Skip to main content
Racconti di DominazioneRacconti Erotici Etero

Cazzo per tutta la notte

By 18 Agosto 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

“ti voglio, ora, qui…ti voglio…Francesca…”

Sentendolo sussurrare il suo nome, lei ha un brivido lungo la schiena.

Si guarda intorno. Il parco sembra deserto per via dell’ora tarda. Sono vicini ad un muretto poco illuminato, tra ombra e penombra.

Sa cosa sta per succedere. Lo sapeva fin dal primo pomeriggio, quando si sono incontrati. E dirigendosi verso quel posto sapeva esattamente per quale ragione stessero andando proprio lì. E’ inutile negarlo a se stessa. Vuole che succeda.

E, infatti, mentre è ferma lì, vicino quel muretto e lui le bacia il collo, infilando le dita nelle sue mutandine, tutte le resistenze vengono meno. Tutti i timori e dubbi spariscono, tutte le preoccupazioni da brava ragazza sono un ricordo lontano, tutti i freni e limiti si annullano.

Ha troppa voglia di cazzo. Ha troppa voglia del suo cazzo, lì in quel momento, in quel parco romano a mezzanotte, pronta a scoparla in tutte le posizioni.

 

Senza più esitare, lui la solleva leggermente e lei si mette a sedere sul muretto. 

Quindi le sfila la maglia e lei si toglie il reggiseno.

In quel momento, le sue grosse tette vengono liberate. Sono una visione meravigliosa per lui. Grandi e abbondanti nelle sue mani, con dei capezzoli rosei così invitanti. Sembrano quasi brillare di luce propria nel buio della notte. Lui è totalmente rapito dal loro fascino, le contempla per qualche istante, pensando di essere fortunato a poter essere lì davanti a lei. Poi si precipita a leccarle e succhiarle, mordicchiando a tratti i capezzoli. Non può resistere, in alcun modo.

Lei inizia a gemere. Lui mordicchia e succhia i capezzoli, spostandosi da l’uno all’altro. Le sue belle tette gli riempiono interamente le mani, sembrano essere fatte apposta per quello.

Poi, senza riuscire più a resistere, precipita verso il basso, alle sue mutandine. 

Le toglie senza pensarci due volte, mentre Francesca non riesce a pensare ad altro che a quanto sia sempre più eccitata. 

Lui la trova già bagnata, già pronta ad accoglierlo. Fionda la lingua in mezzo alle grandi labbra, poi bacia e succhia il clitoride.

Francesca gode, gemendo in modo forte. Il suo gemito acuto riecheggia tra gli alberi lì vicini.

Lei allarga completamente le gambe, e nel farlo si sente toltamente esposta, così porca e arrapata, a gambe spalancate in un parco a mezzanotte, sotto le stelle e sotto gli occhi di chiunque possa passare.

Lui continua a leccarla senza sosta, come se non avesse desiderato fare altro per tutta la giornata.

 

Dopo l’ennesimo gemito forte e improvviso, Francesca si stacca leggermente da lui. 

“Voglio il tuo cazzo. Adesso.” gli dice con fermezza.

Lui, rapito da quella forza di volontà, resta quasi ipnotizzato. Lei scende dal muretto e lo afferra per la maglia, spingendolo spalle al muretto.

“Ho detto adesso” ripete lei, fissandolo negli occhi, quindi si abbassa velocemente e inizia a sbottonargli i pantaloni, dove nota un vistoso rigonfiamento. E, dopo qualche secondo, apre tutti i bottoni. Il suo cazzo duro e pronto esce all’aria aperta come una sorpresa.

Lei lo fissa per un istante, e poi se lo mette in bocca. Le sue labbra avvolgono la punta mentre la sua mano inizia a segare la base. Con l’altra mano accarezza i testicoli. Inizia a succhiare più velocemente, spingendosi un po’ più in profondita sul suo cazzo, mentre lui geme di piacere.

Le piace, le piace ritrovarsi con la bocca piena di cazzo mentre non riesce a pensare più a niente se non alle sue voglie più istintive.

Ma in quel momento sente un rumore poco distante. Quindi interrompe il pompino e si volta alle sue spalle. Ma non c’è nessuno. 

Quel rumore improvviso tuttavia diminuisce leggermente l’eccitazione, riportandola per un istante con i piedi per terra, dov’è inginocchiata a spompinare un cazzo in un luogo pubblico, sebbene di notte. 

 

Una leggera preoccupazione si fa strada e lei sussurra “ma se ci vede qualcuno? forse dovremmo…” ma non fa in tempo a finire di parlare che lui le infila di nuovo il cazzo in bocca, afferrando con decisione la testa.

“mh..mmmmh!” mugola Francesca, nel tentativo di dire qualcosa. Ma lui continua a scoparle la bocca senza sosta, e lei, nel ritrovarsi un cazzo quasi interamente in gola, cede inevitabilmente. Torna a sentire la sua figa bagnata e vogliosa all’inverosimile, e mentre lui continua a sfondarle la bocca con il suo cazzo duro, lei inizia a toccarsi, masturbandosi velocemente. 

Non ne può più, non può più resistere. Entrambi non possono più resistere.

E così lui la fa rialzare e sedere nuovamente sul muretto. Lei non esita a spalancare le gambe. Lui ammira per un attimo la vista di Francesca a gambe aperte, con quella meravigliosa figa pronta ad accoglierlo. Infila il preservativo, e senza indugiare oltre, la penetra lentamente.

 

Sentire il suo cazzo entrarle dentro è un’estasi per Francesca, che finalmente si sente riempita, completata. Lui percepisce tutto l’immenso calore di lei, della sua stretta, della sua unione, e gli sembra di non essere più in un parco romano, ma in un posto lontano da quel pianeta. E’ troppo bello per essere vero. Eppure, è vero.

 

E’ vero il gemito di Francesca guando il cazzo entra completamente dentro la sua figa bagnata.

E’ vero l’abbraccio forte e deciso dei due corpi, intenti a celebrare l’unione più bella di tutte, sotto il cielo affinché tutte le stelle possano vedere.

E’ vero il sesso, forte e vitale, potente e intenso, che li lega.

E’ vero il mondo, che sembra essere stato creato apposta perché loro due potessero scopare lì, in quel momento, in quel preciso istante, in quella notte, per tutta la notte.

 

 

Lui continua a scoparla in quella posizione, velocizzando il ritmo, finché tutto il cazzo non entra ed esce ripetutamente dalla sua figa. Gemono insieme, mentre si stringono forte.

Francesca poi vede in lontananza delle persone passeggiare per un sentiero poco lontano. 

“ci…ci possono ved…vedere…” dice lei, tra una botta e un’altra, tra un affondo di cazzo e un altro.

Lui, percependo la sua preoccupazione, si stacca da lei.

Fissa l’ambiente circostante, e guarda gli alberi poco distanti.

Quindi la afferra e la spinge verso il tronco più vicino, con quel fare animalesco che non ammette repliche. Si sente totalmente infuocato da lei.

 

 

Francesca non è da meno. Si appoggia all’albero e si china da sola, quasi a 90, con la figa spalancanta per lui.

Stringe forte la corteccia quando pochi secondi dopo sente tutto il suo cazzo entrarle dentro.

Prima più lentamente, poi sempre più velocemente finché il ritmo non è intenso e potente.

Nel penetrarla, lui si sporge in avanti, mentre le afferra i seni in modo deciso, e lei geme sempre più forte.

Sente il suo respiro sul collo, sente il peso del corpo di lui partecipare ad ogni spinta.

Lui le mordicchia l’orecchio, e lei non riesce a trattenere un gemito ancora più forte.

E poi le spinte, e poi il cazzo sempre più dentro, ancora e ancora, senza fermarsi mai.

E’ in quel momento che una persona si ritrova a passeggiare vicino al loro nascondiglio.

-“sssh” gli fa lui, sussurrandole nell’orecchio.

Lei prova a divincolarsi per nascondersi meglio, ma lui la tiene ferma, a 90 vicino l’albero, piena del suo cazzo che continua a scoparla senza sosta.

 

La persona sconosciuta cammina a pochi metri dall’albero, e lui ferma le spinte per un attimo. Giusto qualche secondo, e poi affonda violentemente su di lei. Tutto il suo cazzo entra nuovamente nella sua figa spalancata, in un’unica botta secca, ed è in quel momento che lei non riesce a trattenere un gemito forte, quasi urlato.

Si sente aperta in due, mentre lo sconosciuto guarda stranito verso la vegetazione.

Ma è buio, e non vede più di tanto. 

Non vede Francesca a bocca aperta mentre gode senza freno, facendosi scopare vicino al tronco di un albero, sotto le stelle. 

Non vede il fuoco nei suoi occhi, mentre stringe forte la corteccia del tronco e sussurra “ancora, ancora, più forte, dammelo più forte!”

Non vedendo questo spettacolo, la persona sconosciuta si volta e va via. 

Pochi secondi dopo, lei riprende a gemere senza sosta.

 

Poi, lui esce da lei, che rifiata per qualche attimo. La spinge sul tavolo da pic-nic accanto all’albero. Schiena sul tavolo, occhi a guardare le stelle, e gambe spalancate per lui. 

Le entra dentro con decisione, così facilmente e automaticamente, la figa di Francesca è infatti così bagnata e pronta ad accoglierlo ancora.

E’ in quel momento che lei si rende conto che sono totalmente visibili, che qualcuno potrebbe nuovamente passare di lì e vederli.

 

Ma non le importa.

Mentre si fa sfondare a ripetizione, dice a se stessa che anche se fosse, va bene così: tutti la possono vedere. 

Tutti possono vedere quanto le piaccia un cazzo a scoparla senza sosta, quanto le piaccia godere sotto il cielo stellato, e quanto le piaccia, oltre tutti i limiti e confini, essere porca e vogliosa di cazzo. 

E’ vera, è completamente vera ed autentica mentre stringe le gambe intorno al corpo di lui per spingerlo ancora più dentro, per sentire il suo cazzo duro entrarle interamente dentro fino alle palle, grosse e piene per lei. 

Francesca chiude gli occhi mentre sente l’orgasmo montarle da dentro, espandersi in tutto il suo corpo e conquistare ogni muscolo. 

Un’esplosione di energia e vita senza barriere. 

Gode e geme.

Poi riapre gli occhi, e fissa le stelle. 

Così tante, così numerose. 

Quasi le sembra di poterle raggiungere, quasi le sembra di essere un tutt’uno con quell’universo, con il suo corpo ancora scosso di brividi, la sua figa bagnata piena di quel cazzo duro, il suo cuore che batte veloce, il suo respiro affannato. 

 

Dopo qualche attimo di sospensione, torna in sé. Lui è fermo che la fissa incantato.

Si alza a sedere, e lo bacia. Le loro lingue si incontrano e giocano tra loro, mentre lui si sfila il preservativo. Lei lo guarda, guarda quel cazzo ancora duro e voglioso di lei, e non ci pensa due volte: lo afferra con decisione e lui ha un piccolo sussulto di piacere. 

Lei lo guarda fisso negli occhi mentre la sua mano sega velocemente il cazzo. 

Sentirlo duro nella sua mano rinnova ancora l’eccitazione di Francesca, mai domata, mai sedata, ma sempre presente.

 

Lui inizia a gemere più forte e lei realizza che è prossimo all’orgasmo. 

Così mette l’altra sua mano davanti al cazzo che sborra proprio in quel momento. 

 

Flutti di sperma inondano il palmo della sua mano, gocce argentate ricoprono le sue dita. 

Lui ansima, sfinito da quell’esplosione, ancora guardandola negli occhi.

Francesca fissa la sua mano piena di sborra e non sa resistere. La porta lentamente alla bocca e caccia fuori la lingua.

Lui la guarda ipnotizzato, perché è così terribilmente bella e porca mentre lecca il suo sperma dalla mano.

La lingua di Francesca fa lunghi giri sulla pelle, gustandosi ogni goccia. 

E con le labbra bagnate di sperma, gli sorride.

 

Potrebbe essere la fine, ma non lo è. 

Lei fa un lungo respiro, guardandosi dentro. E’ ancora tutta un fuoco. La sua figa è ancora bagnata, ora più che mai. 

Potrebbe continuare. 

Continuerà. 

Continuerà a scopare finché quella meravigliosa energia dentro di sé non si fermerà.

Forte, viva, totalmente porca e vogliosa.

Lei e la sua voglia di cazzo.

 

Per tutta la notte.

Francesca si muoveva furtiva tra i corridoi del museo. L’orario di chiusura era imminente e infatti quasi tutti i visitatori erano scomparsi.

Camminava veloce e nel farlo sentiva l’aria fresca dei corridoi accarezzarle le gambe.

 

Trovò lui dopo pochi minuti. Era nel suo ufficio, seduto alla sua scrivania pronto ad iniziare il turno di notte.

“Che ci fai qui? Dovresti essere fuori!” disse lui meravigliato, appena la vide.

Francesca accennò ad un sorriso provocante che non lasciava spazio a dubbi.

Sapevamo entrambi perché fosse lì.

Ma in quel momento sentirono il suono di passi provenire dal corridoio esterno.

“Deve essere il mio capo. Nasconditi! Non può trovarti qui!” disse lui agitato.

Francesca, senza pensarci due volte, si nascose sotto la scrivania.

Non appena lo fece, lui intuì esattamente cosa sarebbe successo.

 

Il suo capo comparì pochi secondi dopo, e si avvicinò alla scrivania. Lui fece per alzarsi in piedi, ma il capo lo fermò.

“No tranquillo, stai seduto. Volevo parlarti un attimo della mostra di domani.”

“Ah bene, mi dica.” 

Non finì neanche di terminare la frase, che le mani di Francesca si avventarono sulla cerniera dei suoi pantaloni, abbassandola.

Lei sapeva che di solito non portava biancheria intima, e infatti non restò delusa quando dalla cerniera spuntò fuori il suo cazzo non ancora duro.

Francesca lo guardò per un attimo, pregustando il sapore di quel cazzo pronto per lei e la bellezza di quel momento nascosto. 

Iniziò a mettere in bocca la punta, la sua parte preferita, bagnandola con le labbra umide, e poi iniziò lentamente, molto lentamente, a girarci intorno la lingua.

Lui, lì sù, cercava in tutti i modi di restare serio e impassibile mentre il capo continuava a parlare.

Francesca si fece leggermente più avanti e così fu in grado di prendere in bocca tutto il cazzo fino alla cerniera. Restò ferma così per interi secondi, mentre lo sentiva diventare duro dentro la sua bocca, allargarsi e gonfiarsi. 

Lui, nel sentirlo diventare duro e grosso, non riuscì più a trattenersi ed emise un gemito strozzato, che mascherò subito dopo con un colpo di tosse.

Francesca era ancora ferma con tutto il cazzo in bocca, ma quando il cazzo raggiunse la sua dimensione massima iniziò a sentire mancanza d’aria. La punta del cazzo le arrivava in gola e non riusciva più a resistere. Così emise un piccolo colpo di tosse prima di toglierlo tutto dalla bocca.

“Cosa è stato?” chiese il capo, perplesso.

Lui restò impietrito dalla domanda. Francesca, sotto la scrivania, restò impassibile, senza respirare, a guardare il cazzo ricoperto dalla sua saliva. Aveva voglia di rimetterselo in bocca subito, ma la situazione era diventata critica. 

Lui, dopo qualche attimo di silenzio, rispose:

“Credo provenisse da fuori, ci deve essere qualcuno che sta andando via ora.”

“Strano. Beh, comunque…”

Il capo riprese a parlare, e nello stesso momento Francesca riprese a succhiare.

Questa volta il ritmo era veloce e cercava di succhiarlo tutto fino alla base, per poi ritrarsi e far uscire quasi tutto il cazzo fuori, appoggiando la punta alle labbra, per poi ripiombare giù e prenderlo fino alla gola. 

Continuò con questo ritmo per quasi un minuto.

Lui iniziò a sentire l’orgasmo sopraggiungere e iniziò ad andare nel panico. Era stato complicatissimo mantenere una finzione di normalità durante il pompino, ma non avrebbe mai e poi mai saputo recitare mentre svuotava le palle nella gola di Francesca.

Per fortuna, pochi secondi prima dell’inevitabile, il cellulare del capo cominciò a suonare.

“Ah scusami, è una chiamata importante!” disse il capo.

E non appena rispose al telefono e si girò, sotto la scrivania un’ondata di sperma si riversò nella bocca di Francesca, che stava continuando a succhiare come una forsennata, senza sosta. Lui aprì la bocca e iniziò a gemere, cercando di essere più silenzioso possibile, ma con la mano diede uno schiaffo potente alla scrivania, quasi come per reggersi a qualcosa durante quell’esplosione di piacere.

Il capo non sentì nulla, impegnato a parlare al telefono. L’orgasmo continuò per interi secondi, mentre Francesca continuava ad ingoiare velocemente. 

 

Lei stessa si ritrovò stupita dalla quantità di sperma che stava fronteggiando. Era abituata a farlo impazzire ed eccitare, ma questa ondata era un primato.

Dopo un buon dieci secondi, l’orgasmo di lui finalmente si esaurì del tutto, e Francesca tolse il cazzo dalla bocca per riprendere a respirare, piena di sperma com’era.

 

Lui restò qualche secondo con la testa rivolta verso l’alto, per rifiatare.

“Tutto bene?” chiese il capo.

Aveva finito la conversazione a telefono e ora lo stava fissando.

“Sì, mi scusi. Dicevamo?”

La conversazione continuò per qualche minuto, durante i quali Francesca giocò ancora un po’ con il cazzo di lui, che era tornato a riposo. 

Finalmente il capo si allontanò, augurandogli buon lavoro per la notte.

Uscì dall’edificio, la porta si chiuse alle sue spalle e piombò il silenzio nei corridoi del museo. 

Era rimasto solo lui, guardiano autorizzato, e…Francesca, scatenata e bollente.

Lei uscì fuori dalla parte bassa della scrivania, e si mise a guardarlo, restando ferma a quattro zampe.

Lui ricambiò lo sguardo, con il cazzo ancora fuori dal pantalone, che iniziava a riprendere già vigore.

“Ti pentirai di quello che hai fatto.” disse lui.

Lei si leccò le labbra, ancora umide di sperma.

“Io dico di no.” sussurrò sorridendo.

 

La notte era appena iniziata…

“E’ davvero così grande da qui su!”

disse Francesca, affacciata alla balconata che dava sull’atrio del museo, dov’erano visibili decine di statue e reperti archeologici.

Lui la fissava da dietro, fissava le sue gambe nude, il suo perizoma nero, la sua schiena bianca. Si era tolta i vestiti qualche minuto prima, e aveva preso a gironzolare per il museo seminuda.

Era una continua provocazione.

Ogni passo, ogni piccola corsetta, ogni leggera inclinazione del busto. Il suo culo, i suoi fianchi, le sue gambe. Era tutto un richiamo, tutto un irresistibile invito.

E lei lo sapeva bene.

Lo teneva arrapato lì, a distanza, mentre per lui ad ogni secondo cresceva la voglia di farla sua.

 

Fu così che, quando lei si sporse dalla balconata per guardare in basso, lui non perse tempo.

Sì avventò fra le sue gambe, togliendo bruscamente il perizoma.

Divaricò le natiche e fece piombare la lingua sulla sua figa calda, in un solo colpo.

 

Francesca afferrò saldamente il parapetto della balconata e iniziò a gemere.

Nei corridoi bui e deserti del museo risuonava la sua voce, la qualità del suo godimento.

 

Francesca si chinò ancora di più, quasi del tutto a 90, mentre lui la penetrava con la lingua, scorreva su e giù, dal clitoride alle grandi labbra, senza fermarsi un momento. Aveva troppa voglia. Una voglia istintiva e viscerale che era cresciuta con il passare della notte, e che doveva essere assolutamente soddisfatta.

Continuò a leccarla avidamente, mentre lei si faceva sempre più bagnata. Lui accoglieva tutto dentro la sua bocca, e lei diventava sempre più gustosa. 

Diede degli schiaffi secchi e precisi alle natiche, e Francesca urlò, tra un gemito e un altro.

Poi iniziò a masturbarla con le dita della mano destra. Le dita entrarono subito e velocemente nella sua figa.

Era tutto troppo invitante per poter attendere oltre.

 

 

Quindi sì alzò, si sbottonò i pantaloni e fece uscire fuori il suo cazzo duro, pronto per penetrarla. Ma proprio in quel momento Francesca si spostò, e corse verso le scale.

Lui restò allibito nel guardarla andare via.

“Devi prendermi se mi vuoi veramente!” gridò lei, ridendo.

Lui si alzò nuovamente il pantalone, cercando di rinchiudere il suo cazzo duro, per poterla inseguire.

Non fu facile.

Ad ogni passo la sua voglia aumentava e rischiava di impazzire.

 

Sceso al primo piano, trovò Francesca appoggiata ad una statua al centro del corridoio.

 

“Sei pazza? Quella ha almeno 1.000 anni, scendi!” disse lui.

“No.” sussurrò lentamente lei.

 

Lui si mosse velocemente nella sua direzione, temendo di doverla inseguire ancora. Invece Francesca restò immobile, ancorata alla statua. Lui le afferrò il braccio, pronto a spostarla. Ma in quel momento lei gli afferrò il cazzo dentro i pantaloni. Sentendo la sua presa, il calore della sua mano, lui non riuscì più a resistere.

“E va bene, troia. Adesso hai quello che meriti.” ruggì lui.

 

Le fece divaricare le gambe, appoggiandosi completamente alla base della statua.

Calò i pantaloni e il suo cazzo duro trovò subito la via della figa di Francesca, così bagnata e accogliente.

Affondò subito con violenza. Francesca urlò tantissimo nel cuore della notte.

“Che c’è troia? Ti fa male? Sta zitta e fatti scopare!”

Iniziò a scoparla con potenza e violenza, affondando il cazzo completamente dentro di lei, fino alle palle. Francesca continuava a urlare, in un misto di dolore e godimento. Anche lui si appoggiò alla statua, uno dei reperti più rari e preziosi del museo.

Ma non poteva importare nulla in quel momento.

In quel momento c’era solo Francesca a gambe aperte sotto di lui, la sua figa bagnata da scopare con quanta più forza possibile, il suo atteggiamento da troia da punire a tutti i costi, con tutte le energie, con tutta la sua virilità.

“Me…me lo fai arrivare allo stomaco così!” disse lei

“Zitta, troia. Devi stare zitta!” urlò di risposta lui.

Sentendo quelle parole, Francesca lo guardò fisso negli occhi, stavolta sorridendo.

Fu in quell’istante che lui realizzò quanto fosse tutto nei piani di lei, come avesse previsto tutto e quanto non volesse altro al mondo. Solo essere scopata fino allo sfinimento, tra millenni di Storia e vite vissute.

Continuò a scoparla velocemente, i suoni del loro incastro risuonavano in tutto il corridoio, la sua figa sempre più bagnata e il suo cazzo duro sempre più umido di lei. E ancora, e ancora, sempre più forte, dimenticandosi di tutto e guardando lei e solo lei in tutto il mondo.

 

Tutto il fuoco dell’amore, in quel corridoio, fra le sue gambe.

 

 

Dopo altri interminabili minuti, lui si staccò, prossimo all’orgasmo. Nel farlo Francesca si lasciò cadere a terra, sfinita. Il suo volto era all’altezza del cazzo.

Lui prese a segarsi velocemente e dopo qualche secondo spruzzi potenti di sperma le colpirono la faccia, il collo, fino a scendere giù per tutto il corpo. Diversi colpirono anche la statua alle sue spalle.

 

Lui, esausto, fece qualche passo all’indietro e poi si sedette a terra. Rifiatando, si fermò a contemplare la scena.

Francesca era seduta a terra, a gambe aperte. La faccia ricoperta di sperma colante, la figa bagnata arrossata, la statua alle sue spalle ad incorniciare il tutto.

Francesca si leccò le labbra, facendo un lungo sospiro, e gli sorrise. Aperta in due, piena di sperma, piena di vita.

 

 

Era un’opera d’arte. Una meravigliosa opera d’arte tutta da scopare.

 

 

 

Ha il viso caldo e lo sguardo vivo mentre mi abbraccia forte. Francesca ha appena chiuso la porta della camera e si è fiondata verso di me.

 

Ci liberiamo dei vestiti velocemente e senza neanche rendercene conto le nostre pelli sono a contatto.

 

Le sue tette enormi contro il mio petto, il mio cazzo già duro contro le sue gambe.

 

E’ tutto vero, finalmente. Francesca è qui, davanti a me, nuda.

 

Quando la vedo distendersi sul letto, aspettando il mio arrivo, penso che non c’è momento più bello che un uomo possa avere la fortuna di vivere.

Una donna bella e sincera, pronta ad accoglierti nel suo calore, senza limiti, senza barriere, totalmente libera.

 

E’ meravigliosa a gambe aperte, mentre mi stringe i capelli e mi spinge ancora più giù, ancora più in fondo, dentro di lei.

La mia lingua gioca con il suo clitoride, fa disegni e scrive parole sulle sue labbra umide e bagnate.

I suoi gemiti riempiono la stanza intera.

 

Il mio cazzo è duro e grosso, non riesce ad attendere oltre. Percepisco l’energia del mio cazzo, l’energia istintiva e irruenta, farsi strada dal mio ventre.

La voglio.

Qui, adesso, la voglio tutta mia.

 

I nostri sguardi si incrociano, e non mi serve neanche un secondo per comprendere quanto abbia voglia del mio cazzo duro, senza esitare oltre.

 

La penetro lentamente. Dapprima lei fa qualche gemito di dolore, che poi lasciano spazio solamente a gemiti di profondo piacere.

Potrei fare l’amore anche solo con i suoi gemiti. 

 

Il mio ritmo si fa più veloce finché finalmente non entro completamente dentro di lei, fino alle palle. Lei lancia un urlo acuto. Poi mi sorride.

 

Passano i minuti, passano i secondi. I nostri corpi si fondono sempre di più. Io per un istante chiudo gli occhi, per percepire tutto quello che la vista non può darmi.

 

E sento il suo odore, sento la sua pelle, sento il suo respiro che si incrocia con il mio.

Sento l’odore dei nostri sessi mischiarsi, il suono del mio sbatterla continuamente.

 

Poi apro gli occhi.

 

Francesca è sotto di me. Mi stringe forte, sento tutto il suo calore trasportarmi verso di lei.

Non l’avevo immaginata così calda, così presente a se stessa nel momento. Lei è davvero qui con me, è davvero sotto di me a gambe aperte, vogliosa di accogliermi.

 

E’ qui, quando potrebbe essere da un’altra parte. Potrebbe essere in qualsiasi altro punto dell’universo ma ha scelto di essere qui con me.

Quando mi graffia con le unghie e mi guarda fisso negli occhi, sento tutto il valore della sua scelta.

Non è un caso, non è una coincidenza.

Vuole essere scopata fino allo sfinimento, ora, qui, da me.

 

Spingo ancora più forte mentre lei solleva le gambe. Così l’impatto con il mio bacino è totale. Il mio corpo combacia a perfezione con il suo, l’incastro è meraviglioso. Affondo tutto il mio cazzo dentro di lei a ritmo costante, mentre lei inizia ad urlare, chiudendo gli occhi. Lo sento duro e grosso mentre scava dentro la sua figa bagnata. La sto aprendo in due senza sosta, e quando lei riapre gli occhi e torna a fissarmi, non resisto più. Sento tutti i muscoli irrigidirsi mentre esplodo dentro di lei.

Il mio sperma caldo si fa strada dentro di lei, inondazione completa.

 

Il mondo sembra scomparire, diventando un ricordo lontano. Il rumore di sottofondo si zittisce e resta soltanto il suo odore sulla mia pelle, il suo leggero ansimare dopo il terremoto dei sensi, il suo essere viva e vera accanto a me, con me.

 

Mi abbasso lentamente sul suo corpo, appoggiando la testa fra il suo seno invitante e prosperoso. E lì, con l’orecchio poggiato sul petto, ascolto il suo cuore.

Batte forte, batte continuo, batte senza sosta.

E’ in quel momento che capisco che non mi serve altro.

Ancora dentro di lei, chiudo gli occhi.

 

Per ora, il nostro abbraccio è il finale migliore.

 

 

“Cos’è la felicità per te? 

Per me è averti dentro.”

 

Me lo dici sussurrando, con la testa ancora poggiata al mio petto, guardando nel vuoto.

Non vedo i tuoi occhi, ma so che stanno brillando. So che hanno quel brillio in fondo a destra, tra le sfumature dorate nelle tue iridi azzurre.

Hai quel brillio ogni volta che stai dicendo qualcosa di vero, ogni volta che sei autentica, che butti via le maschere e non temi più di farti vedere.

Poi alzi il viso e il tuo sguardo incrocia il mio.

“Tutto dentro.” dici con un filo di voce, mentre la tua mano mi afferra la base del cazzo, toccandomi le palle.

Mi guardi aspettando una risposta. Ma una risposta non te la so dare, non con le parole. Allora faccio quello che so fare meglio: farti godere.

Ti butto giù dal letto violentemente. Tu fai un urlo spaventata. 

Mi fiondo su di te, ancora confusa a terra, e ti spalanco le gambe, con la massima apertura.

“aspetta…mi sono fatta male..mi hai..” 

Ti do uno schiaffo forte con la mano destra, che ti impedisce di completare la frase.

I tuoi capelli arruffati ricoprono il tuo viso rosso, mentre inizio a strozzarti con una mano.

“zitta Fra, zitta!” ti dico fissandoti negli occhi.

Sento il cazzo durissimo tra le mie gambe, rigido e pieno di potenza. Te lo struscio sulla tua figa incredibilmente bagnata.

Come fai a bagnarti così velocemente nel giro di dieci secondi? E’ uno dei tuoi misteri che non comprenderò mai.

Ma va bene così. Certe cose non sono fatte per essere capite. Certe cose le devi fare, e basta.

Fare te è una delle avventure migliori di questa mia vita.

 

Sono pronto a penetrarti quando mi tiri uno schiaffo improvviso che mi fa perdere il controllo della situazione.

“Stronzo!” mi urli, e ti allontani da me a gattoni.

Non avresti dovuto farlo.

Ti guardo per un attimo, poco distante da me, a quattro zampe, con la tua meravigliosa figa ben esposta.

Faccio uno scatto in avanti e ti afferro la vita.

“Tu sei mia.” ti dico, prima di fiondare la mia lingua sul tuo culo, a leccare vorticosamente tutto quello che voglio.

Sento un tuo gemito strozzato che tradisce tutta la tua recita di finta offesa, e rivela tutta la porca incontenibile che è in te.

Dopo appena dieci secondi sono costretto a ingoiare, tanto è enorme la quantità di umori che rilasci dalla tua figa vogliosa.

“Ti voglio…” sussurri, tra un gemito e un altro.

“Non ho sentito”.

“Ti voglio! Ora!”

Mi allontano un attimo, e poi prendo a schiaffeggiarti il culo, velocemente, con entrambe le mani.

“Non ho sentito, gemi troppo forte”.

“SCOPAMI! ORA! SCOPAMI!” urli a squarciagola, mentre diventi un lago tra le gambe.

Mi metto sulle ginocchia, afferro le tue natiche arrossate, e con un solo colpo il mio cazzo duro entra dentro di te.

 

Quasi come un’attrazione magnetica i nostri corpi si incastrano.

Tessere di un puzzle ora finalmente unito, compiuto, sensato.

Non capivamo da distanti. La distanza, la mancanza, energie negative pronte a decostruire tutto.

Ma quando sono dentro di te, la vita agisce con forza primordiale. 

E ti sento, ti sento dentro, come tu senti dentro me.

Ti sento nelle vene, ti sento nel mio sangue, che scorre all’impazzata in tutto il mio corpo, per farmi essere vivo, vivo e vegeto, qui, adesso, affinché io possa possederti e farti mia, e tu possa avermi tutto tuo.

Ora ha tutto finalmente senso.

Ora ha perfettamente senso essere vivi.

 

 

Affondo il mio cazzo duro completamente dentro di te, fino alle palle. La stanza si riempie del classico suono della scopata veloce e ritmica, puntuale nei suoi movimenti, precisa nelle sue dinamiche. Adori quel suono. Adori sentire il mio cazzo interamente dentro di te.

“E’…è enorme…” mi sussurri tra un gemito e un altro.

Poi mi prendi la mano destra e te la porti alla pancia.

“Lo sento…lo sento fino a qui.” mi dici, premendo sullo stomaco. Quindi mi sporgo in avanti, con la mia bocca vicino al tuo orecchio, e sussurro.

“Ti scopo fino ad aprirti in due.”

“Sfondami…ti prego!”

Afferro con le mani il tuo bacino e do un colpo con la massima potenza. Il suono che ne esce è incredibilmente forte e acuto, e tu urli come non avevi ancora urlato, a tal punto che temo di averti fatta male. 

“ODDIO SI!” urli a squarciagola.

E allora inizio il mio attacco completo.

Sistemo meglio le ginocchia a terra e inizio a scoparti con la massima velocità possibile. Interi colpi di andata e ritorno nel giro di pochi secondi. 

Ma non mi fermo ancora. Continuo senza sosta a sbatterti violentemente, con la più alta velocità possibile. I tuoi gemiti sono interrotti costantemente dal movimento del tuo corpo in avanti, sotto le mie spinte poderose che ti aprono in due. 

“ODDIO…ODDIO…ODDIO!” cerchi di urlare, mentre io spingo tutto il mio cazzo dentro la tua figa completamente aperta per me. Insisto ancora, inizia a mancarmi il respiro, inizia ad offuscarsi la vista tanta l’energia profusa, ma proprio quando penso di smettere tu vieni copiosamente. Urli tutto d’un fiato per interi secondi, così forte, così rumorosa, che penso tutto il pianeta ti abbia sentita. 

Un attimo dopo mi accascio su di te, e ci distendiamo insieme sul pavimento.

 

Sento un tamburo enorme tra di noi, la somma dei nostri battitti accelerati all’inverosimile. Tutto così forte, tutto così incessante, che non riesco più a distinguere il confine tra il mio battito e il tuo. 

Non so più dov’è il mio cuore.

So solo che non si è mai impegnato così tanto per darmi vita.

E’ come se avessi sfiorato la morte per essere così vivo, adesso.

Come se tu fossi un viaggio così nel profondo dell’anima che per realizzarlo devi quasi togliertela l’anima.

Mi accascio sulla tua destra, così tu ti volti e ci guardiamo negli occhi, con i visi distanti un paio di centimetri.

Mentre sento il tuo respiro diventare il mio, ti guardo ininterrottamente nel profondo dei tuoi occhi, deciso a non distogliere mai lo sguardo.

Sei altrettanto decisa anche tu. E così passano minuti interi.

Non posso spiegare cosa ci stiamo dicendo ora, in questo silenzio prolungato. Perché nessuno ha mai inventato parole adatte per questo compito.

Lo so per certo.

So che nessuna civiltà, nessuna cultura passata e presente, nessun essere umano è mai riuscito nell’impresa.

L’impresa di trovare delle parole per te.

Trovare delle parole per noi due.

 

“vienimi dentro” mi sussurri all’improvviso.

“ma hai smesso di prendere la pillola…”

“non mi importa. ti voglio dentro.”

Senza darmi modo di rispondere, ti abbassi lentamente sul mio corpo. Con un’eleganza naturale e una fluidità nel muoverti, che quasi sembri una sirena nuotare dolcemente nel mare, raggiungi il mio cazzo, ora a riposo. 

Non esiti a mettertelo in bocca, tutto. Ti piace tanto quando, in questo stato, riesci a prenderlo tutto quanto in bocca, fino alle palle, che massaggi con le dita. 

Sento così di botto tutto il calore della tua bocca. Inizi a succhiare dolcemente, usando magnificamente le labbra, facendole scorrere su tutta la superficie di pelle del mio cazzo. Poi ti stacchi e cominci una sapiente danza con la tua lingua. 

Giri intorno alla punta e poi inclini la testa per dare un’altra cadenza al movimento della lingua. Poi vai su e giù con tutto il collo, aumentando la velocità ma alternando la pressione della lingua. Quindi te lo rimetti in bocca, ma ora, duro e grosso com’è, arrivi soltanto a metà. 

Mentre è nella tua bocca, giri la lingua in senso orario e poi antiorario, in alternanza, ma contemporaneamente al tuo movimento di risucchio, avanti e indietro.

Sei incredibile. Sei così capace nel farlo, sei così abile nel cambiare costantemente dinamica, nell’inventarti movimenti nuovi, diversi.

Il tuo pompino è come un’opera d’arte, mutevole, complessa, piena di dettagli, viva, che si evolve continuamente.

Ogni minuto ha qualcosa di diverso.

Ed è la somma di tutte le tue caratteristiche migliori. La tua fantasia, la tua inventiva, la tua voglia di dare, perché il dare stesso è una forma di appagamento per te.

 

Poi mi afferri i fianchi saldamente con le mani, e ti spingi più in fondo che puoi. Con mio sincero stupore guardo il mio cazzo scomparire quasi interamente nella tua bocca.

Inizi a tossire, ti manca il respiro, e te lo tiri fuori dalla gola.

“sei pazza…non devi soffocare per me, non è che…”

Non mi fai finire di parlare che di nuovo te lo metti pressoché tutto quanto in gola.

Ti manca ancora qualche centimentro per toccare le palle con il tuo mento e per rendere questa tua gola profonda completa, ma non importa perché invece il mio appagamento è perfettamente completo. Percepisco infatti tutta la tua saliva avvolgermi il cazzo, tutto il calore della tua bocca accogliermi completamente. 

Poi riemergi e ti stacchi da me, con numerosi fili di saliva che collegano ancora il mio cazzo alla tua bocca. Ci giochi per un attimo con le dita, sorridendo, e poi mi tiri a te. 

Ci stendiamo nuovamente, questa volta io sopra di te, e ti penetro quasi senza neanche rendermene conto, come se i nostri corpi avessero deciso ancor prima delle nostre menti.

Il calore della tua figa è travolgente. Ho ancora impresso il godimento avuto dal tuo meraviglioso pompino che non trascorre neanche un minuto e sento l’orgasmo sopraggiungere.

Tu te ne rendi conto dal mio sguardo e allora mi afferri forte, così forte, come se da un momento all’altro qualcosa potesse portarmi via da te e tu fossi pronta a dare l’anima pur di impedirlo.

Già, dare l’anima.

E’ quella che mi dai quando mi sussurri “completami…”

E io vengo.

Ti vengo dentro.

Svuoto tutto quello che c’è da svuotare, libero tutto quello che posso liberare e ti riempio tutta.

Sento i gettiti di sborra continui e ripetuti che sembrano non fermarsi mai, in quello che diventa l’orgasmo più lungo di tutta la mia vita.

Urlo, un urlo di liberazione, un urlo di soddisfazione, un urlo di totale appagamento, mentre le tue mani mi stringono forte i capelli e la schiena.

 

Nel momento di picco massimo di intensità sto quasi per chiudere gli occhi ma no, li tengo aperti. Voglio guardarti mentre vengo. Voglio che tu sappia che non sto andando da nessun’altra parte, con nessun’altra persona, con nessun’altra fantasia. 

Voglio che tu sappia che la mia fantasia sei tu, che la mia fantasia è questa realtà:

Venirti dentro mentre i tuoi occhi mi dicono quanto mi ami.

 

E poi, fine.

RT

RT_

Leave a Reply