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Racconti Erotici Etero

202 . Enrica la moglie dell’avvocato

By 11 Febbraio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Se mio marito sapesse che ogni settimana, senza che lui nemmeno mi sfiori io faccio l’amore almeno due volte. Se sapesse che ci sono mattine che rimango nel letto e trepida guardo il soffitto per godermi l’attesa. Io lo immagino il maritino mio, entrare in casa, in orario non consueto e sorprendermi e guardarmi con gli occhi stupiti e a sua volta sorpresi. Lo penso e desidero fortemente che mi veda e che con la rabbia dentro mi guardi, mentre io, la sua donna, sono nuda e posseduta e trasformata in puttana, in zoccola, che senza nulla percepire s’è regalata ad un altro.
Tra poco, pur con il sole nel cielo, mi alzo e mi vesto da sera e curo il dettaglio, sfumando i miei occhi, lo faccio in attesa dell’altro che busserà sommessamente alla porta, desidero che mi trovi già pronta e piena di spacchi, di bianca pelle che si affaccia da sotto il vestito e desiderosa di carezze voluttuose. Spicchi e lembi di cute morbida e lattea, simili a tagli e ferite, che immagino nere e profonde come i buchi ancor più neri che mi invadono il cuore.
Se sapesse davvero che dura da mesi e che ora non riesco più a farne a meno. Se sapesse che chi prende, chi possiede, chi penetra e chi sazia sua moglie è un signore in divisa, colui che ogni mattino lo saluta. Costui nelle grandi occasioni, come a Pasqua e a Natale chiude nel suo pugno un paio di banconote che mio marito le ficca in mano per ringraziarlo di togliersi davanti a lui ogni giorno il cappello, e che, servile gli dice ‘Buongiorno Avvocato.’
A volte sorrido tra me e me, seria, mi chiedo quale sarebbe il giusto compenso, quanto sarebbe il dovuto a chi spegne gli ardori e sfiamma le voglie d’un’anima calda come la mia, che, se fosse altrimenti, la sera, dette voglie, rimarrebbero appese come le mutande sporche di mio marito alla spalliera del letto, puzzolenti e persino noiose ed intellettualmente invadenti.
Mi viene un brivido lungo la schiena se penso che un giorno potrebbe scoprire la tresca. Oh, potesse piombare nel momento più bello, mentre l’altro mi sciupa l’anima e non solo. Mai mi perdonerebbe d’averlo tradito con un uomo che è solo un portiere in divisa e, per ceto e cultura, non è alla mia altezza, che per statura mi sfiora appena la bocca ed in piedi gli bagno i capelli di voglia, mentre la sua lingua mi raspa la delicata pelle del seno e si posa avida e sbavante sui miei capezzoli acuendo i miei bassi istinti che sempre, in attesa del suo bussare all’uscio, lievitano mentre come un’esaltata l’attendo.
Mio marito non immagina cosa fibrilla in me quando al mattino si chiude la porta alle spalle. Non sa cosa c’è dentro quei minuti che intercorrono tra la sua partenza e l’arrivo dei mio ruspante portiere. Da quel giorno in cui, per una chiave spezzata dentro ad una serratura, l’ho chiamato e lui, umile e servile, ha bussato e poi la mia scollatura un po’ troppo aperta, la veste da camera poco allacciata a vita, la mia voglia a lungo repressa hanno fatto il resto. La sua mano che sfiora la mia mentre gli mostro la chiave della porta del bagno. Già proprio in quel bagno a contatto di pelle, ed un attimo dopo m’ha cominciata a toccare, il gomito, il braccio, il collo, la schiena, per poi accarezzarmi questo spacco di seno, che dalla vestaglia s’intravedeva convinto, facendo di tutto per essere visto, spavaldo e sfrontato con quella pelle più bianca, invitante e burroso. Poi, il desiderio d’amore compresso negli anni, che sapevo prima o poi sarebbe esploso incontrollato. Non sapevo solo davanti a chi e nemmeno conoscevo quali mani sarebbero state a vellicare le mie generose mammelle.
Di fronte allo specchio mi sono finta sorpresa, tra le sue mani ho cercato un contegno, mentre il mio seno già riempiva una bocca e falsamente mi scoprivo a dire…

‘Cosa fa, ma è matto?’

E poi ancora le mie mani appoggiate al suo petto, nel tentativo non voluto di respingerlo. Mi divincolai senza arretrare d’un passo. Mai mi sfiorò lontanamente l’idea di fuggire gridando, mai lo contraddissi quando la sua voce maschia e ignorante mi urlava la voglia. Era deciso e sicuro e io non aspettavo che questo, impazzii io e impazzì pure lui, una furia selvaggia mi invase l’anima ed il corpo, dentro, sempre più nell’intimo.
Cosa direbbe mio marito se davvero sapesse per filo e per segno cosa offro all’umile portiere.
Cosa penserebbe di me se fosse a conoscenza dei segreti che nascondo sotto la gonna. Amerei vederlo in viso, carpire la sua smorfia di disgusto nello scoprire le mutandine minuscole ed impalpabili che indosso quando il mio rude portiere mi apre le gambe e me le strappa ficcandomi dentro il suo grosso e turgido membro. Chissà cosa direbbe se sapesse fino a che punto un portiere qualunque mi cerca, mi brama ed ormai mi pretende e che io, sempre più spesso, gli concedo, sfrontata, di trattarmi alla stregua di una donna da strada. Una donna a pagamento, una puttana, una femmina usa e getta, una grondaia che perde, un tombino che accoglie foglie e cartacce portate dall’acqua piovana.
Cosa direbbe se venisse a sapere che sono gelosa di quella povera moglie, quella donna ricurva che lava le scale, che vale come femmina meno di nulla, meno di un’unghia che smalto che limo e ritocco. Meno d’un paio di collant velati o di quei perizoma ridotti, che il mio avvocato paga profumatamente con la carta di credito che mi ha dato in utilizzo permanente. Alle volte, davvero credo d’essere pazza quando lo aspetto sul divano in penombra, e coperta di seta mi umilio pensando che sta con sua moglie e sta facendo l’amore, che è più bella di me almeno ai suoi occhi. A cosa vale davvero aspettarlo a quest’ora? A cosa serve questo profumo fruttato, quest’accavallare di gambe che mi fanno perfetta, più preda e bottino quando suona alla porta, e cosa ci provo a farmi dire porcate, a sentirlo padrone sopra i miei vestiti che sgualcisce e che macchia senza curarsi del prezzo.
Causa ed effetto d’ogni mio vizio, d’ogni trasgressione che mi cresce da dentro, che mi fa chiedere scusa per ogni nonnulla, per ogni battito d’occhi che non aveva previsto. Non m’ha mai chiamata per nome, perché sarebbe troppa la confidenza, mi chiama signora e mi prende e mi volta, mi chiama signora e ovunque mi bacia, ovunque sfrontato dove ha deciso, sempre diverso per sentirsi padrone, come un gatto che impregna qualsiasi posto, per avere il dominio su tutto il mio corpo.
Ma mio marito non sente l’odore d’amore! Rientra in casa la sera e mi bacia la fronte, mi dice tesoro senza guardarmi negli occhi, come se nulla davvero fosse successo ed avessi passato le ore dentro un mercato o a chiacchierare di nulla con la mia amica di fronte. Che ne sa lui cosa fanno di giorno queste mie labbra? Come mi concio per essere bella, per essere tutto tranne questa signora, che chiunque rispetta tranne il portiere, che mi scandaglia i meandri d’un’anima informe, i segreti, i pertugi di una vita di coppia, le crepe più intime del nostro vivere insieme, che spalanco ed allargo e gli chiedo di entrare, di fare più in fretta e sbaragliare ogni cosa, distruggendo con forza quello che trova.
Mi chiede e confesso ogni dettaglio, di come mi vesto quando faccio l’amore, e quando lo faccio e dove mi prende, nel bagno, nel letto e qualche volta in cucina, ed una volta in terrazza d’estate al fresco, con un vento leggero e la vista su Roma. Non riesco a fermarmi e gli dico ogni cosa, se distesi o in piedi o seduti in poltrona, se spegne la luce e quanto dura l’amplesso, e ogni parola che mio marito pronuncia, se mi chiama puttana ed affonda all’istante o rimane a guardarmi chiamandomi amore. Non riesco a fermarmi perché lo vedo che ha voglia, che si sazia dell’intimo, del privato nascosto, e ad ogni segreto sono voglie e carezze, baci di lividi dietro le tende, strusciate improvvise nella guardiola, quando rientro dopo la spesa.
Allora lo invito a salire le scale, che faccia più in fretta e non mi lasci in attesa, a far sì che anche oggi sia un giorno che conto, una sera che sorrido a mio marito che torna, che mi sento leggera come una piuma in un soffio, perché se solo mi chiedesse il motivo, forse domani sarebbe un giorno di dubbi o quanto meno di banali accortezze che ora nemmeno mi vengono in mente, quando penso che tra un niente il suo odore mi invade, la sua voglia mi arriva proprio nel fondo dove un’anima impura ne sente il bisogno.
Se mio marito lo venisse a sapere, oppure non fosse come sempre distratto e mi guardasse almeno negli occhi, davvero vorrei confessargli ogni cosa, dirgli che su quel divano dove ora si siede, stamane, d’incanto m’ha presa per bene, chiamandomi amore chiamandomi altro, e ci credevo davvero e ci credo ogni giorno quando un esercito bussa alla porta, e un generale d’armata o un soldato di truppa fa razzia e bottino di questo mio ardore.
Davvero vorrei dirgli chi è veramente sua moglie, una signora impeccabile, una signora di classe, una donna borghese rispettata da tutti, che raffredda i suoi ardori sul pavimento di marmo, per il gusto di sentire l’abbandono e il contrasto, del fuoco che dietro fa mulinello, fa pressione ed entra senza avvertire l’attrito, e preme e mi pigia senza più resistenze, perché quelle mentali sono crollate da tempo.
Ora esplodo e gli giuro, davvero gli dico che i vestiti che porto non hanno più orli, slabbrati nei bordi da occhi e da mani, consumati nei punti dove mi sento più donna, da misure stracolme di forza e di voglia. Giuro che ora sbotto, ma poi mi ritraggo e respiro, pensando che se mi chiedesse il motivo, se per una volta mi scavasse deciso, allora sì che farei scena muta! Perché se vado più in fondo non trovo ragione, non trovo uno spicciolo di causa vera, perché mio marito mi ama e m’appaga, e dentro nell’anima non trovo giustizia, perché solo in superficie ne trovo il riscontro, di quello che faccio che sento più forte, tra i miei seni più duri che ne chiedono ancora, tra le mie labbra più rosse che si gonfiano al tatto, tra i miei fianchi e le gambe domani di nuovo, che indosseranno impalpabili mutande di raso.
Non l’ho fatto, non posso, non riesco, non so rinunciare al torace ispido e peloso di quell’umile lavoratore del mio sesso. Amo farmi sbattere, sono stufa d’essere ‘la moglie dell’avvocato’, non voglio più guardare gli altri dall’alto in basso, voglio sentirmi troia, voglio essere sua, si sua del portiere e forse sua di qualunque altro. Uno che non mi chiami ‘signora’ uno che cerchi in me calore e umidità profonde e accoglienti. Un maschio che desideri la mia bocca, non solo per baciarlo castamente sulle guance, ma che voglia sentire le mie labbra avvolgere il suo rigido pene. Voglio che mi obblighi a berlo, a leccarlo in ogni dove, che me lo imponga, che mentre mi prende da dietro e di dietro, mi dica che sono una puttana, che sono troia e vacca, desidero che mi sculacci e che mi bagni il vestito da tremila euro con il suo denso seme, voglio che lo usi quel vestito per pulirsi il cazzo e voglio che, dopo avermi fatta godere, lo sfili e se ne vada senza nemmeno salutarmi. Come fa il portiere, uguale, identico, allo stesso modo. Amare ed essere fedele, Ma chi ha detto questa stupidaggine? Anzi, chi ha detto questa grande stronzata???
Amo mio marito, gli devo l’agiatezza, la vita comoda, anche il sesso fatto bene, con calma nella massima tranquillità e igiene. Ma io, dopo anni di vita coniugale ora voglio permettermi l’alternativa, voglio aspettare maliziosamente un uomo, voglio fremere per lui e poi farmi prendere, far si che poggi le sue labbra e le sue mani dove vuole, che lecchi, che mi metta le dita in tutti i miei anfratti, voglio ‘. Voglio ‘. Voglio ”.

Enrica, la moglie dell’avvocato.

By ombrachecammina
e-mail: alexlaura2620@libero.it

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