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Racconti Erotici EteroTrio

A scuola, da soli

By 6 Maggio 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Erano gli anni della mia adolescenza, i migliori. Il proprio corpo &egrave al massimo della forma fisica e nella mente di ragazzi e ragazze vi &egrave soltanto una cosa: il sesso. Avevo un fisico alto e muscoloso, come quello di un atleta olimpionico (ho sempre denigrato la palestra), con arti snelli e flessibili. Avevo anche un bel viso, abbastanza abbronzato, denti bianchi, occhi di un verde scuro molto intenso e lunghi capelli castano scuro. Tipica bellezza mediterranea.
Frequentavo la terza del liceo scientifico della mia città. Non ero mai stato uno studente con voti molto alti, ma mi mantenevo stabilmente su una media più che decente e quindi mi stavo godendo le ultime rilassate settimane di scuola.
Solitamente, durante l’anno, non frequento molte persone a causa degli impegni scolastici e sportivi, ma ultimamente ero diventato molto amico di una mia compagna di classe, Andrea, ripetente, che mi aveva presentato ai suoi amici della classe superiore con cui aveva passato le lezioni degli anni precedenti.
Andrea non era brutta; aveva un bel viso e occhi luminosi, ma fisicamente non era granché attraente e io le ero oramai abbastanza affezionato, di conseguenza non la osservavo da un punto di vista sessuale. Le sue amiche, cui mi aveva presentato, al contrario, erano molto più degne di nota. O al meno, lo erano loro tre: Sara, Licia e Veronica.
Ricordo le pausette tra una lezione e l’altra passate con gli amici a lamentarci di quanto fosse ingiusto che nella nostra classe ‘ci fosse così poca figa tanto quanta ce né nell’altra classe’. Le tre ragazze infatti, erano considerate tra le più belle della scuola (tralasciando il fatto che in un liceo scientifico non vi si trovano moltissime ragazze come in un liceo linguistico).
Si può immaginare, quindi, quanto fossi soddisfatto di essermi avvicinato a loro e quanto fossero invidiosi i miei amici vedendomi uscire con quelle tre dee.
Sara aveva un viso elegante, con guance piene che però lasciavano il suo volto nobile e sottile, occhi scuri e profondi che venivano risaltati dai lunghi capelli neri e mossi che le arrivavano alle spalle, accarezzandogliele dolcemente.
La sua bocca era larga, con carnose labbra rosse che facevano risaltare ancora di più il suo nasino all’insù, per il quale io e buona parte dei ragazzi impazzivamo.
Aveva un seno piccolo, una seconda probabilmente, ma che sul suo corpo magro risaltava e le donava una silhouette molto attraente. Aveva un’altezza media per una giovane donna come lei, intorno al metro e settanta. Era solita indossare vestiti tipici delle adolescenti, con comode magliette di cotone leggero e leggings molto aderenti che le mettevano in risalto il bellissimo fondo schiena, alto e pieno e bello sodo, il quale poggiava su due gambe, non snellissime ma con un po’ di quella carne che piace. Sara aveva un carattere molto simpatico e gioviale, ed era colei a cui mi sentivo più vicino come amico.
Licia, molto affezionata a Sara, era invece il suo contrario, sempre con la battuta spudorata e cinica pronta. Più alta, almeno un metro e settantacinque, lunghi e capelli biondi, chiari come il sole, che le arrivavano fino a metà schiena. Non possedeva un volto aggraziato come quello dell’amica, ma era comunque molto carina, con per di più una spruzzata di lentiggini intorno agli occhi di un azzurro profondo, contornati da un eyeliner nero, che incantavano chiunque li guardasse. Licia giocava a pallavolo e di conseguenza aveva un fisico degno di quello sport: gambe lunghe ed affusolate che terminavano in un sedere scolpito, solitamente avvolto in corte minigonne che non scendevano mai sotto la metà della coscia. Come Sara invece, non aveva un seno molto grande, ma faceva comunque la sua bella figura con le magliette semi scollate, giocando sul vedo-non vedo. La sua carnagione bianca la faceva apparire come una modella, con un sguardo di un azzurro così intenso da mettere quasi a disagio.
Pur essendo le due ragazze molto belle, accanto a Veronica quasi scomparivano. Anche lei era molto alta, più di Licia e quasi quanto me (un metro e ottantacinque). Il viso era molto luminoso, con zigomi alti e ben pronunciati che incorniciavano una grande bocca dotata di grandi labbra rosso chiaro, che si aprivano spesso in un sorriso a mostrare la dentatura perfetta. Aveva inoltre una folta chioma di capelli castano chiaro, con alcune ciocche quasi bionde. Sotto i grandi occhi marrone chiaro da cerbiatta vi era un naso sottile e ben modellato, che dava al volto un’aria da furbetta sbarazzina. Le sue origini iberiche le conferivano una pelle liscia come quella di una pesca e più scura rispetto a quella delle altre due, che la faceva apparire sempre più abbronzata. Se Licia era una modella, lei era una dea greca. Aveva un fisico da nuotatrice: snella e soda, con gambe lunghe due metri ed un culo incredibile, il seno più grande che avessi visto, una terza abbondante, come minimo. Tutte le sue curve sensuali che non avevano niente da invidiare ad una donna adulta erano messe in risalto da jeans aderenti che incorniciavano perfettamente il suo didietro e magliette elastiche con scollature vertiginose, talmente strette che spesso le tette rischiavano di strabordare di fuori. Camminava come un vera diva, ondeggiando sui proprio passi, ogni volta che la si vedeva avvicinare si rimaneva impietriti davanti a tanta leggiadra e grazia.
Veronica era quella più staccata dal gruppo delle quattro amiche, non perché non si volessero bene ma perché Veronica preferiva sperimentare esperienze con nuove persone e vedere nuovi posti, e non veniva limitata dai legami emotivi che aveva con le amiche.
Si può solo immaginare l’effetto che le tre ragazze, o per meglio dire donne, dato che il termine ‘ragazze’ &egrave riduttivo, facevano su tutti coloro che si trovavano nelle loro vicinanze. Si diceva addirittura che ci fosse stato un susseguirsi di professori che si erano offerti di… diciamo ‘alzare la media dei voti’ di una ragazza, piuttosto che un’altra, in cambio di un piccolo ‘favore’. Sul fatto che qualcuna avesse accettato però, vi erano solo voci e speculazioni, basate principalmente sullo strano caso della media di fisica di Veronica che alla fine della terza si era alzata dal quattro al sette il giorno prima degli scrutini finali.

Tornando alla storia principale, era un degli ultimi giorni di scuola: si fa più caldo, l’aria &egrave profumata di centinaia di fiori e tutti sono più tranquilli. Come ogni anno, il mio liceo aveva organizzato l’attività di ‘porte aperte’, durante la quale le normali lezioni vengono sospese e gli studenti si organizzano in vari gruppi che presentano o offrono servizi che vengono mostrati a chiunque abbia voglia di entrare nella scuola, solitamente genitori o parenti. Come sempre inoltre, vi erano vari banchetti sparsi per i corridoi, presidiati da due o tre studenti ciascuno, che avevano offrivano cibo e bevande in cambio di pochi spiccioli, in modo da raggruppare un poco di denaro per i più svariati motivi. Tra questi vi era il banco, per ciò che più avanti si rivelò per me un’incredibile coincidenza fortuita, proprio di Sara, Licia e Veronica.
La giornata passò lentamente ed in modo noioso, col caldo di fine maggio che affannava le masse di ragazzi e studenti che si riversavano per i corridoi. Io passai la maggior parte del mio tempo passeggiando tra le varie classi, senza una metà precisa, limitandomi a chiacchierare con varie persone che conoscevo. Ogni tanto tendevo a farmi vedere allo stand delle tre ragazze che affollavano i miei pensieri, parlavamo e ridevamo un po’ e poi tornavo al mio vagare, mantenendo però fissi gli stessi pensieri.
Verso le cinque di pomeriggio la situazione si fece più leggera: il brusio della folla stava velocemente fluendo verso le uscite dell’edificio, con l’eccezione solo di qualche gruppetto di famiglie che si attardava a discutere con professori o conoscenti. Era quindi il momento di mettere in ordine tutto ciò che era stato improvvisato per quella giornata. Ovviamente io andai al bancone in cui avevo passato più tempo quel giorno.
Le trovai lì, si erano vestite tutt’e tre in modo molto simile, con delle sorte di divise, come per dare un’impressione di una sorta di professionalità che però non traspariva un granché. Portavano shorts di jeans corti, quasi inguinali, Veronica e Sara li avevano bianchi, mentre Licia li aveva in tessuto aderente e nero. Sulla parte superiore del corpo indossavano delle magliette senza maniche, Sara bianca, Licia arancione, con tre bottoncini sulla scollatura, di cui due sbottonati e Veronica una maglietta di pizzo, con un profondo taglio a V, che definire vertiginoso per quella scollatura sarebbe dire poco. Sarà ormai chiaro nella mente del/a lettore/trice quanto risaltassero i corpi e le forme delle tre ragazze, e anche quale fosse la mia impressione.
Veronica stava consegnando una delle poche fette di torta rimaste all’ultimo cliente, un semplice uomo sulla quarantina con nessuna peculiare caratteristica fisica, sicuramente un padre di qualche alunno, che più che per la torta sembrava avere un enorme interesse per la fessura tra i due seni che, quando la ragazza si allungava sul tavolo per consegnare i dolci, balzava così facilmente allo sguardo di chiunque. Quando si voltò per mettere i soldi ricevuti nella cassa mi vide e mi salutò sorridendomi ‘Ciao Ale! Vieni qua’. Un sorriso che, come sempre, smosse i miei ormoni adolescenziali, facendomi subito diventare di umore migliore. A chi non succederebbe vedendo quella dentatura bianchissima, quelle labbra rosse e quegli occhi luccicanti?
A quel punto si accorsero di me anche le altre due che mi salutarono allo stesso modo, ottenendo lo stesso invisibile effetto interno. Mi avvicinai al bancone chiedendo se potevo aiutare a mettere a posto le varie cose.
‘Certo’ rispose Licia ironicamente ‘ma sei sicuro che questo non sia un lavoro troppo da donne? Non dovrebbe essere adatto ad un maschiaccio duro e puro come te!’
‘Sì, forse hai ragione’ ribattei, stando allo scherzo ‘in effetti dovrei starmene di là a guardare la partita sul divano, un’attività molto più consona al mio sesso, sì’ ridendo, cominciai a raccogliere i piatti di plastica.
In quattro ci mettemmo solo pochi minuti a sistemare il tutto e a buttare le immondizie. La scuola era ormai deserta, gli insegnanti e perfino i bidelli erano andati a casa. Soltanto il custode era ancora presente, come indicava il suono della radiolina che veniva dal suo ufficio, un piano più sopra, in cui era praticamente sempre chiuso.
Non era la prima volta che mi capitava di rimanere praticamente solo a scuola, succedeva spesso alla fine di giornate del genere. Ci sedemmo sui divanetti dell’aula professori, ovviamente deserta. Vi era un largo e comodo divano per tre persone ed una poltrona comoda per una, entrambe in feltro rosso. Sara si sedette con la schiena appoggiata sul morbido bracciolo e fece stendere Licia fra le sue belle gambe, in modo che si potesse appoggiare sul suo ventre. Io mi sedetti sulla poltrona rimasta, stravaccato, e Veronica non si fece problemi a sedersi sulle mie gambe, appoggiandosi sul mio petto. Respirai così l’odore dei suoi lunghi capelli castani, un odore morbido e riposante, che sapeva d’estate. Percepii il suo formoso e sodo sedere sul mio membro e mi morsi i denti per non farlo evolvere in un’erezione spropositata. Conoscendo le mie misure sapevo che non sarebbe passata inosservata
Passammo un po’ di tempo a parlare del più o del meno, dalla scuola alla vita privata e poi di nuovo alla scuola, lamentandoci di quanto fossero pesanti le ultime settimane scolastiche. Le tre ragazze erano in quinta, gli esami di maturità erano alle porte per loro, di conseguenza dovevano ripetere una mole di argomenti enorme, e non avevano mai un attimo di relax. Lentamente cominciammo a parlare di argomenti sempre meno impegnativi, tirando fuori spunti di conversazioni a ruota libera, quasi nessuno ascoltava più cosa diceva l’altro, saltavamo di palo in frasca ridendo e scherzando. Io in realtà non riuscivo a rilassarmi più di tanto, anzi, ero un bel po’ sotto pressione perché dovevo far attenzione a non lasciarmi andare troppo, non volevo nemmeno immaginare cosa sarebbe successo se Veronica si fosse accorta della mia… reazione. Lei, da parte sua, non era certo di aiuto, teneva il busto appoggiato al mio petto e dondolava le gambe, movimenti che si ripercuotevano di conseguenza fino al mio pene, che veniva continuamente massaggiato e cullato da quel culo che, se fosse stato di marmo, sarebbe stato senza alcun dubbio considerato come un capolavoro scultoreo al pari del Bernini.
Questa situazione non sfuggì all’occhio attento e irriverente di Licia, che dal nulla, sempre col suo tono canzonatorio, esclamò: ‘Vacci piano coi movimenti inferiori Vero, il nostro povero Ale potrebbe non reggerli bene e… esplodere’. Sara sorrise, un po’ imbarazzata, mentre Veronica rise di gusto, con un suono limpido e candido che mi riscaldò il cuore, ma non smise il sensuale massaggio che mi stava procurando.
‘Ma poverino dai…’ le rispose lei, appoggiandosi al mio petto, concedendomi una visuale completa del suo davanzale, cosa che non aiutò per nulla il mio conflitto interno ‘… non credo che duri così poco, pur con una super figa come me!’ cominciando a sfottermi anche lei. Il membro mi pulsava incessantemente, dovevo fare uno sforzo incredibile per non lasciarmi andare.
‘Beh, se non ha già fatto cilecca con te, tesoro, se non altro ce l’ha più piccolo del prof di fisica, te ne saresti accorta già da tempo altrimenti!’ continuò sempre Sara, lanciando una frecciata riguardo le voci che giravano sul conto di Veronica, provocando altre risate.
Io, d’altro canto, me ne stavo zitto, troppo intimorito per trovare qualcosa da ridere. Non mi avevano offeso, so che scherzavano, quindi mi stampai un sorriso di qualcuno che se qualcosa che gli altri non sanno e le lasciai divertire a prendermi in giro.
‘No, no’ disse Veronica trattenendo le risa ‘ti assicuro che non &egrave per niente messo male, il nostro amichetto’ facendo scoppiare a ridere a squarcia gola le altre due, come fosse la cosa più divertente del mondo.
Io però stavo lentamente diventando rosso in faccia; quindi lei se n’era accorta, l’aveva sentito… o stava solo scherzando? Il mio pene, che con tanta fatica avevo cercato di mantenere assopito, cominciò a gonfiarsi un po’ di più. A maggior ragione tentai di cambiare argomento, senza rischiare di risultare troppo pudico, quindi ribattei con finto tono intellettuale ‘Dai ragazze… sì, parliamo d’altro? So di essere un argomento interessante, soprattutto da nudo, ma… suvvia, non abbiamo altri spunti di conversazione?’.
Ma quelle tre erano ormai un treno lanciato ad alta velocità e continuarono a fare battute sul membro mio e degli uomini in generale, fino a che Licia non fece la domanda fatale ‘E il tuo? Quanto &egrave lungo?’. Le altre due ammutolirono, pur continuando a nascondere un ambiguo sorrisetto sotto i baffi, vedendo un’occasione per trovare la mia rivalsa, le risposi per tono ‘Perché non controlli tu stessa, Licia?’. Ovviamente la mia battuta non era da prendere seriamente, era solo una ripicca maliziosa, ma dato che così ci avevo messo in una posizione di stallo, e essendo Licia anche molto orgogliosa, per non darmela vinta stette al gioco e mi rispose con voce soave e un sorriso malizioso da un orecchio all’altro ‘Va bene, forza, voglio proprio vedere’. A quel punto avevamo iniziato a giocare, bisognava solo vedere chi avrebbe ceduto prima alla celia.
‘Non qui, ci sono loro due’ dissi indicando con un cenno della testa Sara e con una scrollata di bacino Veronica (tanto per dare una ‘assaporata’ maggiorare a quel fantastico didietro), che adesso si aveva rizzato la schiena, assistendo incuriosita allo scambio sibillino tra noi due.
‘D’accordo, allora. Levati Veronica, andiamo qua dietro nell’angolo’ disse la bionda, facendo, ahim&egrave, alzare Veronica e balzando in piedi dal divanetto su cui sedeva con l’amica. Il mio cazzo si rilassò, almeno con del movimento avrei riattivato la circolazione, risolvendo quella situazione critica.
I divanetti si trovavano all’incirca nel mezzo della stanza rettangolare, noi ci dirigemmo verso la parete opposta, quella dietro di essi, cosicché la vista dello ‘spettacolo’ fosse perlopiù impedita alle due scrutatrici. Licia mi precedeva, camminava rapida e leggera, io ammiravo le sue gambe magre e sode, dalle natiche perfette che danzavano davanti a me, accompagnate a ritmo dai lunghi capelli dorati che ondeggiavano con un campo di grano al vento, lasciando dietro di loro un intenso aroma femminile, anch’esso inebriante ed attraente come quello di Veronica, ma più forte e aggressivo, qual era Licia.
Arrivati in fondo alla stanza il cuore cominciò a battermi in gola, e un turbine di dubbi emersero nella mia mente offuscata dall’eccitamento. Stava facendo sul serio? Fino a dove sarebbe arrivata? Davo le spalle a Sara e Veronica, ma sentivo dei bisbigli divertiti e delle risatine provenire dalla loro direzione.
Lei si girò verso di me, guardandomi con lo stesso sguardo di sfida, i suo profondi occhi blu elettrico mi penetravano da parte a parte, impedendomi qualunque movimento volontario, ipnotizzandomi e tenendomi suo prigioniero.
‘Allora?’ mi chiese, invitandomi a fare la prima mossa.
‘Sei tu quella che l’ha voluto, tocca a te tirarlo fuori’ le risposi, credendo che così lei si sarebbe finalmente tirata indietro e io sarei potuto tornare da Veronica e il suo bel culo.
Licia semplicemente sorrise, con un’ombra di risentimento sul viso, e avvicinò le lunghe dita bianche alla mia cintola.
‘OH, lo fa davvero… no, non lo fa, ora si ferma’ pensai. Udii le due spettatrici dietro di me confabulare più forte, in modo quasi isterico. Il sangue mi andò alla testa, presto, in un istante, avrebbe ritratto le mani e si sarebbe messa a ridere, ne ero sicuro… sarebbe successo… ora… no, ora… fra un secondo. Quel brevissimo lasso di tempo in cui Licia mosse le mani si dilatò all’infinito, vi era sempre un istante, al susseguirsi di quello precedente, in cui si sarebbe dovuta fermare.
Ma le sue mani non si fermarono. Arrivarono alla cintura, armeggiarono, un poco impacciate con la fibbia, incerte; poi improvvisamente scattarono e calarono la zip con un unico movimento.
Sentii le due ragazze alle mie spalle tacere di botto e trattenere il respiro.
Licia mi guardò, e stavolta vi era qualcosa di diverso nel suo sguardo, una luce non più di sfida ma di determinazione e sicurezza. Fece cadermi i pantaloni: e si bloccò. Ero rimasto in mutande, la mia virilità completamente dura e pronta placata solamente da quel panno di tessuto aderente era ormai in chiara luce.
Non saprei dire cosa passasse per la testa di Licia in quel momento, non saprei dire nemmeno quali fossero i miei pensieri: avevo la testa completamente in confusione, ogni impulso cerebrale che le mie sinapsi erano ancora in grado di generare impazziva, rimbalzando a rotta di collo in quella bolgia di euforia e eccitamento e puro terrore che era il mio cervello.
Mi ero completamente dimenticato dello spazio circostante, della stanza, del fatto che fossimo a scuola, delle due ragazze dietro di me che, rapite, guardavano la scena. Tutto il mio percepito era limitato allo spazio di dieci centimetri che divideva me da quell’angelo, alla vista della sua pelle candida e dei due pezzi di ghiaccio che aveva come occhi, e al mio cuore, rimbombante come un tamburo, che assordava ancora di più la mia mente, esplodendo ad ogni battito nel mio petto, nella mia gola, nel mio pene.
Credetti di svenire quando la vidi muoversi, con vana speranza cercai per un attimo di illudermi che si stesse allontanando per tornare ai divani ma era solo un’ovvia illusione: s’inginocchiò rapidamente davanti a me, e con struggente calma infilò le sinuose dita nell’elastico dei boxer e l’abbassò, liberando il mio membro che per tempo aveva pulsato follemente, pregando di uscire. Il volto di Licia era una maschera a metà fra emozione e inquietudine; aveva gli occhi fissi sul mio cazzo ma… non sapeva destreggiarsi con un corpo così grande. Nonostante la sua personalità birichina era pur sempre una ragazza giovane, con non così tanta esperienza sessuale passata come avrebbe voluto far credere la sua spavalderia di poco prima. O almeno non abbastanza.
Con mani leggermente tremanti per l’ansia cominciò a tastarmelo in tutta la sua lunghezza, esplorandolo con ogni dito ogni suo centimetro, ogni sua piccola vena palpitante, ogni sua protuberanza.
L’adrenalina cominciò a correre nel mio corpo come se ne avessi fatta un’iniezione, improvvisamente provai un moto d’energia animale che mi riscosse dallo stato semi allucinato in cui mi trovavo. I colori ed i suoni della stanza mi tornarono familiari, percepii di nuovo Sara e Veronica che selvaggiamente sibilavano burlescamente dietro di noi, le mie mutande calate e io, di fronte alla bellissima Licia, che mi facevo palpare. Le sue dita erano affusolate e fredde, si muovevano su e giù il mio pene, come se la ragazza fosse una sorta di pifferaio perverso che suonava la mia virilità. Lo tastò da cima a fondo, inizialmente senza spogliarlo del prepuzio, e scese fino alla base, sfiorando tutte le vene gonfie di sangue e percependone il battito cardiaco. Poi lo scappellò, rivelando l’enorme glande turgido. L’improvvisa piena consapevolezza della sproporzione del mio fallo le dipinse infine un’espressione di piacevole sorpresa in viso, facendole riscoprire infine il suo carattere baldanzoso di sempre. Finalmente mi guardò in faccia per la prima volta da quando mi ero esposto, la sua solita tendenza maliziosa impregnava il suo sguardo come mai prima avevo visto, amplificata un milione di volte.
Non mi disse nulla, i suoi pensieri erano palesemente rappresentate sul suo volto: vi era sorpresa, sì, ma anche gioia, estasi per un a meraviglia del genere. Tutti gli intenti che avrebbe potuto avere prima, fossero di scherno o seri, ora non importavano più, ora era lei a non percepire più il mondo circostante, ora era totalmente concentrata sull’incredibile pene.
Le feci un cenno d’incoraggiamento con il capo e lei mi afferrò con entrambe le mani il fremente palo di carne; tenendolo all’altezza degli occhi, fissando ipnotizzata il volume di quella protuberanza, troppo grande perché potesse credere che fosse veramente davanti a lei. Lo massaggiò con dolcezza, muovendo lentamente le mani avanti e indietro, cullandol il caldo corpo nella sua stessa carne.
I miei ormoni erano impazziti, tutto il mio essere stava affluendo al membro con dirompente violenza, erano bastati pochi delicati tocchi per portarmi al limite della mia resistenza fisica, sapevo che di lì a poco i miei testicoli sarebbero esplosi in una cascata di candido seme caldo.
D’altra parte non mi sforzai neppure un minimo solo per rimandare l’eiaculazione: non ne avevo assolutamente intenzione. Anzi, la favorii, suggerendole: ‘Usa la bocca’.
Lo bisbigliai, o almeno cercai di contenere il tono di voce, ma la goduria era forte, incontrollabile tanto che anche le due spettatrici, che a quanto pare scrutavano imperterrite lo spettacolino senza alcun pudore, alzandosi addirittura in punta di piedi sui divanetti per vedere meglio, mi sentirono.
A questo punto però, anche la loro curiosità sembrava essere stata catturata, l’improvviso cambiamento del comportamento di Licia aveva cambiato gli equilibri di poco prima: la tensione si era alzata, ma anche l’interesse delle due giovani, non riuscivano a non venire attratte dalla scena. Rimanevano mute, bisbigliando solo raramente parole sconcertate solo in apparenza. In realtà erano eccitate da ciò che stavano vedendo, e dove la loro vista le impediva correva forte la loro immaginazione, dando spazio alle loro più profonde fantasie.
Licia mi fissò determinata. Per l’ennesima volta l’azzurro dei suoi occhi mi colpì come una lama di ghiaccio e il suo oro mi scaldò come la visione di un campo di grano all’alba. Le lessi in faccia una vaga forma di gratitudine per averglielo proposto, come se la soggezione in cui l’aveva messa il mio enorme affare non le permettesse di prendere pienamente l’iniziativa.
Con esitazione appoggiò le umide labbra alla gigantesca cappella, dandole un bacio sfiorato, e poi premendoci lentamente le schiuse, infilando tutto il glande nella calda bocca. Questo bastava quasi da solo a riempirgliela tutta e lei cominciò a succhiarlo con voracità, mandandomi in estasi. Mugugni di piacere mi scaturirono mio malgrado dalla bocca che finora era stata sigillata dalla paura.
Le labbra rosee si adattavano come una guaina ai movimenti lenti ma intensi della sua testa, mi riempiva di un flusso di calore di piacere che dal mio prepuzio attraversava tutto il mio corpo. Sentivo già le prime piccole secrezioni di liquido seminale che fuoriuscivano incontrollate andare ad impastarsi con la sua schiumosa saliva. Mi aveva afferrato il pene a metà, circa dieci centimetri da dove si trovava la sua bocca, e pur essendo decisa non osava spingersi a succhiare oltre la zona della cappella, ma preferiva alternare succhiotti a dense leccate sul frenulo e sul meato, usando la lunga lingua saettante. ‘Allora non &egrave veloce solo a parlare, eh Licia?’ pensai guardandola, impegnata a passare le labbra lungo tutta la lunghezza del pene.
Era ormai questione di secondi, il mio godimento aveva ormai pervaso ogni cellula del mio corpo che gridava e spingeva per esplodere. Le fasciai la nuca con le mani, affondando le dita in quella morbida matassa di capelli e la trassi a me con più forza, spingendole tutta la cappella in gola. Per lei fu improvviso: mi guardò con occhi sorpresi, innocenti, cosa che mi eccitò ancora di più. Tentò di ricomporsi, ingoiando ancora di più quell’enorme serpente, allargando le fauci oltre le proprie possibilità. Con le mani scoprì i miei testicoli e, mantenendo lo sguardo fisso nel mio cominciò a massaggiarmeli, palparmeli, notando che erano grandi in proporzione al pene. Quello fu il limite. Quando lei sentì le mie palle vibrare di goduria le strinse, affondò ancora di più la gola e mi lanciò finalmente la sua occhiata provocatoria che di lei più mi eccitava: ‘Allora, non sborri?’, sembrava sbeffeggiarmi, sfidandomi ancora una volta come aveva fatto precedentemente.
E stavolta vinse lei, e mai sconfitta fu più piacevole! Venni a fiotti, gemendo, incurante delle perverse guardone alle mie spalle, una sequenza orgasmica di schizzi bollenti e potenti le vennero gettati in bocca, poi le inondarono la faccia, coprendole la bocca, le guance, le lentiggini, la fronte. Tutto era coperto di bianco sperma, munto personalmente da lei stessa dai miei coglioni. Lei esultò, mentre la sbattezzavo col mio seme rideva, gioiva come una bambinetta. Anche quando smisi e mi sedetti per terra davanti a lei continuò a divertirsi, leccandosi fin dove riusciva, come fosse stata una manna dal cielo.
Per la prima volta mi girai verso Sara e Veronica, non mi importava se mi avessero visto in quel modo, ero in pace con me stesso. Erano divertite, alla vista del mio enorme affare anche loro ebbero la stessa reazione di sorpresa che aveva avuto Licia, e ad osservare l’amica sembravano altrettanto eccitate come due scolarette.
Licia, finito di pulirsi alla meglio il viso, si sedette accanto a me e me lo accarezzò dolcemente, come si fa con un docile cucciolo, il suo seno tonico aderente al mio petto. Un po’ di sborra le aveva colato il leggero trucco attorno agli occhi, il che la rendeva ancora più sexy.
‘Assurdo’ commentò, di nuovo col suo tipico modo di fare ‘non ho parole… &egrave assurdo… sei assurdo’. Io sentivo ancora pulsare tutto il mio corpo, i miei ormoni si erano tutt’altro che placati, il calore della sua bocca avvolgeva ancora tutto il mio membro.
‘Ne voglio ancora’ le dissi, esasperato. Ero stremato, ma sapevo che non volevo fermarmi lì ‘Ti prego continuiamo, ti prego’.
‘Sì’ rispose lei semplicemente, spavalda, sicura. Si sfilò la camicetta aderente, rimanendo in reggiseno e lasciandomi godere di quel fantastico fisico. Mi masturbò più intensamente, lì, per terra, e io cominciai a palparla, baciandola sul collo, sul petto, ovunque riuscissi a raggiungere quella distesa salina che era il suo corpo. Mi salì a cavalcioni sulle cosce, mentre mi segava con due mani io la avvolgevo con le braccia.
Non mi accorsi che le due ragazze che fin’ora erano rimaste in disparte si erano avvicinate per ammirare lo spettacolo di carni che le stavamo prestando fin quando Licia non mi sussurrò
all’orecchio con voce moderata e sensuale, sorridendo: ‘Rendiamo il tutto più… divertente’.
E Veronica e Sara si accovacciarono accanto a noi.

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