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Racconti Erotici Etero

Bianche le braccia

By 9 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Bianche le braccia

oro che luce i capelli,

rosse le labbra

negli occhi le stelle’

Inspirò profondamente l’aria salmastra ricca di iodio, il sole ormai divenuto una piccola sfera cremisi che stava per confondersi nell’azzurro del mare. Scosse i lunghi capelli grondanti, ripetendo con un soffio di voce la nenia, come incantata dal suono di quelle parole. Poi si chinò e immerse meccanicamente la mano nell’acqua, spruzzandosi; un gesto compiuto inconsapevolmente, come per cercare il contatto di quella materia liquida e familiare che la faceva sentire protetta.

Era stanca Alya, dopo aver giocato a lungo con i delfini, ed era affamata. Il vento aveva soffiato con forza per tutto il giorno, sollevando enormi onde che più di una volta l’avevano travolta, trascinandola giù in fondo. Il mare sembrava esser divenuto più scuro, come arrabbiato, e per qualche ora anche il cielo aveva scaricato la propria furia, in un coreografico biancheggiare di lampi.

Dove si era cacciato Muna? Cominciava ad aver freddo, e si sentiva vagamente a disagio, o forse era solo la sabbia sottile che le si era appiccicata addosso come una seconda pelle.

Aveva raccolto tante conchiglie sul bagnasciuga e le aveva riposte in un sacchetto ricavato dalla sottile e infida rete che qualche giorno prima suo fratello aveva lacerato, per liberare quel grosso pesce rimasto intrappolato. Gli avrebbe fatto un braccialetto, decise. Doveva solo cercare qualcosa di appuntito per praticare dei forellini ai gusci. Si guardò intorno: la spiaggia era una lunga distesa oro pallido contornata da una vegetazione troppo fitta perché lei avesse voglia di addentrarsi al suo interno. Da bambina aveva spesso sfidato i divieti e conservava il vago, dolce ricordo di un piccolo compagno di giochi col quale si incontrava al tramonto. Non aveva dimenticato il sapore dei frutti rossi che lui le portava in dono. Un giorno, semplicemente, lui non era più venuto. Lo aveva atteso per ore. E ancora il giorno dopo, e poi quello seguente, fino a quando era tornata ai suoi giochi di sempre, ripromettendosi di mettere il broncio al bimbo bruno, se lo avesse rivisto.

‘Perché mi torna in mente proprio adesso?’ Pensò Alya, smovendo la sabbia con un bastoncino di legno. Percorse a lungo la spiaggia stropicciata dai cavalloni, mentre il mare cominciava a restituire sassi, piccoli tronchi e detriti. Stava ben attenta a dove appoggiava i piedi, aguzzando la vista per cercare qualsiasi cosa potesse utilizzare come punteruolo. Delle assi di legno spezzate erano sparpagliate sul bagnasciuga, sospinte sulla sabbia come se il mare stesse cercando di liberarsene. Vide anche delle reti simili a quella che stringeva tra le mani. Si chinò per liberare un pesciolino ancora intrappolato, ma vide che ormai era morto e lo lasciò lì. Quasi inciampò nel corpo dell’uomo.

Le reti e le alghe che vi erano aggrovigliate lo avevano celato al primo, distratto, sguardo. Alya fu attratta dal luccichio di qualcosa che lui portava al collo. Tirò, ma quel filo dorato era resistente e non veniva via. Appoggiò a terra la piccola sacca e provò con entrambe le mani. Il corpo ebbe un movimento convulso, all’improvviso, poi fu scosso da violenti colpi di tosse. Alya fece un balzo all’indietro, più per la sorpresa che per la paura. Desiderava ancora quell’oggetto luccicante. Rimase ad osservare a distanza di sicurezza: vide l’uomo con le mani giunte rendersi conto di essere ancora vivo, cercare di sollevarsi sulle ginocchia e riuscire infine a trascinarsi sulla sabbia asciutta, come per allontanarsi dal mare. Portò le mani alla cintola, ne trasse un piccolo contenitore che portò alla bocca, avidamente. Chiuse gli occhi e si lasciò cadere con la schiena sulla sabbia, respirando profondamente ma a scatti, come in debito di ossigeno.

Fu allora che volse lo sguardo verso di lei, rimanendo impietrito. Rimasero a studiarsi a lungo, mentre la luce del crepuscolo si diradava lasciando posto alle ombre della sera, poi lui le rivolse una domanda. Alya scosse il capo, quei suoni non avevano alcun significato per lei. Si avvicinò, incuriosita, e allungò una mano a toccare gli stracci che ricoprivano il corpo dell’altro. Dovevano servire a ripararlo dal sole, pensò. L’uomo si lasciò esaminare quasi trattenendo il respiro, mentre le piccole mani gli percorrevano il corpo, soffermandosi sul filo dorato che portava al collo. Alya lo vide scoprire i denti in un sorriso e pensò che, dopo tutto, non era brutto come le era sembrato all’inizio. Aveva un naso enorme, la pelle scura come bruciata dal sole e folti capelli ricciuti. Gli passò le mani sul torace e scoppiò in una risata leggera: l’uomo era ricoperto da una fitta peluria che le solleticava i polpastrelli. Sotto, pero’, si intuiva una muscolatura nervosa. Avrebbe voluto esplorare più giù, ma la sua attenzione fu attirata dalle mani: grandi, callose e ruvide, con dita lunghe e ben separate. Ne esaminò con cura una e non badò all’altra, che prese a vagare dapprima timidamente e poi con sicurezza sui suoi piccoli seni liberi. Ascoltò nuovamente quelle strane parole, pronunciate con voce un po’ più roca che in precedenza, in un tono che le parve rassicurante, perfino mentre la mano salì su, verso la nuca e cominciò ad attirarla verso quelle labbra riarse. Lo lasciò fare, lasciò che sentisse il sapore della sua bocca, probabilmente curioso di lei come Alya lo era di lui. Non si ribellò all’invasione di quella lingua che andava ad esplorarla, godendo della sua morbidezza, ma non rispose al bacio, concentrata sulle sensazioni che le procurava quella mano vagante, che serpeggiava giù, soffermandosi sui seni per poi continuare la propria strada verso il ventre. Delle voci concitate li riportarono improvvisamente alla realtà. Alya si staccò da lui e vide un gruppo di persone che avanzavano verso di loro, nelle mani torce ad illuminare il cammino. Lui la trattenne per il polso, cercando di rassicurarla gesticolando.

A malincuore, lei si divincolò e corse verso il mare, tuffandosi.

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