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209 . Alba e suo fratello Marco al mare

By 27 Febbraio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

209 ‘ Alba e suo fratello Marco al mare

I nostri genitori avevano acconsentito che mio fratello e io ci recassimo in Costa Azzurra a Sainte-Maxime nella loro villa posta su un dirupo a picco sul mare.

Mio fratello aveva diciannove anni e io ne avevo diciotto, ci volevamo bene, lui, specie durante la mia adolescenza, mi aveva sempre protetta dalle insidie della vita e dai pericoli che essa comporta. Eravamo caratterialmente diversi, io molto timida ed introversa, sognatrice, romantica e riservata, lui, al contrario, era un tipo estroverso, fantasioso, sempre pieno di energie e di idee su come meglio godersi la vita. La nostra vita in verità non ci aveva riservato ne privazioni ne sacrifici. Mio padre era un industriale, uno che da sempre era stato educato severamente, ma che aveva avuto dai suoi genitori, tutto l’amore possibile e anche tutti i comfort dati dalla esagerata ricchezza. Morto mio nonno, il babbo aveva preso in mano le redini dell’azienda e l’aveva fatta crescere ulteriormente rimpinguando ancor di più il suo conto corrente in banca. Frequentando il jet- set aveva conosciuto quella che poi sarebbe diventata sua moglie e quindi nostra madre. Lei era una modella, un tipino raffinato, naturalmente elegante e forbita nel parlare. Per mio padre era la persona giusta, la sua compagna ideale, colei che lo poteva affiancare nelle cene importanti ed ai ricevimenti che contano senza farlo sfigurare. Così il dottor Luciano L. e la signorina Manuela F. convolarono a giuste nozze e lei sfornò, uno dopo l’altro due figli. Un maschio al quale diedero il nome di Marco e la sottoscritta che chiamarono Alba.

La villa era abbarbicata su uno spuntone di roccia ed un sentiero scavato a scalini nella pietra, portava al mare e direttamente nella nostra spiaggetta privata. A metà strada, tra la spiaggia e la casa, vi era una bella ed ampia piscina; essa, al momento del nostro arrivo, era completamente coperta da un grande telo, tenuto teso da grosse funi fissate a dei robusti ganci d’acciaio. Marco si stava dando da fare a togliere il telo per riempire d’acqua la piscina e io me ne stavo invece pochi metri più in là seduta su di un lettino mentre tentavo di proteggere dai raggi del sole la mia pelle bianchissima e delicata. Mi tolsi il reggiseno, tanto, a parte mio fratello, nessuno mi avrebbe potuta vedere, e vi spalmai sopra una quantità industriale di crema. Amavo massaggiare il mio corpo e in special modo il mio seno piccolino ed ancora acerbo. Una stilla di sudore mi colava dalla tempia e mi rigava il viso, era caldo quel giorno d’estate. Mi sdraiai sul lettino a pancia in giù, per dare un po’ di colore alla mia schiena, alle gambe e al mio piccolo e sporgente sederino. Vidi Marco che faticava e che dopo aver eliminato alcune foglie dal fondo della piscina, si apprestava a riempirla ‘

‘Quanto tempo occorre prima che sia piena?’

‘Più di mezzora, circa quarantacinque minuti ”

‘Perfetto, così posso rinfrescarmi appena il sole comincia a bruciarmi la pelle ”

‘Ho fatto in modo di miscelare l’acqua fredda con quella calda, così ci possiamo fare il bagno prima ”

‘Ok, ok ”

Il mare di un colore blu scuro, baluginava e pareva tremolare sotto i raggi del sole, un cono d’ombra si proiettò su di me segnalandomi il passaggio di una piccola e candida nuvola. Subito il sole prese il sopravvento ed ancora ostinatamente volle incattivirsi sulla mia cute che già sentivo accaldarsi.

‘A che punto è l’acqua?’

‘Calma sorellina, ci vanno ancora una quindicina di minuti ”

‘Non si può fare prima?’

‘No, non si può, spostati più in là, sotto quello spuntone, lì c’è ombra ”

Io, come sempre viziata e capricciosa ‘

‘Siamo venuti qui per prendere il sole e per farci il bagno, se mi metto all’ombra non riesco di certo ad abbronzarmi!!!’

Lui, come sempre paziente ‘

‘Bimba, un attimo, ci vuole tempo per fare le cose ”

‘Uffi ‘ va benee ‘ speriamo che si riempia prima che faccia notte !!!’

Non mi rispose, e dopo una decina di minuti si sporse oltre il bordo per tastare la temperatura dell’acqua. Io, dalla mia posizione, vedevo che la vasca ancora non era del tutto piena. Poi vidi Marco sporgersi ulteriormente, perdere l’equilibrio e cadere dentro. Mi alzai di scatto e mi apprestai al bordo della piscina. Lo vidi annaspare ed impaurita mi tuffai.
Lo raggiunsi e lo abbracciai da dietro, lui allora rinsavì di colpo e si voltò verso di me, si mise a ridere e ‘.

‘Spaventata eh???’

‘Sei proprio uno scemo!!!’

Mi abbracciò e mi strinse a se, affettuosamente, come un fratello con una sorella. Poi si staccò leggermente, i suoi occhi neri erano fissi dentro alle mie pupille azzurre. Un fremito strano percorse il mio corpo, inspiegabilmente non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. Poi lui, visibilmente imbarazzato, sciolse l’abbraccio e cominciò a nuotare allontanandosi da me.
Un turbamento mai vissuto prima, una sensazione strana, un’attrazione incomprensibile, forse reciproca, una sorta di coinvolgimento mentale, mai avevo sentito il mio corpo aderire quasi a compenetrarsi e fondersi con quello di un altro.
Lo vidi risalire la scaletta e notai il suo costumino rosso che mi parve più colmo del solito. Era stata eccitazione reciproca? Entrambi avevamo vissuto realmente quella sensuale magia? Una situazione surreale, colorata da tinte torbide ed al tempo stesso vivaci e peccaminose.
Si sedette sul suo lettino, io risalii a mia volta la scaletta e mi accomodai di fronte a lui. Ancora i suoi occhi profondi nei miei, ancora tra di noi, quella stessa identica situazione di fusione, di intreccio proibito, di carnale desiderio reciproco. Notai per la prima volta nella mia vita la sua bocca; le labbra morbide e spesse appena aperte, sembravano chiedere un bacio, aspettavano con impazienza le mie, mi chiamavano imperiosamente. Turbata profondamente distolsi lo sguardo, presi un libro dalla mia trousse, mi sdraiai e mi misi a leggere ‘

‘Alba, il libro è girato al contrario ”

‘Oh, si, ero distratta ”

‘Già ”

Sudavo, le gote arrossate, rese quasi paonazze dal sole e soprattutto da quella strana complicità tra me e Marco ‘

‘Hai ragione, meglio se mi metto un poco all’ombra ”

‘Sei rossa come un gambero ”

‘Anche tu sei ben colorito. Maa ‘ ti sei messo la crema?’

‘No, credevo di non averne bisogno ma mi sento la pelle bollire, forse sarebbe meglio se tu me ne spalmassi un po”

Per evitare altri strani contatti gli dissi:

‘Non riesci a spalmartela da solo?’

‘Davanti si ma dietro, sulla schiena, me la devi applicare tu, è proprio lì che sento la pelle bruciare particolarmente ”

Marco si alzò e si venne a sedere sul mio lettino, mi voltò le spalle e le incurvò lievemente in avanti. Le sue spalle larghe, i muscoli guizzanti che esprimevano forza e mascolinità mi fecero pensare ad uno stallone, un cavallo tutto nero che mio padre teneva assieme ad altri nel maneggio a fianco della nostra villa. Appoggiai i polpastrelli delle mani sulla sua cute ed iniziai a massaggiare spalmandogli la crema; non capivo quei brividi repentini, quasi febbrili che percorrevano come una lieve scossa elettrica il mio corpo. Perché queste emozionanti sensazioni proprio con lui, con mio fratello, con colui che era sangue del mio sangue?
I capezzoli erano dritti, duri, eccitati, lo desideravo follemente! Per quale insano motivo provavo quelle lubriche sensazioni? Distribuii ancora un po’ di protezione infilando le dita appena sotto l’elastico del costume, sfiorando con i polpastrelli le sue natiche tonde e muscolose e quindi lo congedai dicendogli ‘

‘Finito!!’

Marco allora si sollevò dal mio lettino ed in piedi si spalmò la crema sulla parte anteriore del corpo, quindi si buttò sulla sdraio a pancia in giù. Chissà se era eccitato pure lui?

Ripresi a leggere mentre alcune nuvole più scure coprivano il sole. Udii in lontananza il brontolio dei tuoni e compresi che ci sarebbe stato un temporale. Mi alzai e mi tuffai nuovamente in piscina, nuotai facendo ‘il morto’ e tentai di distrarmi ammirando il panorama circostante. Di fronte a me un promontorio piuttosto pronunciato si insinuava dentro al mare, creando una affascinante caletta. Quella che poco prima era una piatta tavola blu scuro era diventata increspata da riccioli biancastri che velocemente correvano a suicidarsi contro la battigia. Il sole quasi del tutto nascosto tra le nuvole scure faceva ogni tanto capolino e poi subito spariva. Alcune gocce di pioggia caddero su di me, poi in breve si infittirono e coprirono il piccolo specchio d’acqua della piscina, con migliaia di minuscoli crateri. Fantastico rimanere lì a mollo nell’acqua tiepida mentre dal cielo altra acqua, più fredda, mi massaggiava la pelle meglio di quanto facesse l’idromassaggio.

‘Alba, è meglio che ci ritiriamo, fra un po’ viene giù l’universo ‘ ‘

‘Hai ragione, arrivo ”

Uscii a malincuore dalla piscina e rabbrividendo mi asciugai, quindi mi tolsi il costume e mi cinsi a vita con un grosso telo di morbida spugna. Anche Marco fece altrettanto, purtroppo non vidi quella parte che mi interessava particolarmente, ma riuscii ad ammirare il suo bel sedere pieno e muscoloso. Ancora nella mente un tarlo che insistente mi suggeriva: Ma perché?
Risalimmo la gradinata ed arrivammo in casa. Nella mansarda a volte alte, le nostre camere, divise da un corridoio che le separava, una di fronte all’altra. Entrai nella mia lui fece altrettanto nella sua. Non ci salutammo, notai i suoi occhi bassi e quella stessa sensazione di strano disturbo che percepivo anch’io.
Mi asciugai e nuda come un bambino appena nato, uscii per andare a farmi una doccia. In fondo al corridoio il bagno, vi entrai, aprii il box di cristallo temperato trasparente e mi infilai sotto la doccia. Marco entrò dopo pochi secondi, mi vide, ma stranamente non tornò indietro. Nudi, nudi non ci vedevamo più da quando eravamo bambini, si io gli avevo mostrato spesso il seno, specie quando sul terrazzo di casa nostra prendevo il sole. Ma integralmente nuda non mi ero mai fatta vedere. A dire la verità nemmeno lui si era mostrato a me completamente senza vestiti. Invece, in quella occasione, lo vidi attraverso il vetro trasparente, sfilarsi gli slip del costume e rimanere nudo come un Dio greco. Mi mancò il fiato, ma quanto era bello il mio fratellone!!! Ma perché questa torbida passione? Mi voltai per non mostrargli il pube; forse peggiorai la situazione mostrandogli il sedere? Quando mi girai, ciò che poco prima era inerte e abbandonato a se stesso ora si ergeva maestoso e prepotente, parallelo al pavimento, puntando il suo occhio verticale su un punto indefinito del mio corpo. Mi cadde la spugna sul piatto doccia e rimasi con le braccia abbandonate lungo i fianchi, immota, ammaliata ed ipnotizzata da quella porzione di lui che sembrava guardarmi con lussuria ed estrema bramosia. Mi girai ancora, ero in preda ad una agitazione che mi faceva tremare le gambe. Uscii dalla doccia e con voce tremante cercando di fare la spavalda gli dissi ‘

‘Monsieur ‘ a vous ‘.’

Mi rispose con voce leggermente incerta ed un po’ alterata dall’eccitazione ‘

‘Merci mademoiselle ”

Con i capelli ancora bagnati, indossai l’accappatoio e uscii dal bagno per fiondarmi direttamente in camera mia. Mi addossai all’uscio e tentai di recuperare una respirazione un po’ meno affannosa. Chiusi a chiave la porta e buttai via l’accappatoio che cadde volando su una sedia. Mi sdraiai sul letto, e subito constatai con le dita che la mia tenera e vergine fighetta era colma di umori. Già, eccitata, spudoratamente e ignominiosamente eccitata. Cavoli, bagnata fra le gambe per aver visto nudo mio fratello!!! Sfiorai il centro del mio piacere con le mie sapienti dita, use da tempo immemore all’onanismo più sfrenato, le feci scivolare appena-appena all’interno, per cogliere la viscida linfa lubrificante che invadeva abbondantemente la mia più intima intimità; titillai il clitoride che mi rispose indurendosi e facendo capolino da sotto il suo piccolo prepuzio. Lo sfiorai ancora, lievemente, senza premere troppo, con delicatezza, quindi con le due dita centrali sfarfallai ancora e il mio corpo prese a muoversi, il bacino a sollevarsi in modo scoordinato, sempre più rapidamente le mie dita lavoravano sul grilletto ed infine un lungo oooooohhhhhh ed il respiro affannoso e ancora aria risucchiata voracemente con un sibilo attutito. L’orgasmo era arrivato, ora tutto sarebbe ritornato ad essere normale. Si, in effetti il motivo di questa mia strana attrazione verso mio fratello poteva essere il lungo digiuno, il molto tempo trascorso dall’ultima masturbazione o fors’anche il desiderio di un ragazzo che per questione di studi e di tempo non ero mai riuscita ad attrarre verso di me, vicino a me, dentro di me. Si, ne ero certa, tutto sarebbe rientrato, normalizzato, riportato dentro alle giuste regole del sano vivere famigliare. Amore, sicuramente amore filiale, ma non più attrazione sessuale, voglia di possesso , desiderio di vedere e toccare, di baciare e suggere, no sarebbe tutto finito come era nato.

Cenammo al ristorante quella sera e precisamente a ‘La Badiane’ . Cucina francese, moderna, piatti di pesce, elaborati e ben presentati, servizio impeccabile e locale con il soffitto ricoperto da teli bianchi a formare come delle vele orizzontali. Vino bianco Chardonnay De la Roche, ottimo. L’unica pecca le razioni veramente esigue. Il prezzo medio alto ma adeguato alla tipologia di locale. Pagammo naturalmente con la Visa di papà e con la pancia discretamente piena uscimmo dal locale.
Tornando a casa, non proprio perfettamente sobri, passammo dal lungo mare, Marco mi abbracciò tenendomi una mano sulla spalla ed io lo tenni vicino a me con un braccio attorno alla vita. Sembravamo due fidanzatini spensierati ed allegri, io alzavo spesso lo sguardo per guardare i suoi occhi e sempre li trovavo fissi ipnoticamente dentro ai miei. Ridevamo felici, ed infatti felice lo ero veramente, mai avevo avuto modo di vivere una vacanza da sola con mio fratello. Mi sentivo libera, e lo stesso sentimento di libertà assoluta lo provava anche lui. Ci fermammo appoggiando i gomiti sulla balconata e guardammo il mare. Lontane, alcune lampare, come piccole stelle, si agitavano cullate dalle onde, sentii il forte braccio di Marco stringermi un po’ di più; appoggiai il capo sulla sua spalla e rimasi a rimirare lo spettacolo. L’aria che respiravamo era intrisa dal sapore del mare, un leggero venticello tiepido sfiorava il mio viso e spettinava i miei capelli biondi. Ci sedemmo su una panchina, attorno a noi gente che passava, alcune coppie, poche famiglie e diversi bambini vocianti. Una ambulanza si avvicinava e il suo grido di aiuto risuonava sempre più forte, sempre più appresso. Due anziane signore, ingioiellate ed estremamente abbronzate, si sedettero vicino a noi, ci spostammo per far posto e mi ritrovai con una natica fuori dalla panchina ‘

‘Siediti sulle mie ginocchia, starai sicuramente più comoda ”

Il mio cervello elaborava e mentiva a se stesso ‘ Tanto è tutto passato ‘

‘Ok, meglio, poi tu sei più morbido ”

Le cose non stavano proprio così, la sua morbidezza in brevissimo tempo si trasformò in rigidità ed erezione. Sentivo la sua dura protuberanza contro il mio sedere ‘

‘Marco, eehhmmm ‘ forse è meglio chee ‘ mi alzo ”

‘Camminiamo, hai ragione, non so cosa mi stia succedendo, oggi mi sento strano, non capisco ”

‘Nemmeno io capisco molto Marco ‘ Non lo dico solo per te, ma pure per me ‘ Anche io non ho più alcuna certezza ‘ Non so più distinguere mio fratello da un ragazzo che mi attira ”

‘Sarà stato il vino ”

‘Oggi pomeriggio c’entrava pure il vino?’

‘Il sole troppo forte a volte fa brutti scherzi, magari siamo un po’ condizionati da una specie di insolazione ”

Superammo un lampione, poi dopo pochi metri un altro lampione, ma con la lampada bruciata, trenta metri di zona semibuia. Lui si fermò di botto, io con lui, uno contro l’altro, le sue braccia attorno a me, io gli cinsi il collo e quegli occhi magnetici mi ordinarono di baciarlo. Obbedii, con passione lo baciai, con la lingua in bocca, il suo sapore contro il mio palato ed il mio contro il suo. Scambiammo le nostre salive, le sue mani corsero ad esplorare più da vicino le mie curve, le mie insenature, persino i miei anfratti segreti, nascosti dalle mie esigue mutandine. Sentii chiaramente vibrare la sua virilità contro il mio ventre proteso. Lo desideravo, mi trovai sollevata e seduta sull’ampia balconata in cemento, le gambe aperte e lui che armeggiava con i suoi calzoni, percepii il calore del suo membro contro la mia vagina protetta ancora dalla sottile stoffa del mio perizoma. Si allontanò un po’, mi sfilò le mutandine e se le mise in tasca; intravidi in quel momento il suo grosso glande lucido e teso, quindi lo sentii nuovamente contro la mia piccola e nuda fessura. Scivolò dentro di me, delicatamente e dolcemente mi deflorò. Persi la verginità quasi senza accorgermene, poco, pochissimo dolore, poi piacere devastante, fui sua, sfrenatamente sua, perdutamente sua; tanto mi sentivo di lui innamorata che in quel frangente pensai d’esserlo per sempre, poi mi abbarbicai al suo collo ed ammortizzai le sue spinte sempre più rapide, sempre più profonde e violente. Non riuscii ad avvertire l’arrivo dell’orgasmo, fu diverso dal solito, più fulmineo, più avvolgente, più vissuto ed estremamente più passionale. Si sfilò da me e mi sporcò il ventre e anche la gonna. Lo rinfoderò nelle mutande e mi aiutò a scendere. Dalla mia destra arrivava una famiglia con un paio di bambini per mano. In piedi di fronte a lui lo avvinghiai e lo baciai ancora, a lungo, perdutamente, mentre la famigliola ci passava davanti divertita. Passeggiamo fino a casa, poi una volta in salotto, ci guardammo, non sapevamo se essere seri oppure darci alla pazza gioia. Gli occhi. Ecco qual’era il motore che accendeva i nostri sensi. I suoi ed i miei occhi. Essi, i suoi, mi penetravano quasi di più di quanto non avesse fatto poco prima il suo durissimo pene. Loro, i miei ed i suoi occhi, impartivano ai nostri cervelli degli ordini ai quali non si poteva trasgredire. E furono ancora gli occhi a farci ritrovare abbracciati stretti e ancora desiosi di piacere, ancora loro a rendere noi fratelli due amanti perdutamente avvolti dalla passione estrema. La sua bocca sulla mia fighetta bionda, la sua lingua rasposa sul mio clitoride, la sua barba incolta a graffiarmi l’interno coscia, le sue dita a separare le labbra della mia vagina aprendola per esplorarla doviziosamente. Le mie mani sul suo capo per tenerlo contro di me, per unire e fondere me con lui e lui con me. Lo volevo ancora, dentro, dentro, ancora dentro ‘

‘Mettimelo dentro, ti prego mettilo dentro ”

Si sollevò in piedi, mi mise una mano sul capo, mi infilò le dita a pettine fra i capelli e mi attirò verso il suo membro ‘

‘Prendimelo in bocca ‘ Succhiami il cazzo ‘.’

Quel termine: Cazzo. Mi affascinava, era afrodisiaco sentire un maschio dire: succhiami il cazzo !!!
Avvicinai la bocca all’oggetto del desiderio e timidamente, da ragazzina poco esperta, approcciai per la prima volta le mie labbra attorno ad una cappella ‘

‘Piano, piano stai attenta con i denti, ecco così, così siii brava, siiii, bravaaa ‘ piano, piano, cosìììì ‘.. siiii ‘. cosìììì ” ancoraaa … succhiamelo adesso, succhiami il cazzoooo ‘.’

Feci il mio primo pompino e rimasi sorpresa quando dal suo pene durissimo fuoriuscirono potenti schizzi di densa linfa bollente. Fiotti, uno appresso all’altro, invasero la mia bocca ed il mio palato e scesero come un delizioso miele in fondo alla mia gola e dentro al mio stomaco.

‘Leccami la figa, leccamela, fammi venire, voglio che mi fai godere ‘ ancora ‘ ancora ‘.’

Me la leccò, era bravissimo il mio fratellone, fantastico, capace e delicato. Venni ancora, un paio di volte, di seguito, quasi senza sosta tra una volta e l’altra, urlando liberamente il mio intenso piacere.
Poi, appagati e felici, ci salutammo con un ultimo appassionato bacio ed infine, ci infilammo sotto le coperte e come due angioletti ci addormentammo ‘

Durante la settimana a venire ‘.

By ombrachecammina
e-mail: alexlaura2620@libero.it

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