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110 – Loretta, lo stupro di gruppo e la violenza

By 5 Gennaio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Questa volta successe tutto di domenica, i miei erano fuori città, a festeggiare il compleanno di un loro amico ed io me ne stavo tutta sola a casa sdraiata sul divano a guardare la tv. L’estate aveva portato un caldo afoso e insopportabile ed io ero in verità poco vestita. Un leggero vestitino di lino bianco svasato e parecchio scollato, niente altro. Inaspettatamente sentii il citofono ronzare e mi alzai andando a rispondere. Una voce femminile mi disse che doveva inserire della pubblicità in buca. Pensai che con sta pubblicità non ti lasciavano in pace manco la domenica. Aprii comunque il portone e mi risistemai in poltrona. Trascorsero alcuni minuti e il dlin dlon del campanello della porta a segnalarmi che c’era qualcuno che cercava me o qualcuno della mia famiglia. Mi risollevai stancamente dalla mia comoda seduta e guardai dallo spioncino, vidi una ragazza giovane con i capelli biondi che ferma aspettava che le aprissi. Socchiusi la porta e lei mi sorrise a trentadue denti, aprii ulteriormente lo spiraglio togliendo la catenella di sicurezza. La porta si aprì con violenza e dietro alla angelica creatura comparvero alcuni ragazzi, li riconobbi subito, erano i miei fantastici ragazzini stupratori. Entrarono spavaldi in casa mia, li contai, erano quindici maschi più due ragazze.
C’era il capo, il biondino e due di quelli della volta precedente, tra i quali il ragazzo che avevo colpito con il casco, tutti gli altri erano sconosciuti. Totalmente vestiti uguali, jeans e maglietta nera, solo le due ragazze indossavano, come se fossero due gemelle, una gonna di stoffa di cotone color rosso e una camicetta ampiamente aperta sul davanti di colore bianco. Alle due figliole si indovinavano sotto l’impalpabile stoffa della camicetta i capezzoli puntuti e le aureole scure, segno evidente che il reggiseno non apparteneva al loro usuale abbigliamento. Il capo, mi squadrò da capo a piedi e poi mi chiese se avevo voglia. Gli dissi che questa invasione non mi piaceva e poi che il bel gioco doveva durare poco’.
Lui si avvicinò e senza parlare mi pizzicò forte un capezzolo dandomi della troia. Mi disse poi che i suoi amici volevano godere del mio corpo e dei miei buchi. Loro mi avrebbero posseduta in ogni caso sia che io lo volessi sia che non lo volessi. Decisi che non lo volevo, e fui molto determinata a urlare per cacciarli fuori tutti. Alla fine del mio sfogo mi guardarono e tutti si misero a ridere. Cavoli, non erano più i ragazzini dell’altra volta, ma sicuramente questi erano più bastardi e certamente violenti. Il capo guardò uno di loro sogghignando e poi gli disse di mostrarmi il suo campionario, si lo chiamò proprio così, il campionario. Il tipo era di pelle ambrata, alto un metro e novanta, barbuto e con un brutto viso e un naso come una portaerei, muscoloso con delle grosse mani callose, si avvicinò a me senza profferir parola, si slacciò la cintura dei jeans poi fece scendere la zip e li lasciò cadere a terra. Non portava le mutande ed io mi spaventai. No, non mi spaventai perché non portava le mutande, il motivo fu un altro. Con il mio fidanzato avevo visto molti film hard nei quali i porno attori erano tutti esageratamente dotati, ma un cazzo come quello non lo avevo mai visto, nemmeno nei peggiori incubi notturni. Era molle, lui se lo impugnò alla base con una mano e ne aggiunse subito sopra un’altra. Ripeto che le sue mani erano spesse e callose eppure una decina di centimetri rimanevano ancora scoperti. Sarebbe occorsa un’altra mano per coprirlo forse tutto. Ma da duro quanto sarebbe diventato? Avevo sentito parlare di cazzi di trenta centimetri ma avevo sempre esternato i miei dubbi sul fatto che esistessero realmente simili esemplari. Così a riposo, minimo, minimo poteva essere sui venticinque centimetri. A completare il quadro d’insieme, un paio di coglioni adeguati alle dimensioni del pene. Pensai che li dentro ci poteva stare almeno mezzo litro di sborra, ma forse i miei pensieri erano esagerati. Lui mi prese la mano e me la portò sul cazzo, io lo impugnai circondandone la metà, era largo come una lattina della Coca Cola ed io lo sentii crescere ancora nella mia mano, il biscione si allungò e si indurì, la cappella fino ad allora coperta si scoprì gradatamente ed io vidi, come dire, tipo un avambraccio, sporgere minacciosamente dal suo pube peloso. Avevo in mano trenta centimetri di cazzo, ero sbalordita, attonita, stupefatta e allibita nello stesso tempo. La pelle era scura, pareva abbronzata, percorsa da vene in rilievo bluastre, l’uomo mi mise una mano dietro al collo e mi fece abbassare, aveva delle tenaglie al posto delle mani ed io non potei fare altro che obbedirgli. Mi accucciai davanti al suo mostro che mi guardava con il suo occhio centrale. Il maschio, mai appellativo poteva essere più azzeccato, mi spinse l’animale contro la bocca, io timidamente lo leccai, lui lo tenne in mano e mi fece malissimo sbattendomelo sulle guance, poi ancora sulle mie labbra, cercai di prenderlo in bocca ma non ce la feci. Nonostante che tendessi le labbra allo spasimo non riuscivo a circondargli la cappella. Una delle due ragazze, quella con i capelli rossi, si inginocchiò al mio fianco e si impossessò dell’enorme cilindro di carne dura, poi con estrema facilità fece sparire nella sua bocca la grossa prugna della cappella. Scivolò poi con le labbra lungo l’imponente asta e riuscì ad ingoiarne venticinque centimetri buoni. Figlia mia pensai, hai una caverna al posto della bocca!! Presa dalla visione di quella mostruosa fava, non feci caso a quanto stava succedendo tutto attorno a me. Tutti erano completamente nudi, sul pavimento montagnole di abiti e indumenti intimi. Cazzi, cazzi duri e tesi ovunque, percepii la figa allagarsi, anzi fu una inondazione, stavo morendo dal desiderio, li avrei voluti tutti dentro di me, oh cavoli ero tesissima, sentivo come un tremore interno che mi percorreva tutto il corpo. Tutto attorno a me e alla mia pompinara soccorritrice, una quantità industriale di cazzi eretti. Stavano tutti in fila, ed ora avanzavano menandoselo, il primo ad offrirmelo per farselo spompinare fu il biondino, aveva un cazzo di tutto rispetto ma pareva un piccolo vermicello in confronto all’obice dell’uomo barbuto. Lo accolsi facilmente in bocca e cominciai a scorrergli lungo l’asta tesa, che meraviglia il cazzo!!! Se fossi nata maschio credo che avrei fatto come Gabriele D’Annunzio, mi sarei spaccato le costole per riuscire a succhiarmelo da solo. Subito dietro il biondo, c’era il ragazzo che già se lo era inculato in precedenza nel garage. E anche in questa occasione, gli si mise dietro e glielo piantò nel culo. Lui sbatteva il biondo che a sua volta fotteva me in bocca. La rossa intanto continuava a fare il suo bel pompino al barbuto che grugniva sguaiatamente. Gli schizzi del biondino mi colpirono il palato e colarono abbondanti nel mio stomaco. La rossa aveva gli occhi fuori dalle orbite mentre dal grosso cazzo del supersuperdotato sgorgavano fiumi di sborra che rischiavano di affogarla. Vidi la sua gola contrarsi con movimenti ravvicinati e ripetuti e compresi che ce la stava mettendo tutta per ingoiare la grande quantità di sperma del suo amante. Mentre succedeva tutto ciò anche il ragazzino inculatore di maschi era arrivato a sborrare nel culo del biondino. L’altra ragazza, quella che aveva suonato alla porta stava seduta sul viso di un ragazzo con la faccia di lui infilata fra le sue natiche, la maialina si stava facendo lubrificare con la saliva il buco del culo. Mi alzai in piedi ma non feci in tempo a fare nulla che subito, tre ragazzi mi presero e mi fecero calare letteralmente sul cazzo di uno di loro che nel frattempo si era sdraiato per terra. Mi impalai facendomi entrare nell’ano tutto il suo sottile ma lungo cazzo. Il biondino, quello con il cazzo grosso, si piazzò fra le mie cosce spalancate ed io pensai che me lo volesse ficcare nella figa e invece, il bastardo, fece scivolare la sua banana contro quella dell’amico e mi sforzò lo sfintere allargandomelo al massimo. Furono dolorose e lancinanti le fitte che percepii attraversarmi il corpo e il cervello. Due cazzi contemporaneamente nel culo non me li ero mai presi, mentre soffrivo mi accorsi che dietro al biondo, un ragazzino sui diciotto si stava piazzando per sodomizzare il suo amico. In effetti il biondo si fermò un attimo per agevolare la penetrazione al compagno di giochi e poi assieme iniziarono le danze. I movimenti dei tre erano sincronizzati ed io sentivo scivolare nelle mie viscere i due cazzi e avvertivo anche le spinte violente che il diciottenne imprimeva nel sedere del biondino. Sentivo il culo indolenzito, spaccato, dilatato e dilaniato ma godevo comunque, portai la mia mano destra fra le cosce e iniziai a sgrillettarmi con foga. Vedendo la mia manovra il biondino sorrise e sostituì la mia mano con la sua, iniziando con il dito pollice a sfregarmi il clitoride. Premendo sul grilletto con forza mi allungava la figa verso l’alto, io con il capo riverso all’indietro e la bocca libidinosamente spalancata, dimenando la testa a destra e a sinistra, venni ancora una volta. Li chiamai porci bastardi, dissi loro che mi facevano godere, che ero una puttana e che mi piaceva il loro cazzo. Loro eccitati al massimo spinsero dentro di me i falli duri e in quel momento il loro sperma mi inondò l’intestino. Mentre il sodomizzatore di maschi sborrava nel culo del biondino io percepii chiaramente i potenti zampilli che frustavano a ripetizione le mie viscere, spandendo all’interno un piacevolissimo e intenso calore. Finalmente mi alzai in piedi liberando così il mio ex buchetto, ora diventato un bucone slabbrato e mi sdraiai sul divano distrutta in tutti i sensi. Attorno a me tutti erano occupati a fare forsennatamente sesso sfrenato. La rossa e la biondina erano prese a spompinare due giovanissimi maschietti, mentre, in piedi, attorno a loro, una decina di ragazzi, si masturbavano con i loro cazzi vicinissimi al viso delle due femmine. L’unico in disparte era il barbuto che seduto in terra, con la schiena appoggiata al muro, si trastullava distrattamente il cazzo mezzo duro. Pensai che tutto fosse finito e che da lì a poco se ne sarebbero andati, lasciandomi ancora una volta, soddisfatta e goduta, invece tutto stava cominciando solo allora. Il barbuto infatti si alzò da terra e facendosi precedere dal gigantesco membro ora completamente duro, si avvicinò a me, mi prese con le morse che aveva al posto delle mani e mi fece girare a pecorina, sperai che me lo volesse ficcare nella figa e invece mi sbagliavo, le sue intenzioni erano altre. Puntò il pesante obice contro il mio buco del culo e spinse. Dopo la penetrazione precedente di due cazzi, ormai il mio povero buco era rotto e strarotto ma il diametro di quel mostro di pene era molto più difficile da far entrare. In effetti due membri sovrapposti allungano il foro anale ma il cilindro dell’uomo con la barba occupava il doppio dello spazio dei piccoli piselli dei due ragazzi.
Quando lui entrò in me io sentii una serie di fitte acute e insopportabili e svenni. Quando, con un paio di bicchieri d’acqua fredda in faccia, mi svegliarono, mi accorsi che il bastardo, se ne era fregato altamente del mio mancamento e come se nulla fosse aveva continuato ad affondare la sua mazza nel mio culo. All’interno sentivo la cappella che strusciava contro le pareti del mio intestino facendosi spazio lentamente ma inesorabilmente. Per la prima volta non provai nessun piacere, la sua era una barbara invasione, mi pareva di essere impalata e il dolore continuava ad essere terribilmente lancinante.
Quando lui me lo ficcò tutto fino in fondo sbattendomi i suoi pesanti coglioni contro la figa, sperai che finisse, che mi sborrasse dentro e che lo sfilasse definitivamente. Lui invece, resistette a lungo facendo scorrere il palo tutto dentro e tutto fuori dal mio povero sfintere, fin quando, finalmente mi allagò le viscere e quindi me lo sfilò. Il cazzone uscì con un sonoro plop e lui se lo prese in mano e me lo sbattè parecchie volte rabbiosamente sulle chiappe. Mi insultò e usando il suo cazzo come se fosse una clava mi batté ancora fortemente le natiche per procurarmi di proposito ancora intenso e forte dolore. Due potenti sculacciate conclusero la sua violenza su di me. Mi toccai il culo e mi accorsi che le mie dita erano intrise di sangue. In terra raccolsi un paio di slip e li usai per tamponare le mie perdite anali. Mi girai lasciandomi cadere sulla poltrona e vidi che nel mentre tutti avevano terminato le loro attività libidinose. Il barbuto confabulava a lungo con il capo e con altri quattro o cinque ragazzi poi, infaustamente si avvicinarono ancora a me. Il terrore mi pervase, mi prese il panico folle e per la prima volta fui conscia che loro mi avrebbero usata a loro piacimento forse solo per il piacere di farlo o forse per vendicare lo sgarbo fatto al ragazzino che avevo colpito con il casco. Non c’era nemmeno la speranza che rientrassero i miei, anzi c’era da augurarsi che decidessero di ritornare il giorno seguente. Non conoscevo nemmeno i movimenti di mio fratello e di mie sorella e comunque anche per loro non era auspicabile che rincasassero prima che la schifosa ciurmaglia se ne fosse andata. Il capo si avvicinò e mi prese fra le dita un capezzolo torcendolo e tirandolo, ancora molto dolore mi pervase. Mentre mi torturava volle sapere se lo studio dentistico, sulla porta del quale era inciso lo stesso mio cognome, fosse un mio parente. Gli dissi che si trattava di mio fratello e di mia sorella. Il figlio di puttana smise di torcermi il capezzolo e mi chiese le chiavi dello studio. Gli dissi che non le avevo e la sua mano mi afferrò l’altro capezzolo stringendolo con tutta la forza che aveva, sobbalzai sulla poltrona e mi inarcai per l’insopportabile dolore e con un cenno gli feci capire di smettere che gli avrei dato le chiavi. Mi lasciò il capezzolo ed io dolorante mi alzai e andai a prendere in un cassetto dell’ingresso le chiavi dell’ambulatorio. Gli spiegai come togliere l’antifurto e lui mi accompagnò consegnandomi ai suoi accoliti, quindi uscì dalla porta di casa e dopo alcuni minuti lo vidi rientrare. Sogghignava soddisfatto, in mano aveva un apribocca dentale regolabile, in acciaio. Parlottò ancora con alcuni suoi complici e poi mi presero e mi fecero sedere a terra con la schiena contro il termosifone, qualcuno cercò e trovò dentro ad un cassetto in cucina un grosso gomitolo di spago molto spesso, quello che mio padre aveva tolto dall’altalena parecchi anni prima.
Mi fecero piegare in avanti e mi legarono strettamente le mani dietro la schiena, quindi fecero passare la corda sotto e sopra ai miei seni bloccandomi con la schiena contro al termosifone. Il capo si avvicinò a me con l’apribocca e me lo piazzò all’interno del cavo orale regolandolo in modo da tenermi la bocca ampiamente spalancata. Comparve nelle mani di un ragazzino un imbuto di acciaio, anch’esso prelevato in cucina e il barbuto si incaricò di ficcarmelo in bocca. Mi spinse senza riguardo alcuno il capo contro il termosifone in modo che l’imbuto non cadesse. Mi spalancarono le cosce legandomi le caviglie alle gambe delle poltrone. Ero completamente alla loro mercè, le ragazze si misero in piedi una alla mia destra e una alla mia sinistra con la mansione di tenermi il capo riverso all’indietro. Le due troiette mi presero entrambe per i capelli tirandomi verso il basso. In fila indiana, uno dietro l’altro i ragazzi iniziarono ad avanzare fra le mie gambe aperte, si menavano il cazzo con la cappella quasi appoggiata all’imbuto, il primo sborrò dentro l’imbuto e un paio di schizzi mi colpirono anche l’occhio destro che rimase con le ciglia quasi incollate fra di loro. Vidi con l’unico occhio rimastomi aperto il secondo arrivare già schizzando all’impazzata, la biondina gli afferrò il pene e cercò di dirigere i getti all’interno dell’imbuto. La sborra colava direttamente nella mia gola e come un balsamo scendeva calda nel mio stomaco. Toccò al terzo, poi al quarto e così via, fino all’ultimo, tutti mi eiacularono in gola, mi sentivo lo stomaco pieno e avevo un sentore di vomito che mi tormentava, ma loro pensarono a lavarmi per bene il viso e a dissetarmi abbondantemente con litri di piscio caldo. Ero divenuta il loro ricettacolo personale, mi avevano usata prima da sborratoio e poi da orinatoio. Mi tolsero l’apribocca, per qualche istante credetti di avere la mascella completamente bloccata, poi poco per volta riuscii a chiudere la bocca. Uno di loro, completamente nudo, uscì sul balcone e ritornò con il cestino delle mollette da bucato. Mentre io, legata al termosifone, ancora una volta urlavo per il dolore, due ragazzini mi piazzarono le pinze sui capezzoli e tutt’attorno ad essi, altre furono piazzate sulle labbra della figa e altre ancora mi strinsero il clitoride. Credetti di impazzire, urlai, li insultai pesantemente, li pregai e supplicai di lasciarmi stare. Non sentirono ragioni, e continuarono a pizzicare con le mollette la mia povera pelle del ventre. Si avvicinò il barbuto e con la sua arma letale iniziò a colpire le pinze da bucato che si staccarono dolorosamente dai miei capezzoli. Gli dissi che era un frustrato di merda, che se lo avessi trovato gli avrei sparato per ucciderlo. Più io lo insultavo più lui mi faceva male, ora mi batteva fortemente con il suo pitone le poppe dolenti, mi schiaffeggiava pure con le sue mani spesse e callose, poi si menò il cazzo e mi sborrò in faccia. Una maschera di sperma ricopriva completamente il mio viso e così, incoraggiati dal barbuto, anche gli altri vollero donarmi ancora una volta il loro seme, nuovamente le femmine a tenermi per i capelli, in modo che offrissi ai maschi infoiati la più ampia superficie copribile.
Alla fine dal mio viso colavano lacci di sborra fino al mento, poi rimanevano sospesi molleggiando come un elastico e quindi ricadevano sulle mie tette che in breve furono ricoperte di uno spesso strato di liquido biancastro e un po’ raggrumato. Uno di loro, il ragazzino che si inculava i maschi, con le dita raccolse lo sperma che mi ricopriva e me lo infilò dentro la bocca, io stanca e sfinita, non protestai, non mi ribellai, ma ingoiai tutto, fino all’ultima goccia. Sotto di me un lago di piscio sul quale stavo seduta, mi sentivo sporca, ero come un cesso e difatti ancora i ragazzi a pisciarmi in faccia e poi anche le donne si misero in piedi a gambe larghe sopra di me e mi donarono il loro liquido dorato.
Lasciai il capo ciondolare di fianco, non ce la facevo più, loro forse furono pervasi da un po’ di umanità e mi slegarono, poi mi trascinarono letteralmente in bagno e mi ficcarono in malo modo sotto la doccia. Aprirono l’acqua, fredda, gelata, ma io non me ne accorsi quasi, mi sembrò di rivivere, mi massaggiai le parti dolenti, tastai con le dita il mio buco del culo e vi trovai una voragine spalancata. La mia mano entrava dentro senza alcuna fatica, ero stata sfondata, dal buco del culo avrei potuto quasi partorire. Mi lasciarono tranquilla per diversi minuti, poi mi presero e mi asciugarono sfregandomi il corpo con un asciugamani ruvido. Mi riportarono in sala e come se fossi un oggetto, mi buttarono sulla solita poltrona. In quel mentre, udii la porta di casa aprirsi e vidi mio fratello e mia sorella entrare. Il capo e alcuni altri li circondarono, li afferrarono per le braccia e li gettarono sul divano di fronte a me.
Il capo guardò per bene mia sorella, lei si chiama Silvia ed è ancora oggi una bella figa, direi meglio una bella fighetta. Delicata, dolce, piccolina, bionda chiara naturale, con le curve tutte al loro posto, occhi chiari, dimostrava meno dei vent’anni che aveva, era una bambolina insomma. Mio fratello, che si chiama Marco, è alto sul metro e ottanta, fisico normale ben piantato, capelli scuri e occhi altrettanto scuri. Fino ad allora non l’avevo mai visto nudo e quindi non avrei saputo descrivere le dimensioni e le fattezze del suo pisello. Vidi il gruppo ancora una volta confabulare tra di loro e poi il gran capo ordinò ai nuovi arrivati di alzarsi in piedi e di spogliarsi nudi. Mio fratello tentò di protestare e il capo gli disse che se non voleva avere grane avrebbe fatto meglio a fare ciò che lui gli ordinava. Marco, visto il loro numero e l’aria minacciosa che ostentavano iniziò a spogliarsi. Silvia, tentennò un po’ ma poi messa sotto pressione da un paio di giovinastri, dovette accelerare i tempi e si sfilò il vestitino, quindi fece scivolare sulle cosce il perizoma fino a sfilarselo dai piedi. Lei non indossava mai il reggiseno per il solo motivo che le sue tettine erano piccoline, naturalmente molto sode e si sostenevano da sole senza l’ausilio del reggipetto. Con un gesto molto significativo il capo la fece girare accogliendo lo spettacolo offerto da mia sorella con un lungo fischio di sincera approvazione. Rimasi un po’ di stucco quando vidi Marco abbassarsi gli slip, wow, pensai, il mio fratellone è veramente ben messo!! Aveva il cazzo sui sedici diciassette centimetri da molle ed era circonciso. Forse i miei l’avevano fatto circoncidere da piccolo, mah! Comunque non era così importante il fatto che fosse circonciso, ma erano importanti le dimensioni, certamente non paragonabili al barbuto, quello era un’altra cosa, un cazzo da guinness dei primati non confrontabile con nessun altro pisello al mondo credo!! Comunque il nostro Marcuccio era in possesso di una bella clava. Il capo guardò Silvia e poi le ordinò di succhiare il cazzo a Marco, lei non ne volle sapere e allora da dietro a tutti comparve alla vista della mia dolce sorellina il barbuto, con il suo paracarro duro e pronto. Il capo disse a Silvia che se non lo avesse succhiato a suo fratello l’avrebbe fatta inculare da Tony. Memorizzai il nome del barbuto, magari poteva servire per individuare uno dei bastardi stupratori. Mia sorella, ipnotizzata dal cazzo di Tony, rimase come in trance, irrigidita e allibita. Come un automa si abbassò davanti al pene molle di Marco e glielo prese in mano sollevandoglielo, quindi lo lambì delicatamente sulla cappella, poi lo imboccò e iniziò a spompinare il cazzo floscio di nostro fratello. Era abile la finta bambina e in poco tempo il membro si ingrossò nella sua bocca fino a erigersi completamente. Non mi ero sbagliata, saranno stai all’incirca un ventidue, ventitre centimetri di minchia. Il capo ad un certo punto staccò Silvia dal cazzo e volgendo lo sguardo verso di me, con il braccio piegato e il pugno chiuso rivolto verso il basso, lo mosse avanti e indietro con un gesto più che significativo, voleva che Marco mi scopasse. Lui gli disse che avrebbe fatto altre cose ma non si sarebbe mai sognato di scopare sua sorella, per di più la più piccola della famiglia. Il bastardo si avvicinò a me e mi sollevò le gambe verso l’alto scoprendo così la mia voragine anale. Incazzato Marco chiese cosa mi avevano fatto, disse loro che erano dei pervertiti, li insultò pesantemente e ripetutamente. Lo lasciarono sfogare e poi con una sola parola decisa che non ammetteva repliche gli ordinarono di scoparmi. Si inginocchiò fra le mie gambe con il cazzo ancora duro e apparentemente senza grande entusiasmo mi penetrò nella vagina. Iniziò a muoversi lentamente, pareva che stesse spolverando una ceramica preziosa, non mi voleva rovinare, aveva paura di rompermi. Io per un po’ rimasi quasi indifferente, ma poi la mia porca figa mi tradì, iniziando a bagnarsi copiosamente, il mio fratellone se ne accorse e accelerò l’andatura, smise improvvisamente di preoccuparsi di me e dico finalmente, iniziò a scoparmi come si deve. Lo abbracciai e lo attirai a me, lui muoveva il bacino affondandomi dentro, sentivo il suo lungo cazzo toccarmi in fondo, ma provavo piacere intenso, era deciso e sapeva scopare bene il nostro Marcuccio. Lui abbassò il capo e iniziò a suggermi i capezzoli, non sentivo più il dolore provocatomi dalle mollette, ma ora percepivo solo piacere intenso, mossi anche io il bacino per andargli incontro, per assorbirlo meglio dentro di me, mi accorsi che contraendo i muscoli pelvici, riuscivo quasi a succhiarglielo con la figa. Non mi accorsi che lui mi stava sborrando dentro perché contemporaneamente sentii arrivare rapidamente l’orgasmo. Venni come un fiume in piena, come un torrente che impetuosamente rompe gli argini, furono fuochi d’artificio e per qualche minuto rimasi come in coma profondo, attenta ad assorbire tutto il piacere che si espandeva nel mio corpo e nella mia mente. Liberatorio, si fu un orgasmo totalmente liberatorio, di colpo espulsi le barbarie e le violenze subite, tutto il male si volatilizzò in pochi secondi e la prima lettera dell’alfabeto si trasformò in un rantolo monovocale, lunghissimo e molto intenso.
Quando lui lo sfilò dalla mia figa, vidi lo sguardo di rimprovero di Silvia. In effetti Marco ed io lo potevamo fare solo perché obbligati a farlo, certamente non avremmo dovuto godere entrambi senza nemmeno vergognarci un po’. Decisi che poi, a quattr’occhi, con lei, mi sarei falsamente scusata, le avrei detto che mi avevano torturata e violentata fin dal mattino e che con la dolcezza di Marco, avevo vissuto degli attimi di passione incredibile, che credevo fossero ormai spariti del tutto, dopo l’obbrobrio patito in quella infausta giornata.
Attorno a noi tre, ancora cazzi duri da far divenire flosci, ancora palle gonfie di sperma da svuotare, ancora litri di liquido seminale da inghiottire, ancora sesso, sesso, nient’altro che sesso!!! Tony, si avvicinò a Silvia che paurosamente si sedette sul divano accartocciandosi in posizione fetale, lui la prese per un polso, lo fece come sempre in modo sgarbato e maldestro, ma lui, le donne, le usava come si può usare la carta igienica per pulirsi il culo. La buttò distesa per terra, poi si abbassò poggiandogli il culo peloso sul viso, le ordinò di leccargli il buco mentre gli appoggiava il cazzo fra le tenere tettine.
Non riuscì a chiudere in mezzo ad esse il palo della luce che possedeva, ma lui le sputò alcune volte la sua saliva nel solco centrale e tenendolo con una mano premuto contro la pelle di lei iniziò a muoversi avanti e indietro. Con la mano libera si impossessò di un capezzolo e lo strinse con forza, in sordina, soffocato dalle chiappe dell’uomo si udì un acuto mugolio di dolore. Poi lui fece scivolare fra le tette di Silvia ancora il suo cazzo e quindi senza curarsi di lei, le sborrò sullo stomaco e sul basso ventre. Vedendo quella scena mi domandai da dove l’uomo tirasse fuori tutto quello sperma. Ne produceva veramente una quantità industriale!!! La catena di montaggio non volgeva mai al termine. Ci misero tutti e tre sul divano uno di fianco all’altro, ci fecero poi girare a pecorina, quindi fecero pari e dispari e i primi cinque vincitori si misero in fila indiana in corrispondenza di Silvia, i secondi cinque si schierarono dietro di me, mentre i rimanenti si disposero dietro a Marco. Notai che Tony e il ragazzo che amava inculare i maschi scambiarono la loro fila; il giovane si trovò così nella fila di Marco mentre l’uomo con il cazzo più grosso e lungo del mondo si piazzò nella fila di Silvia. Ebbi pietà per lei, se glielo metteva in culo, sarebbero stati dolori!!! Il mio primo fu un ragazzino e volle mettermelo nel culo, non lo sentii nemmeno e per di più lui mi sborrò dentro dopo appena due minuti. La curiosità era Marco che se lo sarebbe preso in culo comunque, lui non poteva usare, come me e Silvia, l’altro ingresso!!! Quando vidi il primo ragazzo che glielo ficcava in culo, mi accorsi che il buon fratello in quel posto era abituato a prenderlo. Non fece una piega, grandi o piccoli lui li ospitava tranquillamente e mi accorsi per di più, che mentre li pigliava, si segava velocemente. Mi infilai anche io una mano fra le cosce e mi sditalinai arrivando a godere mentre l’ultimo dei miei cinque ragazzi mi sborrava dentro. Mi spostai sulla poltrona a fianco per meglio assistere allo spettacolo, Pareva veramente una catena di montaggio, beh in effetti di montaggio si trattava, uno lo toglieva, chi dal culo chi dalla figa e un altro lo ficcava dentro. Marco sborrò anche lui sulla stoffa del divano che ripulì con le dita e poi venne a sdraiarsi sorridente al mio fianco. Mi mise un braccio attorno alle spalle e distrattamente fece in modo di far penzolare la mano sulla mia tetta destra. L’ultimo della fila di Silvia era Tony, il possessore della torre di Pisa vivente. L’uomo glielo strofinò sulla figa fradicia di liquidi e anche di sperma, dei precedenti cazzi che l’avevano posseduta. Parve indeciso quale via prendere, poi, tristemente optò per il magnifico culetto. La prese con la solita indelicatezza per i lungi capelli e li tirò verso di se, quindi con l’altra mano guidò la gigantesca cappella contro lo sfintere di lei, spinse con forza e inspiegabilmente il cazzone scivolò all’interno. Lei teneva la bocca semiaperta con un ghigno di dolore contenuto e invece di lamentarsi, portò entrambe le mani dietro e si allargò le chiappe per favorire così l’ingresso del palo dell’uomo. La porcella era rotta in culo, o cazzo, i miei fratelli erano entrambi rotti in culo, sia il maschio, sia la femmina!!!!! Lui grugniva e la fotteva a fondo e lei ora che lui le era dentro si occupava di farsi un ditalino. Quando lui le riempì il culo svuotandole il suo capiente serbatoio nelle viscere, lei mugolò a lungo e quasi silenziosamente, muovendo le chiappette come una zoccola incallita, venne a lungo con sospiri ed esclamazioni da grande puttana. Lui, lasciò che lei terminasse le sue evoluzioni e quindi le sfilò il tappo dallo sfintere dandole modo di girarsi e di sedersi goduta ed esausta sul divano. Lui le porse ancora il cazzone per farselo pulire e lei eseguì il lavoretto doviziosamente e con estrema perizia.
Mentre le due donne, la biondina e la rossa, in disparte terminavano di leccarsi la figa godendo come delle maiale, i maschi iniziarono a raccogliere qua e là i loro capi d’abbigliamento e si rivestirono. Anche le ragazze furono velocissime a mettersi in ordine e in breve ci salutarono e se ne andarono nello stesso modo con cui erano venuti. Non li vidi mai più, per un certo verso un po’ mi dispiacque, per un altro, invece ne fui felice.
L’unica traccia che quella giornata ha lasciato è rappresentata dai rapporti incestuosi tra me, mia sorella e mio fratello. Ancora oggi, a volte ci incontriamo, quando i nostri genitori non ci sono e”’..

Buon sesso a tutti da parte di ombrachecammina
E-mail : alexlaura2620@libero.it

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