La porta si richiude alle nostre spalle. Sono solo con te.
Solo un sogno nel sogno? Anche se lo fosse….
– Marilina ti prego, ti scongiuro, non svegliarmi.

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