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120 – Maria i suoi cinque stupratori, e suo figlio…

By 22 Gennaio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Così, noleggiammo una piccola barca a remi e dopo una ventina di minuti approdammo in una splendida caletta. Una bella spiaggia di sabbia bianca e finissima, buttammo gli asciugamani in terra e ci sdraiammo felici. Lui sollevò le gambe e si sfilò il costume, poi mi chiese di fare altrettanto, io mi guardai in giro e non vidi nessuno e allora mi decisi a mettermi nuda. Feci appena a tempo a posare il bikini sulla borsa e subito appresso lui mi fu sopra, mi baciò dappertutto, meticolosamente, persino sotto le ascelle depilate e sui piedi, poi mi fece girare e cominciò a leccarmi la parte dietro delle cosce, passò con la lingua fra le mie natiche, me le separò e leccò a lungo il mio buchetto anale, io sentivo dei lunghi brividi di piacere percorrermi tutto il corpo. Si sdraiò sopra di me e poi sentii il suo possente uccello scorrere nel solco delle mie chiappe, un altro movimento e la cappella fu contro il mio buchetto. Poi di brutto mi prese per i fianchi e mi fece mettere a quattro zampe e quindi me lo spinse inesorabilmente nel culo. Si era alzato quasi in piedi ora, le sue gambe divaricate sopra di me e il suo cazzo che mi sprofondava sempre più dentro il mio intestino. Io godevo come una matta, mi piaceva prenderlo in culo, mi dava la sensazione di essere ancora più troia sotto i suoi colpi forsennati.
Urlavo forte lui mi ripeteva continuamente due sole parole: Prendilo troia!!! Io lo prendevo, lui sapeva inculare una donna con la giusta decisione, senza guardare se magari alcuni affondi erano troppo violenti, anzi quando gli dicevo di fare piano lui mi diceva che dovevo stare zitta e che dovevo prenderlo e basta! Era un maschio dominante e dominatore, mi eccitava il modo prima dolce e poi selvaggio con cui mi prendeva. Poi di colpo lo sfilò e senza dire niente me lo ficcò nella figa, mi affondava dentro tutta la sua mazza, mi gridò che mi avrebbe ficcato dentro anche le palle, che ero un a puttana e poi il suo cazzo ancora fuori dalla vagina e al volo dentro al culo, iniziò a penetrarmi in modo altalenante, un paio di penetrazioni in culo e un paio in figa, senza soste ne tentennamenti. Urlai forte quando sentii arrivare l’orgasmo, lui prese a sculacciarmi e a ripetermi ‘vieni baldracca!’ ed io ubbidii e venni come mai mi era successo. Sentii la sua cappella nello sfintere, tutto il suo cazzo dentro e poi in quella posizione si fermò a lungo e percepii le contrazioni del suo pene e il forte calore della sua sborra che mi allagava le viscere. Assieme entrammo in acqua, era caldissima, e così ci rigenerammo fisicamente in quel posto meraviglioso, che pareva essere stato creato apposta per noi. Nuotavamo un po’ al largo quando un forte riflesso mi abbagliò gli occhi, rimasi ferma a guardarmi in giro, ma non vidi niente. Pensai di essermi sbagliata e immersa in quelle calme acque vicino al mio maschio pensai a quanto ero stata fortunata a conoscere il mio amante Vincenzo. Non avevo mai amato mio marito e non mi creava particolari rimorsi il fatto di cornificarlo di continuo. Ancora un bagliore e allora lo dissi a Enzo, lui parve ridere in modo canzonatorio e mi disse che avevo le visioni. Volli tornare alla spiaggia e dopo qualche minuto fummo ancora sulla sabbia bollente interamente nudi. Mi sedetti sull’asciugamani per asciugarmi la pelle e lui fece altrettanto. Seduto al mio fianco lui, al momento non compresi il perché, mi chiese di stare con le ginocchia piegate e le gambe aperte. Gli chiesi perché e lui mi rispose che lo eccitava vedermi in quella posizione. Con una mano passò da sopra la mia coscia e con due dita mi separò, aprendole per bene, le labbra della figa. Non capivo che cazzo stesse facendo, ma lo lasciai fare. Lasciando le gambe nella posizione voluta da lui mi sdraiai e stetti ad occhi chiusi a prendere il sole. Dopo cinque minuti un leggero sciabordio mi risvegliò dal sonno e aprii gli occhi. Un grosso pedalò con quattro giovani ragazzi a bordo era ad un paio di metri dalla riva. Chiusi di botto le gambe e cercai di coprirmi in qualche modo. Scesero i quattro e io li riconobbi, erano gli amici di Enzo, quelli che nove anni prima mi avevano stuprata!! Il mio amante mi fissò con uno sguardo da bastardo qual era e in quel momento compresi tutta la storia. C’era anche il biondo che mi aveva sverginata per primo, c’era anche quello bassotto tarchiato che quando me lo aveva messo dentro avevo provato un sacco di dolore, insomma c’erano tutti, il gruppo di figli di puttana si erano riuniti e l’artefice di tutto ciò era stato sicuramente il ‘mio’ Vincenzo!! Vidi che uno di loro teneva in mano un grosso cannocchiale e solo in quel momento capii i bagliori che mi avevano accecata in precedenza.
Si tolsero il costume tutti e quattro e io non potei fare a meno di guardarli, mi resi conto che il bassotto era in possesso di un candelotto gigante. Forse perché essendo piccolo di statura le gambe erano parecchio corte, ma il cazzo gli arrivava vicinissimo al ginocchio. Enzo mi disse che ci saremmo divertiti e che questa volta non ci sarebbe stata violenza, loro avrebbero fatto qualcosa solo se andava bene a me. In quel momento non seppi rispondere, rimasi titubante, incerta sul da farsi e questo fu per lui e per tutti loro un tacito assenso. Fu proprio il piccoletto a farsi avanti, ma Enzo lo fermò, disse che si doveva rispettare l’ordine di quella volta famosa. Così il biondino si mise su di me e me lo ficcò dentro, ero molto contratta e poco collaborativa, lui mi scopò a lungo, mi sembrava che non venisse mai, poi decisi di smetterla di subire e pensai di godermi tutti quei bei cazzi. Mi rilassai e mi lasciai andare, lui se ne accorse e accelerò le pompate. Venni come una zoccola, dicendogli che era un bastardo stupratore, incitandolo a fottermi, a sbattermi con forza, fin quando lui, senza sapere che io prendevo la pillola, lo tirò fuori e iniziò ad innaffiarmi con abbondanti e densi schizzi di sborra. Porca vacca, ero quasi lì,lì per venire un altra volta e lui aveva finito proprio in quel momento. Non ebbi molto tempo per pensare che questa volta il nanerottolo con il super cazzo mi fece girare a pecorina e me lo infilò in figa. Santa Maria, che goduria!!! Avevo l’impressione che mi penetrasse dentro l’utero, mi toccava con la cappella in fondo al mio canale vaginale, in un punto dove le sensazioni erano veramente stellari. Questa volta l’orgasmo arrivò e mi sconvolse la mente, senza ragionare muovevo il culo, setacciavo di qua e di là le chiappe mentre lui mi sborrava senza problemi dentro la figa. Vidi il terzo uomo mettersi davanti a me inginocchiato sulla sabbia, la sua mano destra mi acciuffò per i capelli e mi attirò verso la sua piccola spada, me lo fece spompinare mentre l’ultimo di loro mi ficcava il cazzo nel culo. Mi ricordai che in pratica uno di loro quando me lo aveva ficcato dentro durante lo stupro di gruppo, io non lo avevo nemmeno sentito. Era quello che ora tenevo in bocca, ce l’aveva veramente piccolo e corto e io facevo fatica a fargli un pompino, ma lui risolse il tutto molto brevemente schizzandomi il suo sperma parecchio liquido direttamente in bocca. Io deglutii e rimasi in attesa di qualche altro cazzo pronto per la mia bocca avida che puntualmente si presentò, era il quinto del gruppo il mio Enzo. Glielo spompinai felice mentre lui me lo affondava scopandomi in bocca. Un grugnito soffocato mi avvisò che il mio inculatore stava per sborrare e difatti lo tirò fuori e mi schizzò tutta la schiena e le chiappe. Anche Vincenzo arrivò alla fine riempiendomi nuovamente la gola di liquido spesso e caldo. Sorrisi a tutti loro e loro mi accarezzarono chi il viso chi i capelli, quindi risalirono sul pedalò e se ne andarono. Wow, che goduria, era stato bello, ancora una volta il mio macho mi aveva fatta godere alla grande. Tornammo a casa verso le venti, era ancora giorno e il caldo era abbastanza opprimente. Ad un centinaio di metri da casa mia, lo salutai con un bacio, scesi dalla macchina e a piedi feci ritorno presso la mia abitazione.
Il giorno dopo andai al mercato e sentii una donna che parlava con un’altra, mi parve di capire che era morto qualcuno e aguzzai le orecchie. Era un uomo, si chiamava Vincenzo ed era morto la sera prima verso le ventuno. Era successo mentre percorreva la litoranea marina per far ritorno a casa, in una curva aveva perso il controllo della vettura e dopo aver sfondato il guard-rail, era precipitato sulle rocce che scendevano a picco sul mare. Sconvolta, tornai a casa senza più nemmeno fare la spesa, mi chiusi in camera, mi buttai sul letto e piansi tutte le lacrime che avevo. Trascorsero da allora, altri nove anni, durante i quali mi calai nuovamente nella veste della santa donna tutta casa e chiesa. Mio figlio, a mano a mano che cresceva, assomigliava sempre di più a suo padre e sempre di meno a mio marito. Mi pareva di avere ancora Vincenzo lì vicino a me quotidianamente. Luca era un bel ragazzino, un po’ riservato, molto timido e introverso. Un giorno, mi presentò una ragazzina, forse sua coetanea e con la scusa dello studio se la portò in camera sua. Era un pomeriggio di Aprile, le temperature cominciavano a salire, specie nelle ore pomeridiane e io mi misi fuori casa seduta a prendere il sole in costume. Allora avevo trentasette anni e fisicamente mi ero mantenuta bene, ero come una di quelle macchine ancora in buono stato solo per il fatto di essere stata usata poco. E in effetti il mio maritino non eccelleva certo in passione e in desiderio di fare sesso sfrenato ed io sembravo ancora una donna più che piacente. Nel silenzio chiusi gli occhi e mi rilassai, poi una risata cristallina, una voce femminile mi entrò nelle orecchie. Incuriosita mi alzai e mi avvicinai alla finestra che dava nella camera di Luca, le tendine erano scostate e la scena che vidi mi turbò moltissimo. Beh, erano bellissimi entrambi, lei seminuda seduta sul bordo del letto, con le gambe aperte e lui inginocchiato sullo scendiletto che gliela leccava. Ogni tanto sputava qualche pelo e poi ricominciava, dai loro gesti inesperti e impacciati si capiva che forse per loro era la prima volta. Mio figlio, a torso nudo, indossava ancora i jeans e lei aveva la camicetta sbottonata sul davanti con le tettine nude, la gonna sollevata a vita, senza le mutandine che giacevano buttate un po’ più in là sul pavimento. Rimasi a guardare eccitata, lui forse per evitare di consumargliela smise di leccarla, e si alzò in piedi, lei scese dal letto, poi li vidi parlottare e quindi lui si avvicinò alla porta della camera e la chiuse a chiave. Fortunatamente non si preoccupò della finestra che dava sul cortile e si avvicinò nuovamente a lei che intanto si era sfilata la camicetta e stava tirando giù la zip laterale della gonna. Era un bocciolo, una bellezza che faceva mancare il fiato pure a me che lesbica non ero. Le piccole mammelle sodissime e saldamente incollate al suo corpo, le aureole rosee e i capezzoli dritti e duri come delle fragole di bosco. La pelle bianchissima, i fianchi ancora acerbi ma abbastanza pieni, il monte di venere coperto da un fittissimo bosco nero che si incuneava fra le sue gambe. Mi soffermai a guardarla in viso, era veramente una bambolina di bisquit, faceva tenerezza e suggeriva anche libidine e desiderio. Vidi il culetto nudo di mio figlio che intanto si era liberato di tutti gli indumenti. Percepii la sua impazienza, lei si sdraiò sul letto e lui teneramente le accarezzò tutto il corpo, lo faceva sfiorandola appena, quasi temesse di rovinarla, di guastare la sua fantastica perfezione. Lui, finalmente si inginocchiò fra le sue gambe, li vedevo di profilo e vidi sempre di profilo svettare il grosso cazzo di mio figlio. Fui soddisfatta di ciò che vedevo, avevo lavorato bene in tutto ma in special modo avevo lavorato ancora meglio fornendolo di tanto cazzo!! Non assomigliava affatto al pene di suo padre Vincenzo, Luca ce l’aveva parecchio più lungo e grosso, non era dritto ma incurvato verso l’alto, completamente scappucciato, la grossa cappella gonfia e lucida e il fusto percorso da fiumiciattoli bluastri che parevano scoppiare da un momento all’altro. Lui lo avvicinò alla apertura di lei e la ragazzina lo prese con due dita e lo guidò vicino al suo piccolo orifizio. Vidi il viso di lei contrarsi in una smorfia di dolore, lui le accarezzò i lunghi capelli scuri, lei gli sorrise amaramente, ma l’accarezzò a sua volta, poi un urlo mi fece capire che la sottile membrana dell’imene si era squarciata. Sul viso della ragazza alcune lacrime scesero perdendosi sulle sue guance, poi lui contrasse i glutei e spinse un po’ più dentro il suo dardo infuocato. Quello di Luca non era proprio uno di quei cazzi che una ragazzina si augura di prendere quando deve perdere la verginità, ma lui, conscio della sua grossa dotazione, la penetrò con estrema dolcezza, ma anche senza tentennamenti,spingendoglielo dentro deciso ed entrando in lei fino alla radice.
Li seguii elettrizzata, incuriosita, desiderosa di capire cosa si prova a perdere l’illibatezza con un vero atto d’amore, cosa a me forzatamente negata dalla violenza gratuita di cinque violentatori. Non volli considerare il dopo, che si rivelò poi essere una magnifica storia d’amore, ma la mia prima volta non fu certo un atto d’amore!!
Lui la possedette a lungo e fece in modo di farla venire, dimostrando, nonostante l’inesperienza, una resistenza non comune a tutti i maschi. Poi, data la mia grande esperienza, compresi dal modo in cui Luca la stava penetrando, che stava per sborrare, pregai che lo togliesse in tempo e lui raccolse il mio invito telepatico ed esaudì il mio desiderio tirandolo fuori e schizzando in modo pazzesco. I suoi schizzi raggiungensero come frustate il viso della ragazza e poi poco per volta i getti diminuirono di potenza e furono il ventre e il pube ad essere irrorati di sperma. Il mio baldo giovanotto si pulì infine la cappella sul tappeto di peli scuri di lei e la baciò a lungo accarezzandola. I due ragazzini avevano scopato per la loro prima volta. Ne ero felice e lo ero anche perché avevo visto il mio ragazzo in azione, mi era piaciuto come si era comportato e ne ero orgogliosa. Mi ritirai in casa e andai in camera mia, sapevo già, senza nemmeno controllare che la mia figa era fradicia, così mi sditalinai furiosamente e in men che non si dica venni ansimando come una ninfomane in calore”’
Poi un paio di mesi dopo successe una cosa che mi cambiò la vita. Mio marito era all’estero per lavoro e noi due, Luca ed io, eravamo soli a casa, così, mentre lui era immerso nella vasca da bagno”’

Buon sesso a tutti da parte di ombrachecammina
Email: alexlaura2620@libero.it

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