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No, non era quella la vita che aveva immaginato, quando si era sposata.
Ormai erano passati otto anni da quel fatidico giorno e Giulio non era più l’uomo gentile, premuroso, attento, collaborativo di quel giorno e dei mesi e pochi anni successivi.
Adesso era annoiato, scazzato, ringhioso anche con lei… sopratutto con lei!
Paola lo amava ancora, ma lui sembrava distratto, sembrava quasi ignorarla, tutto assorbito com’era dal lavoro, dalla carriera che gli imponeva sovente di fermarsi in ufficio fino a tardi e di fare spesso trasferte, anche all’estero.
Lui la rassicurava, dicendole -nei rari momenti nei quali non era nervoso ed infastidito!- che se fosse riuscito ad avere una certa promozione la loro vita sarebbe cambiata e lui avrebbe potuto rilassarsi di più e dedicarsi più a lei…
Anche perché, rifletté amaramente, occuparsi ancora meno di lei le sembrava quasi impossibile: considerando anche solo il fare all’amore, i primi tempi era sempre lui a cercarla, a volerlo fare e lei, pur vergognandosi da morire a causa dell’educazione che aveva avuto, aveva accettato di farsi prendere in qualunque angolo del loro primo appartamento.
Poi, con una prima promozione, si erano potuti permettere di trasferirsi in una villetta che lui aveva ereditato in parte dalla nonna, pagando i propri cugini per acquistarla in esclusiva e già lì , nella loro villetta, il fare l’amore era diventato il rito del finesettimana.
Man mano, le cose avevano cominciato impercettibilmente ad andare meno bene, come camminando su un falsopiano e guardandosi casualmente alle spalle, ci si rende vagamente conto di essere scesi di diversi metri di quota; Giulio era sempre più affaccendato, preoccupato, infastidito -persino di lei, le sembrava in certi momenti!- e il fare l’amore era diventato ormai un evento raro, da marcare sul calendario!
Lei, che prima non desiderava per nulla ‘quelle cose lì’ e che aveva imparato -grazie al marito- ad apprezzarle, adesso sentiva di averne struggente bisogno, proprio ora che Giulio era distratto da altre cose!
Adesso, sentiva di aspettare spasmodicamente la promozione di Giulio, per poter re-iniziare la sua, la loro vita insieme.
Ma questa benedetta promozione non arrivava e Giulio era sempre più irritabile, più nervoso, mentre lei si macerava nell’attesa che tutto ritornasse come prima, arrivando a scoprire la possibilità di attenuare le quelle scandalose voglie, giocherellando con le dita.
Per non logorarsi in casa con questi pensieri, usciva spesso a fare lunghe passeggiate solitarie nella parte più antica della città, anche se alle volte la malinconia la assaliva anche lì fuori, come in quel momento.
Si fermò un attimo ed asciugò col dito una lacrimuccia che aveva cominciato a rotolarle sulla guancia e poi alzò lo sguardo, guardandosi in giro per vedere se qualcuno avesse notato il suo piccolo attimo di scoramento.
Fu così che i suoi occhi sfiorarono quella targa e che poi, quasi indipendentemente dalla sua volontà, ci tornarono sopra: ‘Maestro Dido – Studio di divinazione orientale, cartomanzia, aromopranesi, ipnosi’.
Rifletté brevemente: tutte cavolate, dai! Però… però, almeno avere un’idea di quanto quest’agonia per questa maledetta attesa per la promozione di Giulio sarebbe ancora durata…
La sua mente realizzò, dopo poco, che era stato il suo corpo, senza il suo intervento, a farla arrivare in quella stanza poco illuminata, con pesanti tendaggi ed un tavolo coperto da una sorta di tovaglia pesante, quasi un tappeto!, mentre sentiva odore di incenso ed altre strane spezie nella stanza e guardava quell’uomo -piccolo, anziano, grasso, con una corona di radi capelli tinti di nero ed una sorta di ampia veste orientale addosso- che la osservava e le faceva cenno di sedere sulla scarna poltroncina davanti al tavolo.
‘Io…’ esordì Paola, già pentita di essere lì.
‘Tu hai un problema… o forse più di uno… lasciami concentrare per capire qual’&egrave quello che più ti angustia’ disse l’uomo, in tono autoritario e con un pesante accento calabrese.
Paola ammutolì, seduta sull’orlo della poltroncina, tesa come se dovesse schizzare via da un momento all’altro.
L’uomo sembrò concentrarsi qualche momento, poi prese un mazzo di carte, le smazzò e tagliò come un abile croupier ed infine lo porse a mo’ di ventaglio a Paola: ‘Prendine una!’
Lei, esitò un attimo, poi ne prese una quasi al centro, verso la sua destra e la porse all’uomo.
Lui la studiò per diverso tempo, come se la vedesse per la prima volta e volesse memorizzarla, poi parlò, con la sua voce calma, profonda: ‘Tu hai problemi con tuo marito… -Paola fece un impercettibile cenno di assenso mentre, come tutte le volte che era tesa, giocherellava con la fede, facendola girare intorno all’anulare-… Siete sposati da diversi anni, ma adesso lui non ti tiene più al centro della sua vita…’
Paola sbottò: ‘Sì, &egrave vero! Lui &egrave completamente assorbito nell’avere quella maledetta promozione!’
Il Maestro Dido la guardò un istante, con un misterioso, istantaneo scintillio nello sguardo e poi, in tono solenne, proclamò: ‘Tu sai che, fino a che tuo marito non avrà raggiunto i suoi obbiettivi professionali, tu sarai in second’ordine!’
Paola fece un cenno di assenso quasi impercettibile, abbassando lievemente gli angoli della bocca: era così!
‘Senti la necessità di avere tuo marito vicino… -l’uomo scrutava attentamente Paola, pronta a cogliere quei piccoli, significativi gesti che erano fondamentali per capire molte cose dei suoi clienti-… e vorresti sentirlo ancora, sudato ma felice, sopra di te…’
A queste parole gli occhi di Paola brillarono.
‘Se attenderai che tutti i suoi successivi obbiettivi vengano raggiunti… -disse il Maestro Dido, col tono nel quale un giudice emette una sentenza inappellabile-… potresti dover attendere anni!’
A quelle parole, le spalle della donna si abbassarono, schiacciate dall’orribile prospettiva.
Guardò il Maestro, con lo sguardo ansioso, come per essere rassicurata che esistesse un’alternativa, una via d’uscita!
‘Ma lui non può ambire, con la sua unica energia, ad ottenere una posizione migliore; lui avrà bisogno, in questa fase, di poter contare sull’energia anche sessuale della sua compagna, della tua!’
Le parole del mago le rimbombarono nella mente. Quindi anche lei poteva aiutarlo a salire e quindi a potersi poi dedicare maggiormente a lei!
Il Maestro Dido abbandonò il tono enfatico e, quasi colloquialmente, continuò a parlarle: ‘Suppongo che sia diversi giorni che tuo marito non trovi il tempo e l’energia per dedicarsi a te…’
Paola annuì brevemente, con gli occhi lucidi di amarezza.
L’uomo la guardò, con uno sguardo carezzevole, meno formale di poco prima e le mormorò, con fare confidenziale: ‘Dimmi il tuo nome…’
‘Paola’
‘Bene, Paola… hai l’aria smarrita, quasi disperata e mi ispiri simpatia… &egrave rarissimo che qualcuno che varchi quella porta lo faccia, ma con te… non so, &egrave diverso.
Aspetta!’
Si alzò lentamente e con passo regale si diresse ad un armadietto, finemente scolpito con decorazioni che richiamavano l’oriente più lontano e più misterioso; poi chinò il capo, giunse le mani davanti al viso e recitò una lunga formula in una lingua sconosciuta.
Dopo aver meditato in silenzio una ventina di secondi -e mentre Paola assisteva turbata ed in assoluto silenzio a tutta la cerimonia- aprì le due antine del mobiletto mostrando l’interno foderato di rosso cupo, estrasse un qualcosa che tenne tra i palmi accostati e con le punte delle dita riaccostò le due ante, richiudendo lo stipo.
Poi tornò a sedersi al tavolo, sempre tenendo le mani giunte a celare il piccolo oggetto che aveva preso, guardò fisso Paola e le parlò di nuovo: ‘Ho qui un amuleto… &egrave abbastanza potente e potrebbe fare al caso tuo…’
Paola lo guardò, con un misto di aspettativa, ansia e diffidenza.
‘Di solito, li concedo in cambio di un’offerta… a volte anche consistente… -‘Ecco, ci siamo! Adesso mi spara una cifra folle!’ pensò la donna-… ma nel tuo caso, voglio fartene dono’
Aprì i palmi e mostrò a Paola un minuscolo rettile di pietra verdechiaro, piccolo da starle sull’unghia del pollice; poi allungò le braccia e lo avvicinò a lei, che lo guardava interdetta.
‘Dovrai semplicemente mettere questo amuleto addosso a tuo marito… potrai metterglielo in tasca, infilarglielo nella fodera della giacca, non &egrave importante… l’importante &egrave che lui lo abbia addosso e vedrai che tempo tre giorni lui ti cercherà’
L’uomo la guardò, con un’espressione rassicurante; lei lo guardò in viso, poi guardò l’amuleto -una specie di lucertola, tutta contorta- e timidamente allungò la mano per prenderlo tra due dita: lo sentiva caldo, al tatto; guardò ancora l’uomo: ‘E…’
‘E quando sarà accaduto -non SE: QUANDO!- tu tornerai da me ed io ti farò diventare indispensabile per tuo marito!’
Lei non osava credere a quello che lui le stava dicendo! Era con la bocca aperta ed il suo sguardo andava dall’amuleto al Maestro.
Dopo un minuto trascorso così, lui la guardò con espressione benevola e poi le disse: ‘Adesso vai! So che tornerai, al massimo tra quattro giorni!’
Paola era confusa: non si aspettava certo che quell’uomo le donasse qualcosa; era già preparata a respingere l’acquisto di ogni talismano miracoloso e il Maestro Dido, invece, le donava quell’oggetto.
Poi, il suo lato razionale credette di aver trovato l’inghippo: per la consulenza quell’uomo le avrebbe chiesto una cifra!
Con aria fintamente accomodante, chiese: ‘E… per la sua… seduta, il suo consulto, quanto le devo??’
Lui la guardò, con uno sguardo tollerante, benevolo: ‘Normalmente, per un incontro come questo, apprezzo un’offerta a partire dai cinquanta euro… Ma a te non chiederò nessuna offerta: non vorrei che tu pensassi che sarebbe per ‘pagare’ -lo disse in tono quasi schifato!- l’amuleto che ti ho donato.
Se, tuttavia, ritieni di dover farmi in ogni caso un’offerta, nell’atrio fuori dalla porta di questo mio studio c’&egrave una cassettina e, dopo aver chiuso questa porta, potrai liberamente mettere quanto vorrai… oppure anche nulla!, prima di uscire da questo appartamento.
Quando tornerai, sarai tu, nel caso, a pretendere di potermi fare un’offerta!’
Detto ciò le fece un cenno di congedo e poi si raccolse in meditazione.
Paola si alzò, raggiunse la porta della stanza, l’apri, fece scioccamente un cenno di saluto all’uomo, assorto ad occhi bassi, la richiuse dietro di sé e poi, prima di uscire sulle scale del palazzo, pescò affannosamente una banconota da cinquanta nella borsetta e la fece scivolare nella feritoia della cassettina, facendolo rapidamente, prima di cambiare idea.
Poi, con la testa confusa, in un altalenarsi di sensazioni, tra il sentire che era stata fregata (ma come?, si chiedeva) e di speranza che quel minuscolo oggetto fosse davvero efficace, trotterellò verso casa, con passo rapido.

Dido fece un sorrisetto: la tenera Paola gli aveva dato un cinquantone… Bene! Non erano i soldi della donna, che gli interessavano, ma aveva pur sempre anche lui le bollette, la spesa e quant’altro, no?
Chiuse lo sportellino che celava lo schermo della telecamera puntata sulla cassetta delle offerte, aprì il secondo cassetto e da una scatolina prese un altro geco di pietra verde da mettere nel mobiletto, per rimpiazzare quello donato alla giovane donna.
Se aveva ben capito la situazione, il maritino l’avrebbe cercata, dopo un periodo di astinenza, o per reale voglia o per non insospettirla e, a giudicare dall’ansia e dalla voglia della donna, ormai dovevamo esserci; si maledisse per averle detto tre giorni e non cinque, ma ormai era fatta… Era davvero curioso di vedere se il maritino, inconsapevolmente, l’avrebbe rimandata da lui o se, invece, lei avrebbe pensato che era solo un ciarlatano…
Va beh: intanto si era beccato un cinquantone e poteva ben sopportare la perdita dei quattro euro che gli costavano all’ingrosso ciascuno di quei monili…

Quella sera, Paola aveva cenato da sola, come spesso ormai le capitava e poi aveva aspettato che Giulio, tornato qualche minuto dopo le dieci, si addormentasse sul divano davanti alla televisione, come suo solito.
Poi aveva levato l’audio dell’apparecchio come tutte le sere e, col sottofondo del lieve ronfare del marito, era andata a mettere l’amuleto tra la fodera ed il tessuto della giacca, ricucendo poi subito i pochi punti che aveva tagliato con le forbicine da unghie.
Aveva esitato un attimo, dopo aver recuperato l’amuleto dalla taschina dei suoi jeans e lo aveva sentito caldo, come quando il maestro Dido glie lo aveva consegnato; lo aveva guardato un attimo e poi aveva pensato: ‘Dai amuleto: fai il tuo lavoro, riportami il mio Giulio!’, prima di farlo scivolare attraverso la scucitura.
Poi, si era preparata per la notte ed infine si era addormentata sperando che davvero l’amuleto fosse efficace, mentre il martedì cedeva il passo al mercoledì.

Il giovedì sera, Giulio arrivò a casa per cena; l’aveva avvertita nel primo pomeriggio, telefonandole con la voce quasi serena o, almeno, meno ingrugnata del solito.
Le aveva detto che quella sera gli avrebbe fatto piacere un bel piatto di trenette al pesto e poi scaloppine al limone.
Paola si era precipitata a comprare gli ingredienti che le mancavano (principalmente la carne per le scaloppine, il pecorino grattugiato ed il basilico, di cui comprò quattro mazzetti -con le loro radici- per invasarne un paio nel balcone ed averlo così sempre fresco) e poi a preparare la salsa, usando le foglioline più tenere, il sale ‘rigorosamente grosso!-, l’extravergine della Riviera ligure, il parmigiano, il pecorino, l’aglio (anche se non era quello di Vessalico, ma uno qualunque!) ed i pinoli, pestando il tutto nell’antico mortaio di marmo, che era stato di sua nonna.
Aveva appena finito di apparecchiare la tavola, quando il marito arrivò particolarmente affettuoso, quasi come ai primi tempi del loro matrimonio.
Lei gli servì le trenette e poi le scaloppine, mentre lui teneva gli occhi e le orecchie appizzate al telegiornale, concedendolo comunque un breve apprezzamento per le vivande.
Anzi, avvicinatasi per togliergli il piatto vuoto, lui le accarezzò brevemente il sedere, approfittando di un break pubblicitario del tg, mandandola letteralmente in solluchero.
Paola avrebbe voluto bloccare quel momento, quella mano su suo culetto e rimanere così per sempre, con infinito, struggente piacere.
Poi, dopo cena, mentre lei lavava i piatti, Giulio le venne dietro, l’abbracciò e le baciò il collo (Wowww! Erano anni, che non lo faceva!) e le disse: ‘Davvero una deliziosa cenetta, brava!
Senti’ io domattina devo alzarmi piuttosto presto e pensavo di andarmene a letto subito’ no, dicevo: perché magari non vieni’ subito anche tu?’
L’amuleto! Il magico amuleto del Maestro Dido! E’ il terzo giorno! Ma allora funziona!!!!
Paola avrebbe voluto ballare, saltare dalla felicità, ma si permise solo un sorrisino complice: ‘Dammi il tempo di finire di riordinare la cucina’ arrivo subito!’ e diede un breve bacio sulle labbra del marito.
‘Sì, con calma, tanto ne approfitto per preparare la valigia’ rispose lui con tono rilassato.
‘Valigia? Ma devi andare via?’
‘Eh sì: il Capo’ -e quanto faceva sentire la maiuscola di ‘Capo’, quando lo citava come un’oscura ma potentissima entità-‘ domani mi manda fuori, tra Bruxelles ed Anversa’ Doveva andarci Bonetti (sai, quello degli acquisti’), ma stamattina &egrave caduto dalle scale come un cretino e si &egrave storto una caviglia’
Detto per inciso, starò via fino a venerdì della prossima settimana”
Uff! Tutta la settimana da sola’ Paola si strinse nelle spalle: in fondo questi viaggi erano il prezzo da pagare perché Giulio raggiungesse i suoi (i loro!!!) obbiettivi e quindi non osava neanche aprire bocca, accettando tutto di buon grado, anche se le sembrava sempre strano che anche questa volta ‘come era già capitato- la trasferta all’estero includesse anche il finesettimana’ Ma del resto, sentiva dire in tv che all’estero c’&egrave una produttività più alta e quindi, magari, loro non si fermano il sabato e la domenica, come facciamo qui’
Tempo una mezzora, erano nel loro lettone e Paola, una volta di più, si sentiva impacciata, inadeguata alle richieste ‘legittimissime, per carità! Era suo marito, no?- di Giulio, che aveva sempre da dire su come lei glie lo succhiava, o che si muovesse poco e male quando lui la penetrava o infine che non fosse visibilmente entusiasta quando lui glie lo metteva dietro, mentre lei sopportava il dolore e la vergogna solo per amore coniugale.
Poi, tutto finì; Giulio andò in bagno a lavarsi e quando anche lei tornò in camera dopo le sue abluzioni, il marito russava già sommessamente.
Lei lo contemplò teneramente per qualche istante, prima di sdraiarsi accanto a lui.

Era stata una buona strategia, quella di chiederle di cucinare qualcosa di particolare e poi di trombarla, nonostante fosse una totale imbranata, a letto: almeno non aveva fatto domande o pensieri stupidi su quella ‘trasferta di lavoro’ -che in realtà era un crociera nel Mediterraneo con Barbara- e poi sarebbe stata tutta contenta di essersi fatta trombare da lui, dopo una quindicina di giorni che non lo facevano.
Che poi Barbara si sarebbe incazzata, a sapere che si era scopato sua moglie, ma era il prezzo da pagare per non averla troppo nervosa, troppo ficcanaso, perché almeno così Paola non le/gli avrebbe creato alcun problema’ Che poi, a barbara, mica glie lo avrebbe detto, checcazzo!

L’insistente pigolio della sveglia di Giulio, la strappò da un sogno del quale ricordava solo alcuni brandelli; gli occhi gonfi di sonno interpretarono i trattini luminosi del quadrante digitale della sua sveglia e la informarono che erano le 4.30.
La mano del marito annaspò, alla cieca, sul comodino per tacitare il cicalino e lei, con un lieve sorriso sulle labbra, residuo dell’aver fatto all’amore col suo uomo poche ore prima, scivolò giù dal letto, si infilò le babbucce e lo scosse dolcemente: ‘Dai pigrone, alzati! Devi partire, non ricordi?’
Lui bofonchiò qualcosa, ma poi cominciò macchinosamente ad alzarsi, mentre Paola scivolò, lieve come una nuvoletta, in cucina per preparargli il caff&egrave.
Quando Giulio uscì dal bagno, dopo una veloce doccia ed un’accurata rasatura, lei lo seguì in camera con la tazzina e nonostante lui protestasse che non aveva tempo per bere il caff&egrave, alla fine afferrò la tazzina e ingollò in un unico sorso la bevanda bollente.
Dopo dieci minuti Paola era nell’ingresso e le sue braccia conservavano ancora l’impronta della schiena di suo marito, che aveva abbracciato, mentre le sue reni sentivano ancora la stretta breve della sua mano, in risposta, mentre le sue labbra conservavano il sapore di quelle di lui, dopo il rapido bacio che si erano scambiati prima che Giulio sfrecciasse fuori dalla porta.
Sola in casa, non tentò neanche di celare l’ampio sbadiglio e decise di tornarsene a letto, a dormire fino ad un’ora ‘normale’.
Il suo ultimo pensiero, prima che la sua mente scivolasse nell’oblio del sonno, fu qualche fotogramma, qualche breve spezzone del sogno interrotto dalla sveglia dove lei vedeva ‘dal di fuori!- sé stessa a godere delle penetrazioni simultanee di diversi maschi’ Dio, chevvergogna’ Capitolo 3 ‘ Il ritorno

Si svegliò di scatto e i suoi occhi colsero la cifra 11.08 che la radiosveglia indicava.
Accidenti! Era tardissimo! Era raro che lei si alzasse oltre le nove del mattino, ma ricordò subito ‘con sorridente gratitudine!- gli ‘strapazzi’ piacevoli della sera prima (col SUO Giulio!) e poi la sveglia antelucana per salutarlo prima di questo viaggio di lavoro ‘stranamente lungo; ma d’altra parte, se aumentano le responsabilità, suppose che dovesse anche aumentare l’impegno- ed infine la notte agitata da quegli stani sogni, di cui conservava solo minuscoli frammenti nella memoria, come poche schegge di un antico vaso greco con scene e figure umane.
Ricordò l’impegno che si era assunta nei confronti del Maestro Dido e, onestamente, non stava nella pelle dalla voglia di tornare da quell’uomo misterioso per confermargli l’efficacia del suo magico amuleto.
Per cui si fece una rapida doccia, decise di truccarsi in modo lieve e poi, sorridendo ‘col cuore nelle rose’, scelse di indossare una minigonna che mostrava ‘il giusto!- le su ancora belle gambe ed una polo.
Valutò l’effetto della mise davanti allo specchio, ma fu delusa da ciò che vide: la combinazione tra gonna e polo andava bene ed anche le sue gambe e braccia appena dorate dalle prime esposizione al sole andavano bene, ma aveva preso quel’ chiletto (abbondante, Paola, abbondante!)ed il reggiseno segnava sgradevolmente il suo tronco, sotto la polo aderente.
Non aveva voglia e tempo per trovare qualcos’altro: le piaceva quella combinazione tra la gonna di tela cachi e la polo albicocca e quindi, dopo aver riflettuto sull’opportunità della cosa per qualche istante, decise sorridendo di togliersi il reggiseno; tanto, col poco seno che aveva, non avrebbe avuto mammellone da mucca a sballonzolare ad ogni passo come una mucca da latte, ridacchiò tra sé.
Voltandosi davanti allo specchio, vide che si notava appena, sul suo bel sederino. l’orlo della sgambatura dei suoi slippini, sotto la gonna leggera, ma decise che l’effetto non era per nulla sgradevole.
Indossò un paio di sandaletti chiari con otto centimetri di tacco (aveva sempre avuto il complesso della sua bassa statura e quindi aveva calzature quasi esclusivamente col tacco) e poi, dopo una scossa col capo per far ricadere in modo grazioso i suoi lunghi capelli neri che tendevano ad arricciarsi, si dichiarò soddisfatta e, presa la borsetta con la tracolla ed uscì.

Si trovò davanti alla porta del misterioso antro del Maestro Dido ed ebbe un attimo di esitazione: una strana inquietudine l’avvolse per un istante, ma poi entrò.
Il veggente la riconobbe immediatamente: ‘Ah, la dolce Paola” la salutò con sguardo fermo.
Lei rispose con un sorriso e fece per sedersi.
‘No, aspetta! Stanno per arrivare due miei allievi e so che, se sei qui, hai verificato quanto il mio amuleto sia efficace.
Io voglio sapere tutto’ interrogarti diciamo’ ma voglio che i miei allievi abbiano un’altra dimostrazione di come si opera in questi ambiti e perciò, mentre li aspettiamo, tu starai un attimo in sala d’attesa, mentre io mi concentrerò per meglio poterti aiutare a risolvere i tuoi problemi.
Aspetta di essere chiamata al mio cospetto!’
La donna, intimidita, lasciò lo studio del maestro rinculando e mormorando parole di scusa per averlo disturbato.
Si sedette perciò su una delle poco confortevoli seggiole della saletta ed attese, lievemente disturbata dalla musica vagamente orientale che aveva cominciato a scaturire da due amplificatori ed a livello leggermente troppo alto per essere un rilassante sottofondo per l’attesa.

‘Sono io!… E’ arrivata, l’ho mandata di là’ Come perché, idiota? Per dare tempo a te ed a quella troia di Martina di precipitarvi qui a fare la parte dei miei allievi ed assistenti!… Mi frega un cazzo! Pianti lì quello che state facendo e vi precipitate qui, altrimenti questa qui la mando via e ve lo menate! Sono stato chiaro???… Ecco, appunto!… No, io m’incazzo quanto mi pare! Sei tu e quella baldracca che dovete fare quello che dico io e scat-ta-re, quando vi chiamo!… Mi frega un cazzo!!! Sai benissimo che avrebbe potuto tornare oggi o al massimo domani!… No, non sente, mica sono scemo! E’ di là con la musica indiana a palla che forse la sta già ammorbidendo’ Sì, l’ipnosi’ così possiamo valutarla a fondo’
Va bene, ma che non siano più di quindici minuti, sbrigatevi!… Ah, passate dal retro che ho un’idea divertente!… Sbrigatevi, cazzo!’

Paola apprezzò che la musica melensa, adesso, fosse ad un volume più basso ed anzi si accorse che quelle nenie erano addirittura rilassanti, che la sua vaga inquietudine si stava dissolvendo e che subentrava una sensazione di benessere, di rilassatezza.
Dopo un po’, la musica si affievolì rapidamente, fino a sparire in una decina di secondi e lei guardò interrogativamente l’amplificatore, come se questo potesse spiegarle il suo silenzio.
‘Vieni dentro, Paola!’ si sentì convocare alla presenza del Maestro, dalla sua voce che, con un tono ieratico, le era giunta chiara pur attraverso la massiccia porta chiusa.
La luce nello studio era cambiata: i pesanti tendaggi di velluto rosso celavano le finestre ed un certo numero di piccoli lumi davano una tenue luce soprattutto in alcune piccole zone dell’ambiente, lasciandone in ombra buona parte, in maniera che le dimensioni della stanza non fossero più percepibili.
Inoltre stava bruciando incenso ed altre sostanze aromatiche e una vaga nebbiolina contribuiva a rendere ancora più indefinito e’ fatato il luogo.
Si stupì che i due allievi non fossero arrivati ‘ma del resto non aveva visto entrare nessuno!- e che però il Maestro l’avesse chiamata; solo in un secondo tempo, il suo udito percepì nuovamente la musica, lagnosa ma rilassante, come quella che aveva ascoltato nella sala d’attesa.
Maestro Dido, con fare suadente, la invitò a stendersi su una specie di lettino, alto come quello di uno studio medico ma molto più sagomato ed imbottito e decisamente comodo; si accorse che stava rilassandosi parecchio, come da mesi ormai non le capitava più.
L’uomo se si mise in piedi, dietro la testa e la guardava dall’alto negli occhi, facendo dondolare ritmicamente un monile a forma di piccola trottola dorata, appesa ad una sottile catenella ed il suo tono di voce, calmo, profondo e suadente, la indussero a sprofondare ancora in una sensazione di benessere.
Chiuse un attimo gli occhi e quando li riaprì, vide accanto al Maestro due persone, i suoi… accoliti. No, li aveva definiti ‘i suoi allievi’, ecco!
Il primo era un uomo sulla trentina, segaligno e dall’aria nervosa, con dei sottili baffetti ed una minuscola mosca scolpiti a rasoio tra la ispida barba che, pur accuratamente rasata, gli scuriva il mento e le guance incavate; gli occhi scuri, brucianti, erano sovrastati da due folte sopracciglia nere che sembravano cercarsi sopra all’attaccatura del naso ed i neri capelli lisci erano tirati dall’ampia stempiatura all’indietro fin verso, presumibilmente, una coda.
L’altra era una donna, alta e robusta, con un seno importante: una tipica ‘bellezza mediterranea’, anche se con incongrui capelli tinti di un biondo innaturale.
Il suo torpido stato di benessere la portarono a sorridere indistintamente al terzetto, mentre il Maestro smetteva di biascicare ignote formule esoteriche e cominciava a parlarle: ‘Allora Paola… adesso mi racconterai tutto quello che &egrave accaduto con tuo marito, nei minimi dettagli e poi risponderai dettagliatamente ad ogni mia domanda, perché tu lo vuoi, lo vuoi ardentemente, vero?’
La donna annuì, sorridendo.
‘Però, prima, voglio una cosa da te. Immagino che tu sia una donna beneducata, pudica, che non userebbe mai ‘certe’ parole, ma che piuttosto userebbe eleganti allusioni; ho ragione?’
Dopo il cenno d’assenso di lei, proseguì: ‘Bene! So che tu vuoi farmi felice e quindi io ti chiedo, per essere felice, che tu usi i termini espliciti, volgari per descrivere come tuo marito ti ha chiavata; userai termini come cazzo, fica, culo tette, sborra, pompa, inculare… Lo farai per me, per farmi felice, troia?’
‘Si Maestro’ rispose estatica la donna.
‘Bene troia… non ti dispiace che ti chiami così, vero?’ Lei negò ogni fastidio sorridendo, ormai vittima della suggestione e dell’ipnosi.
‘Allora… spiegami bene come ti sei fatta chiavare dal cornuto…’
Lei protestò blandamente: ‘Non sono troppo interessata al sesso e non ho mai considerato altri uomini; perciò Giulio non &egrave cornuto…’
Dido fece un sorriso da predatore ma riuscì a non ridere per non spezzare l’incantamento della donna: ‘Lascia fare a me e rimedieremo a tutto: tu imperai ad amare i cazzi di tutti gli uomini e lui diventerà più che cornuto, fidati di me!’
Paola sorrise ed annuì convinta e poi, con un filo di voce, cominciò a narrare: ‘Giulio mi ha telefonato ieri pomeriggio per avvisarmi che, contrariamente al solito, sarebbe venuto a cena; sì, perché di solito lui fa molto tardi sul lavoro e spesso mangia solo un panino al volo…
Comunque &egrave arrivato affettuoso, come non capitava più da anni.
Ci siamo messi a tavola e lui, nonostante guardasse il tiggì mi ha perfino fatto un complimento su quanto erano buone le trenette; poi, mentre gli cambiavo il piatto mi ha palpato il… il culo e mi ha turbata, ma mi ha fatto anche molto piacere la cosa’
‘Aspetta troia, voglio capire bene: ti ha messo la mano sotto la gonna, per palparti il culo?’
‘No, no; da sopra la gonna, ma me lo ha stretto!
Poi, dopo cena, mentre stavo lavando i piatti, mi &egrave venuto dietro, mi ha abbracciata, baciata sul collo e detto che era tutto buono…’
‘Checcazzo, voglio i dettagli! Spiega bene come ti ha abbracciata!’
‘Mi ha passato le mani sotto le ascelle e mi ha pizzicato i capezzoli, facendomi sentire il cazzo duro contro il culo e strofinandosi un pochino… va bene, così?’
I due erano sempre stupiti per la capacità del Maestro nel saper sottomettere, anche con l’ipnosi, la donna come, del resto, gli avevano già visto fare alte volte.
Dido disse che andava bene e le disse di andare avanti.
‘Giulio mi ha detto di sbrigarmi a finire, perché lui andava subito a letto e di raggiungerlo, ché si doveva alzare molto presto, stamattina…’
‘Aspetta. Come mai così presto?’
‘Mi ha spiegato che doveva prendere un aereo per una lunga trasferta di lavoro… starà via fino a venerdì prossimo…’
‘Quindi tu starai sola fino a venerdì…. non avete figli o parenti?’
‘Sì, starò sola perché non abbiamo bambini ed i miei vivono a Tenerife, dopo il pensionamento di mio padre’
Maestro Dido sorrise come lo avrebbe fatto uno squalo: la sua nuova vittima sarebbe stata a loro disposizione per tutta la settimana!
La incalzò: ‘E a letto…?’
‘A letto lui mi aspettava nudo e quando mi sono spogliata ed ho cominciato a mettermi la camicia da notte, mi ha seccamente detto di non metterla; allora ho spento la luce e mi son messa sotto il lenzuolo.
Lui mi ha baciata sulla bocca e poi con la mano sul collo mi ha fatta scendere fino a succhiarglielo…’
‘Succhiargli cosa, stupida troia??? Spiega tutto per bene, chiama le cose col loro nome e spiegami cos’hai fatto, esattamente!’
Paola rispose con naturalezza, anche dopo la piccola sfuriata di Dido, servizievole: ‘mi sono abbassata per succhiargli il cazzo che era duro. Anche se non lo faccio bene come vorrebbe lui, che vorrebbe che lo stringessi con le labbra, lo aspirassi, lo leccassi con la lingua e andassi su e giù con la testa… ma non ci riesco a farlo così! Non ci riesco proprio! Non sono capace!
Dicevo, anche se non l’ho spompinato bene come vuole lui, ieri sera non mi ha detto nulla, senza protestare come fa di solito.
Poi mi ha fatta stendere, mi &egrave venuto sopra e mi ha spinto il cazzo nella fica e mi ha scopato per un pochino.
Poi mi ha fatta mettere alla pecorina, mi ha messo due dita nella fica e con quelle -bagnate- mi ha bagnato il culo e poi mi ha inculata.
Mentre mi inculava, con una mano mi strizzava e torceva i capezzoli -facendomi anche male!- e mi mordeva la nuca, mentre io mi ero messa due dita dentro la fica e col pollice mi massaggiavo il clito.
Quando ho capito che stava per sborrarmi nel culo, ho intensificato i movimenti ed ho goduto anch’io -tanto!- a tempo a lui.
Quando sono tornata dal bagno, dopo essermi lavata, lui russava già.
Vuol sapere altro?’
il Maestro aveva capito molte cose. Il buon Giulio aveva un’altra e se ne andava via una settimana con la sua baldracca, altro che trasferta di lavoro!
La scopata della sera prima era giusto il contentino che aveva dato a questa scema e tutto si stava combinando al meglio per il loro progetto… Bene!
Adesso era giunto il momento di far allibire quei due stronzi dei suoi soci e… e magari divertirsi anche un po’!
‘Bene, Paola, ho capito… hai visto che il mio amuleto &egrave molto potente? -vide la donna annuire sorridendo- Però adesso, non senti anche tu molto caldo?’
La donna annuì, mentre la pelle le si imperlava di sudore che cominciava poi a ruscellarle addosso.
‘Non pensi che avresti meno caldo spogliandoti completamente? Fallo, dai!’
E la donna cominciò meccanicamente a slacciarsi e sfilarsi la gonna, ad armeggiare da sdraiata per togliersi la polo ed infine per levarsi anche gli slippini, rimanendo rilassatamente nuda alla loro vista. Vito contemplò il corpo nudo di Paola, rilassato su quella sorta di alto divano da psicoanalista, e ne valutò la figura: per avere la sua età, era ancora più che accettabile… se soltanto avesse perso quei due o tre chili che le appesantivano leggermente la figura!
Il corpo era minuto, ma proporzionato e la linea dei fianchi deliziosamente arrotondata; il seno era minuto, da ragazzina, con piccole areole scure e capezzolini irrigiditi, che sembrava volessero schizzare via.
Le contemplò il curato e folto triangolo nero che copriva il pube e poi, appoggiandole la mano sul ginocchio, la indusse ad aprire le cosce e rendere accessibile la vulva; le ispezionò le labbrine della fica vedendo quelle interne, scure, spuntare appena tra quelle esterne, e toccandole, schiudendole, sondandole la vagina con un dito.
Poi la fece mettere prona e poterono apprezzare lo slancio col quale le natiche balzano dal di sotto dalle reni fino alla loro sommità, toniche, per poi disperdersi in due belle cosce, due gradevoli polpacci e le caviglie sottili, prima di dei deliziosi piedini.
Le divaricò le chiappine sode e poté osservare la sua bruna rosellina; sondandola con un dito la sentì moderatamente elastica.
Sì, la signora Paola, andava proprio benone! pensò Vito ridacchiando silenziosamente ed annuì con un sorrisetto ai suoi sodali.
Martina fece un sorriso e subito dopo allungò la mano e le accarezzò lentamente la schiena -stringendosi incosciamente il labbro inferiore tra i denti- dalle spalle fino alle natiche ancora sode e, più oltre, le cosce fino alle ginocchia e pregustando il piacere che quella donna le avrebbe dato.
Guardarono Dido, che fece cenno al compare segaligno di farla voltare mentre si apriva la palandrana ricamata e tirava fuori il grosso e tozzo membro con la destra, mentre usava la sinistra per far dondolare di nuovo il pendolino davanti agli occhi della loro vittima.
‘Adesso ti addestrerò in quelle arti che ti permetteranno di aumentare incredibilmente la tua energia sessuale, in modo da poterla sfruttare per aiutare tuo marito a raggiungere i suoi, i vostri obbiettivi… Tu lo vuoi, vero? Ti vuoi affidare alle mie arti, frutto di antichi saperi, per raggiungere questo obbiettivo? Rispondi, troia’ Il tono di voce del Maestro era sempre basso, ma più fermo, imperativo; anche se Paola non fosse stata sotto ipnosi, soggiogata da quella fascinazione di luci, ombre, suoni ed aromi, difficilmente avrebbe potuto rifiutare.
‘Sì, Maestro: mi aiuti a trovare questa energia dentro di me, in modo da poterla utilizzare perché possa aiutare il mio Giulio… Mi insegni tutto ciò che crede… signore!’
‘Allora cominciamo: comincia a girare la testa da questa parte… così… e adesso apri la bocca e segui attentamente le mie istruzioni, così imparerai a fare i bocchini alla perfezione…’
Mentre Dido la addestrava, Vito abbassò una leva e la parte di quello strano lettino imbottito che sorreggeva le gambe della donna, si abbassò mentre lui le teneva le caviglie sempre alla stessa quota e poi, con l’aiuto di Martina, fece apparire i sostegni per le gambe di quel lettino ginecologico, adattato ad alto divanetto imbottito.
Come posarono le gambe di Paola nelle apposite selle, Martina si abbassò ad esplorarle la vulva con la lingua guizzante, allargandogliela al massimo con gli indici in modo da farsi un’idea dell’elasticità del sesso della donna.
Mentre Dido proseguiva ad impartirle il suo corso teorico-pratico per trasformarla in un’ottima pompinara, Vito strinse brevemente la spalla della compagna, per indurla a lasciargli campo libero.
Così, mentre la donna malvolentieri si levava e cominciava a suggere i capezzolini della loro vittima, lui con un unico, lento movimento continuo la impalò col suo membro che sembrava sottile solo a causa della sua lunghezza, decisamente fuori dall’ordinario, arrivando a premerle sulla cervice uterina.
Arrivato a fine corsa, coi testicoli pelosi contro le candide natiche della donna, sostò un istante, ma poi cominciò a possederla, man mano aumentando velocità e violenza degli affondi.
L’accoglienza della vagina di Paola al suo scettro fu ancora migliore di molte delle donne che l’avevano preceduta in quel raggiro: già inumidita e per la saliva di Martina e per il proprio ciprigno, cominciò letteralmente a ruscellare dopo pochi affondi.
Dopo qualche minuto, l’uomo decise di cambiare bersaglio; sfilò il membro luccicante di secrezioni e cominciò ad usare la cappella turgida per ungerle il culo, prima di cominciare a penetrarla anche da quella parte.
Il corpo della donna reagiva abbastanza correttamente alle stimolazioni, considerando la poca attitudine che lei aveva fino allora sviluppato e che il suo pube, ad ogni affondo, trovava l’ingombro della testa di Martina che, quando lui rinculava, si tuffava a leccarle la fica rorida.

Dopo ben oltre un’ora Paola -la loro troia!- era andata via dopo essersi risistemata -sempre sotto ipnosi- e senza conservare memoria di ciò che le era stato fatto subire.
Il Maestro le aveva indotto dei ricordi fittizi sull’esito dell’incontro e lei era andata via ringraziandoli con un sorriso colmo di modestia muliebre ed aveva promesso di ripresentarsi l’indomani.
Vito si era attenuto alle rigide disposizioni di Dido, riuscendo a non svuotarsi i coglioni dentro la loro nuova vacca ‘per evitare che poi coli e che lei si faccia strane domande su cosa cazzo &egrave avvenuto! Ci vuol tanto a capirlo???’
Sarà… però lui le aveva sborrato in gola e l’aveva convinta ad ingoiare tutto, fino all’ultima goccia ed a ringraziarlo anche dell’abbondante sborrata che le aveva concesso di bere, intanto… I soliti previlegi del capo, cazzo!
Avrebbero voluto fermarsi a fare un attimo il punto della situazione, ma quello stronzo di Dido li aveva sbattuti fuori, dicendo che aveva da fare e che comunque li avrebbe chiamati più tardi… Bah!

Paola arrivò a casa: era serena, quasi felice perché ricordava quanto lei avesse parlato col Maestro, che dopo averla interrogata su dettagli della sua vita ed averla ascoltata pazientemente, era stato prodigo di consigli, ottimi consigli!, per migliorare l’intesa col suo Giulio e potergli donare l’energia sessuale che il Maestro aveva visto allo stato di latenza in lei.
Si sentiva stranamente stanca… quella seduta evidentemente l’aveva sfinita, ma si sentiva deliziosamente appagata.
Si ricordò in quel momento della capsula che doveva prendere: glie le aveva date il Maestro… erano speciali integratori minerali ed energetici, le aveva spiegato e le avrebbero fatto solo bene!
Riempì un bicchiere dall’acquaio e ingoiò la prima capsula del barattolo che il Maestro le aveva dato.
Dopo una mezz’ora, decise che doveva uscire! Si vestì con furia: aveva improvvisamente una fretta di uscire come se la casa andasse a fuoco!
Uscì quindi e quasi senza rendersene conto si trovò davanti da un porno shop.
Entrata, si rivolse serenamente al commesso, che si annoiava dietro al banco e gli disse, sorridendo serena e con lo stesso tono di voce come se fosse dal fruttivendolo: ‘Buongiorno! Vorrei comprare alcuni grossi vibratori e dildo, di varie misure: può mostrarmeli, per favore?’

Sono io… metti quel cazzo di vivavoce, così anche quella troia di Martina sente e non devo ripetere ogni cosa!… Come???… Vi chiamo a quest’ora perché avevo cose da fare, ve lo avevo detto, cazzo!… Adesso non scassatemi la minchia e decidiamo cosa fare… Uhm, a voi due com’&egrave sembrata, adatta???… Sì… sì…. da uno a dieci…?… Sì, direi che tutto sommato &egrave nove anche per me!… Statemi bene a sentire: direi che con questa troia possiamo farci alcune cose interessanti… Sì, le caramelle glie le ho già date, avete visto!, e lei, da stupida baldracca, avrà già cominciato a prenderle… sì… sì… ma difatti!… Questa versione &egrave ancora più potente: permette di indurle desideri e rifiuti come vogliamo noi… No, il dottore ha giurato che funziona da favola… poi vedremo!… L’importante &egrave che questa settimana che &egrave senza il cornuto ce la lavoriamo di brutto… Sì, &egrave esattamente quello che voglio raggiungere… Come, martina???…. uhm…. uhm…. mmmhhhh, sì…. eheheh, sei davvero una gran troia, ma mi intriga la tua idea… Sì, manderò avanti la tua idea, mi piace… sì… sì… eh, va bene… come sarebbe???… sì, ma l’avevo già detto io, coglione!… allora va bene: domattina in studio… sì, lo penso anch’io che ci divertiremo… No, gli altri semmai dalla prossima settimana… sì, ok, notte!’
Dido ghignò brevemente, ripensando alle ultime istruzioni che aveva dato alla vacca, prima di risvegliarla dall’ipnosi: ‘Adesso ti do alcune istruzioni che seguirai fedelmente quando tornerai a casa..
Ogni dodici ore, prenderai queste capsule ed ogni mattina prenderai queste pastiglie che ti do.. Le prenderai felice perché &egrave un dono mio, la persona che stimi più di chiunque altro al mondo.. Saprai che ti fanno bene e non ti interessa altro…
Dopo qualche giorno inizieranno a prudenti i le tette… Ma non ti darà fastidio, anzi: ti ecciterà da morire! Ogni volta che ti pruderanno te le toccherai a prescindere da dove ti trovi e con chi sei con, molta naturalezza… Poi piano piano inizieranno a crescere per farti diventare davvero una strafica, ma tu penserai di aver sbagliato lavaggio dei reggiseni e non li cambierai, stringendole nei reggiseni che hai… A costo di far scoppiare il reggiseno!
Hai capito?
Quando i reggiseni che hai non riuscirai proprio più ad allacciarli, li eliminerai del tutto, per poter far notare al meglio le tue tette favolose.
Poi andrai in un sexy shop a comprare dei falli perché adesso per una settimana sei sola e hai bisogno di allenarti… Appena arrivata a casa la sera andrai in camera ed inserirai il dildo più grande che ti entra, tutto fino in fondo!
Ma dopo qualche istante ti dimenticherai di averlo e ti rimetterai su le mutandine e tlo terrai dentro fino al giorno successivo.. Non noterai nulla di strano nel tuo camminare.. Solo che non potrai incrociare le gambe e le terrai sempre un po’ allargate, ma sarà naturale, per te…
Altra cosa importante: non sarà di nessun aiuto che tu continui a parlare educato: usa tranquillamente i termini tipo culo, fica, pompino eccetera con tutti, tranquillamente.
E poi, se devi raccogliere qualcosa da terra, non accucciarti, ma piegati e userai sempre e solo gonne, le più corte che hai.
E quando mangerai una banana, un gelato -cose così, insomma!- dovrai usarlo come un’esercitazione del pompino, leccandolo e succhiandolo come ti ho insegnato.
E quando userai una penna, una matita, un evidenziatore, se non starai scrivendo dovrai tenerlo o in bocca, come se fosse una minchia che vuoi assolutamente succhiare, o tra le zinne.
Ti renderai perfettamente conto che ti comporti come una baldracca, ma sarai felice di farlo e non ti curerai delle critiche della gente, che non può capire…’
Dido ghignò: sì, decisamente si sarebbero divertiti…
Paola si destò e si sentiva strana.
Fece un attimo mente locale e rammentò che doveva prendere la compressa e la capsula che le aveva prescritto il Mastro Dido.
Lo fece immediatamente, appena alzata dal letto, prima ancora di andare in bagno per le sue necessità mattutine.
Poi, seduta sulla tazza per alleviare la pressione della vescica, scoprì con stupore il vibratore, profondamente infisso nella sua vagina.
Lo tolse, perplessa e poi lo lavò accuratamente.
Poi andò in camera ed aprì il cassetto del comò dove sapeva di riporli (anche se non ricordava né quando avesse preso la decisione di utilizzare quel cassetto né -sopratutto!- come se ne fosse procurata l’ampia collezione che ora contemplò brevemente.
Come lo appoggiò sul fondo del cassetto, la sua mano ne prese un altro di diametro maggiore e lo spinse tutto nella vagina, facendola sussultare quando la punta arrotondata arrivò a contatto con la cervice uterina.
Poi, come nulla fosse, indossò gli slippini e lo sistemò meglio dentro perché non sporgesse dalle ninfe, tendendo il tessuto.
Rammentò che doveva recarsi alla seduta nello studio del Maestro, per cui selezionò meccanicamente l’abbigliamento: scartò la prima gonna che aveva scelto e ne indossò una un pochino più corta insieme ad un’ampia canotta, ovviamente senza reggi; lo aveva preso, ma poi semplicemente non lo aveva indossato.
Con un paio di sandaletti dorati dal tacco decisamente impegnativo (comprato in un momento di acquisti compulsivi, ma poi mai indossati prima), si era rimirata nella specchiera e per la prima volta non rimase troppo soddisfatta dei risultati dell’esame.
Si strinse però nelle spalle ed uscì.
Andando verso lo studio del Maestro Dido, passò davanti ad una profumeria e questo le ricordò che aveva quasi finito il rossetto; così entrò, attese pazientemente il suo turno accanto al bancone e quando la giovane commessa si rivolse a lei, le chiese, genericamente, un rossetto.
‘Bene, signora. Abbiamo questa linea di buona qualità e, tra l’altro, sono molto resistenti…’ illustrò la ragazza.
Paola parve raggiante: ‘Sì, meglio quelli resistenti… Sa: metta il caso che debba fare un pompino al volo… poi non ho voglia di ridarmelo daccapo…’
Il sorriso della commessa sembrò pietrificarsi, disseccarsi sul suo volto, trasformandosi in un’algida maschera professionale, mentre i suoi occhi saettavano sulle tre altre persone che avevano sentito la sincera ma sconvolgente affermazione di quella cliente: una, la classica signora dall’aria molto perbene, arrotondò le labbra a culo-di-gallina e si mise la mano aperta sulla gola, in uno spontaneo gesto autoprotettivo; la seconda, una giovane ragazza di neanche vent’anni, sbarrò gli occhi e subito arrossì violentemente e cominciò subito a contemplarsi le scarpe, indizio che forse la pratica non le era completamente sconosciuta.
La terza infine, la classica cinquantenne che non accetta di arrendersi all’incalzare degli anni e che ingaggia contro il dilagare delle rughe costose scaramucce di retroguardia, sgranò gli occhi, ma poi annuì lentamente, comprensiva, partecipe della necessità serenamente indicata da Paola.
Un giovanotto appena entrato, probabilmente aveva anche lui ascoltato l’incauta frase, difatti cominciò a scrutare l’avventata cliente col tipico sorrisetto da pesce lesso che lui era convinto dimostrasse il suo saperci fare con le donne.
La commessa, molto professionale, aiutò Paola a scegliere la tonalità che preferiva, sussultando in modo appena percepibile quando quella strana cliente scelse un rosso vivo, commentando in modo sereno: ‘Sa, questa tonalità &egrave proprio da puttana, come lo desideravo’
Aspettò con apprensione che, dopo aver pagato, Paola uscisse dal negozio, prima di sciorinare il suo sorriso professionale alla cliente successiva.

Era rilassata, stesa su quel comodissimo lettino, avvolta da quell’ambiente fatto di penombre, musica di sottofondo, aromi stordenti ma piacevoli ed il mormorio di Maestro Dido che stava facendo dondolare davanti ai suoi occhi quello splendido monile e che, ad ogni oscillazione, lei vedeva sempre più grande, fino a desiderare di esserne avvolta, inglobata al suo interno, come una piacevole, rassicurante scorza.
Dopo averla fatta completamente denudare, Dido le chiese: ‘Allora, troia, sei pronta per cominciare il tuo addestramento?’
‘Sì, Maestro, non vedo l’ora’ rispose Paola con voce nitida, ma impersonale.
‘Allora, per cominciare racconta tutto quello che hai fatto, da quando sei uscita da qui, ieri sera…’
La donna narrò con tono piano tutte le ore che aveva trascorso fuori da quello studio, spesso interrotta dal Maestro, che le chiedeva precisazioni e chiarimenti; lei pazientemente li dava e poi, quando il suo interrogatore si reputava soddisfatto, esortandola a proseguire, riprendeva il filo della narrazione.
Mostrò, su richiesta del Maestro, il vibratore che teneva profondamente infisso nella propria natura e le sfuggì ovviamente l’incrocio di occhiate soddisfatte e di sorrisetti tra Dido ed i suoi due compari, quando narrò l’episodio in profumeria: la loro preda reagiva già bene!
Poi il Maestro riprese l’abile manipolazione della sua mente e venne colpito da una riflessione improvvisa: se la troia era già così a buon punto, anziché mandarla via per l’ora di pranzo e farla tornare nel pomeriggio, potevano fare una sessione unica, in modo da anticipare anche il raggiungimento dei suoi, loro obbiettivi.
Lasciando Paola nel suo stato di non presenza, si consultò brevemente con Vito e la loro complice, che si dichiararono deliziati dalle prospettive che si aprivano subito con quell’accelerazione, proponendo poi il programma per la giornata e subito Martina annuì e scomparve in cucina per preparare il pranzo, mentre Dido riprendeva la sua opera e Vito cominciava a fare le telefonate concordate.
All’ora di pranzo i tre si sedettero a tavola col piano di cristallo e senza tovaglia, nudi dalla vita in giù e Dido invitò Paola ad andare sotto al tavolo, per leccare e succhiare i loro sessi.
Così poterono amabilmente conversare mentre guardavano la loro cagna leccare attentamente i testicoli e le aste dei due uomini, prima di imboccarli, o stampando il viso contro la dilatata vagina di Martina.
Finito di mangiare, Dido pilotò Paola in una camera con un ampio letto e rimase con lei, parlandole sempre in modo suadente e facendola nel frattempo disporre inginocchiata, sul bordo del letto, con le ginocchia divaricate al massimo ed il sedere appoggiato ai talloni, finché Martina non introdusse le persone a cui aveva telefonato Vito prima di pranzo.
Il Maestro si discostò un poco dalla sua preda e spiegò loro cosa si aspettava che facessero; i quattro uomini ghignarono soddisfatti e lo assicurarono brevemente che si sarebbero attenuti a quanto gli aveva spiegato, prima di motteggiare brevemente tra loro in una qualche lingua slava.
Quando uno scambio di occhiate e di rapidi cenni d’assenso fecero capire che erano tutti pronti, il Maestro Dido si accostò all’orecchio della sua vittima e le mormorò: ‘Adesso, troia, verrai aperta da grossi cazzi… Ti slargheranno la fica ed il culo e questo &egrave un passaggio fondamentale per poter essere davvero utile a tuo marito per il raggiungimento dei vostri obbiettivi.
Tu penserai di sentire male, ad essere fottuta così da questi uomini, ma in realtà amerai questa sensazione di essere riempita, allargata, dilatata, anche lacerata e quindi sarai felice, felice da impazzire e chiederai cazzi sempre più grossi, più massicci, che ti dilatino bene il culo e la fica.
Verrai insultata, picchiata, fatta piangere, ma sarai felice di provare queste sensazioni e ne vorrai sempre di più forti, perché questo &egrave il tuo desiderio, questo l’unico modo che tu avrai per raggiungere il piacere.
Sei felice che adesso cominciamo, troia?’
‘Sì, Maestro: non vedo l”ora, la prego!’
Dido fece un sorrisetto ed un breve cenno ai quattro, che cominciarono subito ad insultarla a bassa voce, come specificato dal loro amico santone, mentre il primo appoggiava la grossa cappella congestionata tra le ninfe appena insalivate della donna e, con una spinta possente ed inesorabile, la penetrava di colpo, provocandole un breve contorcimento per la fitta provata.
—– Erano quasi le sei di sera, quando Paola lasciò lo studio del Maestro.
Dido le aveva fatto riporre lo slippino ed il vibratore in borsetta, prima di congedarla e ricordarle che l’attendeva per l’indomani mattina.
Si sentiva indolenzita, sotto… -e anche dietro!- ma sentiva una strana gioia nel sentirsi così: come se avesse fatto qualcosa di importante, qualcosa che in fondo la faceva stare bene.
Sentì l’irrefrenabile impulso di andarsi a comprare dei vestitini ed i suoi piedi, senza che lei se ne rendessi praticamente conto, la portarono in un grande magazzino di abbigliamento.
Scelse diversi abitini, particolarmente corti e scollati e se li portò, buttaio su un braccio, verso i camerini di prova, in fondo allo spazio commerciale.
Aveva gelato la commessa quando questa, cercando di stabilire uno stato di empatia femminile, le aveva chiesto, sorridente e complice, se avesse intenzione di andare a ballare per far strage di cuori maschili: ‘Beh, più che altro, per far strage dei loro bei cazzi duri e svettanti!’ aveva risposto con un sereno sorriso.
In realtà, si rese conto di aver detto una cosa sconveniente, sconvolgente, perfino offensiva per la sensibilità della simpatica commessa, ma era stato più forte di lei, il dirlo… e con quel sorriso da puttana sulla faccia, inoltre!
Pur sentendosi morire dentro dalla vergogna, si vide riflessa in uno specchio- mentre andava verso i camerini- con un sorriso troiesco ed un passo, un atteggiamento da vera mangiacazzi.
Entrata nel cubicolo, un qualcosa che le veniva da dentro la indusse a non tirare completamente la tenda e si sfilò la canotta, prima di slacciare la minigonna e lasciarla cadere a terra, come una corolla colorata attorno ai suoi piedi.
Con indosso solo i sandaletti, si appoggiò il primo abitino al corpo e si rimirò brevemente nello specchio; aveva intravvisto il riflesso della testa di un uomo che, da fuori, contemplava il suo bel sedere e le gambe e la schiena nuda da attraverso lo spiraglio che si era sentita come obbligata a lasciare.
Sempre col vestito appoggiato sul davanti, tenuto dal braccio che lo premeva sui seni, si voltò ed apostrofò sarcastica il giovane uomo che si godeva lo spettacolo inaspettato: ‘Le da mica fastidio, la tenda così?’
Si rese conto immediatamente dopo che, mentre pronunciava quella frase, il sorriso ed il tono di voce non combaciavano per nulla col suo desiderio di vederlo andare via, vergognoso di essere stato sorpreso a fare il guardone.

‘Direi che questa cretina qui &egrave davvero promettente…’ ghignò Vito, Appena prima di bere un altro sorso dell’ottimo whisky offerto da Dido ai suoi due sodali.
Il Maestro annuì, distrattamente: ‘Sì, reagisce molto bene all’ipnosi, &egrave predisposta; onestamente, non speravo che andasse così bene, così veloce’
Bevve un sorso anche lui, pensosamente, ma poi fece un mezzo sorriso: ‘Comunque, i nostri amici romeni si son davvero divertiti con lei ad allenarla ed alla fine, perfino tu Martina, ne hai approfittato….’
La donne fece un sorriso pensoso. ‘Sì; alla fine, dopo averla vista fottuta in tutti i modi, mi ero eccitata ed avevo proprio bisogno che me la leccasse ben bene per farmi godere!
E alla fine le ho anche pisciato in bocca, a quella troia!
Se non sapessi che era sotto ipnosi, penserei che &egrave davvero una porca scatenata che fingeva prima, a fare la bravamogliettina un po’ tonta e che si &egrave scatenata appena avuta l’occasione…’
‘Beh, in effetti… -il calabrese sorseggiò il suo liquore-… &egrave indubbiamente predisposta…
Probabilmente ha avuto la solita educazione repressiva e quindi l’hanno convinta che ‘certi pensieri’ sono più che scandalosi, assolutamente impensabili… ma dentro di lei c’era tutto quello che le stiamo facilmente tirando fuori.
Domani…. la mattina lavorerò ancora di ipnosi e condizionamento del comportamento e poi faremo come oggi: prima ce la fotteremo noi due e poi la faremo aprire ancora di più… stavolta da Adbul ed i suoi amici senegalesi…’ ‘Quanti saranno?’ lo interruppe Vito.
Dido si massaggiò il mento e poi rispose, ma senza vero interesse: ‘Mah, lui e almeno ed i suoi due suoi amici, bisogna vedere; poi magari, se glie lo diciamo, ne porta anche altri… Cosa ne pensate? Quanti?’
Rispose Martina, con gli occhi luccicanti di sadica lussuria, ma fingendo un interesse appena superficiale: ‘Uhm… direi almeno altri tre o quattro… ma la sfonderanno!’ previde, umettandosi rapidamente le labbra mentre pregustava la scena di Paola letteralmente impalata sui grossi arnesi dei neri.
‘Ma no… -ghignò Vito-… gli dirò di aprirla per bene, ma senza romperla troppo…’
‘Ma gli metteranno due cazzi insieme nella fica???’ chiese la donna, golosa.
Dido fece un gesto, nell’aria, come per scacciare una nuvola di fumo: ‘Mah… non so… vedremo come se la cava: piacerebbe anche a me aprirla per bene alla svelta, ma bisogna aspettare che i suoi tessuti si adattino… se la scianchiamo, poi ci tocca aspettare che guarisca…
Piuttosto, domattina voglio vedere fin dove riesco a portarla, nell’iterazione con estranei…’
‘Però sarebbe divertente anche portarla al punto di comportarsi da troia anche davanti ai suoi parenti, amici, bottegai del circondario, colleghi del cornuto… ‘ fantasticò Martina.
Dido fece una rauca risata: ‘E non hai paura che diventi più troia di te, baldracca?
Comunque, se va avanti così, vedrai che quando torna quel ricchione cornuto del marito, manco la riconosce!’

‘Un pochino sì. Dovresti aprirla un pochino di più…’ replicò ammiccante il tipo che, davanti al camerino di prova, si stava godendo la scena di lei nuda.
No! Non voleva, non doveva, pensò mentre la sua mano -come fosse quella di qualcun altro!- faceva scorrere la tenda di una buona ventina di centimetri e dalla sua bocca usciva la domanda, con tono malizioso: ‘Così va meglio?’
Il giovane, incapace di credere che la sua scherzosa replica venisse presa alla lettera così naturalmente, mormorò tra sé: ‘Uhm… Non sai cosa ti farei…’
Paola lo guardò fisso negli occhi, mostrando una sicurezza come se lei fosse vestita e l’uomo vergognosamente ignudo: ‘Cosa mi vorresti fare? Magari prima mettermi il cazzo in bocca per farti fare un bel pompino e poi mettermelo nella fica alternandola al culo?’
Il tipo non credeva alle proprie orecchie: mai, in vita sua, aveva avuto una risposta così accomodante e detta con tono così tranquillo, poi!
Poi, pensò di aver capito ‘il trucco’: ‘Uhm… e quanto mi costerebbe, il… menu completo? Mica lo farai per sport, no?’ chiese, sapendo come gira il mondo.
Restò completamente spiazzato dalla risposta della donna: ‘Costare? Cosa intendi dire? Io cerco cazzi perché mi piace prendermeli, perché mi piace ricevere la sborra dentro e addosso, mica per altro!’
Era assolutamente interdetto. Restò a ripassarsi nella mente quella risposta per almeno una trentina di secondi, ma poi occhieggiò l’orologio e decise che gli stava venendo tardi, per cui si allontanò con passo svelto.
Paola lo guardò andare via con un misto di delusione e sollievo e poi cominciò finalmente a provarsi gli abitini e, nonostante non avesse richiuso la tendina, nessuno si fermò a rimirarla: solo una donna avanti con gli anni ed i chili le gettò un’occhiata malevola e si allontanò borbottando.
Alla fine scartò due abitini e si presentò alla cassa con i tre che aveva scelto e poi lasciò il negozio, per raggiungere casa con passo svelto. Era sul letto, al buio e rifletteva.
Cercava di mettere a fuoco il quanto era cambiata, andando alle sedute nello studio di Maestro Dido per tutta quella settimana.
Si portò distrattamente la mano al sesso e lo sentì inumidito, voglioso, aperto come la bocca di un assetato, un affamato: la sua stretta topina era diventata un ficone aperto e slabbrato e -perfino!- le sue labbrine stavano diventando pendule.
Il suo culetto stretto, poi, era stato dolorosamente allargato dagli amici del Maestro, che lo avevano dilatato al punto che in quel momento, a freddo, le entravano due dita senza alcuna difficoltà.
E poi’ poi continuava a vergognarsi profondamente, quando diceva certe cose, ma… era più forte di lei, il dirle! Non solo non riusciva più ad evitare di fare riferimenti sessuali, ma, anziché le garbate perifrasi che a volte osava fare, adesso usava esclusivamente termini espliciti che esponevano con raggelante crudezza quello che, da almeno una settimana, aveva cominciato a pensare.
Od anche l’avere certi atteggiamenti, certi toni di voce ed aveva scoperto che le piaceva -piaceva proprio!- provare la vergogna che sentiva quando le arrivavano certi commenti sul suo modo di camminare, muoversi e sopratutto vestirsi, ormai così sfacciato’. Ed anche quando sconosciuti la palpeggiavano in giro: per strada, nei negozi, in autobus, negli ascensori
Poi, l’attività sessuale’ Aveva scoperto quanto la eccitasse essere umiliata dalla Signora Martina e soprattutto come la inebriasse ed eccitasse il sapore della sua fica e quanto le piacesse ripulirla dopo che qualche uomo le si fosse scaricato nella fica o nel culo, oltre che scambiare con lei profondi baci dopo che qualche maschio aveva sborrato nelle loro bocche, arrivando a passarsi l’una l’altra lo sperma o leccandoselo via a vicenda dai volti.
E poi gli uomini, i maschi! Tentò di riepilogare con quali e quanti si era accompagnata’ -No! In quanti l’avevano sbattuta come una troia!- in quella settimana, su consiglio del Maestro: dopo l’onore di essere stata addestrata dal Maestro e dal Signor Vito, i quali le avevano insegnato i modi più efficaci per far apprezzare tutti i suoi buchini, ricordava vagamente, la prima volta, un gruppo di africani che l’avevano presa in ogni modo -tempestata anche dai suggerimenti del Maestro- e mentre scopriva quanto quelle dolorose dilatazioni le dessero piacere.
Poi, dopo loro, ancora molti altri (alcuni distinti, altri decisamente grezzi; da soli o in gruppi sempre variabili) che la penetravano senza pietà, che le aprivano il culo e la fica, che le davano fiumi di sborra da ingoiare e lei che si sentiva dolorante ma bene, per tutto quello che le facevano, compresi i morsi sui capezzoli o nella morbida carne dell’interno delle cosce: queste spietate pratiche la eccitavano a dismisura e sentiva che lei, il suo piacere, avevano bisogno di questo genere di cose!
Adesso il Maestro le aveva spiegato che non stava bene che una signora come lei girasse con un dildo piantato nella fica, trattenuto in posizione dagli slippini: era molto meglio che portasse sempre un plug-in (‘Di dimensioni serie, mi raccomando: non un giocattolo da verginella!’) ben piantato nel culo e senza il fastidioso intralcio dell’intimo.
Così era tornata nel pornoshop ed aveva serenamente esposto la sua richiesta al commesso che, vedendola entrare, si era subito riscosso dall’apatia con la quale faceva quel lavoro: ‘Buongiorno! Avrei bisogno di alcuni plu-in, belli grossi, per tenermi allenato il culo’
Il commesso aveva sorriso per l’innocente sfrontatezza della donna e l’aveva accompagnata allo scaffale giusto, mentre gli altri due avventori ‘uno che occhieggiava l’ampia raccolta di DVD e l’altro che osservava i capi di abbigliamento fetish indossati da alcuni manichini- avevano drizzato le orecchie e poi, dopo essersi scambiati un sorriso per stabilire la loro complicità, avevano seguito i due nella parte del negozio dedicata a quegli articoli.
‘Ecco, guardi: questo le potrebbe andare bene?’ aveva detto il commesso mostrandole un dildo nero, alto una ventina di centimetri e del diametro di circa cinque.
Paola lo aveva osservato, con occhio critico e poi: ‘Sì, forse per cominciare potrebbe andare bene, non so” aveva commentato, non troppo convinta.
Il tipo dei DVD aveva interloquito: ‘Forse per valutare meglio, signora, dovrebbe provarlo” aveva suggerito con un sorrisetto subdolo.
L’appassionato del fetish gli aveva gettato un’occhiata storta: non era quella la maniera per vedere se ci stava, quella troia, cazzo! Troppo diretto!
Paola aveva sorriso all’uomo che aveva parlato: ‘Intende dire, piantarmelo nel culo?’
Tutti avevano intuito che era solo una serena richiesta di spiegazioni, quella domanda e non la risposta sarcastica alla provocazione.
‘Sì, direi che &egrave il modo migliore per verificare se la dimensione &egrave quella giusta’ Anzi: se vuole potrei aiutarla io, a provarli”
‘Oh’ -il commesso e quello del fetish avevano maledetto mentalmente la sfacciataggine del tizio: adesso quella cretina avrebbe rifiutato!-‘ davvero mi aiuterebbe?’ aveva risposto con un sorriso allegro ed accondiscendente.
L’amante del fetish aveva deciso di entrare in gioco anche lui, a piedi uniti! ‘Per una bella signora come lei, saremmo tutti onorati di aiutarla a scegliere, signora!’ aveva detto, raccogliendo i cenni di consenso degli altri.
‘E’ come potremmo fare?’ si era informata lei, collaborativa.
‘Beh’ -era intervenuto il commesso-‘ potresti inginocchiarti su quella poltroncina, col culo bene in fuori’
Paola ricordò la poltroncina imbottita con la spalliera appena più alta dei braccioli, il tutto rifasciato di velluto rosso scuro e non aveva fatto una piega, sentendosi dare del tu dal commesso.
Si era messa come le avevano suggerito, inarcando la schiena in modo da dare il maggior risalto al sedere ed il tipo dei DVD, dopo averle contemplato la larga rondella grinzosa e le ninfe socchiuse, aveva proposto: ‘Forse &egrave meglio se prima ti lubrifico un po” magari ti sbatto un po’ in fica, in modo che poi, inculandoti, ti lubrifico anche il culo da troia che hai”
Paola non si era fatta pregare: ‘Sì, mi sembra una buona idea’ Sei molto gentile, a volerlo fare’
I tre uomini si erano scambiati ghigni complici e poi il tipo lo aveva tirato fuori, già ben duro e aveva appoggiato la cappella turgida alle labbra già luccicanti di eccitazione di Paola; poi, con un unico affondo, l’aveva penetrata, sentendo subito quanto la donna fosse avvezza a calibri ben maggiori del suo.
L’aveva scopata, con la frenesia di un cane alla monta, per pochi minuti; poi glie lo aveva tolto e l’aveva appoggiato allo sfintere, che subito si era aperto per accoglierlo e per stringerglielo e massaggiarglielo mentre la inculava, sempre freneticamente.
Pochi affondi, ma poi con un gemito roco si era svuotato nell’intestino di Paola, mentre l’altro cliente glie lo aveva infilato in bocca senza tante storie ed il commesso si divertiva a pizzicarle i capezzoli: ormai non avevano più remore e volevano godersi quella troia, miracolosamente arrivata per soddisfare le loro voglie.
Dopo il tipo dei DVD, anche il commesso aveva deciso di approfittare della disponibilità dei buchi di quella troia e solo dopo essersi scaricato anche lei nel culo, cominciò a farle provare i vari plug-in.
Si era accorto con stupore che, man mano che saliva di dimensioni e quindi l’introduzione era più difficoltosa e dolorosa per la donna, questa si bagnava sempre di più, arrivando a gocciolare di eccitazione quando riuscì, pur con molta fatica, ad introdurle un plu-in del diametro di ben dodici centimetri, superiore a quello di una bottiglia di vino.
Alla fina Paola era uscita dal sexy shop con quattro plug-in nella borsa, quello più grosso che aveva lasciato nel culo ‘nonostante il piacere che le dava il dolore che provava, non se la sentiva di levarlo subito, dopo tutti i maltrattamenti che il suo sfintere aveva sopportato- e le sborrate dei tre che le riempivano deliziosamente lo stomaco, avendoli bevuti tutti per ringraziarli di averla aiutata a fare gli acquisti.
Poi il Maestro le aveva detto che era giusto che lei imparasse a comportarsi correttamente anche ‘in esterno’ e quindi una sera l’aveva portata in un pub di suoi amici, a servire ai tavoli.
Le aveva prescritto come vestirsi (minigonna scozzese plissettata, camicetta bianca annodata sul pancino invece che abbottonata, decolté con tacco dieci, un plug ‘medio’ ‘tra quelli che aveva- nel culo e null’altro!) ed erano arrivati nel pub affollato.
Lei aveva notato che altre due donne servivano ai tavoli, in una mise simile alla sua e che gli avventori, quasi tutti maschi, si prendevano ampie libertà con loro.
Il Maestro Dido le disse che anche lei doveva ricordarsi che ‘il cliente ha sempre ragione’ e che perciò doveva lasciare liberi gli avventori di fare ciò che volevano con lei e di eseguire qualunque sua richiesta.
Fu una serata davvero faticosa ‘fino ad oltre le due del mattino!- e lei ne conservava nella mente solo pochi fotogrammi: le mani che la palpavano, pizzicavano, sculacciavano e frugavano mentre serviva, le richieste ‘a volte garbate a volte brutali- perché spompinasse, i due che gli avevano messo insieme i cazzi nella fica ristretta dall’ingombro del plug nel culo, i sessantanove che aveva fatto con le altre due cameriere mentre, verso la fine della serata, l’altra donna che stava sopra di lei veniva ripetutamente inculata da diversi cazzi.
Li avrebbe comunque perso il conto, se mai avesse deciso di tenerlo!, dei cazzi che aveva preso.
L’indomani non sarebbe andata allo studio del Maestro: doveva rivedere i suoi genitori, tornati da un viaggio all’estero, insieme a sua sorella ed andare tutti insieme al mare e poi la sera, finalmente!, sarebbe tornato il suo Giulio!

” Direi che la cagna sta reagendo molto bene al trattamento’ Sì’ Sì’ Esatto’ certo, prima le ho fatto cambiare il look: nuovo taglio di capelli, trucco marcato, microgonne’ sì, tutto l’armamentario’ sì, sì, ce l’ho portata l’altra sera’ Ah beh, guarda: &egrave stato davvero divertente vederla al pub ed anche una soddisfazione’ dovevi vederla: non si sono risparmiati, l’hanno riempita di cazzi e sborra dappertutto’ no: avevo deciso che nel culo doveva tenere il plug, quindi glie lo hanno messo solo in bocca e fica’ ah, uno spettacolo! Son rimasti tutti contenti, guarda!… Sì, sì: le ho fatte lesbicare tutte e tre tra loro; dovevi vedere quanto si sono tutti arrapati, al vederle!… no, ti giuro!… sì, esatto, ho fatto davvero presto, &egrave portata la troia: con le altre ci voleva quasi un mesetto, se non di più’ No, no: tutto!… Ah, valeva la pena di vederla, davvero!… Mah, qui da me l’ho fatta rodare dai soliti gruppetti’ sì, loro’ ah, beh: si sono divertiti!… Beh, li conosci: basta che respirino, se le fottono’ Eheheheheeh’. Sì, sì’ No, poi anche con qualcuno di quelli che pagano, giusto per cominciare e rientrare dalle spese’ Aahahhah, come quali spese???… e la luce, il mio tempo prezioso?… ahahahah, beh, &egrave un costo anche quello; visto che non voglio svuotarle il conto corrente’ sì, esatto! Mi son bastati i casini dell’ultima volta, cazzo!… beh, si sta trovando con una vita nuova di pacca e a questo mondo tutto si paga’ Esatto: dando i buchi a chi &egrave disposto a pagarmi’ ma poi, quando se ne renderà conto, potrà anche farsi pagare lei, chissenefotte’ No, domani non viene: deve rivedere i suoi che son stati via e poi la sera torna il cornuto e vuole accoglierlo con taaaaaaanto amore, la cretina, ahahahahaah’ No, tranquillo: anche domani ‘lavorerà’ per scendere ancora’ con l’ipnosi l’ho convinta che non c’&egrave nulla di male a fare la troia anche davanti ai suoi parenti e che loro magari la criticano, la rimproverano, ma in realtà sono felici che sia diventata così, anche se fingono di vergognarsi di lei, ma solo per salvarsi la faccia’ Sì, esatto, ehehheh’ quindi vedrai che scenderà ancora nella disistima generale’ No, per il cornuto non ho ancora pensato a nulla’ le ho solo dettato, sotto ipnosi, che deve scoparlo alla grande’ sì, in fica’ no, niente culo e niente bocca’ Beh, &egrave il cornuto, mica può pretendere, no? Ahahahahahahaahah” Si svegliò di colpo e l’orologio la informò che erano le nove passate da pochi minuti.
Fece un attimo mente locale, anche per scacciare dalla mente gli ultimi vapori del sonno e si ricordò che quello era il giorno dei grandi rientri: i suoi genitori erano rientrati la sera prima da un viaggio all’estero ed avevano deciso di rivederla insieme a sua sorella Laura e passare la giornata in spiaggia.
Poi, quella sera, sarebbe finalmente tornato il suo amore -il suo Giulio!- da quella lunga, massacrante trasferta in giro per l’Europa, povero caro!
Andò in bagno per le sue abluzioni mattutine e inconsciamente si tolse il plug dal culo: qualcosa di indefinito le faceva capire che oggi non ne avrebbe avuto la necessità di tenerlo.
Decise di indossare l’ultimo costumino che si era acquistata e sopra indossare un pratico copricostume che le arrivava a mezza coscia, ma con due profondi spacchi laterali che si fermavano appena sotto i fianchi.
Indossò un paio di sandaletti dorati con un tacco da otto centimetri, ma abbastanza larghi da non affondare troppo nella rena, mise quanto ancora le serviva in un’ampia borsa di rafia, si contemplò nella specchiera dell’ingresso, apprezzando l’effetto che facevano gli occhiali da sole tirati sulla testa a fermare i suoi pur corti capelli.
Era soddisfatta dell’immagine che lo specchio le aveva rimandato e così chiuse la porta e quasi danzando scese in strada.
Dopo pochi minuti, vide arrivare l’auto del padre, che scese per salutarla insieme a sua madre Clelia ed a sua sorella col nipote Giacomo, che non aveva più visto o sentito dal suo diciottesimo compleanno, un mesetto prima.
Si guardarono un attimo reciprocamente, sorridenti e felici di ritrovarsi e poi partì la giostra degli abbracci & baci: prima sua madre (‘I capelli così ti stanno bene, ma hai l’aria sciupata: mangi abbastanza?’) che la strinse forte e la baciò sulle guance, poi suo padre Antonio (‘Eccola qui, la mia piccola principessa! Sempre più bella!’) che la strinse anche lui afferrandola per le spalle con le sue forti mani e le depositò un bacio sulla fronte: durante l’abbraccio, Paola sentì la virilità da cui era scaturita: non durissima, ma comunque di dimensioni non banali; poi toccò a Laura (‘Ciao sorellina! La mamma ha ragione, ti donano i capelli così!’) che la strinse alla vita e la tirò contro di sé, appoggiando le labbra sulle sue: lei provò ‘condizionata com’era- a schiudere con la punta della lingua le labbra della sorella, ma questa si era già staccata e la guardava con un’espressione interdetta.
Infine toccò al nipote (‘Ciao zietta! Sei uno schianto!’) che anche lui la strinse e le bacio l’angolo della bocca, troppo rapidamente perché Paola potesse infilargli la lingua in bocca.
Però, quando si staccò, arrossì violentemente per il commento ad alta voce della zia, che gli sorrideva con complice malizia: ‘Giacomino, ma che bel cazzo duro, che hai in quei jeans: l’ho sentito bene contro il fianco, quando mi hai abbracciata!’
La nonna sussultò, ma decise che lei NON aveva sentito; il nonno, invece, fece l’ombra di un sorrisetto, prima di fare un’espressione ingrugnata e sua madre… sua madre lo guardava con le sopracciglia così interrogativamente alzate che lui, per un attimo, pensò che potessero volare via…
Finiti i saluti e con un turbine di pensieri imprevisti, il quintetto si ammucchiò nella vecchia punto di papà Antonio, con la moglie Clelia a fianco e dietro le due sorelle, ai lati del nipote; vista la brevità del tragitto, preferirono tutti tenere le proprie borse sulle ginocchia, piuttosto che litigare con la capricciosa serratura del portellone.
Mentre Clelia raccontava del loro viaggio, spesso interrotta dal marito, Paola sentiva la mano di Giacomo che le accarezzava la pelle della coscia fin quasi alla vita, sfruttando l’ampio spacco del copricostume. Non si sottrasse alle timide carezze del nipote, ma anzi manovrò per intrufolare la mano sotto al telo da mare che il ragazzo teneva sul grembo, fino a raggiungere e stringergli il membro durissimo.
Un qualcosa, dentro la sua mente, spingeva perché facesse un commento -il più possibile esplicito- per richiamare l’attenzione e rendere edotti anche sua sorella ed i suoi genitori di come stessero trafficando lei ed il giovane Giacomino, ma stringendosi il labbro tra i denti, riuscì a tacere, concentrandosi sulle dita che, fatte più audaci dalla sua muta risposta, avevano superato la sommità della coscia per raggiungere il suo sesso socchiuso e già molto eccitato.
Sentiva le inesperte dita del nipote muoversi ad esplorarla in modo casuale ed assolutamente inesperto, mentre lei stava invece usando tutte le sue abilità, anche se di recente acquisizione.
Si stava eccitando notevolmente; più che per i disorganizzati magnuscamenti del nipote, piuttosto a sentire sotto le dita il fremere del turgore della sua giovane virilità ed immaginarsi -pur piena di intima e profonda vergogna!- ad accogliere nella sua bocca calda quella cappella e quel cazzo marmoreo, per sentirlo esplodere in tanti, densi schizzi destinati alla sua gola.
Purtroppo, arrivarono subito -troppo presto, accidenti!- e suo padre li incitò tutti a scendere rapidamente dalla macchina per andare in spiaggia.
Antonio e Clelia saltarono letteralmente giù dall’auto ed anche Laura districò i piedi da sotto il sedile della madre e scese.
Paola invece si prese qualche istante di requie, giusto per far scemare un po’ l’eccitazione e poi smontò con calma, mentre l’impaziente giovane scendeva dalla parte destra, seguendo la madre e senza pensare alla vistosa erezione che gli tendeva il tessuto degli short e che fu prontamente notata dalla madre, anche se decise di non dar risalto alla cosa, sperando che nessuno se ne accorgesse.
Scendendo, Paola aveva impugnato maldestramente i manici della borsa di rafia e questa si inclinò, lasciando cadere a terra il flacone del suo olio solare -al cocco, profumatissimo!- che ovviamente dovette raccogliere.
Fino a una settimana prima, si sarebbe accucciata per raccogliere l’oggetto, ma quel giorno si piegò in avanti, facendo risalire notevolmente il copricostume e donando un suggestivo scorcio del suo bel sedere.
Nei pochi istanti che le erano serviti per raccogliere il flacone, aveva avvertito come… un caldo raggio di sole sul sul suo fondoschiena, la netta impressione di essere osservata e così girò la testa, incrociando lo sguardo di suo padre che subito distolse il suo, guardando gli altri oltre il tettuccio dell’auto e levandosi quel vago sorrisetto dalle labbra, per mostrare invece un’espressione arcigna.
Raggiunsero in breve l’arenile, stesero i loro teli da spiaggia e si tolsero gli abiti ‘da città’ per rimanere in tenuta balneare: papà Antonio con un boxer nero, sopra alla vita del quale debordava la pancia; mamma Clelia con una tranquillo costume intero blu elettrico, la sorellona Laura con un bikini adeguato alla sua figura di accettabile quarantacinquenne ed il giovane Giacomo con un calzoncino ampio, giallo vivo.
A differenza delle altre, Paola non aveva avuto l’accortezza di mettere il telo come ultima cosa, nella borsa e perciò dovette trafficare più degli altri per estrarlo senza spargere sulla sabbia tutte le cento cose che aveva lì dentro.
Quindi gli altri erano già seduti sui teli a chiacchierare, quando alla fine, in piedi, si tolse il copricostume; i suoi familiari smisero di colpo, contemporaneamente, di parlare, guardandola con occhi sgranati ed a bocca più o meno aperta, evidentemente colpiti dal suo bikini davvero minimo, color ‘neon orange’, che aveva come coppe del reggiseno due morbidi triangoli di tessuto finemente lavorato -quasi come pizzo- che lasciava comunque trasparire l’area più scura delle areole e che si adattava elasticamente al capezzoli visibilmente semieretti.
La mutandina, invece, era un perizoma minimal: pochi centimetri quadrati dello stesso tessuto, che arrivava a malapena a coprire il montedivenere per poi incunearsi tra le cosce, le natiche e spuntare gloriosamente sotto le reni, per collegarsi ai due sottili laccetti che le aggirarano i fianchi e che, prima di collegarsi alla parte anteriore, avevano due delicati fermagli metallici.
Dedicò ai familiari un’occhiata panoramica: sua madre fissava ostinatamente il mare, l’orizzonte come se avesse paura di uno sbarco nemico; Laura la guardava letteralmente con gli occhi che sembravano schizzare via dalla testa e le labbra serrate, evidentemente scandalizzata.
Suo padre aveva la fronte aggrottata, esprimendo severa critica, ma incongruamente aveva le labbra che sembrava quasi sorridessero, mentre suo nipote stava sorridendo a trentadue denti, cercando di sistemare meglio la sua possente erezione.
Paola si sentì molto a disagio, conciata così davanti alle occhiate severe della sua famiglia, ma non riusciva a comportarsi altrimenti: era più forte di lei!
Anzi: invece di sedersi buona buona per cercare di ridurre la visibilità che le dava non solo il ridottissimo bikini, ma anche le ampie aree circostanti che spiccavano per la loro totale mancanza di abbronzatura, si piegò di nuovo come appena scesa dall’auto, per prendere il flacone di olio solare dalla borsa, dando le spalle alla famiglia e regalando ai due maschi di casa una visione insperata e celestiale. ‘Ma… ma zia… ti si vede il… il buchetto…’ Giacomo era eccitato ed insieme imbarazzato, per quello che aveva visto di Paola, quando si era piegata a prendere qualcosa dalla borsa: al centro delle sue belle chiappe (bicolori, perch&egrave si vedeva nitidamente il confine tra le due metà abbronzate e quelle invece pallide, celate sino allora dalla mutandina di un normale bikini, che la zia aveva scelto quel giorno di non usare) spiccava violentemente la stringa arancio brillante del microperi che indossava e che sembrava attirare gli sguardi verso il suo… buchino (‘Alla faccia del buchino!’ pensò Giacomo, che si sentì immediatamente intostare la cappella), che si presentava però quasi con l’aspetto di due labbra protese per un bacio.
Ed anche la vulva, sembrava pressata a forza nel minuscolo pezzettino di tessuto che la conteneva a stento!
Antonio ebbe una visuale simile a quella del nipote e sentì subito un certo formicolare là sotto, nel costume da bagno; si umettò golosamente le labbra, prima di realizzare che quel bel culo, così suggestivo ed invitante, era quello di sua figlia piccola e che sua moglie era accanto a loro, evidentemente così scandalizzata di far finta di non vedere, non sapere, non sentire…
Laura, invece, era così esterrefatta dell’inaspettato comportamento della sorella, che non aveva occhi (sgranati!) che per lei, non notando quanto suo figlio sbavasse visibilmente per questi flash, indubbiamente suggestivi per i suoi giovani ormoni!, offerti dal corpo esageratamente scoperto di Paoletta.
La quale invece, si volse pigramente verso il nipote e le chiese, serafica. ‘Buchetto? Intendi dire il culo?’
Il giovane boccheggiò, spiazzato dalla franca risposta della donna, mentre lei si vergognò da impazzire di quella sua terrificante franchezza, detta con voce serenamente sicura e squillante: avrebbe preferito morire, piuttosto che dire una cosa del genere!
Al padre luccicavano gli occhi di malcelata lussuria, anche si sforzava di assumere un’espressione di sdegnata severità e Laura era sconvolta, da quello che aveva sentito dire dalla sua sorellina… E con un tono così normale, poi!
Con la coda dell’occhio, vide la madre concentratissima a fissare l’orizzonte, mentre il figlio, invece, stava letteralmente sbavando, assistendo al lento e sensuale spalamarsi di crema solare della zia.
Sospettò che Paola, finita di ungersi sul davanti, chiedesse ‘innocentemente’ proprio a suo figlio di spalmarle la schiena e capì che sarebbe stao un momento imbarazzantissimo, ben oltre la sgradevolezza.
Ebbe un’idea per disinnescare almeno quella crisi incombente: ‘Giacomino; perché non vai fino al bar a prendere un gelato per tutti?’
Suo figlio la guardò con uno sguardo astioso, ma vista l’espressione molto seria della madre, abbozzò: ‘Va benee… Come lì volete, i gelati???’
Preso appunto mentale dei vari ‘… cono con fragola e limone… coppetta fiordilatte e cioccolato… pistacchio, io voglio pistacchio e melone, in un cono!…’ ed un ventieuro dati dal nonno, si avviò verso la gelateria.
Laura lo vide già quasi arrivato al bar, quando sentì la domanda che temeva, in tono querulo: ‘Chi mi viene a spalmare la lozione sulla schiena???’
Vide che il padre aveva aperto al bocca per dire qualcosa, ma subito si offrì lei stessa: ‘Eccomi, Paoletta, te la metto io…’

E’ andata bene! -pensò Antonio- stavo per offrirmi io, ma poi sai che casino se non riuscivo a controllarmi davanti a quella rompiballe di Clelia, che ha sempre da mugugnare e mettere i musi se guardo qualche bella ragazza, e Lauretta che oggi sembra occhiuta come un falco? Certo, mio nipote ce l’ha duro a vedere sua zia conciata così da troia, ma &egrave normale: &egrave un giovane…. e sano, non un ricchiuni! E Laura deve stare attenta che Giacomino non faccia casini, con sua sorella…
E comunque, se non fosse mia figlia…

Laura si inginocchiò accanto alla sorella, versò una striscia di crema sulla sua schiena e cominciò a spalmarla uniformemente.
‘Sai Paoletta… -esordì-… faccio fatica a riconoscere la mia sorellina… Ti trovo… cambiata, ecco! Più… disinvolta… quasi sfacciata’
‘Cosa intendi per sfacciata? Più troia?’ le chiese con naturalezza.
Le mani di Laura si erano fermate un istante, travolte dalla crudezza e dal tono sereno con cui era stata fatta la precisazione.
Decise che, se voleva parlare con la sorella, doveva adattarsi al suo linguaggio: ‘Beh, non osavo dirlo, ma direi che ‘troia’ rende bene l’idea…Mi stavo solo chiedendo… perché ti comporti e ti esprimi in questo modo? Non vedi che la mamma &egrave imbarazzatissima?’
Paola la guardò, girando la testa da sopra la spalla: ‘Sì, lei lo &egrave, ma non ne capisco il senso: se ha avuto te e me, il cazzo di papà deve pur esserselo fatto piantare ben dentro la fica, non trovi?’
Laura boccheggiò come un pesce fuor d’acqua, cercando le parole.
‘… E comunque, la mamma &egrave imbarazzatissima, ma papà si &egrave eccitato a guardarmi il culo ed anche tuo figlio, sapessi come lo aveva duro, in macchina, mentre mi metteva le dita nella fica…
E se sei qui, ‘per parlare’, allora forse sei inconsciamente intrigata… e a giurare da come i tuoi capezzoli modellano il tuo costume, direi che probabilmente hai la fica tutta bagnata…’
Laura era esterrefatta dal modo molto (troppo?) esplicito con cui si esprimeva la sua sorellina e si bloccò, restando immobile come la moglie di Lot.
Paola, da parte sua, avrebbe voluto morire, invece di comportarsi così e dire quelle cose così sconvenienti e forse offensive, ma non riusciva a farne a meno e la sua voglia di fermarsi e di cercare di tornare indietro erano almeno pari a chi stesse precipitando da un grattacielo, ma con gli stessi, drammatici esiti.
Laura cercò di riandare con la memoria a cosa fosse successo sulla Punto di papà, ma dovette ammettere che era troppo affaccendata a fare domande ai i suoi genitori sul loro viaggio, per non aver registrato altro che un vago muoversi -un pochino più del solito- di suo figlio al suo fianco, ma distrattamente non ci aveva dato peso.
Ma fece mente locale al -pur breve- trasferimento sulla Punto del padre e ciò che le aveva serenamente confessato sua sorella, le permetteva ora di rendersi conti appieno di cose che aveva solo registrato nella mente, ma in modo acritico, automatico e le sembrava di rileggere un giallo, godendo meglio del dipanarsi della vicenda e dello stile dell’autore, visto che tanto sapeva chi era l’assassino.
In pratica, la sua sorellina, timida e pudibonda fino ad un paio di settimane prima, non solo era diventata sboccata come una… come una baldracca e come una baldracca ragionava!, ma inoltre concedeva irripetibili libertà al suo bambino!
E inoltre, si permetteva ormai di fare pesanti illazioni su di lei, andando a frugare in modo osceno nei suoi pensieri più reconditi!
Fece un respiro profondo ed affrontò l’argomento, anche se una vocina dentro la testa le diceva che era solo tempo sprecato e, probabilmente, anche nuova fonte di pesante imbarazzo.
‘Sai Paola… Beh, sì: sei… sei molto cambiata, rispetto all’ultima volta che ci siamo viste, abbiamo parlato…’
La sorella fece una risatina, praticamente silenziosa: ‘Intendi dire che non ti aspettavi che dichiarassi così serenamente che mi piace prendere i cazzi in ogni buco?’
Laura era esterrefatta e sussultò come se avesse preso uno schiaffo in pieno viso, ma decise di seguire il gioco della sorella: ‘Beh… sì… cio&egrave… &egrave chiaro che hai capito qualcosa di te che prima non ti era ben chiaro… e chi sono io per contestare questa tua cosa? Però ti prego, almeno per rispetto a mamma e papà, di non essere così… così sboccata, sfacciata, davanti a loro!’
la sorella la guardò con uno sguardo vagamente canzonatorio: ‘E se faccio la brava bambina, tu in cambio mi racconti tutti i cazzi che ti sei presa, da quando sei sposata???’
Si sentì crollare il mondo addosso! Come faceva sua sorella a saperlo? Era stata attentissima e con nessuno aveva mai corso sciocchi rischi di essere sorpresa!
Aveva già aperto la bocca per negare con veemenza, quando capì che Paola non sapeva -non poteva sapere!- nulla, ma che ciò che aveva detto era solo un’illazione, in linea con quel personaggio sboccato che quel giorno aveva deciso di interpretare!
Paola si era girata a guardare la sorella, odiandosi per le malignità che non era riuscita ad evitare di dirle, ma la vide arrossire violentemente e ci mise solo pochi istanti per intuire che la sua brava sorellona aveva anche lei un armadio pieno di scheletri… scheletri ben cazzuti, probabilmente.
Fu stupita ed al contempo divertita, da questa sua scoperta e vide che lei stava per replicare quando…
‘Ecco i gelati!’ bramì il nipote, come un giovane cervo in primavera.
Consegnò le coppetta alla nonna ed al nonno e poi venne verso di loro con i tre coni, consegnandone uno alla madre e l’altro alla zia, prima di dedicarsi golosamente al suo.
Però si interruppe subito: la sua zietta stava gustando il suo cono in maniera… come dire? Moooolto suggestiva: più che gustarsi un gelato, sembrava che stesse facendo un pompino in piena regola!
Giacomo era affascinato dal gioco di lingua e di labbra che la zia stava mostrando di essere abilmente capace di fare, anche se un misero cono gelato, anziché sul suo cazzo così duro da fargli male; girò un attimo la testa e vide che anche il nonno era paralizzato da quell’inaspettato, sensualissimo spettacolo, ma che nel su sguardo nonsi leggeva riprovazione, ma… bramosia.
‘Mi &egrave venuto un forte malditesta, Anto’: portami a casa…’ la voce forte e chiara di Clelia riscosse tutti -compresa Laura!- da quello spettacolo ed il nonno, dopo aver bofonchiato qualcosa, cominciò ad arrotolare i teli.
Allora, anche Laura decise aveva delle cose da fare a casa e si portò via il figlio, quasi sull’orlo delle lacrime per la frustrazione di dover interrompere quella celestiale visone erotica, assicurandosi comunque che Paola invece preferiva restare in spiaggia e, in meno di cinque minuti, la lasciarono sola. Le era spiaciuto che la mamma si fosse sentita male, al mare e che sua sorella e suo nipote avessero deciso di farsi accompagnare a casa da papà, ma lei era restata in spiaggia, a rosolarsi piacevolmente al sole e non era mica restata sola… per niente! Un sacco di simpatici giovanotti che avevano chiacchierato e scherzato con lei e le avevano offerto innumerevoli volte di andare a bere qualcosa al baretto; aveva accettato solo poche volte ed aveva capito che quelle capatine erano solo occasioni per averla in piedi e per farle arrivare le loro mani ovunque, oltre a fargli sentire le loro irruente erezioni contro i fianchi od il culo.
Quando aveva deciso, poi, di fare il bagno, si era trovata con l’acqua circostante agitata, piena di uomini di ogni età, che le fecero venire in mente certe scene di mattanza nelle tonnare, che aveva visto in qualche documentario.
Con l’acqua che, tra gli scogli, le arrivava alle spalle, si era trovata con addosso le mani di almeno una decina di uomini e qualcuno più intraprendente era arrivato a spingerglielo dentro, davanti o dietro, a loro discrezione.
Qualcuno, poi, l’aveva fatta piegare -anche sotto il pelo dell’acqua- ed aveva voluto un pompino memore dello spettacoloso gelato di un’oretta prima.
La sua vergogna per quel comportamento così lascivo era stata gigantesca, ma non riusciva a sottrarsi dalla fascinazione di avere quei comportamenti… e neanche dall’indiscutibile piacere che ne traeva, sopratutto quando i più goffi o bruschi si impadronivano del suo corpo senza nessuna delicatezza, facendole provare piccole -ma inopinatamente eccitanti!- sensazioni dolorose.
Comunque, alla fine del pomeriggio, aveva ricevuto la telefonata che più desiderava ricevere: quella del suo Giulio, che le comunicava (anche se in tono forse un po’ freddino, invece che con l’entusiasmo che manifestava lei: doveva essere sfinito dalla lunga trasferta di lavoro, povero amore!) che sarebbe arrivato a casa dopo le dieci di quella sera e che avrebbe cenato lì a poco, in aeroporto.
Così andò a casa, si fece bella -e profumata!- per il suo amore e decise di stupirlo, con un nuovo ridottissimo abitino che aveva acquistato pochi giorni prima.
Si guardò, civettuola, nella specchiera della camera: leggermente dorata dal sole, nuovo taglio di capelli, abitino sexyssimo che sottolineava la sua femminilità e che mostrava generosamente le cosce, sandaletti dorati col tacco a spillo…
Per fortuna l’abitino copriva le ampie zone arrossate dal sole di quel pomeriggio in spiaggia, le parti della sua pelle che, non più protette dai suoi casti bikini, ora arrivavano a lambire le minuscole aree che ancora aveva tenute protette col suo nuovo bikini; si strinse nelle spalle, sorridendo: in poche giornate di mare, la sua abbronzatura si sarebbe deliziosamente uniformata.
Comunque sì: si era fatta davvero bella, per il suo Giulio!

Mentre si lavava i denti, alla fine delle sue abluzioni prima di andarsi a coricare, Paola rifletteva su ciò che avevano detto e fatto, lei ed il suo Giulio, dopo che lui era -finalmente!- rientrato dalla sua lunga trasferta di lavoro pochi minuti prima delle undici.
Aveva l’aria esausta, povero tesoro!, ma come l’aveva vista aveva letteralmente sgranato gli occhi, colpito dal suo nuovo look.
Lei era stata molto affettuosa e lo aveva riempito di coccole ed aveva in effetti il disperato bisogno di fare l’amore col marito, ma Giulio aveva provato a schermirsi, dicendo che era davvero stanchissimo; Paola lo aveva in qualche modo trascinato in camera e, dopo averlo fatto cadere sul letto, dopo averlo baciato, abbracciato ed accarezzato, aveva avuto l’irrefrenabile impulso di sentire la sua virilità in bocca -per cominciare!- ed aveva provato a leccarglielo e succhiarglielo facendo del suo meglio e lui doveva essere davvero esausto, se non le aveva mosso alcun rimprovero, come suo solito, per la sua scarsa capacità e se lei aveva dovuto impegnarsi parecchio per farglielo ergere in modo accettabile.
Comunque alla fine era riuscita nel suo intento e, visto che il suo Giulio continuava a dichiararsi esausto, gli era andata sopra e si era impalata da sola sul membro maritale, ma dopo pochi affondi uno strano disagio, fastidio l’aveva costretta a sfilarselo; non era una sensazione dolorosa come quelle che aveva cominciato ad apprezzare per accrescere la sua eccitazione, ma proprio un… fastidio (e non riusciva a definirlo meglio!) nel prendersi suo marito davanti.
Si era sentita dispiaciutissima per questo impedimento ed aveva pensato che anche il suo Giulio si sarebbe sentito frustrato quanto lei, visto anche che la guardava con gli occhioni sgranati.
Per cui… ‘Scusami amore mio, ma mi da fastidio la fica, a prenderci il tuo cazzo dentro… non capisco…
Ti dispiace se questa sera ti do solo il culo?’
Dio, che vergogna! Sì, il succo del discorso che voleva fare era giusto quello, ma NON così esplicito! Più garbato, meno da… da puttana.
Il suo Giulio aveva strabuzzato gli occhi ancora di più -se possibile!- e poi le aveva detto di fare pure tutto lei, come meglio credeva.
Povero Giulio! Si vedeva che era scosso, da questa sua volgarità e che, anche perché molto stanco dalla lunga trasferta evidentemente, le lasciava carta bianca per fare quello che lei meglio credesse.
Così Paola si era sfilata il membro di Giulio, con un qual certo sollievo!, dalla vulva e, spostandosi di pochi centimetri, si era impalata analmente, lasciandosi sfuggire un sospiro soddisfatto.
Le era venuto spontaneo usare i muscoli anali per cercare di farsi perdonare da Giulio e donargli il massimo del piacere con quella sodomizzazione, mentre se lo faceva scivolare dentro e fuori, ruotando anche i fianchi per sentirselo girare dentro e, in effetti, dopo pochi minuti senti il cazzo del marito sussultarle nel retto, prima di scaricarsi dentro di lei con una specie di sordo ruggito di piacere.
Aveva ripreso fiato per un minuto, con una vago sorriso sulle labbra; poi le aveva detto che era stato fantastico (prima volta che apprezzasse il far l’amore con lei da un bel po’ di anni a quella parte!) e si era addormentato di schianto.
Lei aveva inumidito una salvietta e gli aveva teneramente ripulito il pube, prima di andare a compiere le proprie abluzioni.
Provava una profonda vergogna, per ciò che aveva fatto (mai presa l’iniziativa, prima di allora!) e soprattutto per il linguaggio esplicito, sguaiato, volgare che aveva usato con suo marito, incitando con frasi del tipo ‘… spaccami il culo… annegami le budella con la tua sborra… sfonda la tua troia bocchinara…’ -mai neanche pensate, prima di allora!- e che soprattutto sapeva di non dover dire anche mentre, inarrestabili, uscivano dalla sua bocca, come una specie di… diarrea dialettica.
Si strinse nelle spalle: ormai quello che era stato, era stato e poi il suo Giulio non era sembrato troppo infastidito dal suo comportamento!
Si stese infine nel letto accanto al marito, guardandolo teneramente ed accostandoglisi, abbracciandolo; lui nel sonno si mosse, con un vago sorriso sulle labbra e la sua mano le palpò il sedere, mentre mormorava, con tono soddisfatto: ‘… dai, Ba… mi distruggi così, topina…’
Ba??? No, probabilmente dormendo aveva biascicato… Pa, ecco quello che voleva dire, Paola!

‘Ciao amore, sono io… ma sì, tutto bene… no, non sospetta niente… Sai, ripensavo alla nostra crociera e… come?… Ma niente, solite cose, quasi… ma no, dai! Le solite smancerie… in che senso quasi?… beh, aveva un vestitino molto corto, attillato… si era anche truccata e profumata ed aveva qualcosa di… di diverso nell’aspetto, non so… boh, chennesò?… forse sì, si &egrave tagliata i capelli, non ci ho fatto caso… … ma sì, te lo giuro! Truccata e profumata… Mah, un po’ troppo dell’uno e dell’altro, per i miei gusti… Sì, trucco un po’ pesante, sembrava un po’ una troia!… Ma no… io non volevo e poi, con te, ero esausto amore mio! Mi hai distrutto… beh sì… dai, non t’incazzare!… No aspetta; ti racconto com’&egrave andata!!!… mi ha portato in camera, mi ha fatto cadere sul letto e poi, senza tante storie, mi ha slacciato le braghe e… sì, ha cominciato a leccarmelo e succhiarmelo… no, io ero stanco per te e poi non ne avevo voglia, ma lei sembrava assatanata, un’altra!… sì, una cosa incredibile!… sembrava una professionista del pompino, altro che le cazzate che faceva… ahahahah, ti giuro! Se non la conoscessi, direi che &egrave andata a scuola di bocchinare!… Beh, sì: mi si &egrave drizzato perché pensavo che fossi tu, a farmelo… guarda, una cosa stranissima!… no, sta’ a sentire: mi &egrave venuta sopra e se lo &egrave messo davanti… anche lì, mi ha stupito… perch&egrave uno, mi &egrave venuta sopra lei, senza che facessi o dicessi niente e due, dovevi vedere come si muoveva!… guarda, non la riconoscevo proprio!… due colpi, poi ha detto che le dava fastidio davanti… sì, si &egrave levata… non ci crederai mai: se lo &egrave piantato nel culo da sola!!!… no, nessuna difficoltà, le entrato tutto di colpo, alla grande… sì, penso anch’io che abbia trovato uno che se la sbatta e se la sia aperta per bene… sì amore: alla grande!… e dovevi sentire come si muoveva bene!… no, amore: non quanto te, ovviamente… però… sì, diciamo bene, davvero molto bene!… tra l’altro, mi incitava, ma con parolacce assurde, mai sentite da lei che &egrave una specie di suora!!!… beh, tipo ‘sfondami il culo’, ‘allagami con la tua sborra calda’, cose così… sì, le ho sborrato nel culo e poi son subito crollato… mi son svegliato mezzora fa… mi ha lasciato scritto sulla lavagnetta che andava a fare la spesa… sì, amore non vedo l’ora anch’io… mah, ho un’ideuzza per i prossimi giorni… no, non te lo dico, ma vedrai che ti piacerà, ahahaha… sì, anch’io… uh! Sta rientrando, chiudo, ciao!’ Barbara rifletté su quanto le aveva raccontato Giulio; in effetti, quello che lui gli aveva appena raccontato non sembrava davvero potesse riferirsi alla sua rivale per come lui glie l’aveva precedentemente tratteggiata: un po’ tonta, pudicissima, assolutamente imbranata a letto, vergognosissima, schifiltosa anche per le cose più semplici tra un uomo e una donna, incapace di un grammo di iniziativa e di anche solo pensare a come far eccitare un uomo… Una specie di suorina del cazzo, diciamo!
Invece ‘questa’ Paola era… era una vera scatenata; da quanto Giulio le aveva accennato, era diventata una vera baccante!
Il fatto che sia stata lei, spontaneamente!, a tirargli fuori il cazzo ed a spompinarlo, impegnandosi per giunta parecchio -perché lei lo aveva lasciato sicuramente svuotato, sazio e felicemente esausto!- per farglielo diventare abbastanza duro da metterselo (da sola, poi!) nella fica… e poi, dicendo che gli dava fastidio (mah!), se lo &egrave levato e se lo &egrave infilato (sempre da sola! Senza nessuna difficoltà! Incredibile davvero!) nel culo che, lo rammentava bene!, lui le aveva sempre detto quanto fosse strettissimo, che quando era riuscito, con molti lamenti e lacrimoni, a metterglielo era stato davvero faticoso…
E invece, poche ore prima, se lo era infilato nel culo come se niente fosse!!!
Rifletteva furiosamente: l’aveva vista, anche se da lontano, ancora pochi giorni prima di partire e non le sembrava -per l’atteggiamento, la maniera di muoversi, l’abbigliamento- la stessa persona di cui le aveva parlato il suo uomo.
Le sembrava molto improbabile che, in pochi giorni, la sua rivale avesse potuto conoscere un uomo così seducente e determinato da poterla trasformare così profondamente, sia come approccio al sesso che anche come modo di parlarne, di esprimersi.
Uhm… doveva cercare di capirne di più, perché quello che non riusciva a capire bene la infastidiva, la irritava a morte!

Paola si avviò verso lo studio di Maestro Dido, con passo leggero sugli alti tacchi ed un vago sorrisetto sulle labbra: aveva passato un bel finesettimana col suo Giulio; dopo aver fatto l’amore il venerdì sera, anche se in modo così… irrituale, anche quando lui il sabato era tornato dal lavoro (‘Sai amore: devo andare a controllare alcune cose che ho lasciato detto di fare…’), dopo una buona cenetta che lei gli aveva preparato con tanto amore, lo aveva dolcemente trascinato sul letto e poi… poi si era trovata a far di nuovo l’amore con suo marito, ma vergognandosi molto perché aveva sì, voglia di farlo, ma sembrava che qualcosa dentro di lei la spingesse a comportarsi come una… una troia, una troia insaziabile, scatenata, una vera famelica baldracca! E con che frasario, poi! Aveva incitato il suo Giulio a prenderla in tutti i modi, con parole e frasi che avrebbero fatto vergognare anche una puttana di strada!
Però aveva una -pur strana!- disinvoltura a fare tutte quelle cose e lo aveva ospitato sia in bocca sia dietro… Aveva in effetti provato a prenderlo davanti, ma sempre quella sensazione di fastidio, lì!
Però il suo Giulio, anche se forse era un po’ stupito -glie lo leggeva chiaramente negli occhi!- non aveva avuto nulla da dire e anzi si era complimentato con lei, mentre le scaricava il suo piacere bene in profondità, dietro.
Oddio: lei si era anche un po’ offesa per un attimo, per le espressioni estremamente volgari con cui suo marito l’aveva lodata ma, d’altra parte, nonostante il ribrezzo che le faceva un simile frasario, anche lei aveva usato -e per prima!- un avvilente linguaggio simile…
E anche la domenica, quando era tornato dalla festa di addio al celibato di un collega a lei totalmente sconosciuto, aveva dovuto insistere (come più delle due volte precedenti!), ma alla fine aveva potuto avere in bocca, fica e culo (Ops!!!!) il suo Giulio.
Lui l’aveva pesantemente insultata, sculacciandola anche mentre lei lo sentiva piantato dentro di sé -ovviamente dietro. Quel fastidio davanti non le dava requie nonostante tutte le lavande vaginali che aveva usato- e lui l’aveva coperta gioiosamente di pesanti insulti, ma lei lo aveva perdonato, sia perché capiva che erano un sincero apprezzamento, nonostante l’estrema volgarità, sia sopratutto perché lei stessa non era riuscita a trattenersi dall’usarle per prima, rabbrividendo dalla profonda vergogna per l’uragano di oscenità che usciva, prepotente ed inarrestabile, dalla sua bocca.
Però aveva capito che stava riaccostando a sé il suo affaccendato coniuge, segno che Maestro Dido era stato efficace, in questo.
Così, con un tenue sorrisetto, entrò nello studio del Maestro.

Aveva davvero fatto fatica a riconoscerla! Si muoveva e comportava con una troiaggine spudorata! E anche lo scambio di battute con l’ortolano sulla dimensione e consistenza delle zucchine, oltre all’esplicita dichiarazione di come Paola avesse intenzione di utilizzarle prima di cucinarle, l’aveva lasciata -a dir poco- basita!
Aveva visto il bottegaio imbarazzarsi, per la cruda esplicitità della moglie del suo uomo e adesso la stava seguendo nel dedalo delle strette stradine del centro storico.
La vide entrare in un portone, che le era stato aperto appena aveva premuto il pulsante nella parte bassa di una targa, segno che era probabilmente attesa.
Lesse la targa, che annunciava la presenza del solito ciarlatano esoterista, ipnotico e quant’altro e, occhieggiato uno sgangherato baretto a poca distanza, valutò che dalla sua vetrina poteva controllare quel portone e quindi si organizzò per aspettare.
Man mano che i minuti si accumulavano diventando intere mezz’ore, in lei crescevano irritazione e curiosità.
Visto che il suo stomaco le aveva fatto notare che l’ora di pranzo era ormai passata, sbocconcellò svogliatamente un tramezzino mezzo risecchito e bevve una birretta.
Dopo più di quattro ore di paziente appostamento, quando ormai si stava convincendo che Paola si fosse beffata di lei, uscendo da un’altra parte (era IMPOSSIBILE che le fosse sfuggita! Non era nemmeno andata a fare pipì, nonostante il possente stimolo che sentiva!!!), la vide finalmente uscire, mostrando con la sua postura una sicurezza -al limite dell’arroganza!- che mal si attagliava alla donna che lei aveva cominciato a conoscere attraverso le lamentazioni di Giulio e che aveva visto varcare quello stesso portone, poche ore prima!
Ebbe un attimo di indecisione, combattuta tra l’idea di continuare a seguirla e quella, invece, di andare a rendersi conto di cosa ci fosse oltre quel portoncino; rapidamente rifletté che probabilmente Paola -anche se con una strana espressione sul viso ed un passo stranamente… rigido, forse- sarebbe andata verso casa e poteva ribeccarla quando voleva.
Invece, era davvero incuriosita dall’antro di quel… santone.
Macerata dalla lunga attesa e davvero incuriosita da quello che avrebbe potuto trovare all’interno, quasi si precipitò a premere il pulsante che spuntava dalla targa ed un sommesso schiocco accompagnò un piccolo movimento del portoncino che restò socchiuso.
Fece una profonda inspirazione, come prima di tuffarsi in mare da uno scoglio e poi varcò la soglia.

Paola aveva come l’impressione di essere stata approfonditamente interrogata da Maestro Dido, ma era come i brandelli di un sogno, che si tenta di far combaciare al risveglio ed, in realtà, non ricordava né le domande né le sue risposte… Era solo una sorta di… sensazione; sì: una vaga sensazione, ecco!
Era strano: ricordava sempre poco delle sue sedute da Maestro Dido ed -ancora più strano!- in realtà non le importava gran che non ricordarne i dettagli.
Adesso, sentendo una profonda, intima vergogna per quello che sentiva di dover fare, ascoltava il ticchettìo dei suoi tacchi a spillo sul selciato, mentre i suoi passi la portavano inesorabilmente ad entrare in un lurido, sgangherato cinemino disperso tra le viuzze ed i vicoletti della città vecchia; un cinema che forse una cinquantina di anni prima doveva aver avuto una sua dignità, un suo decoro, che aveva visto famiglie assistere ai cinemascope americani, mentre nelle ultime file nascevano amori che sarebbero sfociati in tranquilli matrimoni, mentre adesso, quella sala con le antiche poltroncine di legno proiettava solo film pornografici e lei, pur non volendolo nel suo intimo più profondo, sentiva di dover entrare in quella sala.
La grassa donna africana, staccò appena gli occhi dal piccolo televisore che teneva sul ripiano della cassa, appena oltre il vetro con la finestrella, le stampò il biglietto, ritirò i soldi e torno a disinteressarsi totalmente di lei che, dopo aver superato il piccolo atrio parallelo alla stradina, giro a destra e percorse il corridoio fino alla scalinata di marmo color crema, alla base della quale si apriva a destra la porta della platea ed a sinistra le due porticine dei servizi, rigorosamente separati per genere.
La porta aperta di quello maschile, le mostrò un piccolo ambiente con un minuscolo lavabo giusto davanti alla soglia e più in avanti le porte socchiuse di due gabinetti.
Fece un profondo respiro e decise di salire fino in galleria; in cima alle scale, un pianerottolo con un angolo arrotondato terminava contro le due pesanti tende rosse di velluto, annerite e logorate da migliaia di manate e, superate quelle, si trovò lo schermo alla sua sinistra mentre lei, procedendo su una sorta di stretto balcone, poté occhieggiare la platea e le due maschere del teatro greco che decoravano la parte in faccia alla scala, segno di antica dignità della sala. Si riscosse e, con nelle orecchie i gemiti ed i mugolii finti degli attori avvinghiati sullo schermo, si mosse verso i gradini che portavano alla sommità della sala con le poltroncine digradanti.
Si sentì praticamente radiografata dagli sguardi curiosi e probabilmente stupiti della decina scarsa di uomini soli, sparpagliati per tutta la sala e che, disinteressandosi totalmente dalla proiezione, la seguirono coi loro sguardi ingolositi finché non si sedette nella seconda poltrona dell’ultima fila, in cima.
A metà salita, aveva visto le due ante a molla che portavano ai ‘servizi’ (qui ingresso unico!) dai quali aveva percepito un vago sentore di orina e di altre secrezioni.
Comunque si sedette e fu più forte di lei: divaricò bene le gambe e cominciò a toccarsi, stupendosi una volta di più di quanto larga stesse diventando la sua natura; doveva essere colpa dell’età, le diceva una strana vocina da in fondo alla sua testa.
Dopo dieci minuti, nessuno in sala si interessava alla proiezione, ma tutti i presenti erano attorno a Paola: chi solo per guardare la scena nella tremolante luce e masturbarsi, chi per accarezzarle le cosce e la fica, chi per brancicarle le tette denudate, torcendole i capezzoli, chi infine facendole girare la testa all’indietro, per farsi leccare e succhiare il cazzo.
Dopo cinque minuti, l’avevano fatta alzare in piedi, girare spalle allo schermo e piegare in avanti fino a farle appoggiare gli avambracci sullo schienale, in modo da poter continuare a spompinare, mentre gli altri si alternavano nello stretto passaggio tra le poltroncine per penetrarla: fica o culo, secondo le personali preferenze. Si sentiva stordita: l’ometto con la sua strana palandrana, gli strani effluvi che aleggiavano nell’aria, la strana e debole illuminazione, il suo monotono ed ammaliante tono di voce, i suoi occhi, quel cavolo di ciondolo dondolante…
Decise di riscuotersi e di affrontare il sedicente Maestro Dido, prendendo lei l’iniziativa dopo aver finto di stare al gioco per cercare di farsi un’idea del luogo, della persona, della situazione, per tentare di capirne un pochino di più.
‘Maestro, mi scusi…’
L’uomo le tirò un’occhiata assassina, ma continuò a bofonchiare.
Barbara lo affrontò di petto: ‘Senta, la smetta! Io in realtà non sono qui perché ho bisogno delle sue fatture, pozioni o amuleti: devo parlarle… seriamente!’
Il Maestro tacque di colpo e la fissò, con sguardo inquisitorio e le chiese con un tono quasi brusco, invece di quello ieratico usato fino a pochi istanti prima: ‘E di cosa?’
Lei inspirò profondamente e poi: ‘La donna che &egrave uscita da qui, poco prima che entrassi…’ Lasciò volutamente la frase in sospeso, per valutare la reazione dell’ometto che, infatti, socchiuse cautamente gli occhi, come per valutare una potenziale minaccia: era sulla difensiva e quindi doveva esserci qualcosa di poco chiaro, losco…
Proseguì: ‘La… la conosco… ed ho notato che &egrave… cambiata, da un paio di settimane in qua…’
‘E allora…???’
La donna vide Dido arroccarsi in difesa, cauto e pronto a contrattaccare, nel caso: rischiava di non avere alcuna risposta e di essere mandata via, se non avesse subito chiarito che lei non rappresentava alcun pericolo, ma anzi…
Sorrise, conciliante: ‘Le spiego meglio: la signora &egrave la… la moglie di una persona… una persona a cui io tengo in modo particolare e…’
‘Parliamoci chiaro, sinni minchiate!’ La interruppe l’uomo, con un sorrisetto carogna ‘Paola &egrave la mugghiera del tuo amante, Giulio…’
Barbara ebbe come l’impressione di essere stata gettata in una piscina, ma adesso, superato il primo istante di stupore, decise che poteva e doveva nuotarci dentro!
‘Senza troppi giri di parole, sì: Paola &egrave la moglie del mio uomo e lui &egrave restato molto sorpreso di sentirla parlare e vederla comportare come una troia navigata dopo che…’
‘… Dopo che tu e Giulio vi siete fatti la vostra bella vacanza insieme… a giudicare dalla durata e dai giorni di partenza e rientro, direi una bella crociera nel Mediterraneo!’
Beh, in gamba l’ometto: era tanto mago quanto lei era vergine, ma almeno sapeva rapidamente fare due più due! Gli sorrise, complice.
‘Se vogliamo essere sinceri, sì: esattamente! Ma mi aspetto che anche lei sia altrettanto sincero, con me’
L’uomo annuì, sorridendo sornione: ‘Mi sembra ragionevole… Cosa vuoi sapere?’
Barbara era così soddisfatta della disponibilità di Dido che tralasciò di infastidirsi per l’uso del tu e del tono di voce sguaiato: poteva essere un utile alleato ed era disposta a tutto (beh.. a molto, dai!) per poterlo avere schierato dalla sua parte.
L’uomo, con gli occhietti divertiti, la prevenne: ‘Direi che Giulio ti ha raccontato della mirabolante trasformazione della sua tenera e casta sposa, che gli &egrave saltata addosso spompinandolo, nonostante lui non ce la facesse perché devi averlo prosciugato, ma che usando la bocca come la più abile delle bucchinare glie lo ha intostato abbastanza da metterselo nella spacca, salvo smettere quasi subito perché le dava fastidio e piantandoselo n’ tu culu da sola, facilmente e parlando come la peggior puttana da bordello…
Questo venerdì sera quando lo hai lasciato tornare a casa, sabato sera dopo che ti ha ficcata tutto il pomeriggio ed anche ieri, quando la festa di addio al celibato l’ha fatta a te!
Così oggi ti sei presa la giornata libera, ti sei appostata davanti a casa sua e poi l’hai seguita fin qui… Eri nel bar, in queste quattro ore???’ L’uomo fece una breve pausa e la guardò divertito, ma riprese a parlare prima che lei potesse rispondere.
‘E quando l’hai vista uscire, pensavi di sapere che lei sarebbe tornata a casa, ma avevi capito che QUI c’era la spiegazione del come aveva fatto a diventare così troia durante la vostra vacanza….
Peccato che non l’hai seguita: ti avrebbe divertita vederla entrare in un cineporno qua vicino, a farsi fare qualunque cosa da chiunque la volesse…’
Barbara in effetti rifletté un istante che sarebbe stato stuzzicante seguirla ed assistere in diretta alla degradazione della sua rivale, ma subito considerò che, se le cose con Dido avessero preso la piega che sembrava potessero prendere…
Perciò fece la domanda la cui risposta la incuriosiva maggiormente: ‘Giulio mi ha detto che, oltre a capacità insperabili, Paola adesso &egrave anche molto più… capiente, larga… Lei ha usato dei, dei cazzi finti, dei plug per allargarla così?’ Stavolta fu lei ad incalzarlo subito con un’altra domanda.
‘E poi, mi chiedevo: a il suo comportamento da baldracca, lo si può far tenere anche… nella vita di tutti i giorni?’
Dovette aspettare che Dido smettesse di ridere, prima di riuscire a risponderle: ‘Per allargarla così e farle venire quelle… abilità -chiamiamole pure così!- ho usato cazzi, cazzi veri, da un pò grossini ad enormi: diversi miei conoscenti si son prestati volentieri per… allenarla e credo che la troia abbia preso più cazzi in questi dieci giorni che in tutto il resto della sua vita!
E già che c’ero, l’ho fatta diventata anche un’abile mangiatrice di sticchio…
Riguardo la vita di tutti i giorni… -si interruppe per ridere ancora, sguaiatamente-… ti racconto cos’&egrave successo quando &egrave andata al mare con suo padre, sua madre, sua sorella e quel giovane segaiolo di suo nipote…’

Dopo un quarto d’ora, Barbara era sadicamente divertita dalla narrazione della giornata al mare coi parenti e dai sordidi dettagli dell’addestramento della sua rivale, che Dido le aveva dato molto volentieri, mentre nel frattempo studiava le reazioni della donna: una mezza idea gli si stava mettendo insieme nella mente… Ghignò silenziosamente.
‘Beh… quindi se ho ben capito, può farle fare praticamente tutto quello che vuole, anche se lei, mentre lo sta facendo, si vergogna da impazzire ma, inarrestabilmente, DEVE fare quello per cui &egrave… programmata, giusto?’
L’uomo annuì, sornione: ‘Sì, diciamo che &egrave così…’
A Barbara luccicavano gli occhi per l’eccitazione: ‘Uhm… E se le suggerissi io, Maestro, qualcosa da farle fare???’
Dido annuì; la donna pensava che annuisse a lei per incoraggiarla ad esporre la sua idea, ma in realtà lui si rendeva conto, una volta di più, di quanto ormai conoscesse la psiche femminile ed alla donna, che stava inseguendo nella mente i possibili sviluppi della richiesta che stava per suggerire, sfuggì il rapido guizzo della lingua dell’uomo che si umettò le labbra, pregustando la contropartita che avrebbe ottenuto da questa bella bruna.
‘Sì, ecco… -cominciò ad esporre la sua idea, anche se ancora in maniera grezza, ma sapendo di poter contare sull’esperienza dell’uomo per perfezionarla-… mi chiedevo se sarebbe possibile che quella cretina… ‘

Perché li aveva lasciati fare? E adesso?
Le facevano male le ginocchia, i polsi, le spalle, i capelli… anche le mascelle!
Sentiva qualcuno, lì vicino, che parlottava e ridacchiava, ma le voci erano attutite… forse erano nell’altro vano, l’antibagno dov’era il piccolo lavabo scheggiato…
Poi sentì cigolare le molle delle due ante che portavano in sala e lo scricchiolio della porta dei servizi (cessi!) maschili che si apriva ed i passi pesanti di un uomo.
Si rialzò dalla sua postura, seduta sui talloni e si preparò ad essere usata ancora come succhiacazzi, ma sentì l’uomo tirarle il polso e la fascetta che premeva sulla pelle per un istante… Poi, il freddo di un attrezzo ed il secco ‘clak’ e la fascetta tagliata che non le bloccava più il polso; pochi istanti ed anche l’altro polso venne liberato e poi la voce beffarda dell’uomo: ‘Ciao bella, &egrave stato piacevole… Quando vuoi tornare, sei sempre la benvenuta!’
Si sfregava ancora istintivamente i polsi, mentre sentiva l’uomo andare via e lasciarla sola.
Con cautela, tirò e strappò il nastro isolante che l’aveva bendata -staccando con una certa delicatezza i capelli!- e la luce della pur non forte lampadina le ferì gli occhi.
Quando riuscì a sopportare la luce, vide una fascetta da elettricista, tagliata, che ancora penzolava dallo scarico del pisciatoio di sinistra, mentre l’altra era caduta sul pavimento lordato dalla poltiglia di sperma, orina e suole sporche.
Fece forza sulle ginocchia doloranti e luride, si rialzò in piedi e sciaguattò nell’immonda mistura coi piedi nudi, per recuperare i suoi sandaletti, gettati in un angolo come morti.
Una volta calzati, si osservò per quanto possibile: la camicetta aveva i bottoni strappati ed era comunque piena di macchie di certa ma indicibile natura; la gonna invece, pur lordata, le era stata raccolta attorno alla vita e in discrete condizioni.
Si sentiva la pelle della faccia e del petto e delle cosce tirare, mentre la sborra le si asciugava addosso e passandosi le dita tra i capelli, sentiva le ciocche incollate.
Dopo che i primi avevano goduto di lei in sala, uno di loro -forse un elettricista?- aveva proposto di portarla nei cessi e lei li aveva lasciati fare, li aveva assecondati, mentre la bendavano col nastro isolante passato più e più volte attorno alla testa, mentre la facevano inginocchiare e le assicuravano i polsi agli scarichi dei due vespasiani esterni, come crocefissa, con la fredda ceramica di quello centrale contro le spalle ed il collo, le narici già piene del sordido odore di quel luogo.
E poi, mentre sentiva alcuni parlottare al cellulare per invitare gli amici, avevano cominciato a metterglielo in bocca a tutto spiano, uno dopo l’altro e lei aveva perso il conto di quanti cazzi -puliti o puzzolenti, grossi o piccoli- aveva dovuto accogliere in bocca e quanto sperma aveva ingoiato e quanto colato fuori dalla sua bocca e quanto invece deliberatamente spruzzatole addosso, con mani che le tenevano la testa per pilotarla nei movimenti ed alcuni acri e bollenti getti d’orina ovunque, anche nella sua bocca tenuta spalancata da forti e callose dita e parole, borbottii, grugniti in accenti di molte lingue e dialetti del mondo e lei, così accoccolata, che aveva sentito le copiose sborrate che aveva nella fica e nel culo, colarle fuori e formare un immondo laghetto -insieme alla minzione che non era più riuscita a trattenere!- che si era allargato fino a lambirle le ginocchia ed i piedi…
Non aveva idea di quante decine di uomini avevano goduto del suo corpo e impazziva dalla vergogna, dall’imbarazzo di dover passare davanti alla cassiera africana conciata così e poi sempre così dover uscire sulla strada e…
Però… però aveva goduto, goduto tanto! Era stata una lunga trattativa: lei aveva esposto la sua idea -in modo assolutamente schematico, molto grezza!- ed il santone l’aveva aiutata a perfezionarla, limarla, ottimizzarla, renderla suggestivamente praticabile.
Alla fine Barbara era soddisfatta dell’accordo, nonostante il ‘pagamento’ che aveva dovuto concedere all’uomo ed era convinta che ne valesse la pena.
Ripensò con un brivido a cosa aveva dovuto fare per assicurarsi la collaborazione dell’uomo: nonostante sia sempre molto sicura di sé (qualcuno arrivava a definirla perfino ‘arrogante’, figuriamoci!) ed il fatto che stesse cautamente in guardia contro gli eventuali trucchetti dell’uomo, ad un certo punto della sua visita si era ritrovata esausta, con i muscoli delle cosce indolenziti e nuda, seduta sulla poltroncina di fronte al santone, che la contemplava con uno sguardo decisamente divertito.
Lo aveva tacitamente interrogato con uno sguardo denso di domande e lui, senza dire una parola, le aveva porto una piccola telecamera digitale, indicandole il display, mentre lei rammentava alcune considerazioni che Dido aveva fatto su lei, assicurandole che neanche la sua forte personalità avrebbe potuta metterla al riparo delle sua capacità, ma che anzi, sarebbe stato ancora più divertente piegare la sua volontà per farle compiere azioni estremamente umilianti, come e forse ancor di più della sua rivale; lei aveva riso, mostrando una sicurezza che però, nella sua mente, era leggermente incrinata.
Poi, poi avevano continuato a parlare, affinando sempre più l’idea e lei era finalmente soddisfatta del risultato della discussione fino a che… fino a che Dido le aveva detto di osservare attentamente uno strano ninnolo e poi… e poi si era trovata lì, nuda e con le cosce intorpidite.
Barbara, con orrore crescente, aveva guardato nel display ed aveva visto se stessa, nuda a parte due lunghe, ridicole penne infilate in un cerchietto sui capelli, che faceva il verso della gallina mentre, mani intrecciate sulle reni, becchettava chicchi di granturco che qualcuno, fuori inquadratura, gettava sul selciato del vicolo e lei che si abbassava a becchettarli… a raccoglierli con le labbra, piegandosi fino toccarsi il tronco con le cosce e con i seni che dondolavano oscenamente ed oscenamente il suo culo si divaricava, piegandosi, mostrando impudicamente i suoi orifizi.
L’ultima inquadratura, dopo cinque minuti di umiliante esposizione del suo corpo nel vicolo -e con sguardi tra il divertito e l’intrigato dei rari passanti- era un primo piano di lei, con la punta del naso ed il mento anneriti dallo strisciare sul selciato ed il rossetto (che aveva appena ‘rinfrescato’, prima di entrare nell’antro di Dido!) tutto sbaffato intorno alle labbra e sulle guance e lei che dopo aver coccodato piano, afferma ‘Io non sono l’aquila che credevo di essere, sono solo una stupida gallina e mi piacciono il granone e sopratutto i galli’, prima di urlare un possente ‘Coccodéeehh!’, appena prima che la ripresa terminasse.
Era riconoscibilissima ed ogni parte del suo corpo era stata ripresa senza alcuna eccezione e senza alcuna pietà. Addirittura, l’operatore (lo stesso Dido, probabilmente) aveva fatto una sequenza dove, partendo dal primo piano del suo viso, faceva scorrere l’impietoso occhio della cam lungo il fianco, fino a mettersi alle sue spalle e poi, abbassandosi, aveva effettuato un imbarazzante primo piano delle sue ninfe e del suo ano impietosamente esposti, mentre si abbassava per becchettare qualche chicco di granone dal selciato.
Era nelle turpi mani dell’uomo!!! Se qualcuno avesse visto quella assurda ripresa, lei sarebbe stata completamente rovinata!
Con un gesto, che Dido evidentemente non si aspettava, gli strappò dalle mani la cam -per fortuna conosceva quel modello!- e prima che l’uomo potesse riprendersi dalla sorpresa e reagire per contrastarla, aveva estratto la scheda di memoria, ne aveva stretta una metà tra i denti e, premendo forte con le dita, l’aveva spezzata in due. Libera!!!
Dido, reagendo con qualche istante di ritardo, le aveva tolto la cam della mano e poi aveva assistito, sorpreso, alla distruzione della scheda; alla fine aveva fatto uno strano sorriso ed aveva solo commentato: ‘Monella…’
Barbara era furibonda: non solo nei confronti dell’uomo, ma anche e sopratutto nei suoi stessi confronti, perché non era riuscita -nonostante fosse convinta del contrario!- a contrastare gli artifici di Dido.
Si rivestì con furia rabbiosa, sotto lo sguardo pigramente divertito dell’uomo e solo quando fu tornata dal bagno, dove si era ripulita il viso e ripristinato il rossetto, il santone le rivolse nuovamente la parola: ‘Ho solo voluto darti una piccola dimostrazione dei miei poteri, Barbara… Come vedi posso TUTTO!
Comunque, la tua idea mi piace e vedrò di metterla in essere quanto prima.
Adesso puoi andare!’

Ascoltando il ritmico ticchettare dei suoi tacchi sul selciato, Barbara si stava congratulando da sola per aver avuto la prontezza di estrarre e distruggere la scheda di memoria: così riconoscibile, sarebbe stata in balia di Dido che avrebbe potuto chiederle qualunque cosa…
Va beh che per lui, lei era solo Barbara, la donna di Giulio, il marito di quella stupida di Paola, ma già sapendo queste poche cose, avrebbe potuto magari scoprire dati… sensibili su di lei.
No, meglio di no! Troppo pericoloso!
Venne distratta da queste riflessioni dal pigolio di un messaggio in arrivo sul cellulare; ripescò l’apparecchio dalla borsa e notò che il mittente non era uno dei suoi numeri memorizzati: strano!
Con una vaga vena di panico, notò che era un MMS e lesse prima il testo di accompagnamento: ‘Cmq sei una fimmina beddissima. Te lo mando intero in email, così ti puoi rivedere! Ci rivedremo!’
Angosciata, fece partire l’allegato, una breve clip: erano pochi secondi del filmato che credeva di aver distrutto!
Dido l’aveva fregata! Ecco perché le aveva lasciato prendere la scheda, il bastardo!!! E mentre lei era in sua balia, doveva aver frugato nella sua borsa, impadronendosi della sua email, del suo numero di celllu, sicuramente anche leggendo i suoi dati sui documenti…

Paola, dopo la quotidiana seduta da Maestro Dido, decise di fare una passeggiata sul lungomare e, nonostante si vergognasse a morte della minuscola gonnellina plissettata e la camicetta che si era trovata ad indossare quella mattina, si scopriva suo malgrado a sorridere in risposta ai non rari commenti salaci che a volte qualcuno le rivolgeva.
Mentre caracollava sui tacchi, ancheggiando molto più di quanto avrebbe voluto, si sentì chiamare ‘Zia! Ziaaa!!! Zia Paola!!!’ e quasi subito sentì una mano che l’afferrava -pur con una certa delicatezza- sulla spalla.
Si girò e davanti si trovò Giacomo, suo nipote: ‘Oh, scusami Giacomino… ero distratta….’ piagnucolò contrita.
Il giovane valutò il tono di scusa, remissivo della zia ed ebbe un’ispirazione: ‘Scusami un cazzo! Vieni con me!’
Si diresse verso un portone che vedeva socchiuso, ma poi pensò di aver osato troppo e gettò uno sguardo sopra la spalla, pensando di vedere Paola ancora ferma dov’era; invece la donna aveva cominciato a seguirlo e così lui, pregustando ciò che aveva in mente, se lo sentì subito inturgidire.
Varcata la soglia, sorrise tra sé: era un portone che conosceva bene -ci abitava un suo ex compagno delle medie- e ricordava ancora quanto fosse semplice aprire la porticina che portava alle cantine… se non avevano cambiato il meccanismo!
No, era ancora tutto come ricordava! Trovò a tastoni l’interruttore della luce ‘ una lampadina nuda da 60 candele tutta scagazzata dalle mosche- e prese la zia per il polso, trascinandola fino oltre l’angolo che faceva il corridoio; poi si abbassò la zip dei jeans, con una certa difficoltà liberò il suo giovane, marmoreo cazzo dall’impiccio di pantaloni e boxer e infine, seccamente, disse: ‘Dai, succhiamelo!’
Per un istante venne visitato dal dubbio di aver esagerato, ma poi vedendo che zia Paola si inginocchiava e, senza dire una parola. cominciava a succhiarglielooooooohhhh…
Sentì che stava per sborrare dopo pochissimo e, memore dei pornazzi che aveva visto sul pc, decise di afferrarla per i capelli e sborrarle in gola, costringendola anche ad inghiottire tutta la sua sbroda.
Si accorse con stupore, quasi deluso dalla docilità della zia, che lei accettava di buon grado quel trattamento e questo gli accese i sensi e la fantasia.
La fece alzare bruscamente e, sempre tenendola saldamente per i capelli, la baciò violentemente in bocca, in modo da sancire chiaramente il suo dominio.
Poi, con mani affannose, le slacciò la camicetta freneticamente, facendo saltare anche un bottone e si abbassò per succhiarle e morderle io capezzoli già ben eretti: ‘Sei una troia, zia…’ diceva tra una ciucciata e l’altra e vedeva che lei annuiva ‘… Una puttana famelica di cazzi…’ e intanto le sue mani scendevano sotto la ridicola gonnellina pieghettata e un suo dito arpionava il delicato pizzo del perizoma ‘… E io adesso, dopo che hai ingoiato la mia sborra come una baldracca, ti scopo e ti inculo…’ sentì il crepitio del tessuto del peri che si lacerava e, strattonando il cordino intorno ai fianchi, lo sentì cedere di colpo, distrutto ‘… Qui, in questa lurida cantina, come la bagascia che sei…’ le fece scivolare i resti del peri fino attorno alla caviglia e, mentre lei continuava ad annuire, le fece fare un passo indietro per recuperare il suo trofeo, del quale avrebbe potuto vantarsi con gli amici ‘… E’ vero che sei una gran puttana sempre affamata di cazzi? Rispondi!’
‘Sì… lo sono…’ ammise Paola, con un filo di voce.
Giacomo si stava eccitando sempre più, per quel senso di onnipotenza che la situazione gli stava donando; decise di giocare da cattivo: ‘Lo sei… Cosa??? Dimmelo tu, per bene cosa cosa sei, con la tua voce!’
Paola inghiottì la saliva che si sentiva in gola e poi: ‘Io… io sono una grandissima puttana famelica e amo prendere tanti cazzi in bocca, nella fica e nel culo… e farmi sborrare ovunque, ingoiando o facendomi allagare tutti i buchi…’
Tant’&egrave, Giacomo non osava credere alle sue orecchie: la zia non si era accontentata di ripetere passivamente ciò che aveva detto lui, ma aveva… allargato il concetto, con dettagli che adesso gli turbinavano in mente, sforzandosi di diventare un progetto che ‘sentiva’ di stare per concepire.
Allungò la mano e spinse rudemente tre dita tra le labbra della fica della sua vittima, la sua schiava e si stupì di quanto facilmente entrassero: ‘Sei proprio sfondata, zietta…’
La donna annuì, ad occhi bassi, mentre lui aggiungeva un quarto e poi un quinto dito e poi spingeva per entrare con tutta la mano, come aveva visto fare in internet.
Poi rinunciò, irritato che non entrasse facilmente e con uno strattone la fece voltare e piegare a novanta gradi, per scrutare le sue intimità.
‘Hai tutta la fica slabbrata, troia! Scommetto che hai preso chilometri di cazzi!
E anche questo culo, gonfio e dilatato… Quanti cazzi si &egrave mangiato? Quanta sborra ci hanno rovesciato dentro, baldracca?’
Paola taceva e lui, di colpo, la inculò a secco, provocandole solo un piccolo sussulto, come se fosse sorpresa, più che per un eventuale dolore.
Sentiva il culo della zia morbido, largo, bollente, piacevolissimo; decise di provare anche la fica e quindi lo sfilò e subito lo infilò nell’altro bersaglio.
Se possibile, era ancora più morbida e calda del culo e lui, nonostante il suo ‘piolo’ non fosse di dimensioni trascurabili, ci… ballava dentro, anche se la cosa lo intrigava ed eccitava da impazzire!
Sentiva che stava quasi per sborrare e ben due pensieri, in un lampo, gli attraversarono la mente!
Si eccitò così tanto che il suo cazzo parve esplodere in lunghi schizzi cremosi dentro quella porca di sua zia!
Mentre riprendeva fiato, riuscì ad afferrare le code dei pensieri che gli erano sfrecciati per la mente; seguendo il primo, estrasse dai jeans il cellu e cominciò a fotografare le intimità della sua zietta-troia.
Finito ciò, organizzò un attimo le idee, sorrise affascinato dalla sua ideona e poi parlò: ‘Sai, troia… non ti spiace che ti chiami troia, vero? Beh, dicevo: tu devi fare una cosa, tra qualche giorno…. Adesso stammi a sentire attentamente, che ti spiego…’ Il suo passo era titubante, come se non volesse arrivare a casa ed era diventata impermeabile anche ai commenti e le proposte volgare che le rivolgevano; la sua mente era un mulino, addirittura un frullatore di pensieri, emozioni contrastanti.
Ripensava a quello che le aveva fatto subire il nipote, in quel polveroso ed umido corridoio, a ciò che era stato detto, a ciò che aveva provato sentendo quasi lacerarsi il suo animo!
Da una parte la vergogna sconfinata del dover subire quell’umiliantissima, schifosa, volgare, incestuosa situazione senza avere la forza, la voglia, il coraggio di dire: ‘No, basta! Non ci sto!’.
Dall’altra quelle ondate di piacere che la travolgevano, sommergendola completamente; quel sottile, strano, nuovo piacere che provava nel soddisfare ogni richiesta -anche la più oscena! Anche la più umiliante!- che le venisse fatta.
Giulio, dopo l’entusiasmo dei primi giorni dopo il suo rientro, era sempre troppo stanco per fare l’amore con lei ed intuiva ormai che qualcosa stava cambiando, tra loro.
E lei, adesso, si trovava con la assurda richiesta del nipote… una richiesta per la quale sarebbe sicuramente morta di vergogna, per la pesante umiliazione che implicava, ma… ma anche un inaspettato stato di eccitazione, immaginando come la cosa si sarebbe, o avrebbe potuto!, svilupparsi.

Erano passati i pochi giorni e lei aveva narrato a Maestro Dido gli avvenimenti di quel giorno e le richieste di Giacomo; o meglio, non era certa di averglielo narrato -dopo le sedute, si sentiva sempre vagamente stordita- ma aveva comunque la sensazione di avergli fatto una completa narrazione e ‘fotogramma nebulosamente ricordato!- le sembrava di ricordare Maestro Dido col suo cellulare in mano, a cercare nella rubrica.
Ma non era importante, questo; l’importante era tutto il lavoro preparatorio che il nipote le aveva chiesto (Chiesto? Ordinato!) di fare, per giunta con continui aggiornamenti, miglioramenti, ampliamenti…
Perciò, pur piangendo dalla profonda vergogna che provava, non era riuscita a rifiutarsi di telefonare agli amici elencati del nipote per invitarli, con voce suadente, alla festa di compleanno di un loro amico, festa intitolata (esplicitamente!) ‘Festa alla MILF’ ed assicurando ai ragazzi increduli che lei sarebbe stata presente.
Alcuni erano restati attoniti, all’invito ed avevano sbrigativamente ringraziato e chiuso subito la comunicazione, probabilmente spiazzati ed imbarazzati dalle implicazioni che si prefiguravano di quella festa ‘per soli maschi’.
Altri invece, più audaci, le avevano chiesto di descriversi, alcuni perfino chiedendo imbarazzanti particolari del suo corpo e certi persino arrivando a chiedere come sarebbe stata vestita e se davvero sarebbe stata lei ‘la MILF a cui fare la festa’.
Lei aveva soddisfatto ogni loro curiosità e, finalmente, era arrivato il giorno, l’ora della festa.
Come da dettagliate istruzioni, prese un taxi e si presentò, puntuale, davanti al cancello della villa, appena fuori città.
Scendendo dal taxi, si senti ballonzolare i seni, con un vago senso di fastidio… si erano ingrossati un bel po’, da qualche tempo, erano diventati più voluminosi e li sentiva… strani, pesanti; per la prima volta senti la netta mancanza di un reggiseno.
Il cancello interrompeva una siepe foltissima, alta oltre tre metri, che assicurava evidentemente la massima privacy ai proprietari.
Premette il pulsante del campanello e quasi subito uno schiocco ed un piccolo spostamento dell’anta, le fecero capire che poteva varcare il cancelletto pedonale.
Appena lo aveva richiuso, si era voltata a contemplare la villa, un’ampia costruzione ad un piano, circondata da un prato molto curato e con un vialetto inghiaiato che girava ampio intorno allo spigolo destro della costruzione.
Lei invece si trovò a seguire una specie di sentiero mattonato che collegava il cancelletto pedonale al portone d’ingresso della villa, che si schiuse in quel momento e da cui spuntò suo nipote.
‘Ah, sei arrivata, troia…’ la accolse, ma senza cattiveria: solo una constatazione.
Non stette ad aspettare che lei rispondesse, ma dopo averle seccamente detto di seguirla, si incamminò nell’attraversare tutta la villa, fino ad arrivare ad una grande vetrata scorrevole che permetteva di accedere ad un giardino, più intimo del parco circostante, affollato da una quindicina di teenagers schiamazzanti, sparpagliati tra alcune sdraio, intorno ad un lungo tavolo -sotto un gazebo- traboccante di vassoi di stuzzichini e bevande od a sciaguattare nella piscina.
Giacomo si fermò un attimo, prima di fare la loro apparizione all’esterno e, dopo averle fatto posare la borsa in posizione defilata dietro ad una poltrona, le sussurrò seccamente nell’orecchio le ultime istruzioni, prima della loro ‘entrata in scena’.
Lei sentì un brivido di vergogna, pensando a quello che avrebbe dovuto fare lì a poco… ma anche una certa, vaga eccitazione. Cosa le stava succedendo???
Le conversazioni, le risate ed i richiami si spensero, mentre Giacomo si avvicinava a loro, tenendo Paola per la mano, ma alzata come una coppia ad un ballo di corte; arrivarono fino ad una poltroncina di plastica bianca e il nipote l’aiutò a salire in piedi sulla seduta, come fosse un palco e poi la presentò: ‘Ragazzi, ecco la regina della nostra festa, la protagonista della ‘Festa alla Milf’!
Presentati, troia!’
Paola inghiottì la saliva che aveva in bocca e gettò un’occhiata circolare sulla ventina di giovani facce, che la guardavano ansiosi e -forse- leggermente impauriti per quello che si sarebbero trovati a fare davanti agli occhi critici degli amici: tutti sapevano che le gesta di tutti loro in quella memorabile giornata sarebbero state a lungo ricordate ed anche le gaffes, gli errori, gli inciampi vari… Tra loro vide anche due ragazzine -probabilmente compagne di scuola di tutti loro- ed ingoiò ancora a vuoto, prima di parlare: ‘Ehmmm… Ciao a tutti… io sono Paola, la zia di Giacomo e devo… devo rendervi indimenticabile questa festa, per il diciottesimo compleanno di Paolo…’ Fece una pausa ed indicò il festeggiato con un gesto della mano, sorridendo complice ‘… il più giovane della vostra compagnia… io… beh… io sono qui per… per voi… Giacomo mi ha detto… ordinato che devo fare ogni cosa che direte di fare…’
‘Anche spogliarti nuda????’ urlò una giovane voce divertita.
‘Sì, certo, ovviamente… quq-lun-que cosa!’ scandì la donna, mentre sentiva i leggings che cominciavano ad inumidirsi.
‘Ma anche… palparti? Anche… fartelo mettere dentro?’ Chiese un altro, un po’ esitante, forse incredulo per tanta manna piovuta dal cielo.
‘Sì, sì: qualunque cosa: potrete toccarmi le gambe, il culo, le tette, la fica e mettermi i vostri giovani cazzi dove volete… in bocca, nella fica, nel culo…. come vi va!’
A sentire queste parole, questi termini espliciti, brutali, seppur così colloquiali tra loro, detti da quella donna così ‘grande’, tutti si convinsero che non era una spacconata di Giacomo, ma che quello che aveva preannunciato lui e poi telefonicamente anche da lei, era tutto vero ed i ragazzi si sentirono sferzati da scariche di adrenalina e cominciarono tutti ad avvicinarsi, con le mani già pronte ad impossessarsi della parte del corpo della donna che più sognavano di poter toccare… e per davvero, stavolta!!!
Anche Paola ormai sentiva l’eccitazione travolgerla ed era sicura che gli attillatissimi leggings bianchi -quasi una seconda pelle!- che Giacomo le aveva imposto di indossare, adesso avessero un nitido alone umido nel cavallo, visibilissimo -stando lì sopra- se solo non avesse avuto i lembi della camicia a velarlo.
‘No, fermi! Aspettate! Fermatevi o la mando via, subito!’
Solo questa terribile minaccia riuscì a fermare la marea di giovani ormoni e tutti si bloccarono, pur sembrando zombie pronti da impadronirsi di una donna viva, come nei film del genere mortiviventi.
Giacomo, una volta che fu sicuro di godere dell’attenzione generale, proseguì con un tono di voce più colloquiale: ‘Chiariamo subito una cosa: questa troia &egrave qui per farci divertire tutti e tutti, quindi, potremo divertirci come vorremo…
Però, se non vi dispiace… -gettò uno sguardo di sfida agli amici-… sarò io a decidere cosa e come farà le cose.
Fidatevi: ho elaborato un… programma, una scaletta che vi piacerà senz’altro e che lascerà tutti assolutamente soddisfatti… Anche voi due, Marzia e Sammy che già ridacchiate…’ Sorrise alle due ragazze e poi a tutto il gruppo, rassicurante.
Era entusiasta del programma che continuava a ripassarsi in mente, sperando di non dimenticare nulla di tutto quello che quel tipo -uno ‘grande’, con la voce roca da fumatore- telefonandogli tre giorni prima, gli aveva suggerito di far fare a quella vacca di sua zia. ‘Prima di tutto, brindiamo a Paolino, il nostro amico, dai!’
Giacomo, dopo che tutti avevano capito che ‘la troia’ era lì per merito suo, prese facilmente la regia della festa e tutti, quindi, si affidavano fiduciosi ai suoi -vagamente imperiosi- suggerimenti.
Lui si rendeva conto che quella festa era una specie di consacrazione, per lui, anche grazie alla favolosa location che aveva trovato per la festa, invece del pur bell’appartamento cittadino dei genitori di Paolo, che era stato il luogo deputato ai festeggiamenti fino a pochi giorni prima.
Sempre con la zia vicina, secondo dettagliate istruzioni impartitele, si avvicinò al frigorifero dov’erano mantenute in fresco diverse bottiglie di spumante, che sistemò rapidamente sul tavolo, mentre gli amici, armati di bicchiere, gli si assiepavano attorno e cominciò a levare la gabbietta metallica e poi il turacciolo a quella contrassegnata da un ‘casuale’ sbaffo di pennarello.
Quando sentì che il tappo stava per saltare, si girò di pochissimo, il giusto perché il getto del vino frizzante partisse violentissimo dalla bottiglia, che era stata lungamente agitata appena prima che arrivassero i suoi amici, andando ad inzuppare la leggera camicia bianca che quella troia di sua zia indossava, secondo le sue rigide istruzioni.
Inutile dire che il getto freddo fece ancor di più inturgidire i capezzoli, che risaltavano nitidamente, appena velati dal tessuto inzuppato e scatenando l’entusiasmo dei ragazzi che subito si gettarono sulle bottiglie di spumante, stappandole e che usarono per spruzzarsi a vicenda, giocosi, ma sopratutto lei, la milf!.
I ragazzi erano come ipnotizzati dalla visione delle tette gonfie che si vedevano chiaramente, appena velate dal leggero tessuto inzuppato e sagomato dallo spumante ad aderire perfettamente ai capezzoli eretti, mostrandone nitidamente ogni dettaglio.
Qualcuno, più audace, allungò la mano per sfiorarle, ma poi si fermò, esitante, gettando un’occhiata interrogativa a Giacomo che, con un lieve sorriso ed un cenno del capo, concesse il suo regale permesso.
Dopo pochi istanti, le tette di Paola divennero proprietà del gruppo: chi le sfiorava appena, chi le palpava, chi le soppesava come per valutarne il peso, chi le stringeva o pizzicava.
Particolarmente, stingeva e torceva i capezzoli, per il gusto di vedere sofferenza sul suo viso, una delle ragazze, Samantha (ma che tutti chiamavano Sammy): di pochi anni più grande del gruppetto, era la sorella di Thomas e torceva con cattiveria i capezzoli di ‘quella vekkia troia’, piantandoci anche dentro le unghie per pura cattiveria ed invidia: era piccoletta, obesa, con tettone e culone e coscione flaccide e l’attaccatura degli ispidi capelli neri arrivava fino a due dita dalle folte sopracciglia unite, mentre una folta peluria scendeva dalle tempie a formare nitide basette.
Anche il labbro superiore era scurito da una notevole peluria, sopra alle labbra sottili e la sua espressione era sempre ingrugnita, effetto amplificato dal ‘naso a patata’ che, con le nitide narici in mostra, davano al suo viso un aspetto inquietantemente porcino.
Nonostante fosse sempre stata, per ovvie ragioni, sempre disponibile, a parte una marea di pompini, fatti nei cessi della scuola o dei locali dove andava ed una notevole quantità di banale petting, aveva perso la verginità da meno di un anno e solo grazie al fatto che era riuscita ad… adescare un ragazzo letteralmente mezzo scemo.
E adesso, con quella troia lì, a loro completa disposizione col suo bel culo, le sue belle tettone salde, le sue cosce affusolate, le sue caviglie sottili come grissini, la sua bella faccia da troia con la bocca da pompinara, lei si stava… ferocemente vendicando della natura matrigna!
Diede uno strattone e riuscì a far saltare un bottone della camicetta della troia… Voleva impadronirsi dei suoi capezzoli, torcerli, piantarci le unghie dentro fino a farglieli sanguinare…
Intanto i ragazzi avevano sollevato alla loro vittima un pochino la camicia e le stavano contemplando il culo ed il pube, allargandole le natiche o facendole allargare le cosce, per poter osservare meglio i dettagli del suo ano -in rilievo come una bocca pronta ad un bacio- e delle sue ninfe, perfettamente delineate dal leggerissimo tessuto dei leggings che dava quasi l’impressione di essere stato spruzzato sulla pelle, come una vernice translucida.
Giacomino si avvicinò alle due, mentre Samantha torceva di nuovo un capezzolo, con espressione ferocemente concentrata: ‘Sammy, Sammy… non ti da fastidio la stoffa sotto le dita? Non vorresti arrivare direttamente sulla pelle?’ chiese ironico.
‘Sì, sì… -replicò subito lei, piccata dalla domanda-… difatti le stavo aprendo la camicia…’
‘Ma dai… -obiettò il ragazzo, con tono sardonico-… non sta bene che una signora stia con la camicia aperta, ad una festa di ragazzi, non trovi?’
Sammy lo guadava perplessa, anche se un vago sorrisetto faceva capire che era in attesa di conoscere il seguito, che difatti venne subito dopo: ‘Se proprio vuoi giocare con le tette di questa vacca, allora modifichiamo un po’ la sua camicia…’
Detto ciò, estrasse dalla tasca un paio di forbici, pizzicò il tessuto sopra al capezzolo e lo allontanò un pochino dalla pelle della donna; poi, con un colpo sicuro di forbici, tagliò il tessuto, lasciando un buco vagamente rotondo dal quale uscì tutta l’areola col capezzolo impalato al centro e buona parte del seno di Paola. Poi ripeté la ma manovra dall’altra parte e così la donna si trovò entrambi i capezzoli senza più neanche quella flebile protezione, in balia della sua aguzzina.
Paola sentiva il dolore delle sevizie, come la chiara umiliazione provocata da quella torma di ragazzi ingrifati che la maneggiano con gesti non ancora esperti ed a volte non deliberatamente dolorosi, ma non si sottraeva a tutto ciò, perché la situazione tutta le provocava un’inattesa quanto sconfinata eccitazione.
Sammy, felice della divertente novità, allungò la mano verso uno dei capezzoli protesi della sua vittima e lo strinse forte tra i polpastrelli di pollice ed indice, con un sorriso cattivo, trionfante.
Restò interdetta e sgranò gli occhi, incredula di quanto aveva appena visto; premette di nuovo il capezzolo e stavolta vide nitidamente il piccolo, bianco getto!
‘Ehi!!! Questa vacca ha il latte, come una mucca vera!!!’ Annunciò urlante e radiosa all’universo mondo.
Tutti si assieparono per rendersi conto della novità ed i più audaci riuscirono a far uscire qualche goccia, che raccolsero sui polpastrelli e che, dopo un momento di esitazione, assaggiarono perplessi.
‘No, Fermi! Aspettate! Lasciatela! Ho un’ideona!’ Annunciò trionfante la giovane.
Gli altri si allontanarono, dubbiosi, ma dopo cinque minuti assistevano, divertiti ed ancora più arrapati, a quello che Sammy-la-cessa aveva architettato: Paola era sul tavolo, messa a quattro zampe e lei, seduta su una seggiola, le era a fianco e le stava mungendo le tette, come ad una vera vacca, raccogliendo il latte in un secchiello da ghiaccio.
Alcuni ragazzi assistevano affascinati a quell’insolita scena, ma altri ronzavano attorno al culo proteso della ‘vacca’ (come ormai la chiamavano tutti).
Uno, più audace, si era slacciato gli short e si divertiva a strisciare la giovane cappella congestionata nel solco tra le natiche andando dalla vulva all’ano e ritorno, dopo aver fatto pressione sulle reni di Paola per costringerla a far scendere il culo fino all’altezza giusta.
Giacomo se ne rese conto e si avvicinò con un sorrisetto quasi padronale, gettando però un’occhiata fugace ed invidiosa sulla dotazione dell’amico, maggiore della sua: ‘Basha, cosa vorresti fare, col cazzo di fuori???’
Il giovane lo guardò, interdetto per un attimo; poi lo sfidò: ‘Voglio incularmi la vacca! Qualcosa in contrario, Jack????’
Lo guardò con un sorriso sornione: ‘No, per nulla, anzi! Però pensavo: ce la fai a metterglielo tutto dentro, coi leggings addosso???’
Basha restò interdetto un attimo e lui ne approfittò per pizzicare il tessuto elastico, tirarlo un pochino e, con un colpo di forbice, aprire la strada all’amico: un foro perfettamente centrato sull’ano della donna e della giusta misura per poterla agevolmente sodomizzare.
Il giovane considerò il foro, il gesto dell’amico, capì che era un’implicita autorizzazione a procedere e perciò ringrazio Jack con una manata sulla spalla ed un sorriso, prima di impugnare i fianchi della donna e scivolarle dentro il culo, cominciando ad incularla appassionatamente.

‘Allora, contenta?’
La donna annuì e le si lesse il movimento di un sorriso sul viso.
‘E allora continua a sucare, che il ragazzo sta facendo un bel lavoro!’
E lei continuò a succhiare, mentre Vito la inculava, ma tutti affascinati dalle immagini delle varie cam sugli schermi e che Martina manovrava come una brava regista.
Dido rifletteva e sorrideva tra sé: era stato un colpo da maestro aver ‘convinto’ Dora a mettere a disposizione la sua villa appartata, in modo da poter offrire la location giusta per la festa dei ragazzi, festa che sarebbe stata un altro passo verso il baratro della totale depravazione quella cretina di Paola, la troia sposata con quel cornuto che era l’amante di questa bottana che lo stava sucando, mentre Vito gli spanava il culo, solo per avere il privilegio di poter vedere, in tempo reale, ciò che accadeva alla villa.
Vito aveva fatto un bel lavoro, nel posare tutte le cam telecomandate, che erano in grado di cercare l’inquadratura migliore e zoomare da panoramiche amplissime fino a poter distinguere ogni singolo pelo in un sopracciglio.
Lui se ne stava stravaccato nella sua poltrona, ma vedeva meglio che se fosse stato lì.
Per un attimo ragionò sull’opportunità di convocare anche quell’altra troia dell’avvocatessa siciliana, la Dora che si era trasferita in città da anni e che lui aveva convinto a mettere a disposizione villa e gli abbondanti rinfreschi, ma poi considerò che ci sarebbe stata troppa camurrìa, a far arrivare anche quella bottana in quella saletta, col suo sticchio famelico, ma ormai slabbrato.
Però doveva ringraziare Paola, che l’aveva incontrata in un negozio e l’aveva convinta a rivolgersi a lui: era un po’ vecchia, ma intimamente bottana come poche e, a parte il prestito della villa, stava ancora pensando a come utilizzarla al meglio.
Era anche felicissimo che le pastiglie per la monta lattea. che aveva imposto alla troia di prendere, avessero dato il loro effetto… ed in quella situazione, poi!
E quel favoloso imprevisto, la presenza della cozza sadica, infine, che aveva avuto una splendida idea, di mungerle le zizze come a una vacca mentre i ragazzi cominciavano a fottersi la bottana vacca.
Adesso doveva solo attendere che il nipote portasse avanti il programma che lui gli aveva suggerito e se ne sarebbero viste delle belle; il ragazzo comunque non era stupido: molti della sua età, sarebbero andati in panico all’imprevisto cambiamento imposto dall’ideona della mungitura, ma lui invece aveva saputo adattarsi ed essere flessibile, assecondando gli eventi invece di provare a dominarli.
Paolino era entusiasta della festa che gli aveva organizzato Jack, anche se un po’ sorpreso: sì, si conoscevano, erano amici ma… non erano L’Amico (quello speciale, con la maiuscola!) l’uno dell’altro: solo membri della stessa compagnia…
E invece… invece tre giorni prima gli aveva detto che c’era una bellissima sorpresa, che la sua festa di compleanno sarebbe stata trasferita nel magnifico parco con la piscina di una villa appena fuori città, che ci sarebbe stata una donna (‘Una donna vera, ‘grande’ e molto troia, disponibile per farsi fare di tutto da chiunque, anche chiavarla, anche il culo!’) ed un sacco di roba da bere e da mangiare.
Decisamente Jack era un amico migliore di quanto lo avesse fino allora considerato!
Ridacchiò ripensando alla scena della ‘vacca’ che, mentre la (brutta, orribile!) sorella di Thomas la mungeva ed il suo buon amico si divertiva a farle buchi nella camicia e nei leggings, veniva inculata -davvero inculata! Lo avevano visto tutti, anche lui!!!- da Basha e poi da Andrea e Thomas…
Poi, quando Sammy non era riuscita più riuscita a far uscire una sola goccia di latte dalle tette della vaccona, Jack aveva proposto una partita di pallavolo.
Anche quello faceva parte del progetto del suo amicone, che l’aveva voluta nella sua squadra e, quasi subito, trovò il modo di finirle addosso e ‘accidentamente’ stracciarle i resti della camicia.
Così la vacca continuò la partita con solo i leggings tutti tagliuzzati ed i sandaletti col tacco, cadendo spesso!, ma era uno spettacolo vederla saltare tutta trafelata dallo sforzo (da una vecchia, cosa ti puoi aspettare?) e con le sue tettone che andavano su e giù, distraendo spettatori e giocatori… ma nessuno, a quel punto, teneva troppo alla partita!
Adesso la vacca era impiegata al barbecue, a cuocere salcicce e braciole e quando aveva chiesto un grembiule per non farsi schizzare dal grasso bollente, Sammy le aveva detto, con un sorriso cattivo: ‘Oh… non c’&egrave un grembiule, che peccato…. Dovrai fare senza!’
Poi aveva strizzato l’occhio a lui e gli aveva mostrato il grembiule appallottolato nella sua borsa: che spasso!
E la vaccona era uno spettacolo, con solo i leggings tutti bucherellati, a cuocere la carne per tutti!, col buco all’altezza del culo che era tutto impiastricciato della sborra che le era colata fuori durante la partita!
Ogni tanto, qualcuno si avvicinava, la palpava, la strizzava, la prendeva delicatamente per il mento o tenacemente per i capelli per fare un linguainbocca e qualcuno le aveva allargato il buco all’altezza del culo per far uscire anche le labbra della fica che penzolavano liberamente.
Sammy, addirittura!, appena avuta il suo pezzo di salciccia bollente, ci aveva piantato dentro la forchetta e poi glie l’aveva appoggiata sui capzzoli, facendola sussultare per il bruciore della carne e del grasso che le colava fino ai leggings|
Il massimo, però, era stato quando il suo amico Jack le era andato dietro, le aveva ordinato di piegarsi un pochino in avanti e se l’era inculata lì, all’impiedi, mentre lei doveva continuare a cuocere la carne… E come si contorceva, la vacca, per seguire la cottura della carne mentre le scavavano il culo!
Sì, davvero divertente… Sopratutto perché anche altri trovarono divertente la cosa e pregarono il regista di quell’indimenticabile pomeriggio di lasciarli provare a spaccare il culo alla troia, mentre cuoceva la carne.
Ghignando, gettò il piatto vuoto nel secchio e si alzò, ruttando forte grazie anche alla birra bevuta; alcuni amici risero e risposero con altri potenti rutti, in un mare di risate e lui vide che un paio di amici stavano palpugnando Marzia, la magrina biondina slavata -ma famosa in tutta la scuola per i suoi pompini- che, ovviamente!, stava anche succhiando un cazzo; Sammy e gli altri, invece erano attorno alla vacca e la cessa insisteva perché bevesse a garganella da una bottiglia di rum, anche se lei continuava a dire che lei non beveva mai, che non &egrave abituata, che non tiene i liquori…
Un amico gli disse un qualcosa di scherzoso e lui replicò a tono e ricominciò a prestare attenzione alla loro vacca solo dopo qualche minuto, sentendola chiamare, con voce impastata: ‘Giacomooooo…. Giacomino…. vieni qui dalla zia che… che voglio fare una cooooosha….’
Jack fece pochi passi e si fermò impalato davanti a Paola: ‘Cazzo vuoi, troia???’ chiese brutalmente.
La donna non disse nulla, ma si lasciò cadere inginocchiata sull’erba e con mani avide sbottonò e calò -con un certo impaccio dovuto al rum- gli short ed i boxer del nipote e poi, tenendogli l’asta alzata con due dita, cominciò a passare la punta delle unghie dell’altra mano sullo scroto del giovane e dopo un pochino, mentre tutti si avvicinavano per vedere meglio, anche la punta della lingua; il cazzo di Jack svettò, in tutto il suo splendore, con il glande congestionato dall’eccitazione: era la prima volta che quella troia di sua zia prendeva iniziative!
Mentre ancora gli leccava lo scroto, Paola gli mise l’avambraccio dietro le ginocchia e premette con delicatezza sulla parte alta delle cosce.
Il giovane capì il suggerimento gestuale e si lasciò andare a sedersi e poi sdraiarsi sull’erba ben curata, mentre la lingua della donna turbinava sul suo giovane scroto, inzuppandolo di saliva.
Poi cominciò, masturbandolo lentamente con due dita, a fare delle strisce umide di saliva dalla base dell’asta fino al bordo della cappella ed era una specie di tortura perché, compiuto un percorso, tornava alla base a ripetere la risalita umettando una striscia appena accanto.
Quando fu soddisfatta di questo trattamento, gli titillò con l’aguzza punta della lingua il filetto e poi la sua guizzante linguetta percorse tutta la base della cappella e poi risalì fino a vellicare il buchino in cima, quasi come se volesse infilarsi dentro, mentre Jack stava ormai perdendo il contatto da tutto ciò che non fosse il suo cazzo e la bocca di quella favolosa pompinara.
Lei nel frattempo aveva spalancato la bocca e stava facendosi entrare il palo del nipote fino alla glottide, ma senza sfiorarlo, facendolo rabbrividire di piacere solo col suo fiato caldo sul cazzo intriso di saliva.
Arrivata ad averlo tutto in bocca, fino alla radice, strinse le labbra e tutti videro, dall’incavarsi delle guance, che glie lo stava… aspirando, anche se certi… sobbalzi delle guance lasciavano intuire che, contemporaneamente, glie lo stava anche massaggiando con la lingua.
Poi Jack si sentì afferrare delicatamente i giovani testicoli e dolcemente tirandoli e torcendoli un poco, mentre le labbra della zia scorrevano su e giù per il suo membro, a velocità sempre diversa, facendolo impazzire di piacere per l’imprevedibilità delle sue azioni.
Tutti erano assiepati intorno, in religioso silenzio, a contemplare quel capolavoro di pompino, immortalando la notevole prestazione filmandola e fotografandola coi cellulari -come del resto avevano fatto fin dal suo arrivo alla festa!- e perfino Marzia era stupita di scoprire cose che, nella sua già buona esperienza, non aveva neanche mai pensato di fare.
Paola sentì il cazzo del nipote sussultarle contro il palato e capì che stava per esplodere dal piacere; allora se lo appoggiò sulle labbra e gli leccò pazientemente il prepuzio, mentre due dita scorrevano lentamente avanti ed indietro, tenendolo anche in posizione.
Il giovane emise una specie di rantolo, che salì di tono fin quando cominciò a sparare potenti getti di sborra che la donna si lasciò arrivare sul viso, uno dopo l’altro e lei che spostava un pochino la nerchia per ricevere le bianche strisciate in punti sempre diversi del viso.
Poi si rialzò, lentamente ma con un certa dignità, quasi come una sacerdotessa che avesse appena effettuato un oscuro culto e gettò un’occhiata circolare alla compagnia ammutolita dall’osceno e fantastico spettacolo e poi, con gli occhi luccicanti di libidine, li provocò, leccandosi golosamente prima le labbra e poi l’indice che aveva usato per levarsi gli schizzi dal viso per ripulirsi: ‘E adessho… vishto che sono qui per… per esshere fottuta da voi…. cazzo, shbattetemi! O schiete finocchi??????’
Jack, che sembrava svenuto sull’erba, fu l’unico a non avvicinarsi alla donna, ad allungare la mano per toccarla, pizzicarla, stringerla, ad afferrare i resti dei leggings ed a tirarli per strapparli completamente od ad afferrarla per un braccio, una gamba per farla cadere sull’erba e andarci sopra a pretendere la loro porzione di piacere…

Era davvero soddisfatto: aveva potuto vedere benissimo tutto quello che la troia aveva fatto alla festa… Beh, non proprio benissimo: quando la bottana aveva spompinato il nipote con gli altri che facevano capannello intorno, in certi istanti tra la sua abile e vorace bocca e l’obiettivo, si frapponeva la testa zazzeruta di qualche giovane cornuto e lui si perdeva istanti preziosi.
La baldracca, dopo quel bucchinu, era stata circondata da una siepe di giovani minchie dure da soddisfare e lei, con apparente gioia e disponibilità, si era prodigata per soddisfarli tutti.
Peccato solo che Vito avesse avuto pochi microfoni da piazzare e quindi avevano potuto sentire solo poche frasi e non sempre nitidamente.
Sì, considerò Maestro Dido, in effetti era soddisfatto sia da ciò che aveva visto di Paola, sia di quanto si erano goduti -lui, Vito e due amici passati per caso- la troia pazza che voleva la degradazione totale della cretina e che, per poter godere di un posto in prima fila, si era lasciata fare di tutto.
Sogghignò: altri filmati, stavolta ottenuti dalle cam fisse, che la intrappolavano ai suoi voleri…
E poi, la cessa! Fantastica! Cattiva come il fiele e con delle idee davvero interessanti, come l’ultima che aveva messo in opera…
Avrebbe dovuto telefonare a quel bastardello del nipote, per farsi dare il cellu della cessa: potevano fare grandi cose, insieme!
E poi, nella totale eccitazione generale, si era anche divertito di avere -come le aveva comunicato dalla sala regia Martina- registrazioni di altri fatti, come i due ragazzi che pensavano di essere nascosti da tutti, ma non dall’occhio di una cam!, e si erano sucati ed inculati a vicenda e poi la biondina slavata, che aveva strillato, per fortuna vicino ad un microfono, quando uno dei ragazzi gli ha aperto il culo per la prima volta, anche se era stata subito zittita da una minchia, che le avevano prontamente piantata in gola!
Un feroce malditesta! Prese il vestitino dalla borsa e lo appoggiò sulla poltrona; poi si sedette un attimo sul bracciolo a riflettere, a riepilogare tutto quello che era accaduto in quel pomeriggio.
Si rendeva conto che la sequenza dei suoi ricordi non seguiva una progressione logica, ma che saltellava qua e là.
Tutto da quando la grassona l’aveva fatta bere, contro la sua volontà e si era trovata ubriaca…
Rammentava vagamente di aver invitato a gran voce (che vergogna!) suo nipote Giacomino a farsi spompinare pubblicamente, davanti a tutti quei ragazzi e quelle ragazze, che si erano tutti ammutoliti per lo spettacolo indecente che aveva dato; ricordava vagamente di essersi impegnata moltissimo, a fare quel pompino, al massimo delle sue -inaspettate!- capacità e poi, inebriata dal delirio di onnipotenza per quel piccolo capolavoro dell’ars fellatoria -ed anche dal dolcissimo sperma del nipote che golosamente aveva assaporato- aveva istigato, provocato i ragazzi perché la usassero, la prendessero in ogni modo perché aveva una violenta necessità di sentirsi quella femmina sessualmente smodata che stava cominciando a rendersi conto di essere.
E dopo quel momento… era successo di tutto…
La grassona aveva dei programmi, per lei, ma era stata convinta a rimandare da uno dei ragazzi (Giacomo? Paolino? Boh!) perché bisognava mangiare.
Tutti sghignazzarono, quando era stata fatta stendere nuda sul tavolone ed il cibo le era stato appoggiato sulla pelle: sia la carne rovente, appena arrostita, che le patatine appena fritte che poi la frutta (che vergogna: avevano usato la sua fica come… candeliere per tre grosse banane, insieme!) e poi il gelido morso delle palle di gelato, che ciascuno le posava dove preferiva per poi leccarsela direttamente dalla sua pelle, usata al posto del piattino!
Per evitare di essere infastiditi dai suoi lamenti, mentre veniva… apparecchiata con l a carne e le patate fritte, qualcuno aveva avuto l’idea di metterle una mela in bocca e l’iniziativa aveva avuto molto successo, a giudicare dalla quantità di smartphone dali quale era stata inquadrata!
L’avevano anche obbligata a dargli l’email e la password della sua pagina su Facebook e, con diverse strane e contrastanti sensazioni, aveva visto che qualche ragazzo trafficava per postare sul suo profilo foto e videoclip di quel folle pomeriggio…
Inoltre, ogni tanto qualcuno le toglieva la mela dalla bocca e le infilava dentro la lingua per lunghi baci appassionati, ai quali lei rispondeva con passione oppure, quando oramai il pasto era praticamente terminato, il cazzo inturgidito, che lei spompinava appassionatamente, come per sfamarsi coi loro schizzi salmastri
Qualcuno era arrivato, tra gli sghignazzi generali, perfino ad appoggiarle il culo sulle labbra e lei lo aveva devotamente leccato, totalmente succube dello loro turpi fantasie.
Anche le ragazze erano state convinte a usufruire della sua bocca e mentre il miele della magrina aveva un buon sapore fresco, la grassona invece aveva una specie di… pasta biancastra e sapeva di rancido, ma lei non aveva fatto una piega, ormai intrigata da quella impietosa umiliazione.
La grassa, poi, aveva cavato dalla sua borsa un vibratore e, mentre lei era impegnata a leccare la fichetta ed il culo della biondina (che bramiva: ‘Guardate questa troia schifosa: &egrave anche una lesbica di merda, non &egrave una etero come me!’), glie lo aveva piantato di colpo nella fica: non doveva essere particolarmente grosso, perché era entrato di colpo, facilmente ed aveva sentito berciare la grassa, delusa di non averle fatto provare alcun dolore.
Poi, aveva avuto l’idea, perversa come era anche quella grassona frustrata che, per tutto il pomeriggio, si era divertita ad umiliarla ed a darle dolore: tenendo la base del vibratore tra le dita unite, glie lo aveva spinto dentro, ma poi continuando a spingere fino ad entrare anche con la punta delle dita, dilatandola al massimo.
Poi, si era resa conto che il ‘giocattolo’ le era d’impiccio e quindi lo aveva sfilato e, intriso delle sue secrezioni, se lo era ficcato nella stretta e grassa fica, mentre aveva cominciato a cercare di far entrare la sua voluminosa mano da obesa dentro di lei.
Alla fine, con un colpo violento, era riuscita a far superare le nocche, provocandole un acuto dolore e poi aveva stretto le dita -grosse come wurster!- a pugno, dentro di lei ed aveva cominciato a stantuffarla, facendo notare a tutti che entrasse fino a ben oltre il polso.
Passati i primi, sgradevolmente dolorosi momenti, lei -Paola!- aveva cominciato a supplicare di essere scopata, sfondata, inculata, riempita e coperta di sborra da tutti ed i ragazzi, ormai con l’eccitazione a mille, avevano cacciato la grassona e, prima di sdraiarsi su di lei, l’avevano presa di peso e scaraventata in piscina per ripulirla.
Mentre boccheggiava per riaversi dallo shock dell’acqua relativamente fredda, con le braccia sul bordo della piscina, cercando di riprender fiato, due ragazzi si erano tuffati e lei in breve si era trovata sodomizzata da uno, mentre l’altro, cercando di tenersi orizzontale con un braccio sul bordo galleggiando, si faceva succhiare.
Quando i due compari, a distanza di un paio di minuti, avevano raggiunto il loro piacere, l’avevano ‘ringraziata’ con pesanti insulti che, però, l’avevano colmata di una sorta di orgoglio… da puttana!
Gli altri, che erano restati sul bordo della piscina a vedere la scopata anfibia, a quel punto l’avevano tirata fuori di peso dalla piscina (e la grassa aveva dato il suo ‘contributo’ afferrandola per i capelli, la sadica troia obesa!) e l’avevano stesa, gocciolante sull’erba.
Poi… poi c’era stata confusione con dita e cazzi che la tiravano, l’allargavano, la colmavano in ogni buco, la riempivano e ricoprivano di sperma mentre lei continuava a chiede ‘… Ancora… ancora!’ E, alla fine, uno dei più audaci, mentre lei giaceva sull’erba, disfatta dalla fatica di quell’intenso tour de force, aveva riso e gli aveva puntato il membro contro, berciando divertito: ‘E chi non piscia in compagnia…’
Gli altri ragazzi, affascinati dal quel turpe nuovo gioco, si erano subito avvicinati ed ammiccando e dandosi di gomito tra loro, le frustarono la pelle coi getti delle loro minzioni; chi si accontentava di colpirle il torso, chi puntava ai seni o al pube, alcuni al viso, qualcuno addirittura che sembrava volerle scrivere qualcosa sul ventre, come fanno i ragazzi sulla neve…
Anche la grassa, perfida Sammy non si sottrasse a quell’ultimo oltraggio e le si accucciò sul viso, stringendole il naso per obbligarla a tenere la bocca aperta e dirigere lì il suo zampillo caldo e salmastro.

Adesso era buio, il sole era tramontato su quell’incredibile orgia: lei era esausta e non c’era un millimetro del suo corpo che non le dolesse.
Avrebbe voluto buttarsi lì, sull’erba e dormire fino alla fine dei secoli ed invece aveva dovuto resistere ed andare sul suo profilo Facebook a controllare cos’avevano combinato…
Oddio! Guardava gli scatti, i filmati che i ragazzi avevano postato sua bacheca; molti scatti era storti, sfocati, tagliati alla ‘come viene’, mirati solo su parti anatomiche, ma in alcuni era nitidamente riconoscibile, al di là dell’oscenità della situazione, dell’oltraggio finale e degli schizzi di sperma che le impiastricciavano il viso.
E i commenti, poi! Nel breve arco di tempo, moltissimi -di ogni età e sesso, a giudicare dalle fotine! avevano esplicitamente commentato, suggerito, proposto… spesso scrivendo in un itaGliano assolutamente rudimentale.
Sentiva il magone alla gola e due lacrime, lentamente, le cominciarono a scivolare sulle guance.
Vergogna, certo! Ma anche uno strano senso di turbamento, nel sottofondo della sua anima.
Cercò di concentrarsi e faticosamente cominciò a deletare i nuovi, sconvolgentemente osceni post; tutti, uno ad uno.
Dovette farsi forza, per non soffermarsi sulle foto o far partire i brevi clip e non perdersi a leggere i commenti e per levare la sinistra dal pube, dove le sue dita avevano -da sole!- cominciato a stuzzicare la sua cosina.
‘Dai troia, se pronta? Dobbiamo andare via! Mica possiamo restare qui, stupida bagascia!’
Suo nipote Jack (come lo chiamavano tutti i suoi amici, che da quel pomeriggio era forte del grande ascendente appena acquisito, anche grazie a lei) aveva appena accompagnato gli ultimi suoi amici al cancello ed adesso, come tutti i cuccioli, era irrequieto, smanioso di muoversi, di andare altrove, di corsa!
Si lasciò scivolare l’abitino pulito addosso, si sistemò rapidamente i capelli e si dichiarò pronta a muovere.
Avevano appena fatto schioccare dietro di loro la serratura della villa, quando il taxi che Jack aveva chiamato col cellulare si fermò silenziosamente davanti a loro. Era soddisfatto: il nipote della bottana era stato un grande e con lui la torma dei suoi amici della minchia.
Martina stava montando il film, assemblando le varie parti e le varie inquadrature.
Era strana quella fimmina: bottana come poche, sempre pronta per sticchi o minchie -nell’ordine!- ma quando era davanti ai monitor, barricata nella sua ‘sala regia’, a gestire le cam, spostandole e zoomandole per ottenere i migliori risultati di ripresa, era concentratissima e non si sarebbe neanche accorta se le avessero incendiato la poltroncina, mentre muoveva freneticamente le mani sui comandi delle varie cam, sembrando quasi una dea Calì dalle molte braccia!.
Però i risultati erano sempre più che soddisfacenti e qualche volta, montando diverse inquadrature delle varie telecamere, era riuscita ad ottenere diversi film dalla stessa ‘occasione’.
Ed adesso, stava selezionando e montando i vari spezzoni e lui era sicuro che sarebbe riuscita ad ottenere almeno due bei film, oltre a magari diversi altri fatti dal… cascame delle riprese: magari anche solo segmenti da quattro minuti, adattissimi per Youporn.
Poi la bottana feroce, quella bella fimmina di Barbara, che per il privilegio di vedere la degradazione della sua rivale bottana coi picciotti in diretta, aveva accettato di sucarglielo e poi, presa dagli sviluppi dei fatti alla villa, anche di lasciarsi usare da Vito e poi anche da tre suoi amici che lui aveva nel fratempo chiamato.
Barbara la bedda, però, non aveva pensato che Vito avesse sistemato (da un sacco di tempo, ormai!) tutta una serie di cam che coprivano ogni angolo di quel salottino e quindi non sapeva di essere stata immortalata durante le sue prestazioni da sucaminchia e poi mentre le riempivano sticchio e culo di minchia dura; adesso, con filmati presi in occasioni e luoghi diversi, con persone diverse, vestita ”All’inizio, solo all’inizio!’ ghignò, maligno- in modo diverso, sapeva di averla ormai completamente, illimitatamente sua: a differenza di quella stupida cagna di Paola, che non si rendeva neanche conto di quanto lui la stesse imputtanendo, Barbara la bedda era una persona che, come quasi tutti, era disposta a fare ‘nel caso- qualunque cosa, basta che non si sappia in giro!
Ma adesso, quando le avrebbe mostrato anche questo filmato dopo il montaggio di Martina, avrebbe capito di non aver via di scampo e che avrebbe potuto solo ubbidire, ubbidire a qualunque richiesta lui avrebbe valutato ‘accettabile’ per lei, rispetto alla pressione esercitata.
Si trattava solo di trovare la giusta occasione per ‘spenderla’
E comunque il picciotto, il nipote della fimmina bottana, era persona da tenere in considerazione: oltre ad avere una bella minchia ‘sempre utile, da mostrare nei filmati!- era anche sveglio e sapeva organizzare e gestire, adattandosi bene alle variazioni inaspettate ed inoltre era portato, nonostante la poca esperienza, a ficcare fimmene.

Stava ripensando tutto quello che era accaduto alla villa; assistere a quello spettacolo era stato’ sconvolgente!
Sì, quella era l’espressione più giusta per definire ciò che aveva provato, nel verificare coi suoi occhi quanto quella stronza di Paola sapesse essere puttana; insultata, umiliata, maltrattata ed usata da quella torma di giovani senza alcun ritegno, mentre lei ululava, come un’assatanata, ‘Ancora’ ancora”
Una volta che quell’imbroglione del ‘santone’ le avesse dato il filmato promessole, avrebbe poi trovato l’occasione di far vedere al suo Giulio che razza di baldracca assatanata si ritrovava per moglie!
Certo, aveva dovuto pagare un prezzo, per assistere in diretta alla degradazione della sua rivale: aveva dovuto fare uno dei suoi apprezzatissimi bocchini a Dido e poi aveva ‘dovuto’ sottostare anche alle voglie del suo compare e di altri tre tizi, che sembravano capitati lì per caso.
Essendo lei una donna perbene ‘non come quella baldracca ninfomane di Paola!- aveva ovviamente mostrato un po’ di resistenza, nel concedersi, ma in realtà aveva pensato sin dai primi approcci che l’esperienza sarebbe stata assolutamente piacevole; in realtà, poi, l’aveva giudicata memorabile: sia Vito che ‘soprattutto!- gli altri tre, avevano randelli di ragguardevoli dimensioni e, inoltre, erano anche bravi ad usarli ed a coordinarsi tra loro ‘al volo, solo con uno sguardo- per comportarsi da veri ‘sventrapapere’, facendoglieli scivolare –venne assalita da un brividino di piacere al solo pensarci!– in ognuno dei suoi umidi buchi, via via occupandoglieli tutti, contemporaneamente.
Si era scostata solo quando Vito ed uno degli altri avevano provato a metterglielo, insieme!, nella fica, ma loro avevano capito subito che lei non se la sentiva (di ritrovarsi col suo Giulio con quella notevole dilatazione, in realtà!) ed avevano desistito senza insistere: avevano fatto un tentativo, giusto per farlo, ma senza sperare veramente che il loro progetto andasse a buon fine.
Per fortuna, poi, in borsa aveva una boccetta di collirio, col quale aveva aveva subito alleviato il bruciore provocato dallo schizzo di sborra che, oltre a ricoprirle la faccia, le era arrivato fin dentro l’occhio, incautamente socchiuso per potersi gustare l’oscena situazione anche dal suo particolare punto di vista.
E l’indomani, Dido gli avrebbe consegnato il famoso DVD: immaginava che non si sarebbe accontentato di un sorriso e di una stretta di mano, ma del resto tutte le guerre sono costose e lei, comunque, si sentiva ancora in grado di pagare il prezzo per ottenere quell’arma’ finale.

Era perplessa.
Stavano succedendo cose che non riusciva a comprendere appieno.
Prima la sua sorellina Paola che sembrava aver perso di colpo ogni pudore, sia nel parlare che nel comportarsi!, davanti a tutti, arrivando a toccarsi in auto con suo figlio Giacomo e, soprattutto, mettendola in forte imbarazzo quando aveva ipotizzato (‘Ma erano solo ipotesi?’, si chiedeva angosciata) che lei avesse altri uomini oltre al suo (patetico, inconcludente, ormai quasi totalmente disinteressato al sesso coniugale!) dooolce maritino.
E poi suo figlio’ Era cambiato, di colpo!
Si era da tempo resa conto, ormai, che suo figlio aveva cominciato a spiarla, a cercare di carpire scorci delle sue intimità e la cosa, che non aveva trovato il coraggio di reprimere sul nascere per paura di provocare chissà quali traumi alla psiche del ragazzo, aveva assunto, con l’andar del tempo l’aspetto di un vero e proprio assedio e, stupendosi moltissimo, anche lei aveva cominciato a’ tollerare -con una strana, morbosa, recondita gioia- quel suo spiarla; in certi momenti di’ momentanea follia, addirittura!, era arrivata perfino a mostrarsi deliberatamente e ben oltre le più rosee speranze del giovane!
Arrivò a lasciarsi osservare sul letto, mentre dava sollievo con le dita alla sua sessualità inappagata e spostandosi in modo che Giacomo potesse avere la migliore visuale dal suo patetico nascondiglio ed il suo piacere aumentò rapidamente sino ad esplodere, quando cercò di immaginare come Giacomino potesse osservarla e quante e quali emozioni sfrecciassero nella sua giovane mente, mentre la mano gli sfrecciava su e giù frenetica per l’asta turgida.
Come’ premio per quello spettacolo trovò, dopo, una minuscola gocciolina, ancora fresca ed odorosa, schizzata sul pannello dell’anta, dietro alla quale il giovane si era celato per assistere alla sua masturbazione ed ‘era stato più forte di lei!- l’aveva tolta lambendola rapidamente con la lingua e cercando di decifrarne il particolare sapore.
Quanto lei interessasse al figlio, poi, era anche indicato da piccole, quasi impalpabili tracce che solo i suoi occhi attenti di massaia vedevano nitidamente; a volte trovava le sue scarpe -soprattutto quelle a tacco alto, sopratutto coi tacchi a stiletto- leggermente spostate, o con una abbattuta sul fianco, o fuori posto ed anche lì, annusandole, percepiva l’afrore di giovane maschio, nonostante i segni di una frettolosa straccionata per ripulirle da ogni traccia.
Ed anche il suo intimo, slippini e peri e reggiseni, che metteva nel cesto della biancheria sporca, li aveva trovati a volte spostati da come ricordava di averli deposti nella cesta e, qualche volta -con frequenza sempre più ravvicinata- chiaramente impregnati dall’abbondante succo del suo giovane uomo.
Questi comportamenti erano entrati a far parte di una sorta di strana’ ‘normalità’, in casa e Laura ‘aveva trovato il coraggio di ammetterlo con se stessa!- era intrigata e forse anche vagamente eccitata da questi’ omaggi, quasi giornalieri ormai, del figlio.
Ma adesso invece’ adesso era qualche giorno che non notava più questi piccoli indizi di’ attività manuale del figlio e che non si sentiva più spiata, come se Giacomino avesse perso ogni interesse per lei.
Da una parte era sollevata: evidentemente il giovane aveva trovato ‘altro’, più soddisfacente dello spiare la madre e, per fortuna, prima che quella lunga discesa verso una situazione sicuramente deprecabile, potesse portarli a fare cose di cui lei, sicuramente, si sarebbe pentita per il resto della vita.
Dall’altra, però, provava una piccola punta di delusione, di rabbia, di frustrazione, di gelosia nei confronti di quella anonima rivale che le aveva sottratto le, pur perverse e malsane!, attenzioni del figlio.
Si strinse fatalisticamente nelle spalle e continuò a prepararsi per uscire: indossò il tranquillo abitino e le ballerine e si truccò leggermente, in modo adatto per ‘uscire con le amiche’, come aveva annunciato al marito.
Le scappò un sorrisetto, pensando alla borsa nel bagagliaio della sua macchina, che conteneva intimo decisamente sexy ed un abito ben più audace di ciò che indossava, oltre ai suoi sandaletti con tacco-dodici ed al necessario per truccarsi e struccarsi -alla disperata in auto, ferma a lato strada- e che avrebbe indossato appena lontana da casa, per l’appuntamento con quel tipo conosciuto in un bar, pochi giorni prima: era ben più giovane di lei, magro e nervoso come un cavallino del deserto ed irsuto, con i capelli scuri raccolti in una coda e la bocca sottolineata da baffetti e pizzo scolpiti a rasoio; gli occhi acuti, indagatori, le avevano trapassato l’anima, nell’incontro precedente e lei aveva preso la sua decisione: quella sera si sarebbe completamente concessa a Vito, il suo nuovo spasimante!

Aveva visto gli sguardi di riprovazioni negli occhi dei suoi domestici, costretti a rimediare al caos, alla vera porcilaia lasciata dalla festa nel suo parco, ma in fondo lei li pagava lautamente e spesso loro avevano ben poco da fare, soprattutto quando era nella capitale per seguire la causa di qualche cliente importante e quindi era nella logica delle cose che, se per una volta dovevano rimediare ad un casino del genere, lo facessero di buon grado e senza bofonchiare.
Il Maestro era stato di parola: a parte le due stanze della ‘casina del custode’ ed il relativo bagno, oltre ovviamente a parco ed annessi arredi e piscina, nulla era stato toccato nella villa ed anche il vetro andato in frantumi, era di una finestra della piccola costruzione che lei usava ormai solo come riparo per gli ombrelloni ed i divani e le poltrone di rattan, nella stagione invernale.
Però la parte dove si era svolta la festa, sembrava fosse stata percorsa da una mandria di bufali infuriati e cosparsa di bicchieri, posate e piatti di plastica sporchi, oltre ad avanzi di cibo, bottiglie e quelli che sembravano brandelli di indumenti femminili.
Quando il Maestro l’aveva chiamata dicendole che poteva tornare in possesso della sua villa, la sua curiosità femminile l’aveva spinta ad osare chiedergli a cosa fosse servito il parco della sua villa.
Si era pentita immediatamente della domanda ed era già certa di ricevere un pesante insulto da parte dell’uomo come quando manifestava troppa curiosità, ma questi, invece aveva riso e le aveva dato sogghignando i chiarimenti che aveva osato chiedere: ‘Dora, Dora… grannissima bottana!
Cosa avvenne, mi chiedesti? E io te lo dico: una bottanazza comu a tia che oggi l’attrazione di una festa di compleanno, fu!
Tutti masculi e due fimmene, ma due scrofe cattive, e lei che si fece ficcare più volte da tutti in ogni buco: alla fine, insultata come la peggior baldracca, pesta, lacera e coperta di sborra, era!’
Per un attimo Dora si immedesimò nell’anonima ‘vittima’ del festino e sentì subito la reazione del suo ventre che le sembrò cominciasse addirittura a bollire: si immaginava ‘costretta’ a sottoporsi lei stessa ai pesanti oltraggi che, con poche parole, il Maestro le aveva tratteggiato e senti la fica contrarsi dall’eccitazione, mentre i suoi raffinati slippini si intridevano all’istante del risultato della sua eccitazione.
‘Ma… Maestro: ommini fatti, furono, a ficcare la bottana?’ E già Dora aveva tutti i sensi all’erta, immaginandosi mentre veniva presa a ripetizione da una imprecisata -ma comunque cospicua!- quantità di uomini ben oltre i trentacinque, quarant’anni; un’età adeguata alla sua, che aveva già doppiato da tempo la boa dei cinquanrt’anni.
Una fragorosa risata, precedette la risposta dell’uomo: ‘Ma quali ommini fatti? Tutti picciotti, diciottini, furono!’
Un’ondata di delusione la invase, raffreddandola quasi all’istante: lei ormai accettava, dopo che il Maestro aveva applicato le sue arti, di essere maltrattata, insultata e violata anche da parecchi uomini nella stessa occasione ed aveva scoperto che questo potente contrappasso, rispetto alla sua immagine pubblica di stimato avvocato, le provocava potenti stati di eccitazione anche al solo pensiero.
Però… però no: non voleva avere a che fare con giovani, ragazzi che potrebbero essere i suoi figli!
Proprio mentre formulava questa riflessione, il Maestro ricominciò a parlare e lei temette ed -al contempo- sperò di sentire quello che l’uomo le stava per dire: ‘Comunque la bottana nel tuo parco, quasi quarantina, era… Pensa a quanto si scateneranno quei picciotti, quando potranno ficcari una vecchia bottana comu a tia…’
La cosa che non voleva, assolutamente!
Ed il suo Padrone, che invece glie la preannunciava con la massima leggerezza, come se le avesse ordinato -ed era già capitato, più volte!- di non indossare intimo sotto il suo severo tailleur professionale: come una cosa quasi naturale!
Pensò all’umiliazione, al doversi piegare a quella degradante scelta, inappellabile!, del suo Padrone, al suo scoramento già al solo pensarci e subito un fiotto di piacere ruscellò tra le sue ninfe.
Ed ora, assisteva al duro lavoro di riordino dei suoi dipendenti ed il senso dello schifo per ciò che vedeva, era ampiamente controbilanciato dall’eccitazione che provava immaginandosi lei al posto della quasi-quarantina che era stata al centro di un’orgia che, a giudicare dalle tracce, era stata decisamente memorabile! Non vedeva l’ora di arrivare a casa, era esausta.
Dopo la faticosa festa in villa, suo nipote Giacomo l’aveva portata, invece che a casa, da dei tipi… dei giovani di un paio d’anni più grandi di lui, nell’appartamento di un casermone popolare, che li avevano accolti ghignanti, stravaccati su vecchie poltrone ed un divano e con un sacco di bottiglie di birra -vuote o cominciate- e portacenere traboccanti tutto in giro e l’aria impregnata dall’odore di fumo.
Paola li valuto con un’unica, rapida occhiata: una mezza dozzina di giovani che si atteggiava a fare i duri, tutti con lo stesso berrettino in testa e, davanti a loro, suo nipote sembrava intimidito, senza più quella posa arrogante che aveva mostrato con lei.
‘E’ lei?’ Chiese uno e tutti lo guardarono con un certo rispetto, come si guarda e si ascolta ‘il capo’.
‘E’ lei…. mia zia Paola, quella che ama farsi fottere da chiunque!’ rispose Giacomo, con tono che voleva sembrare spavaldo.
Il capo la osservò con un occhio socchiuso, forse infastidito dal fumo della Marlboro che fumava, stravaccato sulla poltrona sdrucita e con una gamba buttata sul bracciolo.
Fece un semplice cenno, ma il giovane capì che doveva toglierle il vestitino e quindi si precipitò a sfilarglielo dalla testa, affannosamente.
Il capo annuì impercettibilmente, la contemplò per un lungo momento -mentre lei non sapeva dove tenere braccia e mani- poi fece un cenno, ruotando nell’aria l’indice alzato e Paola capì che doveva girare su se stessa, lentamente, per essere comodamente osservata da tutti loro da ogni lato.
Si sottopose a questo umiliante esame, ma la fica le si inumidì, dimostrando così di apprezzare la avvilente situazione.
Finito che ebbe di piroettare, i giovani si scambiarono quasi impercettibili segni di approvazione e alla fine il capo parlò di nuovo: ‘Per essere una vecchia troia, &egrave appena passabile…
Se ci fa divertire, ok: diventi uno di noi, del gruppo…’
Paola rabbrividì: il nipote non solo l’aveva usata, quel pomeriggio, per acquisire carisma tra i suoi compagni di scuola, ma adesso la utilizzava anche come…. quota d’iscrizione in quella… banda di ragazzi che se la tiravano da duri!
La sua eccitazione salì alle stelle, tanto che quando il nipote le appoggiò la mano sulle reni e la sospinse verso il capo, sentiva già la fica colarle…

Un’oretta, era durata poco più di un’ora verificare la sua totale disponibilità ed era stata usata in ogni modo, penetrata (goffamente da qualcuno, nonostante si dessero arie da persone scafate) da tutti loro ed era stata travolta dalle ondate di piacere ogni volta che qualcuno entrava brutalmente nel suo ano martoriato o tra le sue ninfe irritate ed arrossate, magari introducendole una bottiglia, oltre a provare brividi di eccitazione ai loro insulti, sputi, torsioni cattive dei capezzoli, manate e pizzicotti, schizzi di sborra e getti d’orina in ogni dove.
Quando tutti loro si ritennero soddisfatti, facendo regali sorrisetti di accettazione a Giacomo che era restato da una parte, ad assistere senza dire una parola o fare un solo gesto, il capo le disse una cosa che davvero non si aspettava: ‘Troia; adesso che ti sei divertita, visto che per colpa tua abbiamo sporcato dappertutto, riordinerai la stanza e laverai il pavimento, che &egrave tutto schifosamente scivoloso… E’ anche pericoloso, sai?’ concluse con feroce sarcasmo.
Le diedero un sacco per la spazzatura, il bastone, lo straccio ed il secchio e si dichiararono soddisfatti solo quando lei, ormai assolutamente esausta, finì di asciugare i portacenere che aveva dovuto lavare, prima di potersi ripulire -che impiccio, la sborra che continuava a colarle giù, lungo le cosce, dai suoi orifizi ormai dilatati e le ciocche di capelli incollati da sperma ormai essicato!- e rivestire.
E adesso, finalmente, il taxi rallentava davanti a casa sua: arrivata su, si sarebbe fatta una rapida doccia e poi, senza neanche mangiare, si sarebbe buttata a letto per dormire, dormire, dormire…

‘Sì, tesoro, &egrave stata una simpatica serata… eravamo io, la Giovanna, la Ada e la Bibi; ci siamo raccontate un po’ di cose ed abbiamo riso molto…’
Il marito aveva grugnito distrattamente in segno di accettazione, riprendendo a leggere e Laura era andata ‘Un attimino!’ in bagno, prima di raggiungerlo nel letto matrimoniale.
Seduta sul bidé, se la insaponò ed al toccarla le venne da riepilogare per qualche momento la serata, con un soddisfatto sorrisino sulle labbra; Vito era stato perfetto: la giusta miscela di galanteria, rilassato umorismo e audacia; quando poi, esaurite le immancabili chiacchiere su gusti, preferenze alimentari, famiglia e le altre schermaglie iniziali, avevano cominciato a ‘fare sul serio’, si era dimostrato veramente abile a trovare ogni suo punto erogeno, incendiandole i sensi e quando poi lei gli aveva finalmente aperto i pantaloni ed estratto il membro… uhmmmm! Uno splendore! Bello grosso e lo aveva leccato e baciato molto eccitata, in attesa che lui glie lo affondasse nella topina già fradicia.
Immaginandolo a forzarle il buchetto ed a colmarla anche da quella parte, ebbe un brividino di piacere; ovviamente, anche se lui glie lo aveva piacevolmente vellicato con lingua e dita, non gli aveva concesso il culetto, a quel primo appuntamento ‘serio’: non voleva che lui pensasse che era una poco di buono!
Però, la la prossima volta…. uhmmm… la prossima volta si sarebbe sentita scavare il culetto da quel magnifico cazzone, duro come la pietra e con la sua grossa, congestionata cappella!
E tutto quel fiume di sborra calda che, quella sera, aveva ingoiato con grande piacere, le avrebbe allagato l’intestino, riempiendola per bene!
L’uomo si era dimostrato un capace amante e ne intuiva le grandi potenzialità da maialino, come intrigavano lei: quella era stata una serata di studio reciproco per entrambi e, pur avendo mischiato piacevolmente i propri fluidi, aveva capito che anche lui era… col freno a mano tirato, come si dice!
Qualcosa le diceva che Vito era un… birbante e che forse le avrebbe, prima o poi, fatto proposte deliziosamente oscene; fece un sorrisetto goloso: sì, non sembrava per nulla un amante banale, noioso.
Al prossimo incontro, si sarebbero lasciati entrambi andare e Laura era convinta che sarebbe riuscita (anche trovando il modo per avere più tempo da trascorrere insieme!) a farlo venire almeno due volte: farselo sborrare nel culetto era una prospettiva suggestiva, ma anche ingoiare di nuovo tutta quella sborra rovente… uhmmm…
Prese il perizoma impiastricciato di secrezioni varie e lo osservò, riflettendo un attimo: nasconderlo in fondo alla cesta della roba da lavare, o lasciarlo in cima, in bella vista per la gioia di suo figlio?
Ripensò ad alcuni giorni prima, quando accidentalmente lo aveva scorto nudo -anche se non in completa erezione!- per un attimo: si vedeva bene che ormai era diventato un ometto, ridacchiò compiaciuta.
Depose il peri in cima alla cesta, piegato in un modo che memorizzò, in modo da poter sapere se era stato smosso: lo aveva annusato un attimo e la fragranza della sua eccitazione unita a quella di maschio che aveva lasciato il suo nuovo amante Vito ‘ ma il profumo di maschio, per quello che suo figlio ne sapeva, poteva essere del padre!- era assolutamente eccitante: sperò, quasi!, che Giacomino ci si potesse fare una bella sega e sorrise indulgente al pensiero. Quando Maestro Dido ordinava, lei eseguiva, ormai senza alcun tentennamento.
Per cui si era vestita come lui le aveva dettagliatamente specificato: decolté nere con tacco-otto, collant nero velato, mutandine e reggiseno ‘carini’ di pizzo color malva, gonna nera a metà coscia e camicetta ‘normale’ a sottili righine verticali, con una sobria collana di perle ed orecchini: un’aria da signora seria, insomma! E con perfino le lenti a contatto, invece dei suoi abituali occhiali dalla montatura elegante.
Un trucco leggero ed i capelli corvini che le scendevano morbidamente sulle spalle, appena mossi e col ciuffetto sulla fronte, completavano il look da brava impiegata.
Seguendo fedelmente le disposizione ricevute, chiamò un taxi e raggiunse così all’ora indicata l’indirizzo che il Maestro le aveva dato.
Dora si era guardata intorno, perplessa: si trovava in una via periferica e l’indirizzo era innegabilmente quello di un piccolo capannone che appariva deserto, quasi abbandonato, se non si fosse considerata la ventina abbondante di auto di ogni età, tipo e categoria che riempiva il cortile.
Era sinceramente incuriosita, ma saggiamente decise di seguire il prosequio degli eventi, che gli avrebbe fornito tutte le risposte.
Il Maestro le aprì il portoncino e la accolse, verificando con un colpo d’occhio che fosse vestita come le aveva espressamente indicato.
Poi, soddisfatto, le dedicò un tenue sorriso: ‘Mi servi per realizzare un progetto… un film…
Voglio rifare un film giapponese che ho visto qualche giorno fa e che mi ha davvero divertito; ma vieni sul set, così ti spiego cosa voglio che tu, buttana, faccia nel film’
Entrarono in uno stanzone dove, al centro della parete di fondo, era stato allestito il simulacro di uno studio di RaiNews24, con tanto di logo riprodotto sulla parete -anche se era stato modificato in ‘BayNews24’-, un tavolo di spesso cristallo ed accanto, da entrambi i lati, tre… casse, come fossero classificatori (Dora, stando davanti al tavolo accanto alle telecamere già pronte, non riusciva ad identificarle meglio) di larghezze diverse, ma del colore simile a quello dello sfondo.
Simmetrico al logo, uno schermo televisivo di grandi dimensioni, sul quale stavano alternandosi diverse immagini ‘da telegiornale’ con inquadrature vuote, dello stesso colore dello sfondo
Il Maestro, dopo averle concesso qualche momento per rendersi conto del tutto, la accompagnò dietro al tavolo e le spiegò cosa si attendeva da lei: Dora avrebbe dovuto interpretare la seria, imperturbabile giornalista che legge le varie notizie -un certo numero di fogli stampati era effettivamente sul piano del tavolo- incurante di tutto ciò che accade intorno ed a lei.
Le preannunciò che un certo numero di maschi nudi le avrebbe sborrato in faccia o costretta a fare cose, ma lei -con l’indefettibile ‘missione’ di arrivare in fondo al notiziario- avrebbe continuato, come se nulla in realtà accadesse, fino alla fine del notiziario, per poi salutare gli spettatori con la normale cordialità.
Dora annuì, obbediente e già con la fica in ebollizione, immaginandosi al centro dell’azione; sapeva che, se e quando il Maestro avesse deciso di pubblicare il filmato, la sua solida reputazione di seria professionista si sarebbe trasformata in patetici coriandoli spazzati dal vento, ma ormai si era abbandonata a quella torbida spirale autodistruttiva ed era quasi ansiosa, ormai, che arrivasse il momento in cui il Maestro avrebbe disintegrato la sua rispettabilità, la sua immagine pubblica, la sua carriera, il rispetto dei colleghi, dei conoscenti, degli amici, dei parenti, perfino di sua figlia con la quale ormai non aveva più contatti da quasi due anni…
Trovarsi (finalmente?) nelle condizioni per cui sarebbe stata costretta a ricominciare da capo una vita diversa, magari trasferendosi altrove… anche all’estero, chissà?
Si mise nella posizione che le venne indicata, fece prove di lettura perché potessero tarare al meglio il microfono, ricevette un paio di disposizioni sul miglior tono di voce e velocità di lettura e, alla fine, cominciarono le riprese.
‘Signore e signori, buonasera! Benvenuti a questa edizione del nostro notiziario.
Roma: il Presidente del Consiglio, durante una conferenza stampa, ha detto che…’
Mentre parlava (leggendo sul ‘gobbo’, piazzato accanto alla macchina da ripresa, anche se fingeva di consultare i fogli che aveva sulla scrivania), apparve un tipo completamente nudo, che usando come scala le misteriose scatole (ecco a cosa servivano!) salì rapidamente fino a trovarsi coi piedi nudi sul tavolo, masturbandosi furiosamente, per accostarle quasi subito la cappella congestionata alla guancia e facendo partire una copiosa sborrata che le incremò la gota, il labbro superiore e quello stesso lato del naso.
Mentre Dora, come da copione, continuava impassibile a leggere il notiziario, il tipo le strofinò un istante il glande contro le labbra e poi, ratto come era arrivato, se ne scese.
‘… i ministri interessati hanno sottolineato che l’intera questione &egrave ben nota da tutti i…’ Un altro uomo, più alto e magro, aveva preso il posto del primo, con lo stesso passo accelerato del primo, con la stessa frenesia masturbatoria e con la stessa rapidità a scaricarsi su di lei, schizzandole fronte e capelli.
‘… riguardo l’attuale crisi internazionale…’ Un altro, stavolta dall’altro lato, con la velocità a salire e scendere che era stata evidentemente imposta dal regista, schizzò appena sopra al sopracciglio e sulla guancia; Dora la sentiva densa , pesante sulla pelle, ma continuò imperterrita la lettura delle notizie.
‘… il ministro degli esteri ha ribadito che…’ questo maschio, invece, le aveva messo una mano sulla testa, bloccandogliela, mentre le appoggiava il glande alle labbra e glie le irrorava di densa sborra.
Lei perse un attimo il filo del discorso, ma poi si lappò brevemente le labbra e ricominciò subito da dove si era interrotta.
Abbassando lo sguardo, aveva improvvisamente notato, attraverso il piano trasparente del tavolo, la cupoletta di una webcam di controllo piazzata sul pavimento, evidentemente per poterla inquadrare dal basso, in qualche fase futura della realizzazione del film; un leggero brivido di eccitata anticipazione la fece vibrare per un istante.
‘… durante la conferenza stampa….’ Stavolta i maschi nudi erano due, uno per parte e mentre uno si scaricava sulla sua guancia, l’altro le metteva un dito in bocca, obbligandola a ruotare la testa verso il suo cazzo, che le affondò in bocca per un rapidissimo pompino -giusto due o tre affondi- concluso da un’abbondante sborrata; Dora era indecisa se ingoiarla, ma poi pensò che il climax della ripresa ne avrebbe avuto vantaggio, se l’avesse fatta uscire dalle labbra appena socchiuse e fatta colare giù per il mento…
‘… capo della protezione civile…’ Sentiva un… candelotto di sperma che le penzolava dal mento, mentre altre sborrate le arrivavano sul viso ed i capelli ed il loro peso, man mano crescente, le faceva lentamente scivolare verso il basso, colandole al esempio dal naso al labbro superiore che, per poter continuare col notiziario, era costretta a ripulire frequentemente con rapide passate della lingua.
Altri, col procedere delle cose, l’avevano costretta a succhiarglieli, anche leccando rapidamente le due cappelle affiancate fino a far esplodere il loro piacere, ma nessun maschio era restato inquadrato per più di una trentina di secondi.
Sentiva i… contributi di sperma colarle dal viso, riunirsi alla sborra che le avevano scaricato direttamente sul collo e scivolare lentamente, inesorabili sul suo decolté; una rapida occhiata in basso, le permise di notare che ampie chiazze umide lordavano la sua camicetta così seriosa.
Si immaginava con la pelle ed i capelli lascivamente luccicanti di umida sborra, sotto le vivide luci del set.
Poi, mentre un altro, l’ennesimo, saliva sulla scrivania per scaricarsi sul suo viso, un maschio le andò invece dietro e cominciò ad abbracciarla ed a stringerle forte i seni da sopra la camicetta, facendole interrompere per un istante il notiziario.
Poi lasciò solo una mano a martoriarle i capezzoli e con l’altra cominciò bruscamente a farle risalire la gonna sul culo, fino alle reni. L’uomo le aveva fatto risalire un poco la gonna, afferrandone alternativamente il lembo sui fianchi e strattonandolo verso la vita.
Poi aveva deciso di cambiare metodo: lasciò il seno che stava brancicando e, con entrambe le mani, tirò forte i due lembi posteriori, facendo saltare la cucitura fino alla cerniera lampo ed anche più sopra, lasciandola pateticamente chiusa ma scucita da un lato, fino all’asola del bottone; poi tirò forte e Dora sentì nitidamente il crepitio del tessuto che si lacerava, distruggendo l’asola.
Anche se avesse voluto fare qualcosa, lei non poteva, impegnata com’era sia dalla lettura del notiziario, sia dal ricevere in continuazione nuove sborrate sul viso ed in bocca da una quantità di maschi che sembrava inesauribile; sentiva i suoi bei capelli neri trasformati in un viscido e greve impasto con lo sperma e le ciocche, intrise ed appesantite da così tanto ‘succo di maschio’, le schiaffeggiavano viscide le guance ed il collo ad ogni movimento della testa.
Sentì che l’uomo dietro di lei aveva afferrato il collant e lo tirava fino a strapparglielo sul culo; quando la trama cedette, lui mise dentro le dita ed in breve lo distrusse, strappandolo anche sulle cosce; Dora immaginò l’inquadratura che la telecamera in sul pavimento stava riprendendo, con la sua pelle chiara delle cosce e dei fianchi, che risaltava nei numerosi strappi del collant neri e immaginava che fosse una visone notevolmente erotica per gli amanti del genere.
L’uomo infine, con un brusco strattone, le fece scendere gli slippini fino a pochi centimetri sotto al pube e poi, cinturandola alla vita, le fece sporgere il sedere all’indietro.
Infine, soddisfatto dalla postura della donna, la penetrò in fica di colpo, molto facilitato dalla grande quantità di ciprigno. causata dalla forte eccitazione che la siciliana stava provando.
Come le fu dentro, cominciò a fotterla forsennatamente, arrivando a sborrarle dentro in brevissimo tempo.
‘… secondo gli ultimi dati istat…’ Dora era ormai assolutamente ammaliata dalla lasciva situazione che stava vivendo davanti alle telecamere: si sentiva inequivocabilmente porca e irrimediabilmente sputtanata, compromessa davanti a tutti, che potevano assistere a quella sorta di processione -che sembrava infinita!- di maschi ansiosi di sborrarle in viso, in testa o in bocca, che si alternava freneticamente sul tavolo ‘da giornalista’, ricoprendola di sperma denso e bollente ed anche -ne era certa!- di ciò che le stava facendo l’uomo alle sue spalle, senza possibilità di equivoco.
In quella, lo sentì sborrarle nella fica e poi subito scappare via, per lasciare il posto, freneticamente, ad un altro ed immaginò facilmente cosa la telecamera appoggiata al suolo e puntata sul suo pube potesse riprendere, eccitandosi sempre più; doveva fare un grande sforzo di concentrazione per non smettere di leggere sul gobbo ed abbandonarsi invece al piacere smisurato che quella umiliante situazione le stava donando.
Il nuovo maschio che le era arrivato dietro, le premette con la mano sulle reni e la fece mettere nella posizione migliore, data la sua altezza, per poterla invece inculare con facilità.
Quando fu ben dentro di lei, mentre la stantuffava freneticamente, mise un dito nell’elastico del perizoma e tirò, sforzandolo fino a strapparlo e lasciarlo ricadere, come afflosciato, penzolante a mezza coscia.
Poi portò le mani sui seni, afferrò i lembi della camicetta e tirò forte, facendo volare contemporaneamente tre bottoni ed infine le abbassò le coppe del reggiseno, liberandole le mammelle che, perso il loro sostegno, scesero di un poco a causa della gravità e dei suoi anni.
Il faretto affiancato alla telecamera in terra, stava probabilmente rendendo nitida la ripresa dei suoi testicoli che dondolavano ed, ad ogni affondo, le sbattevano sulle ninfe, mostrando chiaramente la sodomizzazione, anche perché lei, ormai, teneva i piedi ben distanti tra loro.
‘… la Juventus stamani &egrave partita per… mmmpppffhhhh!!!!’ le avevano messo i due indici in bocca e poi avevano tirato, per allargarle la bocca ed appoggiarle dentro le due cappelle turgide, che subito avevano sborrato, una dopo l’altra; lei aveva un po’ ingoiato ed un po’ lo aveva fatto colare fuori, sul mento, a gocciolarle su petto e seni, prima di riprendere la lettura del notiziario, mentre uno nuovo da dietro, le strappava il reggiseno, separando le due coppe.
Poi un altro, con un arnese davvero grosso, le si era messo dietro ed aveva cominciato a spingerglielo, alternativamente, un pò in fica ed un pò in culo; era durato un po’ più degli altri, ma le aveva letteralmente allagato la fica di sperma.
Andato via lui, era arrivato un vero gigante: sarà stato alto almeno due metri e con due spalle larghe così; come fosse stata una bambola, l’aveva cinta per la vita, rialzata senza sforzo apparente fino a farla inginocchiare sulla scrivania e poi, con la manona a premere sulle reni, l’aveva fatta mettere -in pratica- alla pecorina, con le ginocchia divaricate al massimo, le natiche contro i calcagni ed i gomiti puntati sul tavolo, a continuare a leggere le notizie, mentre lo sperma le colava di dosso ed i seni, ormai liberi, scampanavano dal suo torso ed i capezzoli -eretti quasi dolorosamente- strisciavano sul piano di cristallo, seguendo il ritmo dei colpi che il gigante le dava con la sua grossissima mazza, affondandola furiosamente nella fica dilatata.
Dora era esausta e frustrata, perché non aveva potuto abbandonarsi all’orgasmo, durante tutto il film, ma adesso che il gigante -dopo essersi anche lui svuotato nella più remota profondità della sua vagina- si era sfilato, sul gobbo era apparsa la scritta che attendeva, per cui finì di leggere la notizia e poi, sorridendo professionalmente, salutava e dava appuntamento alle edizioni successive, come se nulla fosse successo.
Sentiva il mare di sperma che le avevano scaricato nella fica che usciva e che le colava pigramente dalla coscia e sul tallone e, abbassando lo sguardo, vide la pozzanghera di sborra che era colata dal suo viso e dai suoi capelli; non resisté: si abbassò e cominciò lussuriosamente a leccarla via dal piano di cristallo.
Spensero le luci di ripresa e subito spuntò Martina, portando uno specchio da trucco; le permise di contemplarsi da ogni angolazione e Dora si osservò nello specchio: aveva i capelli completamente intrisi di sperma, con malloppi che lentamente colavano verso il basso ed anche il viso sembrava ricoperto da una sorta di glassatura vagamente trasparente, che le rendeva i lineamenti quasi indefiniti. Con le dita andò a verificare quanto il culo le fosse restato aperto (moltissimo! Mise dentro due dita senza toccare nulla!), mentre la donna si congratulava con lei per aver avuto l’ispirazione di leccare la scrivania, dopo la fine del notiziario.
Le spiegò anche che sullo schermo alle sue spalle era stata mandata in diretta la ripresa della telecamera in terra e quindi si poteva vedere sia quello che le facevano dalla vita in su, si quello che accadeva alla sua fica ed al suo culo, compreso quando e come le avevano strappato i vestiti di dosso.
Dora si sentì infinitamente puttana e pensò a cosa sarebbe successo quando (non ‘se’, ne era certa!) il film avrebbe cominciato a girare in rete: la sua reputazione sarebbe stata definitivamente distrutta!
Quel pensiero, insieme al leggero sfioramento di due dita sulle ninfe, le scatenarono il possente orgasmo che si era negata sino ad allora. Capitolo 22 –

Riguardò il film: era abbastanza soddisfatto perché l’avvocatessa Dora si era dimostrata puttana il giusto, con tutti quei cazzi da succhiare e quella sborra in faccia; bella poi la parte in cui le avevano strappato via gli abiti di dosso e l’avevano montata in fica e culo: si vedeva benissimo!
Come si vedeva nitidamente la sborra che le colava fuori da sticchio e culo, che le aveva fatto ben dilatare negli ultimi mesi.
Dora aveva dimostrato la giusta serietà da annunciatrice ed era riuscita a non farsi travolgere dal suo essere intimamente puttana, risultando credibile nella parte.
Martina aveva fatto davvero un buon lavoro, muovendo e zoomando le cam telecomandate per avere le migliori inquadrature ed i più accurati dettagli.
Poi, in fase di postproduzione, aveva fatto davvero un bel montaggio delle varie inquadrature ed il film era davvero buono: sarebbe andato come il pane!
Certo, Dora l’avvocatessa era vecchia… sarebbe stata meglio la baldracca rabbiosa, la Barbara: molto più giovane e fica, ma non era ancora pronta ed i suoi committenti, invece, volevano quel film in poco tempo…
La troia Paola, invece, pur relativamente giovane non &egrave gnocca come Barbara ma, sopratutto, ama ormai troppo i cazzi e la sborra e avrebbe mandato in vacca il film, piantando lì di fare la giornalista e facendo solo la svuotaminchie, come in realtà era.
Il Maestro Dido, su queste riflessioni, si rialzò dalla poltrona e gli scappò un sorrisetto, seguendo un’associazione di idee: Vito aveva detto che aveva conosciuta una e la stava lavorando e lui era curioso di vedere cos’avrebbe combinato il suo allievo e, sopratutto, valutare se questa tipa era adatta ad entrare a far parte della loro scuderia di troie.

Aveva voluto vestirsi sexy, per l’appuntamento; sopra ai raffinati slippini di pizzo turchese, aveva scelto un tubino blu elettrico, senza spalline -il suo piccolo seno le consentiva di non indossare il reggiseno- ed uno scialle leggero per ripararsi le spalle dal freschetto della sera; un paio di graziosi zoccoletti con tacco otto ed una pochette ricoperta di perline nere, completavano la sua mise per la serata.
Davanti alla specchiera, prima di uscire, apprezzò anche il trucco leggero -nonostante le labbra dipinte di rosso carminio- ed i capelli raccolti in un’alta coda, fermati da un fermaglio da capelli tempestato di strass; poi scese davanti al portone, dove Vito la aspettava in auto.
‘Ciao Laura, tesoro: sei splendida!’ Lei apprezzò il complimento e contraccambiò il pur breve bacio, che era solo un acconto sugli sviluppi della serata -ne era certa!- come il poco vino versato nel calice per poter valutare la qualità dell’intera bottiglia.
‘Sai… -disse Vito mentre ripartivano-‘ conosco un posto carino, non di lusso, ma dove si mangia un gran bene; ti andrebbe?’
Laura si dichiarò felice di fidarsi della sua scelta e rifletté che quando era con Vito si… si rilassava… si abbandonava e che qualunque cosa lui proponesse, la trovava entusiasta; evidentemente, c’era un gran feeling tra loro due!
Sorrise tra sé, contenta e rilassata.
Ebbe solo una piccola curiosità da levarsi: ‘Non ti avevo mai visto con gli occhiali, prima di oggi…’
Vito sorrise: ‘Sono occhiali da riposo: oggi mi sono molto stancato la vista e non voglio, nella nostra serata!, essere assalito dal malditesta!’

Il ‘posto carino’ era una trattoria, appena fuori porta: graziosa, con le tovaglie a quadri e un buon profumo di cose buone; una decina di tavoli -tre, uniti, occupati da una comitiva abbastanza chiassosa di uomini sulla cinquantina- quasi tutti occupati da coppie o persone sole. Solo uno era occupato da una famigliola con due bimbi piccoli, ma avevano già finito di mangiare il secondo.
La cameriera li condusse al tavolo che aveva tenuto per Vito: era nell’angolo del locale, accostato alla parete e l’uomo la fece accomodare sulla panca contro la parete, mentre lui occupò la sedia di fronte, dando le spalle alla sala.
La cameriera gli propose il menu e poi veleggiò verso la cucina, a portare le ordinazioni.
Laura trovava il posto simpatico e registrava en passant le occhiate ammirate del gruppetto di uomini; vedeva che parlottavano tra loro e poi ridevano, dopo averla guardata, ma c’era abituata e sorrise tra sé, non facendoci neanche caso.
Mentre aspettavano, Vito cominciò a parlare e continuò a parlarle anche mentre apprezzavano i ravioli al sugo di carne, guardandola fissa negli occhi con quel suo sguardo così strano, così penetrante.
Solo dopo aver gustato i primi, ordinarono i secondi coi contorni (Vito aveva preferito così, ‘per prolungare il piacere di cenare qui, prima… del resto della serata’ aveva detto sorridendo, allusivo) e Laura si rese vagamente conto che doveva aver bevuto più vino del suo solito, perché si sentiva strana, rilassata, disposta ad assecondare l’uomo qualunque cosa lui proponesse.
Vito doveva essersi accorto di questa sua arrendevolezza, perché pretese che lei stesse seduta con le reni contro allo schienale della panca fissa (scostata dal tavolo!) e poi che stesse seduta con le ginocchia ben allargate -le aveva fatto aprire le cosce spingendo le ginocchia col piede!- con evidente interesse della tavolata di amici, alcuni dei quali avevano una suggestiva visione d’infilata del suo intimo.
Laura valutò la cosa, ma si stupì di quella strana indifferenza che la stava invadendo, rimanendo esposta agli sguardi golosi dei cinquantenni.
Vito continuava a parlarle, mentre la famigliola e poi altri avventori pagavano e lasciavano la trattoria e lei si sentiva man mano invadere da uno strano languore, una strana arrendevolezza ed a un certo punto, lui le disse: ‘Adesso devi fare una cosa per me, amore mio…’
‘Sì dimmi, tesoro: farò quello che vuoi!’
‘Bene… cosa indossi, sotto?’
Laura era spiazzata dalla domanda, ma rispose diligentemente: ‘Beh… slippini…’
Lui la incalzò, con un tono che non ammetteva dinieghi: ‘fatti come? Che colore?’
‘Ehmmm… slippini a vita bassa… pizzo turchese…’
‘Bene! Toglili!’ Lei sgranò gli occhi e il suo sguardo interrogativo andò dal suo uomo alla tavolata chiassosa, con una vena di disperazione, chiedendo silenziosamente di non doversi sottoporre a quella pubblica umiliazione.
Ma capì che Vito sarebbe stato irremovibile: ‘Vado a toglierli in… in bagno?’
‘No! Qui!’ inflessibile, secco!
Laura desiderava ardentemente, in quel momento, di essere seduta su una sedia, che avrebbe potuto accostare bene al tavolo per poter essere nascosta dal tavolo, invece di quella maledetta panchetta fissa; avrebbe anche voluto rifiutarsi o procrastinare, ma non riusciva a trovare, dentro di sé, abbastanza forza di volontà per farlo.
Accostò le ginocchia e infilò prima la mano sinistra sotto il tubiino, dalla parte della parete laterale, facendolo risalire così tanto da scoprire quasi l’attaccatura della coscia e fino a sentire sotto i polpastrelli il pizzo; esitò, guardò Vito, ma lui annuì lentamente, come per incoraggiarla.
Qualcosa di sconosciuto, dentro di lei, le impose di proseguire: afferrò il pizzo, spostò il suo peso sulla natica destra e fece scendere un pochino gli slippini.
Poi ripeté, con lo sguardo perso nel nulla, l’operazione sull’altro fianco.
Non notò che i puntuti sguardi di un paio dei tizi della tavolata si accorsero della sua manovra, che subito segnalarono lo spettacolino ai sodali con ammiccamenti e piccoli cenni del capo.
Gli occhi di Vito sembrava le bruciassero dentro, addosso, come se fosse un raggio rovente e lei tornò a rialzare il fianco sinistro, facendo superare la curva della natica al pizzo dell’intimo e facendo arrivare l’elastico alla sommità della coscia.
Poi -attentamente osservata con ammutolito interesse dalla tavolata!- ripeté l’operazione anche dal lato verso la brigata di amici, che addirittura trattennero il fiato, mentre la parte centrale degli slippini si raggruppava, come una vela afflosciata, davanti al suo curatissimo ciuffetto.
Laura esitò e guardò di nuovo Vito: lui non emise suono, ma lei lesse chiaramente sulle sue labbra l’incitamento: ‘Avanti!’
Mise i pollici nell’elastico, puntò i piedi sul pavimento e fece scendere l’indumento oltre la piega delle ginocchia; da lì il leggero capo scivolò da solo fino alle caviglie.
Vito la guardò, implacabile: ‘Raccoglili e mettili sul tavolo, accanto al tovagliolo’ le sussurrò autoritario.
Laura obbedì, ormai stregata dalla situazione, incurante dei sussurri e risatine della brigata al tavolo accanto.
‘Adesso voglio che tu apra le gambe al massimo… Immagino che i tipi della tavolata stiano guardandoti e che apprezzeranno molto, quindi lascia che possano vederti bene la fica! Siediti sul bordo della panca e appoggia le spalle allo schienale’
Non riusciva a far altro che seguire le disposizioni… gli ordini (!!!) del suo amante e quindi soddisfece anche questo.
‘E adesso dimmi: sei eccitata, sei bagnata?’
Il suo tono era disperato, anche se sussurrò per non farsi sentire da nessun altro: ‘Ma non lo so!!!’
‘Beh… controlla, no? Mettiti un dito dentro, bene fino in fondo e poi fammelo vedere!’
Lei abbassò la mano e la spinse tra le cosce accostate.
‘Apri al massimo quelle cazzo di gambe!’ le sibilò lui, cattivo.
Laura annuì con rassegnazione e fece come ordinato; il gruppo dei cinquantenni allungò all’unisono il collo e non fiatò neanche, mentre assisteva alla lenta scomparsa del medio della sua mano destra nell’oscura profondità della sua fica; arrivata in fondo, lo mosse un attimo. accarezzandosi le mucose più interne per assecondare la sferzata di eccitazione che l’aveva improvvisamente travolta e poi -lentamente, quasi con dispiacere- lo fece scivolare fuori ed infine lo mostrò al suo amante, luccicante del suo miele.
Lui fece un rapidissimo sorrisetto soddisfatto, poi disse, sempre tenendole lo sguardo puntato imperativamente negli occhi: ‘Bene, vedo che la situazione ti eccita… Adesso facci tutti felici: masturbati… Qui, adesso!’ precisò, spazzando via i deboli pretesti che lei stava per erigere.
Così, con un sentimento misto di vergogna ed eccitazione, cominciò ad sfiorarsi le labbrine della fica, sentendosi annegare in un’ondata di piacere sempre più potente.
‘Stuzzicati anche il culo, avanti!… -le impose lui-… Anzi, fatti vedere bene: appoggia i calcagni sulla panca e allarga al massimo le ginocchia…’
Lei ubbidì, agganciando i tacchi sottili dei suoi vezzosi zoccoletti al bordo della panca, in modo da avere un punto d’appoggio per poter nel caso sollevare il sedere dalla panca.
Vide avvicinarsi la cameriera coi dessert e guardò interrogativamente Vito, con i polpastrelli di due dita affondati tra le pieghe della sua femminilità.
‘No, continua come se niente fosse…’ Le rispose Vito e lei ubbidì, mentre la donna posava le due coppette davanti a loro, con regale noncuranza per gli slippini sulla tovaglia a quadri e delle inconsuete attività di quella cliente.
L’indifferenza della cameriera, stranamente, le sferzò i sensi e sentì montare, dentro di lei, un piacere mai provato prima: ormai aveva perso ogni ritegno ed aveva sprofondato tre dita dentro di sé, mentre il pollice le martoriava la clitoride e due dita dell’altra mano sparivano fino a metà nel suo culetto, infoiata oltre l’immaginabile.
Poi, con un lungo gemito soffocato, raggiunse il piacere. Laura era confusa, impallonata come si dice.
Era seduta in auto, accanto al suo… aguzzino? (ma come si fa a considerare aguzzino una persona che, pur attraverso una così grande vergogna -mai provata prima, così smisurata!- l’aveva fatta godere in modo così… così sfrenato, addirittura inimmaginabile!), al suo… amante… sì al suo favoloso amante, che le aveva donato quelle sensazioni mai neanche sognate, prima di allora!
Dopo quello squassante orgasmo, i ricordi erano frammentari, come singoli fotogrammi tagliati via da una pellicola.
Ricordava nebulosamente che, dopo aver goduto così tanto, il padrone della trattoria aveva lasciato la cucina ed era venuto a scambiare due amicali parole con Vito, ma occhieggiandola con aria golosa; poi i due uomini avevano parlato di tette e lei si era trovata ad obbedire all’ordine di Vito, di abbassarsi il vestito scoprendosi i seni e lasciando che l’oste giocasse distrattamente coi suoi capezzoli, tirandoli e torcendoli, mentre continuava a chiacchierare amabilmente col suo accompagnatore, come certuni scarabocchiano un foglio, mentre chiacchierano.
Aveva anche colto lo sguardo della cameriera, che la guardava con una strana espressione, come se la deridesse e compatisse allo stesso tempo, con gli occhi brillanti come stelle, invece dello sguardo opaco che aveva mentre serviva ai tavoli.
Dopo non molto, si erano alzati dal tavolo e Laura aveva avuto l’istinto di risistemarsi il tubino -che la copriva soltanto dai fianchi allo stomaco- e di recuperare lo slippino sul tavolo, ma Vito le impose, con un rapido gesto ed un’occhiata severa, di non far nulla di tutto ciò.
Passando accanto alla tavolata, erano stati chiassosamente invitati a bere l’ammazzacaff&egrave dai cinquantenni e Vito accettò cortesemente di sedersi tra loro, pilotandola alla sedia che l’allegra brigata le aveva riservato; inutile dire che lei venne smanacciata ovunque e che si trovò anche due cazzi abbastanza duri nelle mani, ma quando uno dei più esuberanti provò a farle abbassare la testa per farsi fare un pompino, Vito si alzò, li ringraziò educatamente del giro di limoncello e la portò via, fino all’auto.

‘Dio, fa che con questa nuova microcam nascosta nella montatura degli occhiali, sia riuscito a filmare tutto e che la memoria e la batteria non mi abbiano abbandonato! Ci tengo troppo a far vedere a quel pallone gonfiato di Dido come anch’io sia riuscito ad… imbarcare questa cretina, tra persuasione, un po’ di ipnosi ed una delle sue pilloline magiche nel vino!
Ma adesso, nuova scena e allontanandomi un po’ potrò usare la telecamerina a mano… Speriamo che venga un bel lavoro, fra tutto, vah!’

Laura aveva accettato l’idea del suo… aguzzino (Aguzzino? Sì, l’aveva umiliata pubblicamente, &egrave vero, ma l’aveva anche fatta godere in una maniera inimmaginabile! E poi, quando lei era come molle plastilina nelle sue mani, ormai disposta a diventare qualunque cosa tutte quelle persone avessero voluto, non aveva voluto che venisse… penetrata -neanche in bocca!- lasciando agli altri solo la possibilità di guardarla e di toccarla ovunque, anche con le dita dentro!)… del suo amante, del suo vizioso ma favoloso amante, che ora l’aveva portata a percorrere amabilmente la lunga passeggiata a mare, a picco sulla scogliera, costeggiando il grandissimo parco pubblico, ovviamente chiuso e deserto a quell’ora, mezzanotte passata da un pezzo.
Erano parecchi mesi (anni?) che non la percorreva, sopratutto di sera e si stupì di quanti lampioni fossero spenti o addirittura fracassati da qualche esuberante idiota; ma niente paura! Lei era con Vito, che sembrava perfettamente in grado di evitarle sgradevoli incontri.
Sentiva l’aria fresca sulle spalle nude… Scendendo dall’auto avrebbe voluto prendere lo scialle, ma l’uomo l’aveva convinta a lasciarlo in macchina -insieme alla pochette- assicurandola che l’avrebbe tenuta abbracciata e quindi non avrebbe assolutamente freddo.
Non era riuscita a contraddirlo; anzi, si era come accomodata nella decisione del suo accompagnatore, come un gatto che si acciambella su un cuscino.
Così lui si era messo una piccola e pesante borsa a tracolla, le aveva posato il braccio sulle spalle, tirandola verso di sé ed avevano cominciato a passeggiare, col mare che rumoreggiava sommesso alla base della scogliera.
Laura si sentiva strana, con indosso solo il tubino -che per giunta Vito aveva fatto un po’ risalire sotto fino a farlo arrivare appena sotto le natiche e, da sopra, lo aveva abbassato fino a coprirle a malapena le areole- gli zoccoletti e null’altro.
Le faceva uno strano effetto camminare con la micia all’aria e ringraziava solo il cielo che la passeggiata fosse praticamente deserta, salvo rare coppie che erano molto concentrate su se stesse e che quindi nessuno potesse o volesse rendersi conto che, a parte l’abitino, fosse completamente nuda.
Si faceva cullare dal tono rassicurante della voce di Vito che parlava, parlava, parlava facendola sentire bene, rilassata e appagata; ormai non seguiva più cosa l’uomo le stava dicendo, ma si godeva semplicemente il caldo suono, la musicalità rassicurante della sua voce, sorridendo.
Arrivati all’antica torre di sorveglianza, anziché seguire il tragitto che passava tra lo sperone roccioso e la costruzione, Vito la pilotò lungo l’antica ringhiera, coperta da strati di vernice verdolina gonfiata qua e là da fioriture di ruggine, che bordava il percorso mattonato che sovrastava la falesia.
Arrivarono nel punto dove la passeggiata si protendeva verso il mare e Vito la fece girare, col sedere pressato contro la ringhiera -il lampione spento rendeva il luogo molto intimo- e l’abbracciò forte; poi abbassò il capo e cercò la sua bocca, per un bacio che dall’iniziale dolcissimo, diventò via via sempre più erotico, coinvolgente.
Laura ci mise qualche istante a realizzare che una mano di Vito le aveva leggermente alzato il vestito sul davanti ed adesso le frugava deliziosamente la micetta, mentre col braccio dietro il suo collo, le aveva scoperto i seni e le stava deliziosamente stuzzicando i capezzoli, ormai rigidi come matite.
Si sentiva sciogliere dal piacere, così tocchignata sulla passeggiata, come se fosse tornata ragazzina, come se avesse diciott’anni e fosse con un fidanzatino un po’ sfacciato… Invece era con un uomo, un uomo che sapeva suonare, da vero virtuoso, il suo corpo come uno strumento musicale, facendolo vibrare nelle sue corde più intime.
Sentiva le ginocchia diventarle come di gelatina, mentre il piacere assoluto si impadroniva di lei e si sentiva disposta a fare qualunque cosa il suo amante avesse proposto.
‘Facciamo un gioco, vuoi?’ Sempre toccandole la micetta ormai fradicia e tenendola stretta a sé col braccio attorno alle spalle, aveva smesso di baciarla e le aveva sussurrato sulle labbra quella proposta, sorridendo.
‘Sì, tesoro… quello che vuoi…’ si sentì rispondere, con una piccola punta di stupore.
I denti di Vito brillarono nella scarsa luce, quando sorrise.
‘Allora fai una cosa: accucciati sui talloni… lì dove sei’
Lei si immaginò già lì, accosciata, nella passeggiata pubblica dove poteva ancora passare chiunque -nonostante fosse l’una passata!- a spompinare il suo maschio come una ragazzina trasgressiva ed il pensiero la eccitò molto, per cui obbedì prontamente, sorridendo felice.
Lui valutò la sua posizione, sorrise e poi: ‘Sì, ma dovresti tenere le ginocchia più larghe per bilanciarti meglio… Aspetta che ti aiuto…’
Le afferrò il bordo inferiore del tubino e glie lo fece risalire scoprendo completamente le cosce, lasciandole la micetta, ormai fradicia, completamente esposta.
La sua eccitazione la fece rallegrare di questo osceno dettaglio, con la libidinosa paura che qualcuno arrivasse e che lei si dovesse freneticamente ricomporre per non farsi scoprire.
‘Brava… -approvò lui-… Adesso stando così porta le mani all’indietro, fino a tenerti al corrimano… No, a braccia tese, mani vicine…’
Laura corresse la posizione, aiutata dalle mani di Vito, anche se le braccia erano in una posizione innaturale e le dolevano i muscoli innaturalmente stirati delle spalle; ma era ansiosa di scoprire i segreti di quel nuovo gioco.
Vito era dietro di lei e non lo vedeva, ma sentì qualcosa di freddo sul polso… e poi una sorta di lieve crepitio meccanico e, dopo pochi istanti, la stessa sequenza sull’altro polso.
Provò a muoverli ma… ‘Inutile che provi a liberarti, tesoro mio: ti ho ammanettata alla ringhiera…’
Incredula, provò a muovere le braccia, a levarsi da quella scomoda postura, ma niente: poteva spostare i polsi di solo pochi centimetri!
L’uomo se si accucciò davanti e riprese a baciarla; nonostante la scomodità e l’irritazione, dopo pochi istanti lei rispose al bacio e la mano che aveva ripreso a giocare col suo sesso così oscenamente offerto, ancora infradiciato dall’eccitazione, le fece riavvampare i sensi.
Vito le fece scendere la parte superiore del tubino lasciandole solo il pancino coperto e la paura di essere sorpresa praticamente nuda da qualcuno che passasse di lì, le fece torbidamente salire l’eccitazione alle stelle.
Le dita dell’uomo giocavano con le sue ninfe: le accarezzavano, le separavano, si introducevano per pochi istanti in lei, stuzzicavano il suo bottoncino durissimo, sfioravano il perineo e arrivavano a giocare con la sua rosellina posteriore, spingendole perfino il polpastrello dentro!, martirizzandola piacevolmente e facendola scivolare verso un inaspettato, prossimo orgasmo.
Così bloccata cominciò ad ansimare sempre più forte, muovendo il bacino per cercare le abili dita dell’uomo, con continuava a baciarla ed a stuzzicarle i sensibilissimi capezzoli con l’altra mano.
Era già ‘rassegnata’ a succhiare il bell’arnese dell’uomo, vista la posizione in cui era e già pregustava le sensazioni che quello strano pompino -praticamente in pubblico!- le avrebbe donato, ma lui non fece neanche il più piccolo movimento per farlo uscire dai jeans e continuò a stimolarla ovunque, mandandola letteralmente fuori di testa.
Laura sentiva il piacere arrivare prepotente, inarrestabile, come un treno che fosse entrato nella galleria fuori dalla quale era lei in attesa e… e Vito smise: smise di baciarle la bocca ed il collo delicato, smise di stuzzicarle i seni, smise di toccarla ‘là sotto’, lasciandola vibrante di voglia, in disperata attesa di esplodere in un orgasmo liberatorio.
Lo guardò con lo sguardo intorbidito dall’eccitazione, ma lui si era rialzato in piedi e la guardava, con una leggera vena di sadico divertimento nello sguardo: ‘Adesso mi allontano: voglio vedere come farai a convincere qualcuno a liberarti…’
‘Ma… ma tesoro, amore, cosa stai dicendo? Come faccio? Sono ammanettata! Dai, liberami subito, ti prego… Dai, liberami o mi metto a urlare!’
Stava scherzando, di sicuro! Era uno scherzo cretino, ma non l’avrebbe sicuramente lasciata lì tutta la notte, in quella scomoda e dolorosa posizione! Figuriamoci!
Vito fece un sorriso cattivo: ‘Se vuoi, puoi strillare quanto vuoi… tanto qui, senza abitazioni e con il rumore della risacca, chi può sentirti?
Dovrai convincere qualcuno a liberarti… guarda: lascio la chiave delle manette qui, con questo portachiavi… &egrave grosso così lo vedono!’ posò un grosso portachiavi da barca, di quelli galleggianti, e con attaccala la piccolissima chiave delle manette sulla mattonata, a poco più di un metro da lei, ma comunque fuori dalla sua portata.
Lei lo guardò stupita, scioccata: non osava credere alle sue orecchie! Era convinta di vivere un brutto, stupido sogno: non poteva essere vero!
‘Quando sarai riuscita a farti liberare, tornerò a prenderti.
A dopo, cherie!’
Le diede un tenero bacio sulla fronte e poi si allontanò a passo tranquillo dalla parte da cui erano venuti, scomparendo presto dietro una macchia di pitosforo mentre lei, incredula, non riusciva a dire neanche una parola.
Sì, il posto era adatto: aveva valutato bene, nel sopralluogo fatto il giorno prima e la visuale era ottima, dal punto dove aveva deciso di nascondersi, dietro da una siepe di pitosforo d una decina di metri di distanza; estrasse la cam dalla borsa, l’accese e la puntò verso Laura, incatenata alla ringhiera della passeggiata.
La cam si adattò automaticamente alla poca luce presente e Vito vide nitidamente la donna, zoomando per ottenere dettagli partendo dai suoi sandaletti, del modo in cui era costretta a stare accosciata a cosce spalancate per non perdere l’equilibrio e non subire dolorose torsioni alle articolazioni delle spalle; poi, dettagli sua sua fica, aperta e vagamente luccicante di umori per l’evidente eccitazione e -risalendo- i suoi seni, coi capezzoli innegabilmente eretti ed infine il viso, che aveva sì una smorfietta, un corrucciare un pochino la fronte a causa del dolore per l’innaturale posizione, ma anche una torbida luce dello sguardo che, unita da un appena percettibile dondolio sui talloni, gli fece pensare che la donna era sempre più eccitata e riusciva ad aumentare il proprio piacere con quei piccoli movimenti.
Una risata e delle voci lo distrassero da ciò che stava guardando nel display della cam: stava arrivando qualcuno!
Si sistemò il più comodamente possibile per poter riprendere tutto al meglio.

Provò a muoversi, ma le manette dovevano essere state passate nei due quadrati tra corrimano e rinforzo orizzontale, intorno da una sbarra verticale; aveva solo pochi centimetri di gioco, ma aveva scoperto che se si muoveva, le spalle le davano fitte lancinanti e quindi doveva stare ferma, con le ginocchia ben aperte per conservare l’equilibrio.
Lo odio, quel bastardo! Mi ha lasciata qui, bloccata, nuda, esposta a chiunque passi! Anzi, cosa dico? Non esposta, ma… offerta!
Sai che vergogna, a dover supplicare qualcuno che mi liberi, conciata così?
Speriamo che passi una coppietta… sarà imbarazzante da morire… lei penserà che sono una troia, mi odierà… Magari sarà anche gelosa degli sguardi che il suo lui mi getterà addosso, così nuda… manco lo avessi fatto apposta, a farmi trovare così!
E se… e se invece fosse un gruppetto di ragazzi??? Oddio… Chissà cosa mi chiederebbero, per liberarmi….
Anzi… chiedere? Cosa si prenderebbero loro, così scosciata e con la testa bloccata… uhm… all’altezza delle loro patte… ohh…. mi… mi… sì ecco… magari vorrebbero che li succhiassi… qui, in mezzo alla passeggiata…. mmmmhhh… e se mentre lo sto facendo, passa qualcuno??? Dio, che vergogna… io bloccata, praticamente nuda, a spompinare sconosciuti…. ohhhh…
E quello stronzo, dove cazzo &egrave andato? Ha detto che dopo che mi hanno liberata mi torna a prendere… quindi dev’essere da qualche parte, a vedere se arriva qualcuno…
Non può essere così figlio di puttana, da lasciarmi al primo che passa!
No: probabilmente, come vede qualcuno che si avvicina, corre qui a liberarmi, prima che arrivi qui…
Sì, dev’essere così… senz’altro… perché quel porco ha capito che… sì, insomma… ha capito che… che questa situazione mi sta eccitando da morire, mmmmhhh…
Oddio, cos’&egrave questa risatona??? E queste voci, che ridono??? Oddio, arriva qualcuno… e mi vedranno così!!!! Mhhhh….

Risate, voci giovani, un potente rutto ed altre forti risate. E lo scalpiccio di passi sulla mattonata, che si avvicinano.
Laura da una parte sperava che passassero oltre la torre, dall’altro lato, ma era anche affascinata dal pensiero di come loro (chiunque fossero!) l’avrebbero vista, all’improvviso, praticamente nuda ed immobilizzata, come oscenamente offerta.
Doveva richiamare la loro attenzione per farsi -alla fine!- liberare o sperare che non la notassero ed andassero dritti, sperando che poi passasse per esempio una coppietta? E se dopo loro non passava nessuno?
O se invece di una coppietta arrivava un maniaco???
Decise di valutare gli eventi, per quel ristretto margine di cui disponeva.
Poi apparvero dalla dolce curva della passeggiata: quattro… no: cinque ragazzotti tarchiati, che stavano scherzando tra loro in… spagnolo?
Tutti con lo stesso berrettino da baseball e con… sì, non si era sbagliata: con bottiglie di birra in mano; venne percorsa da un brivido.
Uno del gruppo la vide e si bloccò all’istante, come se fosse il fermoimmagine di un film; si bloccò così di colpo che l’amico alle sue spalle lo urtò, rischiando di farlo cadere.
Il primo attirò l’attenzione del gruppetto su Laura e tutti cominciarono a cicalare rapidamente tra loro, festosi, in spagnolo.
‘Scusate… -pigolò la donna, intimidita-… mi hanno fatto un atroce scherzo e mi hanno ammanettata qui…
Per favoooore… potreste liberarmi? La chiave &egrave attaccata a quel portachiavi lì in terra, quello a forma di saponetta…’
Il quintetto la circondò in un lampo, ridendo e parlando a mitraglia tra loro, in spagnolo e sghignazzando.
Laura, dalla sua posizione accucciata, li guardava dal basso, con occhi imploranti, ma notava che il quintetto, parlando, si toccava sempre più spesso il pacco: i cinque latinos si stavano eccitando… Distingueva solo una parola nel torrente in piena del loro parlare: ‘puta’, puttana e si preparò mentalmente a… pagare il prezzo dello della sua liberazione, qualunque esso fosse… e con una sottile vena di eccitazione che le montava dentro e che le faceva bollire e fondere la fica.
Il più massiccio bevve un sorso di birra dalla bottiglia che aveva in mano, poi le mise due dita sotto il mento per farle alzare la testa e guardarla negli occhi e ghignò: ‘Se vuoi essere liberata, bella signora, dovrai essere moooolto gentile…’
Era il tipo di proposta che, in fondo, Laura si aspettava: ‘Sì, sì, tutto quello che vuoi… -gettò un’occhiata circolare ai ragazzotti della pandilla, coi loro ampi pantaloni portati bassissimi, in equilibrio quasi sui fianchi, ghignanti ed in attesa come iene che il capobranco desse il primo morso-… che volete, basta che mi liberiate, ché non ce la faccio più a stare qui, così… Vi preeegooo!’
Il capobranco decise che aveva perso fin troppo tempo con quella puta ammanettata: posò la bottiglia in terra, tirò fuori il cazzo, afferrò i capelli della donna e le spinse la cappelle contro le labbra.
Siccome lei teneva la bocca chiusa, le strinse le narici e Laura, per non soffocare, aprì subito la bocca, che lui invase, fino a farle arrivare gli ispidi riccioli del pube contro le labbra.
Lei provò a leccare, a succhiare quel cazzo -neanche troppo pulito!- ma il giovane le aveva impugnato i capelli e la stava letteralmente scopando in bocca.
Il ragazzo doveva essere carico, perché dopo due-tre minuti il primo getto di sperma colpì il palato di Laura che si affrettò ad ingoiare.
Il capobranco, però, doveva dimostrare di essere all’altezza del ruolo, ‘marchiando’ la preda e quindi le sfilò l’uccello dalla bocca e diresse gli schizzi successivi ad imperlarle il viso, i capelli ed un pochino anche il petto.
Poi, sempre ghignante, incitò nella sua lingua il branco a servirsi mentre lui, dopo aver risistemato il pene -ormai rammollito- nei calzoni, bevve un altro sorso di birra e si dispose ad osservare divertito i suoi sodali alle prese con la puta inaspettatamente trovata in passeggiata.
Anche il secondo durò poco ed anche lui scelse di imbrattarle il viso; il terzo, invece, durò poco di più, ma preferì farle ingoiare tutto, fino all’ultima goccia.
Poi il quarto -col cazzo decisamente puzzolente e con perfino grumi di lurido ‘formaggio’ intorno alla base della cappella!- che sembrava avere qualche problema, incitato e sfottuto allegramente dai compagni, mentre tutti continuavano a sghignazzare, bere birra e ruttare; il capobranco si accosciò ed allungò la mano, infilando di colpo un dito nella vagina di Laura: ‘Ehi! Ma questa puta &egrave un lago! E’ tutta bagnata, eccitata come una cagna!’ comunicò agli altri.
La notizia accese evidentemente i lombi del ni’o, che si scaricò anche lui.
L’ultimo, il più minuto di taglia, tirò fuori il cazzo, visibilmente più piccolo ed anche lui lo mise in bocca a Laura, che giudiziosamente lo succhiò e leccò come aveva già fatto agli altri.
Il capo della pandilla bevve l’ultimo sorso di birra, osservando irridente la scena ed allargò il braccio per gettare la bottiglia sulla scogliera, ma poi si fermò, folgorato da un’intuizione: ‘Certo che col tuo cazzetto, Peque’o [piccolino N.d.A.], la signora si diverte ben poco…
Vediamo se riusciamo a farla divertire lo stesso!’
Si accucciò davanti a Laura, le mise la bottiglia vuota tra le cosce e poi, facendola alzare leggermente, glie la mise in piedi, con il collo introdotto nella vagina; alla fine si rialzò e si pose accanto ai due, gravando ritmicamente sulle spalle di lei facendola… come rimbalzare sulla bottiglia.
Lei si sentì incendiare i sensi da quell’umiliante stimolazione e aumentò ancora di più gli sforzi nel pompino, portando anche l’ultimo a sborrarle in bocca.
In contemporanea agli schizzi del pechegno, una calda ondata di piacere la invase e si stupì a trovarsi quasi dispiaciuta che tutto fosse finito: i ragazzi si erano sfogati ed adesso l’avrebbero liberata e Vito sarebbe tornato a prenderla e lei lo avrebbe insultato per non dargli la soddisfazione di fargli capire quanto la violenza subita l’avesse inaspettatamente eccitata…
La pandilla la circondava, soddisfatta e ghignante ed il capo ebbe un’ultima idea (del resto, era lui il capo, no?): tirò fuori l’uccello moscio dai calzoni, lo puntò su Laura e, dopo pochi attimi, fece partire una pisciata che la colpì sullo stomaco e poi, correggendo la mira, risalì fino al viso; anche gli altri, sghignazzando, imitarono il capobranco e lei si trovò frustata dai cinque getti bollenti, che le arrivavano ovunque, boccheggiante ed attonita anche se torbidamente intrigata da quella suprema umiliazione. Finita la pisciata collettiva, il primo cominciò a scrollarlo, ma un altro ebbe un’idea che raccolse subito l’adesione entusiastica degli altri, che lo imitarono sghignazzando: se lo asciugò nei capelli della loro preda.
Finita questa ulteriore umiliazione, Laura volle ricordargli il suo problema, con tono docile disperato insieme: ‘Avete visto? Ho fatto docilmente tutto quello che avete voluto… Non mi sono rifiutata, né ribellata…
Adesso, per favooooore, liberatemiiii…’
Peque’o, servizievole, andò a raccogliere da terra il portachiavi e lo porse al suo capo, il quale però lo guardò come se tentasse di capire a cosa servisse quell’oggetto, poi contemplò con espressione volutamente stolida la minuscola chiave ed alla fine, fingendo con un sorriso di aver decrittato il difficile rebus, si avvicinò a Laura brandendo la chiave, trionfante; le si portò accanto, poi afferrò una manetta e….
‘Sa, signora… Io pensavo di liberarla, però lei qui fa una specie di… servizio pubblico, con la sua bocca adattissima per svuotar coglioni e vesciche.
No, ho deciso di lasciarla ancora qui, per la gioia di chi &egrave ancora in giro…
‘Buenas noches!’
Si abbassò lentamente, posò con delicatezza il portachiavi sulla pavimentazione appena fuori dalla portata della donna e poi se ne andò, coi suoi compagni che ridevano forte, molto divertiti dall’ultima pensata del capobranco.
Laura li guardò scomparire lungo la passeggiata, attonita; represse subito l’impulso di insultarli pesantemente (e se tornavano indietro, la picchiavano o anche solo buttavano in mare la chiave???) e si sentì rotolare due lacrimoni di pura disperazione sulle guance.

Fantastici! Quei teppistelli erano stati fantastici nell’usare ed umiliare Laura! Meglio quasi che se avessero seguito un copione scritto da lui!
La bottiglia nella fica, mentre lei spompinava e veniva fatta rimbalzare come una palla poi, era stata davvero una genialata!
E pisciarla, poi!
E lui, poi, appostato nel suo nascondiglio, aveva avuto una ottima angolazione per filmare al meglio il tutto…. da far schiattare d’invidia quel fanfarone presuntuoso di Dido!
Non vedeva l’ora di sbattergli sul muso la ripresa con gli occhiali in trattoria e quello fatto con la cam, lì, anche se questo sonoro era quasi nullo per la distanza!
Adesso doveva decidere se liberare Laura: da una parte era soddisfatto perché aveva ottenuto ciò che voleva e quindi avrebbe potuto farlo; dall’altra, però non voleva darle l’idea di contraddirsi ed avendole detto che doveva farsi liberare lei, da qualcuno…
Rifletté qualche istante e poi decise che avrebbe aspettato ancora quindici minuti; se nessuno fosse arrivato e l’avesse liberata, lo avrebbe fatto lui stesso…

Laura era sull’orlo della disperazione: i ragazzotti latinos se n’erano andati sghignazzando e l’avevano lasciata sempre in quella scomoda posizione… e con la bottiglia piantata un pochino dentro… mmmhhhh… e quel pazzo di Vito era scomparso.
Ormai era molto tardi, probabilmente quasi le due del mattino e le probabilità che passasse qualcuno erano davvero poche.
Scrutò la passeggiata, prima da un lato e poi dall’altro, ma la sua visuale non andava oltre la ventina di metri dalle due parti; si sorprese, però, a… molleggiarsi leggermente sulla bottiglia, che ormai provocava piccoli rumori bagnati ad ogni suo movimento… ‘Che viziosa, che sono diventata!’, rifletté con rassegnato stupore.
Non aveva una nozione del tempo, ma dopo un po’ vide arrivare una figura, dal lato dove erano spariti i ragazzi; un uomo, solo, che camminava lentamente ed in modo… irregolare.
Quando fu più vicino, riuscì a capire che aveva una gran barba incolta e lunghi capelli.
Intuì che l’uomo sarebbe passato dall’altra parte della torre di avvistamento e… ‘Signore! Signoreee! Mi scuuuuusiiii!’
L’uomo parve tornare da un mondo tutto suo e si bloccò, guardandosi intorno, stupito di aver sentito una voce umana. Si guardò in giro e, aiutato da un disperato ‘Sono quiiii!’ di Laura, guardò verso di lei, diffidente: ‘Dice… a me???’
‘Sì, sì, a lei! Mi può venire ad aiutare, per favooore???’
‘Ma…. io???’ chiese, con un tono sommesso ma molto stupito.
‘Sì, lei! Per favore, si avvicini, non mi posso muovere!’
L’uomo, con la sospettosità di un gatto di strada, le si avvicinò e Laura vide che si trattava di un barbone, con gli abiti logori, macchiati e stazzonati, la barba incolta ed i lunghi capelli disordinati…. Lo valutò subito ben oltre la cinquantina, ma poi pensò che doveva essere magari più giovane, ma che così conciato sembrava più vecchio di quanto in realtà fosse.
‘Senta… per favore, mi potrebbe liberare? Mi hanno fatto un… un dispetto e mi hanno ammanettata qui… La preego!’
L’uomo la guardò con blanda curiosità e poi portò alla bocca il cartone di vino dozzinale che teneva nella mano e ne bevve un sorso, comportandosi come se non avesse neanche sentito quella che quella donna, innaturalmente raggomitolata, gli diceva.
Laura pensò di doversi… guadagnare anche con il barbone la sua liberazione: ‘Guardi… la chiave &egrave lì, attaccata a quel portachiavi in terra, quello a forma di saponetta, lo vede?
Proprio lì, accanto al suo piede!
La prego, mi liberi… Se mi libera… beh, sì, insomma… io farò QUALUNQUE -e rimarcò la parola- cosa lei vorrà da me…’
L’uomo parve interessarsi alla proposta e le si avvicinò, abbassandosi fino ad essere con la faccia ispida a pochi centimetri dal viso di quella strana presenza femminile.
‘Cio&egrave… se io la libero, lei farà qualunque cosa io le chiedo?’ la interrogò, incredulo.
Laura ebbe un moto di repulsione, a sentire da così vicino il suo alito, che sapeva di vino e di denti guasti, ma ne andava della sua libertà: si fece forza e sorrise lasciva all’uomo.
‘Sì sì: se mi liberi poi puoi chiedermi quello che vuoi… Vuoi un pompino? -rabbrividì pensando alle condizioni igieniche del membro del barbone!- Mi vuoi scopare? Preferisci mettermelo nel culo? Quello che vuoi, davvero!’ gli propose con un tono acuto per la disperazione.
Il clochard si rialzò lentamente, guardò di lato, vide il portachiavi e si mosse -lento come un bradipo- per raccoglierlo; poi lo studiò con concentrazione e osservò attentamente la chiavettina che era attaccata.
‘Ma questa chiave… apre le manette? E’ sicura, signora?’
‘Sì sì, le aprono, ne sono sicura!’ rispose lei, esasperata.
‘Ah… E davvero posso chiederle quello che voglio se la libero, bella signora?’
‘Sì, sì. Qualunque cosa: vuoi chiavarmi, incularmi…? Quello che vuoi!’ Si stava tranquillizzando: il barbone si stava convincendo a liberarla e lei era disposta a pagare qualunque prezzo, per farsi levare da quella scomoda e dolorosa posizione!
‘Beh… io avrei una cosa da chiedere ad una signora così bella come lei… Sa: &egrave un sacco di tempo che non lo faccio…’
Laura dentro di sé cominciava a gioire: l’uomo era disposta a liberarla! Bastava soddisfare la sua voglia… Un pompino? Una chiavata? Un’inculata? Magari tutto insieme? Ma sì, basta che la liberasse, avrebbe fatto tutto quello che voleva!
‘Dai, non aver paura a chiedere…. cosa vuoi che faccia per te?’
‘Beh, saranno…. uhmmm… non so… mah, forse… sì, saranno due anni che non lo faccio… e ne ho davvero voglia….’
Tono accomodante, materno, come quello che usa con Giacomo per rassicurarlo e farsi dire le cose che lui non vorrebbe farle sapere: ‘E dimmi, dimmi… Cos’&egrave questa cosa che non fai da due anni ed hai così voglia di fare? Dai dimmelo, così poi potrai farlo con me’
L’uomo esitava, come se esprimendo il suo desiderio avesse paura che tutto fosse stato un sogno e di risvegliarsi di colpo, solo!, sui cartoni stesi sotto il voltino della ferrovia dove dormiva.
‘Beh… &egrave due anni che… che avrei voglia di… di baciare una donna, di fare un linguainbocca…’
Un’improvvisa secchiata di acqua gelata addosso!
Farsi baciare in bocca da quell’uomo, con quel fiato fetido di vinaccio e di marcio!!!!
Ma neanche a parlarne! Le veniva da vomitare anche solo a pensarci! Maffiguriamoci!
Si obbligò a sorridere: ‘Ma sai… a me… non piace baciare in bocca’ e non lo faccio con nessuno… E poi, non piacendomi, non sono neanche brava… Non preferiresti invece un…. un bel pompino???’ Per quanto sporco potesse essere quel cazzo, ne aveva già succhiati di poco puliti, quella sera e le sembrava meno disgustoso che dover sentire la sua lurida lingua ed il suo fetido fiato in bocca…

‘Fortuna che ho aspettato! Ho idea che con questo barbone avvinazzato ci sarà da divertirsi!
E poi, riprendendo da dietro all’angolo della torre, invece che dal cespuglio là in fondo, mettendo la sensibilità del microfono al massimo, sto registrando anche ciò che dicono!
Ahahahah: adesso stanno mercanteggiando: il barbone vuole baciarla in bocca e la troia non vuole e gli offre qualunque altra cosa, piuttosto che non fare quello!
Ah, bene: si son messi d’accordo, alla fine, ahahaha! La puttana si farà liberare, si farà baciare dal barbone e poi gli farà un pompino… Per rifarsi la bocca, probabilmente! Gghghghgh!
Eheheheh: quel pallone gonfiato e pieno di spocchia di Dido dovrà abbassare le penne, quando gli avrò fatto vedere cosa ho ripreso stasera!
E son sicuro che quella mezza lesbica di Martina, dalle mie riprese otterrà un film davvero buono…’

‘Ohhhhhhhhhhhh…’ Che sollievo!!! Il barbone le aveva liberato il polso sinistro e lei, subito, aveva tirato per disincastrare le manette dalla ringhiera e poter, alla fine, dare sollievo ai muscoli doloranti delle spalle.
Mentre muoveva lentamente le le spalle per riacquistare la mobilità delle articolazioni, si inginocchiò esausta, avvertendo appena il collo della bottiglia che la penetrava per un istante più profondamente, prima di strisciare sui mattoni e scivolare fuori da sola -per il cambio di posizione- tintinnando e rotolando fino al bordo della mattonata e -passando sotto la ringhiera- si perdendosi rimbalzando sugli scogli lì sotto.
Poi si rialzò, aiutata cavallerescamente dal barbone e l’uomo avvicinò il viso a quello di lei per riscuotere il suo premio.
‘Ma davvero non vuoi invece un bel pompino… o mettermelo dentro, invece del bacio?’ Laura cercava in tutte le maniere di evitare l’esperienza disgustosa di essere baciata da quella bocca puzzolente…
‘Beh, signora… se proprio ci tiene… -la donna cominciò ad esultare, dentro di sé-… sì… un pompino mi farebbe piacere… -Laura sorrideva a trentadue denti!-… dopo il bacio, ovviamente’ ‘Oh, noooooo!!!’
Capitolò: si fece forza e cercò di non pensare al vomitevole mix di odori del vinaccio, dei denti guasti e della pessima digestione, tutti insieme; l’uomo appoggiò le labbra screpolate e riarse sulle sue e poi, con timidezza, provò a spingerci in mezzo la punta della lingua.
Poi, incoraggiato dalla passività di lei, le spinse tutta la lingua in bocca, cercando e stuzzicando la sua che, come un serpente risvegliato, cominciò a muoversi e finì per duellare con quella dell’uomo.
Laura non sentiva più il pessimo alito dell’uomo e sì stupì di scoprire quanto fosse abile a baciare e… e scoprì che si stava eccitando.
Quando l’uomo si staccò, ormai soddisfatto e con un timidissimo sorriso, rimase quasi delusa che avesse già finito di baciarla.
Però non gli disse niente e si inginocchiò per fare il pompino ormai promesso; sbottonò la patta dei pantaloni ampi e macchiati, sostenuti da un pezzo di spago come cintura, poi frugò nei boxer logori e… estrasse un bell’arnese! La cosa che più la stupì, però, era che a parte un leggero sentore di orina, il membro dell’uomo era pulito, molto più di quello dei ragazzotti di prima, quantomeno: si dedicò con sollevato impegno alla fellatio e la torbida situazione, accumulata da tutte le inedite esperienze della serata, la fece nuovamente eccitare: ‘Ma cosa mi sta succedendo? Cosa sto diventando???’
Il membro del clochard, stimolato dalle sue leccate e succhiate, era diventato graniticamente duro, con ogni singola vena in rilievo e Laura capì che il semplice spompinarlo non le sarebbe bastato: ‘Per favore… mettimelo!’ lo implorò, abbandonando
il bocchino ed alzandosi in piedi.
Si girò verso la ringhiera, si piegò un po’ in avanti, afferrò l’uccello durissimo per far avvicinare l’uomo e se lo appoggiò sulla vulva; poi afferrò con le due mani la ringhiera e spinse indietro i fianchi, per infilarselo.
Forse un movimento sbagliato, forse una deliberata scelta del barbone, ma sentì la sua congestionata cappella forzarle lo sfintere e lui, afferrandola solidamente per i fianchi, sprofondò di colpo nel suo culo fino in fondo.
Dopo la prima fitta di improvviso e violento dolore, lei cominciò ad apprezzare, a godere del ritmo sostenuto con cui il barbone faceva sprofondare la sua virilità nel suo retto e cominciò a guaire di piacere.

Vito era entusiasta: aveva abbassato la cam all’altezza del selciato e, dal basso, aveva una stupenda inquadratura di quella potente inculata, alla faccia di Dido! Frammenti
Era stata una nottata sconvolgente! Aveva dovuto ammettere, dietro le pressanti richieste di Vito, il suo favoloso amante, che mai in vita sua aveva goduto così tanto.
Lui l’aveva -anche se a posteriori, il bastardo!- rassicurata che era nascosto, ma che vedeva tutto ed era pronto ad intervenire, in caso di difficoltà; lei era dubbiosa, ma lui le aveva raccontato ogni cosa accaduta, mentre giocherellava con la sua fica eccitandola ancora parossisticamente, facendole rivivere ogni singolo istante e le aveva detto e ripetuto che era stata favolosa, eccitante al massimo, una vera regina dell’erotismo.
Si era sentita molto gratificata dal suo apprezzamento e quello che avevano fatto, dopo aver approfonditamente commentato l’eccitantissima serata, era stata la degna conclusione…
Era arrivata a casa ben dopo le quattro e, dopo una doccia rilassante si era a messa a letto quasi alle cinque del mattino, ma Giacomo dormiva tranquillo nel suo letto e lei in fondo, non doveva rispondere a nessuno delle sue azioni!
Sorridendo soddisfatta, si avvoltolò nel lenzuolo, prima di addormentarsi, appagata e serena.

Si sentiva sola, uffa!
Suo marito di nuovo in trasferta, due notti fuori e lei lì, da sola, come accadeva sempre più frequentemente…
Ammise con se stessa che Giulio lo sentiva sempre più lontano, assente, come perso in un mondo tutto suo, a rincorre quella… quella CAZZO (oh, lo aveva detto!) di promozione e lei… beh lei si trovava in questa situazione strana, dove stava scoprendo, a tappe forzate, il sesso nel senso più ampio…
Si rendeva ormai conto che la sua vocina interna, che ogni volta le diceva ‘Noooo!! Non lo fare!!!‘, stava diventando sempre più flebile e col trascorrere del tempo stava abbandonando quelle imbarazzanti amnesie, per cui si ritrovava con fica e culo gonfi e dilatati, ma senza riuscire assolutamente a ricordare perché e, man mano era sempre più… presente quando le venivano queste disperate voglie di concedersi -concedersi a chiunque!- e godendo smodatamente sia per l’oscenità delle situazioni, sia per l’essere usata con tanto vigore e tanta efficacia.
Si stava rendendo vagamente conto che l’aver cominciato a frequentare Maestro Dido l’aveva… come dire? emancipata sessualmente… fatta crescere forse, ecco!
La cosa la imbarazzava meno di quanto pensasse fosse possibile ed anzi, un torbido piacere stava cominciando ad avvilupparla.
Stava cominciando a cambiare, a capire il rapporto con suo marito Giulio era a senso unico nel senso che la sua assoluta devozione era ricambiata da una… una crosta di apparenza sempre più sottile e riflettendoci a mente fredda, con un certo distacco, si rendeva conto che… che come diceva uno stravagante vecchietto, che aveva conosciuto in villeggiatura coi suoi genitori, ‘tante briciole ti fanno capire se qualcuno lì ha mangiato… ed anche cosa!’; e lei cominciava a far caso a certe briciole che Giulio si lasciava indietro.
Era strano, ad esempio, che tornasse sempre da ‘massacraaaanti!‘ trasferte di lavoro con gli occhi allegri e l’aria rilassata ed anche, qualche volta, perfino abbronzato!
Considerando anche che Giulio aveva sempre meno voglia di stare con lei, cominciava a pensare che suo marito potesse avere un’altra o, quantomeno, che si inventasse momenti, periodi, da vivere lontano da lei…
Che avesse un’altra? Capitolo 26 – Frammenti (seguito)

Centellinando un whisky invecchiato 30 anni, rifletteva sogghignando: la bottana ormai si era assuefatta alla minchia e voleva interrogarla su questo aspetto, la prossima volta che l’avrebbe ipnotizzata: probabilmente aveva superato tutti gli stupidi pregiudizi da brava mogliettina fedele e quindi, tra l’altro, si sarebbe anche sentita in debito con lui! Fece una grassa risata solitaria.
Poi Vito, che aveva agganciato un’altra e faceva il misterioso… Quel chiappesecche gli aveva detto al telefono che aveva una ripresa che sarebbe piaciuta molto ai loro ‘amici’: di una legata ad una ringhiera fottuta da chiunque passi… Bah… vedremo! -pensò- Metti che trovi davvero una che vada bene, magari la mettiamo in batteria con la bottana giovane.. e con la vecchia, l’avvocato, vah!
E anche quella lesbicaccia di Martina: &egrave davvero brava a preparare i film, a installare le telecamere ed a gestirle da remoto per avere i migliori dettagli; era in fondo contento di averla trovata!

Si strinse un capezzolo tra le dita, guardando lo schermo: Vito aveva fatto un bel lavoro, finalmente aveva seguito i suoi consigli!, e le riprese erano buone, abbastanza nitide e ben mirate e le situazioni eccitanti; la nuova ‘amica’ di Vito aveva una bella figura ed anche una vaga rassomiglianza con la loro troia ipnotizzata; considerò per un attimo l’idea di spacciarla per Paola, ma la figura di questa era più piena più.. femminile nonostante le tette più piccole, anche se… fermò il video, poi lo fece scorrere lentamente all’indietro per un poco ed alla fine lo fermò, ingrandendo l’inquadratura.
Studiò per un pochino l’immagine, poi si alzò e da un altro computer caricò un altro filmato, facendo scorrere rapidamente fino al punto che voleva; alla fine fermò il clip e si concentrò anche su quella immagine, confrontandola con quella congelata dell’altro schermo.
Come il sole che si fa strada nel buio della notte fino ad allargarsi ad illuminare il mondo, il suo sorriso si allargò fino a farla ridere ad alta voce.

Il russare lo aveva svegliato e la sua mente vagava, dopo aver scosso la moglie per farla quantomeno russare in modo meno fragoroso, in attesa che il sonno lo abbracciasse di nuovo.
Come un dito che sfiorasse il dorso di sottili fascicoli e si fermasse casualmente su uno, la sua mente gli riportò alla memoria quando erano appena tornati dal viaggio ed avevano incontrato le figlie ed il nipote per andare al mare tutti insieme.
Paole’, che era sempre stata una ragazza timida, tranquilla, senza grilli per la testa, anche se sposata con quel minchiamolla di Giulio, era… cambiata; sì, decisamente cambiata! Era diventata una femmina sfacciata, che ti provocava con lo sguardo, la maniera di muoversi, le cose che diceva, come vestiva…
Che panciata di minchia dura! Una voglia di saltarle addosso e fargliene di ogni tipo, davvero!!! Aveva fatto fatica a calmarsi, a ricordarsi che era sua figlia, sangue del suo sangue… Come Laure’…. Che effetto vederle insieme, una accanto all’altra!
Laura, che sembrava la più smaliziata, la più sfacciata, adesso sembrava quasi una suora ed il suo bikini, al confronto di… di quei fili fluorescenti che aveva addosso Paole’, sembrava un vestito da suora…
Belle fimmine aveva fatto comunque, con la sua Tecla!
Se soltanto non fossero le sue figlie…. uhhmmmm…. quanto gli piacerebbe trovarsele nel letto!!! Magari insieme, perché no?

Si agitava nervosamente nel letto, ascoltando il lieve russare dell’uomo che nel sonno le teneva la mano sul fianco: doveva trovare una soluzione al suo problema!
Le cose stavano ‘finalmente!- andando nella direzione giusta, ma troppo lentamente, per i suoi gusti: decise che sarebbe dovuta tornare da quella specie di santone per accelerare le cose!
Doveva distruggere, far sparire quella donna!

Si pulì la mano nello scottex che teneva a portata di mano e sorrise: grandiosa sega, ripensando a quella vacca di zia Paola che gli lasciava fare qualunque cosa… e che figurone, con gli amici al compleanno e poi in quella specie di piccola, ristretta compagnia!
Lo eccitava così tanto che stava perfino tralasciando la mamma…. Sarà meglio che continui a dedicarsi un po’ anche a lei… hai visto mai che ci resti male e diventi gelosa? Fece una risatina sciocca per la spiritosaggine che aveva appena pensato!
Che poi… sì ecco… la mamma doveva aver trovato un corteggiatore… lo intuiva da tante piccole cose…. il tono di voce cambiato -a volte più autoritario ma a volte che sembra insicuro- il modo di muoversi, di restare imbambolata a pensare a qualcosa con un sorrisino sulle labbra e poi, il suo amico cesto-della-biancheria-sporca, che non mente e racconta della mamma che quando esce la sera (‘con le amiche!’ Seh, come no???) poi mette nel cestone capi particolarmente sexy e, a volte!, camicette e gonne e calze con strane macchie secche… Strane un accidente: la sborra &egrave sborra e basta!
E poi, lo aveva notato!, un paio di volte che nel mucchio della roba messa a lavare, mancano le mutande… Aveva controllato, ma niente, non c’erano!
E conoscendo sua madre, sapeva che non era il tipo da tenersele non fresche di bucato!
Quindi, delle due l’una: o le indossava quando usciva, ma poi il tipo che la vedeva le tratteneva come trofeo, oppure usciva da casa già senza del tutto, per risparmiare tempo!!!
Lo intrigava scoprire questo lato da vacca della sua mamma: in fondo, non aveva ancora rinunciato all’idea di fotterla, soprattutto adesso che aveva capito il ribollire di voglie che si celava nella famiglia’ e magari anche di incularla come aveva fatto a zia Paola!
Uhhmmm.. la sua mano tornò da sola a sfiorare la cappella, di nuovo intostata a questi pensieri…

Capitolo 27 ‘ L’importanza di avere amici

Era stata una giornata piena: prima Martina che lo fa andare nella sua saletta di montaggio video e gli mostra una cosa che aveva casualmente notato.
Quando era arrivato Vito, lo avevano aggiornato sulla scoperta e poi discusso della cosa e, sopratutto delle sue implicazioni per sviluppare i loro progetti.
Poi era arrivata quell’altezzosa vacca di Barbara ed avevano cominciato a sbatterla ben bene, lui e Vito, prima di concederle di illustrargli cosa cazzo volesse da loro: il definitivo sputtanamento di Paola agli occhi del marito.
Avevano organizzato una sorta di’ consiglio di guerra e lui era profondamente divertito di aver intuito come Martina avesse manovrato la bella Barbara: avendo capito che l’altra donna volesse assolutamente un piano d’azione, per sconfiggere definitivamente la sua rivale, le aveva detto: ‘Ho avuto un’idea splendida, che ti entusiasmerà! Però te la devi guadagnare”
La donna l’aveva guardata interdetta: non capiva.
‘Semplice, bella: siccome io preferisco indubbiamente il tocco ed i baci di una donna, all’ingombrante presenza di maschi’ datti da fare!’ e si fece scendere i jeans.
Barbara li aveva guardati tutti, incredula, sperando di sentirsi dire che era uno scherzo, ma niente: quello era il prezzo che doveva pagare per conoscere quella ‘entusiasmante’ idea e quindi si abbassò ad accarezzare ed a lambire il sesso di Martina.
Così lui e Vito poterono godersi lo spettacolo dell’altezzosa donna impegnata a far godere la loro sodale.
Anzi: mentre la donna era impegnata a leccare il sesso di Martina, lui e Vito l’avevano rapidamente denudata ed approfittavano dei suoi buchi per rapidi e brutali affondi, affondi che comunque non sembravano dispiacere poi troppo alla donna.
Dopo un bel pò, Martina si era dichiarata soddisfatta ed aveva, alla fine, esposto la sua ‘estremamente perversa!- idea che aveva subito entusiasmato Barbara ed abbastanza divertito anche loro due.
Si trattava solo di metterla in essere!

Il tizio era simpatico.
Buffo: non lo aveva mai notato prima, ma adesso lo incontrava praticamente ogni giorno.
Prima avevano scambiato innocenti banalità, ma col passare dei giorni la confidenza era cresciuta e da una sua rapida battuta sulle donne, erano arrivati a parlare, pur con una certa sua ritrosia, di sesso.
Stavano quasi diventando amici e il giovane raccontava delle tante donne che si scopava.
Antonio ascoltava avido questi racconti, chiedendo sempre maggiori e circostanziati dettagli e vivendo, in pratica, nel riverbero della vita sessuale del nuovo amico.
L’uomo, un giorno, buttò lì una frase che poteva sembrare una spacconata, ma che turbò profondamente Antonio: ‘Se ti va, potrei trovare il modo di farti andare con una mia amica’ۛ’
Lì per lì si schernì, imbarazzato e pensando anche ‘cosa cavolo vorrà in cambio?’, ma poi, nei giorni seguenti, la frase aleggiava su di loro che un falco in pattugliamento e ogni tanto si rimaterializzava nelle loro conversazioni.
Antonio ci mise qualche giorno, prima di farsi convincere ad ammettere di essere tentato dall’idea, ma quando lo fece, l’altro rise, contento: ‘Ahaha! Sapevo che il mio amico Antonio non &egrave un vecchio segaiolo, ma solo una persona di età che non si arrende!’
Lui si adombrò al pensiero che l’altro potesse averlo ‘sia pure per un istante!- inserito nell’ampia schiera dei segaioli e quindi ribadì la propria determinazione ad approfittare dell’offerta dell’amico.
Questi fece una risatina complice: ‘Lasciami solo organizzare le cose”

Alla fine il suo amico gli disse che, se era sempre disposto, avrebbe potuto organizzare nel pomeriggio del giorno dopo; però avrebbe dovuto seguire scrupolosamente delle regole’
‘Che regole?’
L’uomo più giovane aveva ridacchiato: ‘Le mie amiche sono due signore abbastanza conosciute in città ed amano troppo il cazzo, ma contemporaneamente hanno paura di essere riconosciute”
Sulla fronte di Antonio era apparsa una profonda ruga di perplessità: ‘E quindi’?’
‘E quindi sarete tutti mascherati’ sai, quelle maschere di carnevale a cappuccio di gomma, con le facce dei personaggi famosi’ e col più assoluto divieto di parlare per evitare che, magari, attraverso le voci vi possiate riconoscere”
‘Intendi dire: io e le due femmine?’
‘In realtà ci sarà anche un altro, un giovane, per fottere le due signore ed anche lui ha più assoluta consegna del silenzio’
Antonio mostrava tutta la sua perplessità.
‘Tranquillo, amico mio: sai come sono i ragazzi, con tutti quegli ormoni ‘strizzò l’occhio, complice- lui vuole solo fottere le due troie e non vi darete alcun fastidio’
‘Ma una cosa non capisco’ Posso capire che io possa riconoscere loro dalla voce, se sono signore così note come dici’ ma perché loro non devono sentire la mia voce?’ La faccenda non era chiara ad Antonio e voleva capire!
‘Semplicemente perché le due femmine han chiesto di fare così; forse hanno paura che, se un domani dovessero riconoscerti ‘che so?- al bar, si vergognerebbero troppo’ Sai come sono le femmine, no?’ Chiese, strizzando l’occhio.
‘Eccomenò? Complicatissime!!!’ Concordò, divertito.
A quel punto, che dire all’amico se non almeno un: ‘Grazie, sei un vero amico, Vito!’?
Capitolo 28 ‘ Paola diventa libera

Aveva obbedito all’ordine tassativo di non sentire in alcun modo la zia Paola, perché quel ‘grande’, al telefono, gli aveva detto che non se ne sarebbe pentito e lui, ormai, aveva imparato a fidarsi di quell’uomo.
Ovviamente, godeva dell’ammirazione dei suoi amici e anche delle due vacchette che avevano partecipato alla festa di compleanno.
Però non poteva negare di sentirsi ribollire dalla voglia di fottersi di nuovo la zia’ E anche i peri della mamma, ormai, gli davano soltanto una blanda soddisfazione.
Ma aspettava, con malcelata impazienza: non aveva mai avuto da lamentarsi dei ‘consigli’ che gli arrivavano sul cellulare!

Era stata quasi una tortura: fare l’amore così intensamente e, ogni volta che c’era quasi, lui faceva in modo che lei non raggiungesse il piacere, che non sentisse quella dolce esplosione dentro di sé e la cosa la stava frustrando’
Assetata, accettò con piacere la bibita fresca che il suo amante le porse.
Poi lui le aveva proposto un gioco’
‘Un gioco? Che gioco?’ si chiese, perplessa.
” Di entrare in una stanza quasi buia, nuda ma con una maschera che la renda irriconoscibile e lì giocare con le persone che trova”
‘Che persone?’ chiese, con la curiosità che era appena venata di una sottile preoccupazione.
‘Dovrebbero esserci almeno altri due uomini e un’altra donna’ ma può darsi che si aggiungano altre persone’ precisò lui, con un tono divertito nella voce.
‘Ma chi saranno??? Non voglio che” ‘Che ti riconoscano? ‘la interruppe lui- Tranquilla, non esiste il rischio! Indosserete tutti una maschera, di quelle a cappuccio e vi &egrave proibito parlare, proprio perché non possiate, nel caso, riconoscervi’ o ricordare una voce da accoppiare, un domani, ad una certa persona che magari incontrate”
Non era sicura che fosse quella, la perplessità che aveva, ma la precisazione dell’uomo le aveva fatto perdere il filo del ragionamento e non aveva voglia di impuntarsi: si sejntiva languida e voleva solo far esplodere il piacere che si era accumulato dentro di lei.

Era passata una decina di minuti –‘Quindi tutto era già pronto, già organizzato!’, aveva pensato con una puntina di benevolo stupore- quando si trovò in quell’ambiente, una sorta di spazioso soggiorno, con ampi divani ed altri vari mobili; la luce però era attenuata da pesanti tendaggi alle finestre e ci si muoveva in una semioscurità, con luce appena sufficiente per potersi muovere senza andare ad inciampare, ma giusto solo per quello: sembrava quasi di essere al cinema durante la proiezione di un film!
Quando i suoi occhi si adattarono al chiarore, vide una coppia impegnatissima su un divano: lei era alla pecorina, era snella e poteva avere all’incirca la sua età; il suo amante, invece sembrava giovanissimo e molto, molto vigoroso’
Scoprì che la situazione (la stanza semibuia, le maschere, il divieto di far sentire la propria voce, il fare sesso come unico scopo per trovarsi in quell’ambiente), le faceva friggere di voglia la micetta ed era davvero contrariata che il giovane fosse così indaffarato con la sua amante più anziana’ Le scappò un sorrisino: sembravano madre e figlio!
Si avvicinò e il giovane subito le arpionò i seni, attirandola verso di lei; poi, le tenne una mano dietro alla nuca, mentre con l’altra aveva cominciato a toccarle l’inguine.
Sentì la presenza di un’altra persona e si volse a mezzo: un uomo, questo ben più anziano, coi riccioli ormai bianchi sul petto e sul ventre, le stava palpando il culetto.
Il giovane si sfilò dalla sua amante, che subito le accarezzò un fianco, mentre poi afferrò il cazzo rigido dell’anziano.
Laura si stupì appena, dell’inedita voglia che aveva di toccare il sesso di un’altra donna, quella sua coetanea che aveva visto scopare fino a pochi istanti prima’
La trovò dilatata e bagnatissima e, senza neanche pensarci, manovrò per lappargliela.
Era la prima volta che faceva una cosa del genere, ma decise che non era per niente sgradevole.

Il suo amico era stato di parola: Antonio si trovò in quell’ambiente quasi buio e vide una coppia che stava ficcando su un divano ed un’altra femmina che si avvicinava.
Decise di andare dietro alla femmina sola e cominciò a palparle il culo, mentre i due smettevano di ficcare e si interessavano a lei anche loro.
Poi la donna sul divano, gli cominciò a leccare e succhiare la minchia, mentre l’altra si abbassava per leccarle lo sticchio.
Era in estasi: non sapeva decidersi su quale delle due femmine ficcare per prima; non erano ragazzine, si vedeva, ma sempre comunque abbastanza giovani da essere sue figlie’

Anche se aveva l’assoluta consegna del silenzio, aveva riconosciuto subito quella gran troia della zia Paola, sotto quella cazzo di maschera di gomma da Cicciolina ed aveva subito cominciato ad incularla freneticamente.
Poi si era avvicinata un’altra donna e lui l’aveva guardata e toccata ed aveva lasciato perdere la zia per dedicarsi a ‘MarylinMonroe’; quasi subito, però era arrivato ‘AntonyQueen’ e quella zoccola della zia, aveva allungato la mano per menarglielo, mentre Marylin cominciava a leccarla.
Eppure’ eppure più guardava Marylin e più gli ricordava qualcuno’

Non aveva capito il senso, lì per lì, di essere mascherati ed il divieto di parlare per proteggere l’anonimato: tempo trenta secondi che era lì, si era trovata dentro il ben noto cazzo di suo nipote Giacomino, anche lui con una maschera, da BradPitt, che glie lo aveva subito piantato nel culo, fottendola freneticamente.
E comunque a lei non fregava nulla che la riconoscessero, ormai! Ma gli ordini erano stati tassativi’
Solo dopo un po’ era arrivata l’altra donna e quel porcello di suo nipote aveva smesso di incularla per dedicarsi a lei’ ed era arrivato poi un altro, un anziano, che aveva cominciato a palpare il culo di Marylin; le sembrò carino allungare la mano e cominciare a menarglielo un pochino, prima di prenderlo in bocca, mentre Marylin la leccava in modo goffo ed inesperto.

Regolò due manopole e poi Martina si allontanò dallo schermo, tutta orgogliosa: le immagini della stanza erano nitide dalle quattro telecamere, grazie agli speciali filtri che aveva installato, nonostante chi fosse dentro si muovesse in pochissima luce.
Dido guardava, stravaccato nella sua poltrona come un Buddha e senza dire una parola.
Barbara invece era entusiasta e commentava con gioia ogni evento che vedeva avvenire nella stanza: lei sapeva che era Giacomino che, finalmente, stava chiavandosi la madre Laura, ‘ammorbidita’ dalla bevanda ‘corretta’ che gli aveva fatto bere Vito e non si aspettava tanta vitalità dal loro padre, mentre scopava la sua rivale, la moglie (praticamente già ex, dopo che gli avrà fatto vedere quel filmato) del suo amore.
Il suo piacere, non poteva negarlo, era aumentato dal fatto che mentre guardava nel grande monitor, il cazzo instancabile di Vito le scorreva dentro, facendola eccitare sempre di più ma, perfidamente, fermandosi quando lei era prossima al piacere.
Si stava godendo la vista di ogni perversione della famigliola, con i due maschi, padre e figlio/nipote delle due, che glie li mettevano ovunque e le due sorelline che, ogni tanto, se le mangiavano a vicenda.
‘Mhhh’ direi che va bene, benissimo’ ma adesso come si fa per fargli levare le maschere e sputtanarli definitivamente?’
Rispose Mastro Dido: ‘Direi che l’unica cosa da fare &egrave andare dentro e strappargliele via di dosso”
Barbara lo guardò con occhi incerti: ‘E quindi’ andate dentro voi???’
‘No: tu!’
‘Io???’
‘Sei tu che vuoi sputtanarli e quindi dovrai essere tu ad andare dentro a strappargliele di dosso’ Per non farli insospettire, entrerai anche tu incappucciata come loro e nuda’ e con Vito che ti fotterà appena entrati per non farli sospettare”
Barbara si girò verso Maestro Dido per obiettare, ma si rese conto che lui stava giocando col suo ciondolo attaccato ad una catenella e’
‘ E si trovò nella stanza, con la maschera della Loren, mentre GeorgeClooney la scopava.
Riuscì a divincolarsi da lui, ma mentre si avvicinava alla sua rivale si trovò il vecchio a strizzarle le tette e pazientò, mentre Vito aveva costretto il ragazzino a succhiarglielo!
Stava ancora studiando in quale sequenza smascherare l’allegra famigliola, quando tre neri colossali entrarono nella stanza, senza maschera ma con possenti attributi eretti in modo quasi minaccioso.
E Barbara, che aveva pregustato lo svolgimento della sequenza con lo sputtanamento reciproco di tutta la famiglia della sua rivale, mentre lei ne usciva intonsa e trionfante, si trovò invece coinvolta anche lei nell’orgia totale.

Salì con cautela sullo scooter e lo avviò, andando verso casa; ormai cominciava a non essere prudente muoversi in scooter, nel suo stato.
L’ecografia aveva sentenziato che si trattava di una femminuccia e lei si augurò ancora una volta di essere una buona madre e di aiutare sua figlia a diventare una adulta serena e matura.
Non aveva più saputo nulla della carriera di Giulio e, francamente, non glie ne fregava neanche nulla.
Da quella volta che si era trovata a scopare, oltre che con suo nipote, anche con suo padre e sua sorella, il tutto organizzato da quella perfida vacca dell’amante di quel bastardo di suo marito, aveva cominciato a riflettere su di sé e sul mondo.
Pochi giorni dopo ‘la festa’, come la chiamava con amara ironia, aveva scoperto di aspettare un bambino (o meglio: adesso sapeva che era una bimba) e non aveva la sia pur pallida idea di chi potesse essere il padre.
Sapeva solo che NON poteva essere di suo marito e accolse questa consapevolezza con un insperato sollievo.
Grazie a Maestro Dido, era riuscita a trovare la femminilità e la sensualità che erano ben nascoste in fondo al suo essere ed aveva deciso di goderne appieno, soprattutto dopo aver ‘diviso gli stracci’ con quel patetico bugiardo di Giulio; fece un risolino, perché la peggior vendetta che potesse avere, era l’averlo lasciato in balia di Barbara la quale, pur facendo tanto la santarellina in giro, aveva chiesto a gran voce a tutti i maschi presenti alla ‘festa’ di metterglielo dentro e di sfondarla: sia i tre neri con randelli impressionanti, che Vito, che suo nipote Giacomino ed anche suo padre.
Era stato imbarazzante per loro, riconoscersi; suo padre era sembrato distrutto dalla consapevolezza di aver scopato ed inculato le proprie figlie (oltre ad aver visto suo nipote succhiare un cazzo!), anche se lei aveva la vaga impressione che suo papà avesse recitato buona parte della contrizione ma che, in fondo, sia stato ben felice di aver potuto cogliere l’occasione’
Sua sorella, che faceva tanto la guardiana della morale e dell’onore della famiglia, ha una grande intesa col figlio Giacomo e con Vito e, ormai, ogni tanto passano a trovarla nel suo monolocale ed a volte, si trovano a giocare tutti insieme.
Lei comunque aveva messo a frutto capacità informatiche che non aveva mai voluto sfruttare e col suo lavoro di web designer guadagnava abbastanza da poter assicurare una vita libera e dignitosa a se stessa ed alla figlia.
Barbara, la perfida Barbara, non aveva potuto utilizzare il video che avrebbe sputtanato la sua famiglia perché altrimenti anche lei si sarebbe compromessa (Grazie Martina!), ma aveva esultato quando lei aveva lasciato Giulio, non capendo che non era stata la vittoria delle sue trame, ma solo l’aver lei ‘Paola- capito che razza di misero omino era Giulio; se Barbara lo voleva, poteva tenerselo!
E comunque lei aveva anche trovato un ‘fidanzato’, un uomo che la aveva accettata anche mentre aspetta la figlia di nonsisabbenecchì: lei era stata sincera, brutalmente sincera, ma lui le aveva detto che il passato non contava.
Paola, che aveva scoperto i piaceri del sesso era un po’ preoccupata, all’inizio, di incominciare una storia monogamica, ma ‘lui’ le aveva detto che la fedeltà &egrave una cosa di cuore e di testa, non di cazzi e fica e quindi, se lei pensava a lui, se sentiva di amarlo, poteva anche ‘giocare’ con altre persone.
Sorrise, ripensandoci: questa sua tolleranza aveva levato molto appeal ad andare con gli altri e ormai le capitava sempre più raramente di pensarci.
Ogni tanto sentiva o vedeva ancora Dido, Vito o Martina, ma erano solo vecchi amici, coi quali si era condiviso una parte del cammino della vita, tempo prima.
Sorrise ancora: era una donna finalmente serena.

FINE

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