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L’intolleranza, il rammarico, il ripiego, l’insofferenza, la messinscena e in particolar modo la simulazione, appaiono inevitabilmente tutte le volte che abbiamo cessato di sognare, immancabilmente di prosperare e fatalmente di formarci ponendoci degli obiettivi o tentando d’alzarci e di reagire per risolverli, perché la nostra vita è diventata irrimediabilmente ristagnante, certamente priva di prospettive, di visuali e senza sviluppo.

“Io non mi sono mai posta degli obiettivi, ma è normale secondo te Tobia? Infatti, io non riesco a portare a termine nulla. Hai visto la scuola, il lavoro? Dopo un po’ tutto mi stanca e mi secca. Le pulizie di casa le inizio e non le finisco mai, stirare è anni che non riesco a smaltire la coda. Sai, ti dirò che non sono d’accordo con te. Perché desiderare di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, si rischia di volersi auto convincere che va tutto bene, quando effettivamente non lo è. Come tu ben saprai, io svolgo un lavoro sottopagato e per di più deludente e inadeguato. Tu puoi ripetermi quanto vuoi che io sono fortunata a non essere disoccupata, però io rimango in ogni caso insoddisfatta e delusa, di frequente frustrata e per di più malcontenta, di fronte ai miei bisogni e alle mie individuali aspirazioni” – sosteneva come un fiume in piena Nives, difendendo in maniera secca, apprensiva, inquieta e finanche sfiduciata il suo accurato concetto.

Tobia l’ascoltava attentamente, s’immedesimava nel suo sfogo cercando di captarne i dettagli, d’annusarne nel profondo le sfumature, di fiutarne le allusioni, di presagirne le ombre, nel mentre tentava di leggerne fra le righe cercando di coglierne il suo ininterrotto malcontento e il suo ricalcitrante disagio, che assediava durevolmente il suo stato d’animo interiore, attanagliandola nella psiche e angosciandola nell’intimo, innanzitutto là in fondo.

“Ti capisco Nives, però l’accettazione dei limiti della propria vita non è la soluzione alla monotonia, ma il più delle volte la causa della stessa. Non avere fretta, porta pazienza. Tante volte, accettare e acconsentire non significa assoggettarsi e subire, vuol dire tentare e tastare di cambiare quello che è possibile, cercando di viverlo al meglio. In tutta franchezza, ti dirò che non mi piace scherzare su argomenti piuttosto seri, responsabili e ponderati come i tuoi” – gli aveva candidamente e compassatamente esposto Tobia, rincuorandola e abbracciandola in quel frangente a sé.

“Caro Tobia, lo stato d’animo attuale che tu vedi, rappresenta e rispecchia precisamente quello che sto vivendo attualmente. Non mi stimola più nulla, vorrei fare un sacco di cose, ma subito dopo cambio idea e non le faccio, quando sono fuori vorrei essere a casa e viceversa. Mi sento veramente sola, ma nessuno riesce a darmi i giusti stimoli e i corretti incoraggiamenti, perciò sto perennemente da sola. La noia e l’insofferenza fanno a turno rima con il vuoto. Sai Tobia, io mi sento una persona svuotata, senza una direzione, faccio le cose, comprese quelle che ho scelto io di fare, solamente perché vanno fatte, o perché ritengo moralmente sia giusto farle, ma in realtà non provo gusto in niente. Le ricette per guarire mi sembrano troppo semplicistiche e intrise di faciloneria. Vorrei uscirne fuori al più presto da questa situazione orribile, spero che tu mi capisca” – aveva postillato in maniera chiara, netta e risoluta Nives.

“Ascoltami bene Nives, adesso ti dirò una cosa che forse ti farà riflettere e valutare ogni cosa, ti farà prendere indubbiamente una piega diversa: un gatto non vuole che tutto il mondo lo ami, ma soltanto quelli che lui ha scelto d’amare. Con questo, io penso che i motivi perché sei scontenta, insoddisfatta e che ti stufi possano essere alla fine tanti. Perché può darsi che tu non sai esattamente che cosa vuoi, non hai trovato un ragazzo adatto a te, per paura di relazioni serie, o perché magari in realtà non desideri giudiziosamente una relazione. Tempo fa, a me è successo di stufarmi subito come te, principalmente perché non ero rimasto attratto dalle caratteristiche della donna che avevo accanto” – gli esponeva in modo lineare, genuino e saggio il suo amico d’infanzia Tobia.

“E’ proprio vero, sai che hai ragione Tobia. La prima fase è la migliore, poi è come se tutto diventasse abitudine, ed è per quello che secondo me ci si stufa dell’altro. Il compito difficile, sta invero proprio nel fare in modo che il rapporto non diventi piatto, ma siccome inevitabilmente ci diventa, a mio parere bisogna cercare d’essere forti e reagire. Te lo confesso, in questo momento, non riesco a immaginarmi una vita matrimoniale che sia per sempre, perché credo ci voglia una grandissima forza e un’adeguata capacità per costruirla, per mantenerla viva. Per quanto riguarda l’esperienza personale, posso affermare d’essermi stancata, alcune volte, del mio ragazzo anche se poi mi rendo conto che, all’atto pratico non saprei stare senza di lui” – chiosava in maniera aperta e franca Nives, chiarendo, definendo e tentando di scrollarsi di dosso le ansie e i ripetuti malesseri accumulati, omessi e sottaciuti nel corso del tempo.

Il mio problema era seriosamente però anche un altro: con il mio ex ragazzo io fingevo il piacere a letto, probabilmente per l’educazione bacchettona, bigotta e farisea ricevuta fin da piccola, forse per il costante disagio e per il mio innato impaccio interiore, o chissà per l’intransigente e per il rigido pudore, che avevo incamerato nel corso degli anni diventando adolescente. Questo pensiero m’assillava costantemente tormentandomi di continuo, perché io simulavo inventandomi l’orgasmo con il mio ragazzo, tenendomelo dentro forse per pudicizia e per indotta decenza, non gustandomi appieno il godimento. In effetti, avevo mascherato e mentito per tutta la vita: so che molte donne lo fanno, io mio malgrado lo effettuavo regolarmente, anche se gli uomini apparentemente non possono. Io ero fortemente condizionata da questa limitazione, anche se una volta avevo origliato il mio ragazzo di nascosto in giardino, che dialogava con un suo amico, riferendogli della mia situazione, dove lui stesso insofferente affermava, che io avevo sovente recitato ad arte un appagamento sessuale inesistente. Lui aveva però ragione, io con quella finzione e con quella sceneggiatura, eseguivo onorando così un doppio obiettivo, perché facevo in modo di non far disgustare né urtare il mio ragazzo, in ultimo consolandolo relativamente alle sue arti amatorie, però non affrontando io stessa in maniera adeguata la mia individuale questione a letto.

In prima battuta, rammento ancora che, sono stata allevata ed istruita in malo modo in un collegio dalle religiose quando avevo dodici anni d’età, perché i miei genitori m’avevano piazzato in un educandato, ricevendo da fanciulla le molteplici tradizioni baciapile e beghine del tempo andato, generando in me ulteriori meccanismi di difesa della mia mente e chiudendomi a riccio. Quest’aspetto qua, l’ho scoperto più avanti nel corso del tempo, ragionando da sola con la mia testa e informandomi al meglio. Le stesse monache, mi riferivano, che la sessualità femminile è stata sin da sempre strapazzata e offesa, ignorata, poco studiata perché non stimabile né calcolabile, utilizzata come mezzo e per il fine ultimo, secondo loro della conclusiva riproduzione. I cambiamenti storici come la rivoluzione sessuale, le famiglie a doppia carriera, la legalizzazione del divorzio e dell’aborto hanno sdoganato svincolando la sessualità femminile dai divieti per consegnarla nuovamente alle donne e ai loro partner, malgrado ciò, il cammino verso la cognizione del godimento e del diletto, è ancora rivestita da complicazioni, intoppi e oscurità. Mi ricordo ancora, che la pasticca anticoncezionale, inoltre, ha irrevocabilmente sconnesso e dissociato la procreazione dalla sessualità, ma il rischio di finzione continua a rimanere in agguato, e il silenzio spesso si sostituisce alla finzione, come nel mio caso per l’appunto.

Devo inoltre ammettere e per di più sostenere, che in linea di massima, l’erotismo delle donne, rispetto a quello degli uomini, è una sessualità di membrana umida più che d’organo, proprio per la sua caratteristica intimità, per la sua interiorità e per la poca visibilità. Io con il mio ex ragazzo, avevo un tipo di piacere assai noioso, macchinoso e logorante, accumulato negli anni frutto d’una problematica vitale che m’appartiene fin dall’inizio della mia vita interiore, poi amplificata e cresciuta in un secondo momento, quando ero giustappunto in sua compagnia. In realtà, non ho mai avuto finora un’appropriata relazione a due, invero ho patito subendo una globale lacuna affettiva. Io con lui ho sempre mentito raccontando balle fingendo l’orgasmo, per di più per un placido e tranquillo vivere, in verità per non essere considerata glaciale o reputata nientemeno insensibile, spiegazione oltre che sminuente per caldeggiare il mio ragazzo e per non dovermi discolpare, per il timore di sentirmi carente, inidonea o perfino in colpa. Con questo stratagemma, sbagliavo e fallivo eccome, nel mio modo rigoroso di pensare, anche se quelle frottole all’epoca rappresentavano per me un espediente per svignarmela dalla verità, per non affrontare le difficoltà individuali che m’attanagliavano, distruggendo la mia sessualità che volevo in cuor far emergere gustandomela appieno.

Tutto questo, ha infine inevitabilmente sfasciato il rapporto con il mio ragazzo, portandoci irreparabilmente a scardinare la nostra relazione, giacché io recitavo facendo finta pure di crederci. La mia messinscena ha condotto in seguito al silenzio dei sensi, all’evitamento dell’intimità e all’inesorabile peggioramento della nostra vita a due. La mia doppiezza creava irreparabilmente un muro di tacita intesa e inevitabilmente di silenzio, però la silenziosità portava in conclusione alla successiva impostura, intrappolandoci e raggirandoci, in una specie di cerchio dove non si usciva più. Io no avevo vissuto la mia sessualità, l’avevo ahimè unicamente recitata, negandomi irrimediabilmente all’opportunità d’assaporarmi il puro piacere. Ho sofferto e patito tanto.

Oggi ho finalmente appianato e risolto tutto grazie a te, giacché sono riuscita a superare le mie resistenze mettendo da parte sia il tormento che il turbamento sessuale, ricucendo e sanando in definitiva sia le menzogne del corpo quanto quelle del cuore, perché tu sei stato la mia radicale terapia, il mio risoluto trattamento dei sensi, il mio intimo balsamo. Mi sono aperta integralmente a te, superando e demolendo quel muro d’acquiescenza e d’oblio, che trasformava ogni mio lieve disagio in un enorme masso da sormontare. Con te ho ritrovato un dialogo aperto, franco e leale, non criticante né giudicante con me stessa, in special modo senza la ricerca ossessiva delle mie colpe. Tu non m’hai analizzato né giudicato né condannato, io mi sono lasciata andare, tutto si è risolto come d’incanto.

Avevo deciso, dopo aver ascoltato Tobia e avendomi alleviato, confortato e appoggiato, decisi che una vacanza m’avrebbe alleggerito lo spirito e rinfrancato pure il corpo, sollevando e sgravando il mio tormentato stato d’animo interiore. Basta, era giunta senza più tergiversare l’ora d’agire. Decretai che la mia meta finale fosse stata la Sicilia, perché fu una favolosa e rimarchevole villeggiatura, quella che condussi in quella terra ricca di fascino, di profumi e di tradizioni. La mia preferenza cadde sulla costa settentrionale dell’isola, precisamente la costa saracena che comprende un tratto di litorale dove è possibile ammirare Tindari con il suo santuario dedicato alla Madonna nera a picco sul mare, il promontorio di Capo Calavà, la Baia di San Giorgio e le spiagge circostanti.

Scelsi la località di Brolo, fra il promontorio di Capo Calavà e Capo d’Orlando, tra vigneti rigogliosi e verdi agrumeti, borgo marinaro dal fascino antico, adagiato lungo l’incantevole costa saracena, ricca di storia, di bellezze naturali e artistiche, incastonate in paesaggi e ambienti incontaminati tra le braccia robuste di Nunzio. Io non ero finora mai stata in Sicilia prima d’allora e l’emozione era stata grande al cospetto di secoli di storia. E’ stato bello perdersi tra le sue vie, nei suoi luoghi caratteristici, l’atmosfera tipica di quei luoghi, non ha fatto altro che rendere ancora più speciale l’incontro con il mio amore e in special modo indiscusso padrone.

Io conservo infatti ben impresso nella memoria il primo abbraccio, il gagliardo e impetuoso abbraccio di Nunzio al mio snello e smanioso corpo, e poi tutti quelli che gli sono succeduti, il sapore della sua lingua nella mia bocca, l’odore del suo corpo, le sue mani che m’accarezzano e che mi spogliano. Al presente ci troviamo nella sua stanza, quella che invero conosco tanto bene. Non sono una forestiera qua dentro, perché abbiamo scopato numerose volte, in quanto tu sai benissimo a che cosa mi riferisco di preciso. Attualmente ci troviamo nel mezzo della stanza, siamo in piedi uno di fronte all’altro. Tu mi cingi per la vita regalandomi un bacio focoso e libidinoso, le nostre bocche si svelano, le lingue si rintracciano smaniose trastullandosi, mentre una vampa d’ardore risale su per la schiena. Le tue mani si posano sulle mie chiappe, tu ironizzi divertito nel tempo in cui mi sollevi la gonna. Io non indosso il tanga come da tua espressa invocazione, il mio inguine è pelosissimo come piace a te, attorniato da una foltissima e larga striscia di peli che tanto sragionare e godere ti fa.

Tu ingordo e famelico quale sei ti lecchi le labbra piuttosto soddisfatto, io adoro questa tua piccola mania di tirare fuori la lingua e di passartela sulle labbra, in quanto trovo che sia un gesto straordinariamente provocante e inverosimilmente voluttuoso. Non posso fare a meno di maneggiare i tuoi glutei, strappandoti una risata rimbombante, ma le tue mani non smettono d’accarezzarmi e di tastarmi, perché mi fai indietreggiare dal baricentro della camera sospingendomi verso il letto. Ti tolgo la maglietta mettendo a nudo il tuo torace ispido e maschio, la caldana del tuo corpo espande accrescendo in me l’eccitabilità e l’impulso, così quando mi denudi i miei capezzoli sono già irti. Tu mugoli soddisfatto mentre ne afferri uno fra le labbra succhiandolo in modo ingordo, dopo prosegui con l’altro in modo analogo.

I nostri vestiti sono sparpagliati tutti ai piedi del letto, dove ci stendiamo concitati e infervorati, il tuo cazzo tumido e carnoso pigia contro il mio inguine, adesso che sei disteso su di me. All’orecchio mi bisbigli vocaboli di smania, perché sai che mi piace essere esortata e pungolata, per il fatto che padroneggi e comprendi tutto ciò che mi piace. In tal modo la tua bocca intraprende a perlustrarmi in ogni luogo, la lingua sdrucciola slittando sulla mia epidermide abbrunita dal sole, fino a raggiungere il ricovero caldo della grotta fra le mie cosce, la mia pelosissima fica che tanto farneticare e sragionare ti fa. Io sono abbondantemente impregnata, perché gemo e mi dimeno allorquando la tua bocca s’introduce in maniera avveduta, esperta e competente. Il mio fluido fluisce abbondante sotto le sferzate della tua lussuriosa lingua e tu lo assaggi in modo avido. Adesso sei tu che pretendi reclamando il tuo intimo piacere.

Infatuata, infervorata ed entusiasmata come sono, ricambio i tuoi baci, le tue carezze e avidamente cerco il tuo cazzo voglioso e martellante. La mia bocca si spalanca, s’attarda di proposito sull’inguine, sui testicoli pieni e dilatati e lungo l’asta. Tu sospiri ingiungendomi di non fermarmi, perché io sono la tua soggiogata signorina, la tua esclusiva, aggraziata e sottomessa fanciulla, la tua libidinosa pupa e concupiscente sgualdrina.

Io proseguo, seguito in modo instancabile nel procurarti piacere, ciucciando ingorda il tuo cazzo. Tu nel mentre m’avvisi informandomi che il tuo appagamento sta approdando, eppure io non mi scosto. Voglio assaggiare la tua sborrata, desidero berla fino all’ultima goccia, così accade, perché quell’atto conclusivo mi regala un enorme e sconfinato piacere. La tua sborrata mi riempie in parte le tette e l’addome, scivolando in fine di sotto penetrando con un lungo rigagnolo, depositandosi in ultimo fra i riccioli della mia pelosissima e odorosa fica.

Tu mi conforti rincuorandomi fra le tue braccia, baciandomi e stringendomi a te, bisbigliandomi che mi ami tantissimo. Io avevo incontrato la persona che attendevo, seppur vivesse a oltre milletrecento chilometri di distanza, essendo io nativa d’un paese della provincia di Vicenza, mentre Nunzio è originario di Patti in provincia di Messina. Eppure si sa, l’amore non guarda i confini né misura le distanze. Noi due ci eravamo conosciuti, frequentati e subito amati.

Carissimo Tobia, ho definitivamente risolto appianando i problemi che m’attanagliavano, ho conosciuto la persona giusta facendomi scorgere e discernere le cose e gli aspetti della vita in altro modo e per di più da prospettive inedite ed esclusive. Adesso sono felice, sono lieta e giuliva, giacché ho ricominciato una nuova vita, stabilendomi definitivamente quaggiù.

Avevi davvero ragione tu Tobia: il tuo provvidenziale contributo e il tuo opportuno aiuto m’ha alleggerito i malesseri, eliminando in definitiva le sofferenze e sciogliendomi i turbamenti che avevo indosso.

Non scorderò mai la tua ricorrente frase, che è sempre e ininterrottamente senz’eccezione attuale e in special modo vigente, sotto tutti gli aspetti e i frangenti quotidiani della vita d’ognuno di noi:

“Bada bene Nives, non dimenticartelo mai, nulla è ciò che sembra”.

{Idraulico anno 1999} 

 

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