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Racconti Erotici Etero

Appartamento universitario

By 1 Luglio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Domenica mattina, sono solo in appartamento, i miei coinquilini sono tornati a casa per il week end.
Mi alzo e vado in bagno, voglio rilassarmi. Mi spoglio e mi faccio la barba. Mi guardo allo specchio, non male come fisico, ho voglia di scopare. L’occhio mi cade sul cazzo e in un lampo decido di radermi anche la sotto, ma non del tutto, uso le forbici. In piedi davanti allo specchio prendo una ciocca e cerco di decidermi sull’entità del taglio, “Ma che cazz..?”, la porta si apre.
Una voce visibilmente imbarazzata, “Scusa, credevo di essere sola in casa e volevo farmi una doccia!”
Non so che dirle, che figura del cazzo, “Pensavo la stessa cosa!”, se ne va silenziosamente.
Fanculo, mollo tutto e m’infilo sotto la doccia, voglio lavar via la figura di merda.
M’insapono con cura il pube e massaggio con delicatezza lo scroto. Poteva almeno bussare, mi ha beccato nudo con le forbici sull’uccello, che cazzo avrà pensato? Posso anche metter via la speranza di scoparmela…
Già, era stata Valeria, la mia coinquilina figa, ad aprire la porta. Era un anno che abitavamo assieme in un appartamento per studenti ed era un anno che morivo dietro a quella rossa di fuoco, senza darlo a vedere in realtà. Si dice che tra coinquilini è meglio evitare certe cose, sarebbe troppo strano. Ma è anche vero che l’istinto non si comanda e spesso e volentieri (molto volentieri) mi soffermo con lo sguardo su di lei, apprezzandone ogni centimetro a me visibile. Il resto lo ricostruisco a fantasia e non è davvero niente male!
L’insaponatura del pene si sta lentamente trasformando in una sfacciatissima sega mentre penso a lei. Le sue gambe lunghe e slanciate, le cosce da aprire che non ho mai potuto vedere nude, una buona terza da strizzare. L’immagine dei suoi capelli ricci e rossi che ondeggiano sul mio cazzo mentre me lo succhia con cura certosina come un gelato che sta colando, il suo sguardo profondo, penetrante grazie a due occhi tanto scuri da non distinguere l’iride dalla pupilla me lo fanno diventare di marmo. La mano va su e giù velocemente, quasi con furia, fantasticare su di lei mi eccita come un animale. Metterla a pecora, aprirle il culo e sbatterla nella figa mentre urla di piacere, pompare più forte prendendola per i suoi ricci di fuoco e tirarli un po’ per a farle inarcare la schiena come una puttana, un sogno. La mano si fa più stretta, sono vicino al capolinea, il pensiero ricade sulla sua bocca piena del mio cazzo e piegato dallo spasmo vengo abbondantemente.

Vado in cucina a preparare qualcosa da mangiare, Valeria è seduta a leggere una rivista con le gambe sul tavolo, la pelle bianchissima. Un paio di pantaloncini molto corti le espongono quasi del tutto le cosce, che voglia. “Ehi, mi togli una curiosità?”, mi ridesto.
“Certo dimmi pure…”
“Cosa stavi facendo prima con le forbici?”, oddio, me n’ero dimenticato, che palle.
“Beh, m’era venuto in mente di accorciarmi il pelo, eheh”, mi tocco i capelli, la mano è sudaticcia.
“E com’è venuto?”, ma che domande fa? Il distacco tra coinquilini dov’è finito?
“Alla fine non l’ho fatto, non sapevo da dove iniziare, poi sei entrata te…”, che cosa sto dicendo? Perchè le rispondo?
“Sai che anni fa ho lavorato come estetista per qualche mese? Se vuoi te lo posso fare io!”
Caldo al viso, l’udito attutito, sto arrossendo e non va bene, “Beh, non so…”
“Eh dai!”, allarga le braccia come per protesta, “Hai paura che ti rivedo il pisellino?”, sorride, le labbra rosse contrastano col pallido del viso, è bellissima. Devo farmi coraggio, la voglio e questa può essere un’occasione.
“Ti pare? Se ti va si può fare!”, cerco di essere evasivo con un tono di lieve superiorità.
Si alza dalla sedia in un attimo chiudendo il libro, “Allora ti aspetto in bagno con le forbici, muoviti che devo pranzare!”, fa la sua solita risatina innocente, quando scherza fingendosi aggressiva ride sempre in quel modo forse un po’ infantile.
I jeans iniziano ad essere stretti…

Continua… Sono in camera, faccio di tutto per contrastare l’erezione, non posso certo presentarmi davanti a lei col cazzo duro! Intanto mi metto dei pantaloncini corti, più comodi. Forse ce l’ho fatta, il cazzo è abbastanza moscio da essere presentabile. La parte più difficile sarà mantenerlo tale durante il ‘taglio’.
Mi dirigo in bagno, la trovo in piedi con le forbici in mano che mi aspetta. Si sta stuzzicando un ricciolo rosso dei capelli, nel farlo le braccia fanno una leggera pressione sul seno, quanto basta per far spuntare dalla scollatura del top nero due piacevoli collinette. Resto calmo, non ci penso e vado avanti. O meglio, penso al potenziale imbarazzo e i motori si raffreddano.
Alza gli occhi scurissimi da cerbiatta, “Era ora! Credevo fossi scappato”, il suo solito sorriso innocente, “Preferisci da seduto o in piedi?”
“Boh, proviamo da seduto” e così dicendo mi siedo sul bordo della vasca.
“Forse è meglio se abbassi i pantaloncini…”
La guardo negli occhi, un po’ annoiato dal suo sarcasmo di serie b, tolgo i pantaloni e, con un po’ di imbarazzo, abbasso impacciato i boxer fino a scoprire solo il pube. Panico.
“Ma che boschetto che abbiamo!”
“Dai, non li ho mai tagliati, che ne so io?!”
Prende una ciocca e inizia a tagliare con cura, ha le dita fresche e man mano che sfoltisce mi sfiora la pelle del pube con maggiore frequenza.
Qualcosa si muove, ma non posso, non ora. Nonostante abbia il cazzo schiacciato dall’elastico dei boxer, si intravedono le pulsazioni del sangue che viene pompato nell’asta. Devo mascherare la cosa. Mi muovo nervosamente fingendo di essere in una posizione scomoda.
Probabilmente ha capito, alza il viso allontanandosi “Bene, qui ho finito! Ti va bene?”
“Si, perfetto, così sta più al fresco”, faccio una risatina, “Adesso possiamo pranzare!”, voglio tagliar corto.
“Aspetta, ho finito solo sopra, ora devo fare sotto. Mica lascio il lavoro a metà!”
Stralunato sgrano gli occhi, “Cosa??? In che senso ‘sotto’?”
“Dai, hai capito scemo!”
“Vanno fatti anche lì?”, sono sotto shock e il tono della voce è un po’ lasciato al caso.
Con la sua solita dolcezza innocente mi guarda, “Beh, non vorrai avere un giardinetto curato sopra e una foresta pendente sotto!”, scoppia a ridere. Con un sorriso la imito più per il nervosismo che per l’effettiva comicità della battuta.
“E come si fa?”, il terreno è insidioso.
“Ti togli i boxer e continuo con le forbici, se sei un timidone puoi coprirti con le mani”
Incerto mi sfilo i boxer tenendo una mano sul pene, mi sento un po’ coglione ma è troppo strano ‘metterglielo’ praticamente in faccia in questa situazione così asessuale. Asessuale per lei, perlomeno.
Mi risiedo sul bordo della vasca ma noto anch’io che c’è qualcosa che non va.
“Furbetto, se ti ci siedi sopra come pensi che possa fare?”
“In effetti non ci avevo pensato” mi alzo in piedi.
è inginocchiata di fronte a me, la sua faccia è all’altezza del mio bacino e a una decina di centimetri dalle palle. Sento la fronte umida di sudore, sono teso. Dall’alto ho un panorama privilegiato, i folti ricci rossi, già eccitanti di loro, giocano al vedo-non vedo con la scollatura generosa del top. Qualcosa inizia a riempirmi il palmo della mano. Più avanti le sue dita cercano con delicatezza di raccogliere delle ciocche solleticandomi lo scroto. Ad ogni sfioramento sento una lieve scossa ai testicoli che mi sale fino al ventre e scatena la mia immaginazione.
Silenziosamente sposta la sua attenzione nella parte posteriore e per vedere meglio usa una mano per alzarmi le palle.
“Mmh…”, per la sorpresa mi sfugge un mugolìo dalla gola.
Alza lo sguardo stupita, “Scusa, ti ho per caso fatto male?”
Con le mani fatico a nascondere l’erezione, mi sta scoppiando il cazzo.
“No, per niente!”, aspetto ma non riesco a trattenermi, “Anzi…”

Continua… Alza il sopracciglio, “Anzi cosa?”
“Beh, è un po’ piacevole”, strizza leggermente gli occhi come per indagare, mi correggo “Sai, mi fai un po’ il solletico!”
Annuisce e dopo qualche istante passato a fissarmi torna al suo lavoretto.
Le sue dita continuano scrupolose a stuzzicarmi la pelle, la voglia di toglierle di mano le forbici e scoparla selvaggiamente è davvero tanta, ma ovviamente è solo fantasia.
Mi desto dai miei pensieri con l’acqua alla gola, “Ho finito!”
Per il sobbalzo riesco a mandare di traverso della saliva e istintivamente porto una mano alla bocca per coprire il colpo di tosse.
“Cerca di non morire e dimmi se li vuoi più corti”, ancora inginocchiata davanti a me.
Continuo a tossire quasi piegato e mi accorgo di aver scoperto un po’ troppo nella foga del momento. Sposto lo sguardo più avanti e vedo che anche lei ha appena notato il mio cazzo eretto e scappellato davanti al suo naso, è zitta.
Passano alcuni secondi di intontimento e mi copro di nuovo con le mani visibilmente imbarazzato, “Scusami, non volevo”
“Figurati”, mi guarda a viso basso tra i ciuffi rossicci che le cadono sulla fronte, non ha ancora avuto il tempo di rialzarsi, “Anzi…”
Ha il viso un po’ arrossato, non è mai stata così bella e femminile. Decido di stare al suo gioco e le faccio il verso “Anzi cosa?”
A quanto pare ha voglia di giocare e continua “è un po’ piacevole…”
La incalzo con un sorrisino complice “Immagino che ti faccia un po’ di solletico”
Lentamente si alza in piedi senza indietreggiare, i suoi capelli mi sfiorano le braccia nude. Mi guarda negli occhi, appoggia le mani leggere sugli avambracci tesi a coprire la mia erezione. Con la voce più calda e femminile che abbia mai sentito mi sussurra “Credo che quell’affare faccia più che il solletico”.
Il mio cervello annebbiato dall’eccitazione a queste parole va in tilt, la voglio baciare, la devo baciare! Com’è che dicevano? Tra coinquilini bisogna evitare certe cose… Idioti, chi l’ha detto non ha mai avuto di fronte una cerbiatta dai ricci rossi e la pelle così candida come ce l’ho io ora!
La prendo delicatamente per i fianchi e mi avvicino a quelle labbra carnose, non si ritrae, lo vuole anche lei, ma questo già l’avevo capito. Appena ci tocchiamo mi passa le dita tra i capelli della nuca mentre con la lingua mi invade la bocca. Ha un buon sapore, l’odore dei suoi capelli mi manda in estasi tanto da non accorgermi che ormai siamo avvinghiati uno all’altro e le sto letteralmente schiacciando il cazzo sul ventre. Evidentemente lei ci fa caso e di certo non la lascia indifferente perchè velocemente si stacca e mi leva la maglietta come se volesse strapparmela.
Il vederla così eccitata mi trasforma in una furia senza più blocchi morali, la giro su se stessa come una bambola, le scosto i corti ricci che le ricadono sulla nuca e inizio a baciarla sul collo. Sento che arretra col bacino, come per cercare il mio cazzo, vuole sentirlo premere dietro di lei. Istintivamente la faccio piegare leggermente e mentre la accontento le sfilo insieme top e reggiseno; come un animale mi accascio a baciare e leccare quella pelle così bianca e liscia, le mani vanno a cercare le tette sode e piene. Nel frattempo lei ha infilato una mano nelle mutande e appena si accorge della mia esplorazione con voce sospirata e sonoramente eccitata mi fa “Strizzami i capezzoli, ti prego!”. Non me lo faccio ripetere e con le dita sento che sono diventati durissimi, li stringo tra pollice e indice ma a quanto pare non le basta, “Più forte!”, la accontento e mentre emette un mugolìo quasi di dolore schiaccia il culo contro il mio cazzo.
La sento vogliosa e decido che è ora di accontentare la troietta, mollo i capezzoli e la spoglio degli shorts già slacciati da lei e del perizomino verde che prima di gettare annuso a pieni polmoni, sentirei che è in calore da un kilometro.
La rigiro per guardarla negli occhi neri e innocenti, la bacio e intanto prendendola per le cosce la sollevo appoggiandola al lavandino; sarebbe certamente più comoda la camera da letto ma ho la cappella a pochi centimetri dalla sua figa bagnata con un velluto di pelo rosso. La penetro lentamente e a fondo.
La sua cavità è strettina e lo sente anche lei, lo capisco dal suo rumoroso godere; inizio a pompare deciso e ad ogni botta vedo le tette che ballano sotto i miei occhi, inizio ad ansimare anch’io “Non mi venire dentro!”, mi levo. Mi inginocchio a leccarle il clitoride e con la bocca sulla sua figa fradicia le parlo.
“Come vuoi concludere allora?”
“Ci sono tanti altri buchi da riempire…”, succhio un po’ più forte, sospira.
“Sai che sei una gran troia, vero?”
“Voglio sentirmi la tua puttana”, mi alzo e vado al suo orecchio.
“Ora ti pieghi sul lavandino e te lo fai mettere in culo”
Non se lo fa ripetere e con un lieve sorriso si mette in posizione aprendosi le natiche, passa una mano tra la figa e il culo, bagnandoselo per bene a allargandolo con le dita. Mi godo la scena guardandola mentre le accarezzo la schiena e mi sego lentamente vicino al suo viso, è uno spettacolo.
Si gira come per dirmi che si sente pronta, avvicino la cappella all’ano e aspetto, non sono pratico di questa strada; forse lo capisce e piano piano indietreggia regolando la penetrazione. Stringe i denti, entra la cappella.
Piano piano entra del tutto, e ancheggiando mi invita a pompare lentamente. Col bacino segue i miei movimenti, mi sta facendo un pompino col culo.
Grazie allo specchio vedo la sua faccia godere, gli occhi socchiusi e un’espressione tra dolore e piacere, “Voglio che intanto ti tocchi”, mi guarda per un istante sorridendomi, una goccia di sudore le scende dalla fronte.
Pompo sempre più forte, il suo mugulare si è fatto veramente rumoroso, tra il mio sbatterla violento e il suo sfregarsi il clitoride sembriamo in preda alle convulsioni. Sento che sto per venire e dal riflesso davanti a noi noto che ci siamo arrivati assieme.
La afferro per le spalle e lo spingo dentro fino alle palle, sta venendo; appena smette di ansimare, contratta nello spasmo dell’orgasmo, mi accascio su di lei e le riempio l’intestino di sperma caldo sbattendola con affondi secchi e decisi.

Siamo in cucina, abbiamo messo su l’acqua della pasta e nel mentre ci godiamo una sigaretta d’obbligo.
Ci guardiamo negli occhi, “Sei bellissima”, si imbarazza e distoglie lo sguardo, non è più la gatta in calore di prima.
Poi prende coraggio, “è stato fantastico”.
“Potremmo rifarlo…”, la butto lì.
“Sono sempre pronta”. Sorride.

Continua? “Che ne dici di uscire a fare un giro?”, è un caldissimo giovedì sera d’estate e in casa non si respira. Sono passati quattro giorni dall’avventura con Valeria e, nonostante tutto, non ho ancora avuto la fortuna di una seconda volta.
“Dove vorresti andare? Con questo caldo non riesco a far nulla!”, siamo in salotto, lei è stravaccata in poltrona, i piedi nudi allungati sul tavolino di fronte; una fascia elastica le tiene alzati i ricci che altrimenti le ricadrebbero sul viso arrossato dall’afa. Una maglietta grigia di una taglia decisamente troppo grande per lei e un paio di shorts che usa come pigiama la dicono lunga sui livelli di spossatezza.
“Potremmo fare una passeggiata in centro, fuori c’è più fresco”, cerco di convincerla con un sorriso fintissimo, ci riesco. Con una mano si fa strappare dalla poltrona, “Mi devo cambiare però!”, la spingo in camera sua, “Fa in fretta!”.
Si affaccia alla porta della mia stanza, “Allora sei pronto? Andiamo?”, chiudo il pc e mi giro; la squadro dalla testa ai piedi senza fiato: orecchini a cerchio e rossetto, camicetta scollata e gonna a metà coscia. è talmente sensuale che la tirerei in camera chiudendo la porta a chiave, ma no, usciamo a fare un giro che è meglio.
Scendiamo le scale e una volta fuori dal portone decidiamo di incamminarci verso il centro. La serata è piacevole, non c’è troppa ressa per le strade e abbiamo una tipica conversazione tra amici. Mentre parliamo del più e del meno, non riesco a evitare di studiare i suoi contorni e i suoi movimenti, spesso perdendo il filo del discorso.
“Ma mi ascolti o parlo a vanvera?”, il suo solito modo di fare, tagliente e un po’ aggressivo ma allo stesso tempo dolce. Il sorriso di sempre.
Sorriso che questa volta è contornato da un bel rosso profondo, e più che trasmettermi dolcezza…
è bella come sempre, ma donna più del solito, mi perdo nei miei pensieri e non prendo nemmeno in considerazione la sua domanda; ci vogliono dei secondi perchè mi accorga che, arrabbiata, sta iniziando a insultarmi. Provo a riparare.
“Quando t’arrabbi e diventi così rossa sai cosa mi viene in mente?”
“Non ti sto ascoltando, stronzo”, vuole vendicarsi, si vede che è tutta scena.
“Mi ricordi l’espressione che avevi in bagno qualche giorno fa… Cos’è che stavi facendo quella volta?”, la punzecchio con un’occhiata colpevole.
L’unica risposta è un angolo del labbro che si alza in un accenno di compiacimento soffocato, continuo.
“è stato quando mi avevi dato un mano con le forbici o sbaglio? Solo non ricordo perchè fossi così rossa in faccia”, mentre parlo mi avvicino lentamente fino a sentire il suo respiro trattenuto; poi come un lampo si accende, “Forse per il caldo?”, le appoggio le mani sui fianchi e la guardo negli occhi, “E sempre per il caldo che ansimavi, vero?”.
“C’era molta afa”, faccio un altro passo, ormai ci tocchiamo; sento il suo cuore accelerato.
“Come c’è adesso…”, ci avviciniamo all’unisono e ci baciamo famelicamente, con impeto, come un fiume in piena che sfonda la diga.
A pochi passi c’è un parchetto, è chiuso ma si può scavalcare facilmente. In un attimo siamo oltre la recinzione.

Continua…

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