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Cara Alice: certe parole che non ti ho mai detto

By 3 Marzo 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Cara Alice,
quando si scrivono lettere sul passato, come questa, la prima cosa che si vuol fare è commuovere chi legge. Io credo che alla fine anche tu lo farai; ma forse, pur volendo manifestare commozione, il tuo corpo non sceglierà di inumidirti gli occhi. Considerato quello che scriverò, probabilmente il tuo coinvolgimento si manifesterà bagnandoti gli slip, se li indossi mentre leggi.
E, dopo questo, la seconda cosa che vorrebbe fare chi scrive una lettera così, è spedirla. Ma io non lo farò. Affiderò al web questi ricordi, e sarà come gettare una lettera in mare dentro una bottiglia; sono sicuro che un giorno, frequentando siti che raccolgono storie erotiche, leggerai queste righe. è uno dei pochi modi che credo ti siano rimasti per ricordare a te stessa cos’è l’Eros. Non ti sento da anni, ma è come se ti avessi vista ogni giorno. Ogni giorno, vedo la mia Alice che adesso è l’Alice di un altro; la stessa Alice cui volevo insegnare a non essere di nessuno. Sì, hai scelto un’altra strada, diversa da quella che per un momento lunghissimo abbiamo percorso insieme. è quella strada, ne sono sicuro perché è come se ti avessi vista, ad averti fatto conoscere cose che con me non avresti conosciuto mai; e anche a scordarti di tutto quello che avevi conosciuto solo con me. Solo grazie a me.

Bene. Avrai notato che quello che definivi ‘un pervertito’ non è poi cambiato così tanto. Negli anni in cui siamo stati vicini, ho dovuto sopportare la tua convinzione che ogni sconfinamento in ciò che è sessualmente poco comune dovesse rientrare nella categoria della perversione. Non che da questa idea mi sia mai fatto condizionare: nei nostri incontri più intimi, tu cercavi qualcosa, quello che cercano quasi tutti gli esseri umani; io, volevo andare oltre. Sono sicuro che le cose non sono cambiate. Tu continui a lottare contro il tuo senso del peccato (mi chiedo ancora dove nasca, visto il tuo ateismo); e io cerco ancora un amore senza amanti (che si spiega benissimo, visto che sono ancora credente).
Le ragazze che si chiamano come te, hanno la maledizione di dover amare ‘Alice nel paese delle meraviglie’, sin da bambine. Non ho mai provato a leggere Carroll, e il cartone animato è forse il peggiore tra quelli firmati Disney. Non posso farci nulla, se io spiritualmente appartenevo e appartengo ancora alle storie di Andersen. Mi dicevi che ti metteva un mare di tristezza, cosa che può essere vera. Ma non hai idea di quanta tristezza provassi io nel constatare che la mia Alice non riusciva proprio ad apprezzare il senso profondo della tana del Bianconiglio. è stato quello il regalo che non sono mai riuscito a darti. Non sono mai riuscito a farti entrare, davvero, nel paese delle meraviglie. Eppure ci ho provato, a farti emozionare senza la schiavitù della morale comune. Non te l’ho mai detto; e se te l’avessi detto prima, e in un altro modo, forse non mi avresti lasciato. Ma è giusto dirti adesso che nei nostri rapporti sessuali per te non provavo il minimo sentimento. è probabile che te ne fossi accorta, ma adesso ti spiegherò cosa hai perso. E, alla fine, capirai che, senza provare sentimenti, ti stavo manifestando tutto il mio amore; e che senza rendetene conto eri entrata, tu: Alice, nel paese delle meraviglie.

Quando facemmo sesso la prima volta avevamo appena diciotto anni: era l’anno della Maturità. Entrambi dicevamo d’esser vergini. Posso ora dirti con sincerità che io allora mentivo, ma che avrei tanto voluto che quella fosse la verità. Eravamo fidanzati già da un paio d’anni, da quando ti trasferisti nello stesso liceo che frequentavo anch’io. Per l’esattezza, iniziammo a essere una coppia quando diventasti la mia compagna di banco e, in ossequio alla più banale tradizione, ci stringemmo la mano pronunciando i nostri nomi. Tra noi c’era un’attrazione forte, fortissima. Era così perché non l’avevamo creata noi; era assolutamente lontana da te, e in fondo anche da me. L’energia era così forte che avremmo potuto vivere per anni l’uno accanto all’altra, senza nessun tipo di problema. Sarebbe successo, se non fossi stata schiava dei tuoi pensieri, dei tuoi sogni, dei tuoi schemi. Se avessi continuato a fidarti di me.
Se non fossi stato, già allora, dissidente come sono adesso, quando scopammo per la prima volta avremmo fatto sesso e basta. Sì, eravamo due fidanzati, l’atmosfera poteva anche apparire romantica. Ma si sarebbe trattato sempre di sesso, come l’hanno fatto e lo faranno milioni di coppie. Spero ti ricordi quanto tempo aspettai prima di penetrarti. Non era dovuto alla tua paura, né tantomeno alla mia. Ti ricorderai per quanto tempo, forse due ore, ti ho accarezzata in assoluto silenzio. Mi avrai considerato un poeta, proprio io che non ho mai saputo scrivere due rime; e proprio io che con quei lunghi preliminari volevo creare la più pura pornografia. Le tenerezze prima di un rapporto sono l’equivoco più grosso che sia mai stato pensato a proposito del sesso. Sono carezze, o altro, che non costano e non guastano. Ma che di sicuro hanno poco di vero. Sono effusioni retoriche e, vissute per come son vissute in genere, non hanno in sé nulla di romantico. Conosco gente capace di accarezzare una donna e non rendersi conto se abbia la pelle calda o fredda. Scommetto che il tuo attuale compagno sia uno di quelli, e non lo dico per invidia o per prenderti in giro. Semplicemente, lui deve essere l’esatto prototipo dell’uomo che hai sempre sognato e che io non ero. Volevi accanto a te un alto borghese, molto civilizzato, molto educato, molto standardizzato; molto ricco, molto prestigioso. E l’avrai trovato sicuramente, ce n’è a milioni in giro per il mondo. Anche lui, come me, quando ti ha accarezzata per la prima volta deve averti emozionata; il punto è che di sicuro non si è emozionato lui. Le mani dei borghesi sono inguantate anche mentre ti dovrebbero far eccitare. è il guanto della civiltà. A dire il vero, tutto il loro essere è foderato da una patina profumata di civiltà. Cosa molto gradevole se si vogliono evitare brutte figure; peccato che spesso quella patina sia impossibile da toglier via, soprattutto prima di una scopata.

Ma in fondo, sei stata fortunata. Non tutte le tue amiche possono raccontare una prima volta come la tua. Forse te ne sarai resa conto nel corso del tempo, ma grazie a quella mia lentezza e ai miei preliminari altisonanti, nel momento in cui hai perso la verginità non pensavi ad altro che non fosse il mio membro che ti penetrava. Ti avevo fatto scordare tutti i sensi di colpa, la paura di sbagliare, e ogni cosa del genere. Ma ti avevo fatto scordare anche le aspettative, i sogni, la poesia, il romanticismo. Quando hai fatto sesso con me, ti sei scordata dell’ovvietà, della banalità. Della paura e del sangue, soprattutto, anche se alcune tue coetanee affamate di emozioni materialissime e a buon mercato non desideravano altro. Tu invece, Alice, eri davvero nel tuo paese delle meraviglie, e se avessi voluto, avresti potuto restarci in eterno: io non ti avrei portata via da lì, né matrimonio o figli avrebbero potuto farlo. Io ti amavo, per quanto amando te lasciavo per strada, e non dovrebbe mai succedere, l’amore per il mio talento. Il desiderio di essere lo zingaro che poi, quando te ne andasti, sono diventato davvero.

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