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Racconti Erotici Etero

ALLENAMENTO SPECIALE

By 26 Maggio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Non era la prima volta che andava al palazzetto dello sport per gli allenamenti di pallavolo di Elena.  Spesso lui era lì anche durante le partite, confuso tra gli spettatori, e lei non poteva vederlo, ma durante gli allenamenti, poco pubblico, Elena aveva già notato la presenza di quello sconosciuto, uno spettatore isolato, per certi versi strano, che non si univa agli spettatori dell’una o dell’altra parte, non urlava, non gioiva, non lasciava trasparire emozioni dal suo volto, non inveiva contro l’arbitro per un punto non assegnato o una decisione ritenuta sbagliata. Aveva capito che quell’individuo era lì solo per lei, non gli interessava la squadra o le altre ragazze, sembrava indifferente a tutto, sembrava sempre impassibile. Eppure non era così. Bastava una caduta di Elena o il contatto fisico con un’altra compagna nel tentativo di recuperare la palla, allora si che il volto del misterioso sconosciuto si faceva teso, tradendo il suo apparente distacco, e il suo sguardo trepido andava a cercare subito gli occhi di Elena, cercava il volto della ragazza per capire dalla espressione del viso se si trattava di qualcosa di grave o particolarmente sofferente. Spesso lo sconosciuto  fissava gli occhi di Elena. C’era qualcosa in quella ragazza che lo attraeva terribilmente. Elena non era soltanto un corpo splendido, ben modellato, un metro e sessantacinque, capelli rossicci e mossi, occhi azzurri, pelle rosea, qualche lentiggine, seno stupendo, belle gambe, sedere piuttosto prominente. Di lei, lo sconosciuto apprezzava anche quell’aspetto dolce e gentile, che la caratterizzava per un non so che di particolare e che la faceva apparire diversa da tutte le altre. In campo, sia negli allenamenti che nelle partite, lo sconosciuto aveva colto in lei una sensibilità,  una femminilità, un suo pudore particolare, che la rendevano dolce e sensuale. Quel  suo imbarazzo, sapendo di essere osservata, quel continuo aggiustarsi i calzoncini molto corti e la maglietta aderente, che per i movimenti del gioco tendevano sempre ad andar su, lasciando scoperto qualche centimetro della sua pelle, avevano sedotto il misterioso sconosciuto.

Quel giorno, durante quell’allenamento, Elena era senza mutandine. C’era qualcosa di inconscio in quella dimenticanza. Era entrata negli spogliatoi vestita normalmente, con jeans e maglietta, ma niente reggiseno e mutandine. Quando arrivò il momento di mettersi la divisa, Elena dovette fare i conti con la scelta forse avventata che aveva fatto prima di uscire di casa. Nemmeno nella borsa c’erano i ricambi per l’intimo. Quindi prese il coraggio a quattro mani, e davanti alle sue compagne si spogliò, rimanendo completamente nuda. Non era quello il problema, lo faceva continuamente per la doccia alla fine di un allenamento o di una partita. Ma in quel contesto, le amiche avevano visto che non indossava l’intimo, la videro mettersi i minishorts aderenti e la maglietta altrettanto aderente senza l’intimo. Questo fu causa di molti sguardi e di molte domande imbarazzanti. Elena poi sapeva benissimo che anche quel giorno, come ogni martedì, in qualche angolo delle tribune del palazzetto, quasi deserto trattandosi di un semplice allenamento, ci sarebbe stato lui, lo spettatore sconosciuto. Ed infatti era lì. A Elena piaceva esporsi, farsi notare nella sua femminilità, ma nello stesso tempo doveva fare i conti con il disagio della situazione che naturalmente la condizionava. Un contrasto che quel giorno fu causa di un fatto inaspettato. Si era capito subito che non era la giornata giusta nella partita-allenamento. Quando toccò a lei battere, la prima battuta andò contro la rete e, nel turno successivo, la seconda battuta andò fuori campo. Elena, nonostante desse l’anima correndo da una parte all’altra del campo, non c’era con la testa e quando l’alzatrice (questo era il suo ruolo) non va, tutta la squadra ne risente. Quel giorno Elena non riusciva a palleggiare come al solito ed era spesso costretta al bagher per alzare, servendo male le schiacciatrici. Un disastro. Elena era completamente deconcentrata e ad ogni errore era un veloce incrocio di sguardi con lo sconosciuto spettatore, interrotti dai richiami e dalle urla dell’allenatore ed a ogni urlo, lei, rossa in volto, andava a cercare con lo sguardo sempre lo sconosciuto. Ad ogni movimento le sue tette ballavano, dalla maglietta si potevano distinguere i capezzoli belli puntuti, e gli shorts si erano rintanati bene bene nella fessura che separava le sue chiappe. Anche le sue compagne non potevano non gettare un occhio su quelle tette, su quei capezzoli, su quel culo. Figuriamoci l’allenatore, figuriamoci lo sconosciuto! In quel frangente, tra l’imbarazzo, quegli errori imperdonabili, le urla che l’allenatore le rivolgeva, gli sguardi dello sconosciuto, dentro di Elena stava succedendo qualcosa di strano: sentì di avere la figa bagnata, una strana eccitazione aveva invaso il suo corpo. Elena era terrorizzata, aveva paura che la cosa si notasse, e non poteva nemmeno guardarsi proprio li, davanti a tutti, avrebbe attirato ancora di più l’attenzione. Il cambio campo peggiorò addirittura le cose. Ora Elena era a qualche metro dallo sconosciuto, che sicuramente l’aveva notata senza mutandine per la forma che il corpo dava ai pantaloncini aderenti. Gli errori di Elena in partita erano diventati sempre più imperdonabili e la sua eccitazione cresceva sempre di più. Alla fine, l’allenatore chiamò Elena e a voce alta le disse che per punizione sarebbe rimasta lì a correre da sola, fare esercizi, flessioni fino alla chiusura del palazzetto, il custode l’avrebbe aspettata. Era più di un ora, ed Elena sapeva che per tutta l’ora, lo sconosciuto sarebbe rimasta a guardarla. Avrebbe sicuramente attirato l’attenzione delle amiche, chissà cosa avrebbero pensato. Tutti sentirono quei rimproveri, la punizione. Elena si sentì umiliata dalla reazione forte dell’allenatore: aveva usato parole pesanti che sicuramente erano state ascoltate anche dallo sconosciuto, eppure, la sua sensibilità all’imbarazzo e all’eccitazione si faceva sempre più pressante. A qualche metro di distanza qualcosa di strano stava succedendo anche allo sconosciuto. Già durante la partita, vedere Elena senza mutandine, immaginare la sua fighetta sudata, la forma di quel culo meraviglioso… il movimento di quelle splendide tette quando alzava la palla… l’avevano eccitato. Lo sconosciuto aveva sognato tante volte di trovarsi in un posto qualsiasi da solo con Elena, si era abbandonato a fantasie erotiche con quella ragazza che tanto l’aveva affascinato fin dalla prima volta che l’aveva vista.

Elena si mise subito a correre ed eseguire i suoi esercizi. Ormai erano andati tutti via, le altre ragazze, l’allenatore. Elena non aveva più notato la presenza dello sconosciuto ad un certo punto. Il custode, unico rimasto nel palazzetto, era intento a fare le sue ultime incombenze. Trascorso il tempo, ormai verso la chiusura, Elena andò a farsi una doccia veloce. Non fu veloce. Sotto gli spruzzi dell’acqua calda, a Elena venne in mente quanto era successo… gli sguardi dello sconosciuto… quell’eccitazione… la punizione… iniziò a toccarsi piacevolmente…  e si attardò… L’acqua scorreva sulla sua pelle, le sue mani si attardavano sui suoi seni, i suoi capezzoli, le labbra della sua vagina, il suo clitoride. Ad un certo punto il custode, dimenticandosi della ragazza, staccò l’interruttore centrale dell’energia elettrica ed è andò via. Tutto buio! Furono attimi di terrore per Elena. Improvvisamente era tutto buio, l’acqua era gelida. Dovette allontanarsi esitante dal getto. Era nel panico, non sapeva cosa fare o come uscire da quella situazione. L’unica cosa che le venne in mente fu urlare e chiedere aiuto. Elena non poteva saperlo, ma non era sola. Nel palazzetto era rimasto lo sconosciuto, si era nascosto aspettando che il custode andasse via per riattaccare l’interruttore centrale ed avviarsi trepidante verso le docce. Comunque quando la luce si riaccese tirò un sospiro di sollievo, gridò un grazie a l’uomo che pensava fosse il custode. Quindi si riavviò verso le docce e iniziò ad insaponarsi. Sotto la doccia stava ritrovando la tranquillità, ma dopo qualche istante comprese che doveva sbrigarsi. Intanto lo sconosciuto era giunto fino all’interno dello spogliatoio, stando attento al minimo rumore. Guardava Elena, nuda, bagnata, insaponata, che si accarezzava, che toccava il suo seno, i suoi fianchi, il suo culo. Sarebbe potuto rimanere li a guardarla per ore. Dopo qualche istante però, Elena si accorse dell’intruso. Era li che la guardava, estasiato, Elena non poté fare a meno di notare la sua erezione. Improvvisamente la ragazza divenne rossa in volto. Era imbarazzatissima, improvvisamente lo sconosciuto era li davanti a lei, e lei era nuda. Splendida Elena, nuda, imbarazzatissima, impaurita, che con una mano cercava di nascondere le sue parti intime e con l’altra tentava inutilmente di coprire il suo meraviglioso seno!

“Cosa vuoi da me… vai via!” urlò Elena spaventata.

“Sei bellissima… non voglio farti del male” rispose lui con tono rassicurante e poi:

 “…Il custode è andato via, sono stato io a riattaccare la corrente”.

“Guarda che urlo… non ti avvicinare!”

“Non ti spaventare… sei bellissima” continuava a ripetere lo sconosciuto come incantato, “non ti faccio del male, voglio solo ammirarti… ammirare il tuo corpo… è bellissimo, è un peccarto tenerlo coperto, per favore… metti le braccia lungo i fianchi… così che io possa ammirarti”.

“Vai via” disse Elena urlando.

“Oggi all’allenamento eri senza mutandine, e senza reggiseno. L’ho notato sai, era impossibile non farlo, con quei capezzoli appuntiti, quelle tette ballerine, quel culo così perfettamente modellato. Ti ho vista mentre mi guardavi di continuo. Imbarazzata, a disagio. Mi hai eccitato moltissimo”.

Mentre parlavano lui si avvicinava lentamente. Elena altrettanto lentamente indietreggiava, ma ad un certo punto raggiunse il muro. Lo sconosciuto continuava ad avvicinarsi. Alla mancata risposta di Elena, lo sconosciuto decise di approfittare di quel piccolo varco, e riprese:

“Lo so che l’hai fatto per me, lo sappiamo entrambi, avanti… qui non c’è nessuno ed io non ti farò nulla, voglio solo guardarti. Ti prego, fallo per me.”

Elena era confusa, eccitata, infreddolita. Il suo cervello era in subbuglio, e quasi senza credere a quello che stava facendo, mentre lo sconosciuto ormai era a meno di due metri da lei, lasciò scivolare le sue braccia lungo i fianchi, esponendo il suo corpo agli sguardi dello sconosciuto. Adesso Elena lo vedeva bene, il suo sguardo aveva qualcosa di magnetico, ed il suo corpo, beh, non apparteneva di certo ad un modello ma non era per niente male.

Le gocce d’acqua scivolavano tra i suoi seni, intorno al suo ombelico, tra le labbra della sue vagina. Il sapone ancora decorava la sua pelle, scendendo lentamente. I capezzoli, complice l’eccitazione ed il freddo, erano interessati da un’erezione spettacolare.

Lo sconosciuto arrivò di fronte ad Elena. Elena invitò  ancora – questa volta con minore convinzione – lo sconosciuto ad andare via,  ma lui allungò la mano, prese quella di Elena e fu un intrecciarsi delle due mani tese, delle dita di quelle due mani che si scontrarono con forza fino agli interstizi. Elena, rassicurata da quel gesto, si sciolse un poco, un timido sorriso, ricambiato. Lo sconosciuto prese il volto di Elena tra le mani. I suoi occhi blu come l’oceano lo fissavano dalla profondità del suo animo tenero e gentile. Le loro labbra si unirono, gli occhi si chiusero. Una lingua si affacciò timidamente, approfittando della piccola apertura concessagli. Mentre le loro lingue danzavano e si abbracciavano, le mani dell’uomo scorrevano il corpo di Elena. Lungo i fianchi, fino ai glutei. Un culo magnifico, il seno contro il suo petto, il volto di Elena tra le sue mani. Quel momento fu perfetto.

Ma non erano soli in quel palazzetto. Non potevano sapere che il custode, giunto a metà strada verso casa, maledì se stesso. Girò immediatamente la macchina e corse verso il palazzetto. Non poteva credere di essersi dimenticato di quella ragazza, di averla lasciata al buio, chiusa dentro il palazzetto. Sperava non si fosse spaventata troppo, o non si fosse fatta male per via del buio e del panico. Entrò, aprì e vide le luci accese. Notò dei rumori inequivocabili provenire dagli spogliatoi. Aprì la porta e li vide. Vide Elena, nuda, togliere i calzoni a quell’uomo. La vide togliergli le mutande e prendere  il suo cazzo in mano. La vide mentre lo segava con passione, mentre lo baciava e lo cullava. Quindi la vide prenderlo in bocca, in ginocchio. Sentiva il rumore della bocca di Elena che leccava e succhiava il membro dello sconosciuto. L’eccitazione era incredibile, ma non voleva rovinare quel momento. Continuò a spiarli, nascosto. Li vide nudi, mentre lui la prendeva, la metteva al muro, la baciava, le leccava i capezzoli, le palpava i seni e le natiche. Poi insinuò la sua lingua dentro la vagina della ragazza iniziando a leccare avidamente. Vedeva il piacere trasformare il volto di Elena, che non nascondeva i suoi gemiti di piacere. E quindi l’inevitabile conseguenza, la mano di lui che le solleva la gamba di lei, il suo cazzo che entra lentamente ma con decisione dentro la fica della ragazza, la faccia di lui persa dentro quel seno da sogno, gli occhi di lei puntati al soffitto. La schiena inarcata sino al limite, la voce che tocca il suo picco, un picco di piacere. Mentre quell’uomo affondava ripetutamente il suo cazzo dentro la ragazza e le loro urla di piacere si mescolavano, il custode non poté più ignorare la sua erezione. Immaginava di trovarsi al posto di quell’uomo mentre si dava piacere osservando la scena più eccitante che avesse mai visto. I due continuavano a fare l’amore, adesso lei era distesa su una panca e lui continuava a martellarla con il suo sesso. Il custode con un po’ di rimpianto e di nostalgia continuò ad osservarli un poco, poi si avviò verso l’uscita. Era giusto lasciargli quei momenti, quella serata. Non se la sentiva di interrompere il loro sogno d’amore erotico. Il palazzetto con la luce accesa era sempre più lontano nello specchietto retrovisore. Quella sera il palazzetto, dove lavorava da una vita, avrebbe ospitato la notte d’amore di quei due ragazzi, avrebbe assistito a quella magia. Un ultimo regalo da parte dell’uomo che più di ogni altro lo aveva curato e amato durante quei trent’anni, quasi un regalo d’addio prima della pensione. Intanto Elena e lo sconosciuto consumavano la loro passione. Continuarono a lungo a baciarsi, abbracciarsi, toccarsi e guardarsi. A lungo Elena si prese cura del sesso dello sconosciuto e del suomembro; a lungo lui rivolse le sue attenzioni alla ragazza e alla sua vagina, al suo corpo. Molte volte fecero del magnifico sesso, toccando le punte più alte di piacere. Elena aveva la sensazione che quello non sarebbe stato l’ultimo allenamento senza mutandine, così come l’uomo aveva la sensazione che quello spogliatoio avrebbe regalato loro ancora molte notti indimenticabili!

 

 

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