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E’ suppergiù da un mese che ci ripenso arrovellandomi costantemente la mente e maltrattandomi in conclusione durevolmente sia l’animo quanto il coraggio, ma è unicamente da quindici giorni che m’affliggo i pensieri tormentandomi la ragione, perché m’accorgo distintamente e ho chiaramente il sentore che alcune cose sono repentinamente mutate, principalmente il tuo modo d’agire e innanzitutto la tua condotta nel comportarti, perché al presente si è drasticamente trasformata, è cambiata in maniera graduale, ma è da me irrefutabilmente percettibile e prima d’ogni altra cosa udibile, mentre tu in maniera compendiosa e succinta, mi ribadisci dileggiandoti e perfino ironizzando e canzonandomi appresso, che era tempo che finalmente lo avvertissi e che lo notassi.

Rammento e menziono che, da quell’importuno e travagliato istante, a quest’oggi compreso, sono trascorsi a questo punto più di tre mesi che io m’appisolo regolarmente nel tinello, in quanto mi sento d’essere respinto, capto distintamente d’essere ripudiato e scartato da te, in maniera eloquente nelle funzioni di uomo, in modo significativo quanto a coniuge, ma al disopra di tutto, in maniera eloquente ed espressiva, in qualità di corrispondente di vita e come spasimante. Ciò nonostante, non sono preparato ancora adesso a scorgerti disarmonica e sgradevole, dal momento che mi fai gioire mentre sproloqui di solchi e di rughe, farnetichi e ti tormenti di racchie e di passate donne, creature orribili e finanche disgustose, allorquando ti esamini nella grande specchiera, segregata di proposito nel bagno con la mimica indosso a metà tra la repulsione e l’insofferenza e fra lo sgomento e l’inquietudine, aggiungo io sfortunatamente di sfiorire e di sciuparsi lentamente e in ultimo d’invecchiare decadendo.

Cazzo, ma che cosa annunci, che cosa ti passa per la mente, io adoro e ti divinizzo ancora oggi più che mai, per come è il tuo essere, perfino se le tue tette non hanno più la compattezza né la prosperità di vent’anni orsono, perché svincolate dal supporto del reggipetto, rotolano implacabilmente nella parte bassa, piegate dalla forza di gravità e del tempo. Poco male però, ribadisco e incorporo nuovamente io, questo è il male minore, l’avversità marginale, dai non farne un dramma cara mia, in realtà c’è molto di peggio e di più serio, fidati, dammi retta. In cambio, invero, il tuo sguardo ha brandito un bagliore amabile, forestiero e disponibile, oserei esprimere gentile e intrigante come quelle limitate grinze che l’incorniciano.

Ebbene sì, senza dubbio, le caratteristiche e da voi costantemente odiate zampe di gallina, le cosiddette espressività del viso che voi tanto detestate ed esecrate, certo, non sai da quanto tempo io mi sono avvedutamente aggiornato e documentato, peraltro in fin dei conti è quella gradevolezza e quel piacere, che tu caparbiamente mi neghi e che puntigliosamente non ammetti. Cara gioia mia, tu non riesci a intendere né ad afferrare, che io ti bramo, t’inseguo, tento d’avvicinarmi, ti desidero, perché sei talmente diversa, ma gioiosa, naturale e spontanea, a dispetto delle fotografie e a quell’onta dei ritratti leziosi e smancerosi, peraltro architettati, creati e plasmati di proposito su misura, confezionati ad arte, che gremiscono quei periodici promotori e che riempiono quei rotocalchi disegnati e commentati, massimalisti che ti trascina a casa. Questo slogan a casa mia si chiama marketing indotto, ovvero strategia di vendita istigata, vale a dire tattica e metodo spinto che esorta, che persuade, che consiglia e che ammonisce, in ultimo abbagliando, adescando e illudendo chi lo segue.

Ebbene sì, sediziosi e ribelli, faziosi e destabilizzanti, perché ti hanno messo in testa tutta una serie di guidate stoltezze, di governate scemenze, di pilotate baggianate e di gestite corbellerie sapientemente studiate, dal momento che tu subito ci ruzzoli, scivolando in nome di un’arzigogolata quanto sofistica e contorta apertura, o meglio d’una deregolamentazione procreativa. Tu stai innegabilmente indirizzando, spedendola alla fine a farsi testualmente friggere una vita coniugale, un’amorevolezza e una compatta presenza, stai mandando all’aria i fatti, le rievocazioni, le tracce, le impronte e le testimonianze che abbiamo esplorato, tracciato e vissuto unitamente, che siamo stati in grado d’approfondire e che siamo stati capaci d’attraversare unicamente all’amabilità, alla finezza e all’ardore che ci stringeva, e non per le smanie e per i vaneggiamenti insinceri e biechi che io decifro sfogliando i tuoi periodici illustrati, per il fatto che m’accusi incolpandomi e in ultimo rivelandomi, di non spartire né di considerare né di voler concepire.

Tu puoi benissimo proferirmi e palesarmi, beninteso, che la legittima unione tra due individui sia una creazione carente e vana, perfino conservatrice e inquadrata, moderata e tradizionalista, eppure noi due siamo per caso ammanchi e nullità? Suppongo di no. Siamo diventati banali forse inquadrati e benpensanti, chissà, può essere che sia un reato usufruire e assaporare alla fine un filamento di floridezza e d’equilibrio, dopo averlo guadagnato e infine ottenuto a pregiato costo? Non trovi? Non puoi certamente aver trascurato il periodo allorquando m’allontanavo guidando di notte, macinando centinaia di chilometri per incontrare i compratori distanti con il bagaglio che tu m’approntavi, nel tempo in cui ti svegliavi con me per congedati sull’uscio di casa, regalandomi un appassionato bacio con la vestaglia da notte indosso. Certo è che in quel tempo il desiderio non ci mancava, perché infatti, io ero senz’interruzione sul punto di rincasare, di sprangare l’uscio dietro di me e di ricominciare a far l’amore, perfino se avevamo cessato poco prima.

Al presente tu affermi e sostieni dichiarando che capti il mio vellicamento, eppure non mi sono scordato di come appagare e dare soddisfazione sessualmente a una donna. Con sincera verità non sono giammai stato un concubino egocentrico né individualista, talvolta tu m’hai inoculato perfino quel dubbio, quel sospetto, azzardando e correndo il rischio di non riuscire a compiere quell’atto assieme a te. L’erezione che scompare, il desiderio che cede il posto a mille pensieri diversi. Ed io vorrei essere in quel momento lontano chilometri, con il mio bagaglio assieme alla mia fedele autovettura faticosamente acquistata a rate. In definitiva che intenzioni hai? Che cosa ti auspichi? Ma che cosa t’aspetti?

Tu brami e aneli che io ti aduli, che ti miri, che ti faccia il filo, anche se devo attestare e segnalare, che un sorriso sulle tue labbra è diventato sporadico e pregiato, così come sarebbe l’acqua nel pieno dell’incolta e desolata area desertica, giacché è altrettanto essenziale e indispensabile. Noto altrettanto che, ti vedo andartene incipriata e precisa, raffinata, curata, ammodo e provocante per tutti, in nessun caso per me. Quando sei tra le mura domestiche, ti rivolgi dedicandoti a me incessantemente con la medesima e abituale modulazione, con quell’intonazione artefatta e inetta, assiduamente da tendente amica, sorella e compagna di lavoro. Un poco di euforia e di spensieratezza, un’occhiata accorta e benevola a me, mai.

Ho perfino constatato e registrato, che gl’indumenti intimi, peraltro allettante e procaci che comperi, gl’indossi indubbiamente per qualcun altro. Cazzo, perlomeno abbranca la buona creanza, come minimo l’astuzia o la destrezza di nascondere le prove d’acquisto, buttando le ricevute e i tagliandi. Tempo addietro baloccavamo, mentre io t’intimorivo che sarei stato in grado di modificarti barattandoti con due giovani ragazzi aitanti. Al momento però, non lo rivendico più, perché la tua innata gelosia, quella là non è mai mancata, all’opposto, è diventata qualcosa di meno opportuno, sosterrei di maggiormente viscido e ingannatore. Qualche anno fa, un caro confidente, m’aveva argomentato di questo sleale sentimento: il malvagio e insensibile diffidente, l’apatico e il barbaro assillato, il feroce e passivo sospettoso. Quest’indisposizione e questa sofferenza che t’affligge smembrandoti, probabilmente non per l’intatto desiderio di non lasciare la persona amata, quanto invece per la cornice, per la posizione sociale, per lo stato giuridico, diciamo per la veste, per l’esteriorità.

Queste nozioni sopra menzionate, sono secondo me, le inquietudini e le preoccupazioni ataviche e connaturate che inorridiscono e terrorizzano l’uomo. Io sogghigno frattanto dentro me stesso, perché spesso e volentieri mi domando chi me lo faccia fare. Edoardo nel mentre mi riferisce che il globo è zeppo di fregne, colmo di fighe, lui difatti ne rimorchia una diversa ogni sabato, così dice, chissà se poi è vero, allorquando si esce per la serata con gli amici, altra rinsaldata e stabilizzata tradizione, dove ho da un pezzo declinato, per rispetto di te. Per il fatto che so benissimo da solo, che l’universo è pieno d’occasioni e di ragazze disponibili, per tutti i cinquantenni, ma non solo, equipaggiati di carisma, col portafoglio zeppo, meglio ancora con una sfilza di carte di credito infilate e messe in ordine nel borsello.

Come se non bastasse, sovente tu mi rimproveri, regolarmente mi colpevolizzi senza sosta di giocherellare, tu mi valuti stimandomi per quello che probabilmente parecchi sostengono e ripetono di me, io però non t’ho giammai ingannata, sì, è vero, lo ammetto, come t’ho accennato tempo addietro, però ho vissuto un lasso di tempo dove ideavo di provare affetto verso un’altra donna, ma tutto ciò non era classificabile né identificabile come il tradire, il trasgredire, il violare. Tu devi capire e investigare, esplorare e inquisire, frugando e rovistando meglio, cercando di guardare il lato nitido e pulito della mia dedizione, del mio zelo, a costo di cagionarti danno e guaio, perché devi sapere, che da parte mia sia la limpidezza che la franchezza non sono mai mancate, perché ho scelto te, perché avevo capito quello che era importante per davvero.

Il frammento adombrato e annerito di noi non deve impugnare la preminenza, in caso contrario quello che è stato un amore, potrebbe divenire repentinamente un inimicizia, un astio, affermerei un rancore e un’ostilità tale, che stentatamente oltrepasseremmo ancora unitamente. Ciò nonostante hai preferito me, lo hai compiuto per quello che sono, per la mia spontanea concezione della vita, per le mie peculiarità, non solamente perché ti facessi libidinosamente procurare diversi orgasmi di fila, ossia per la viziosa e sregolata veemenza di questi ultimi. Medita e considera per un istante: non ci troviamo affatto all’emporio, come puoi immaginare il benessere e la pienezza sessuale, proviene dalla prerogativa e dalla conciliabilità dell’insieme, delle multiformi sfaccettature che costituiscono la coppia, cioè la connivenza, la confidenza, la comunicazione, l’intesa e l’armonia caratteriale, il richiamo fisico e via discorrendo. In definitiva, più ce ne sono, ed eccellente sarà di conseguenza per deduzione la corrispondenza erotica. Ribadisco e avvaloro altresì che, non è il legame di coppia a essere una conseguenza dell’alleanza erotica.

Adesso io ti domando: vale la pena demolire ed eliminare interamente ciò che abbiamo edificato in nome di qualche sensazione di sesso per quanto estrema e straordinaria possa essere? Tu hai molto bene stampata nella testa la cognizione, che per me esiste una posizione di non rientro, e vedere con la mente nel talamo che sei con un altro individuo, m’imprimerebbe una pugnalata fatale per il nostro vincolo di coppia. Probabilmente non sono disinibito a sufficienza, tuttavia non ci trovo onestamente niente d’entusiasmante né d’allettante in tale ottica, al contrario, suppongo che se capitasse, stentatamente sarei capace d’avere rapporti con te. Attualmente mi sforzo che neppure presumi, per sostenere e serbare nello stesso tempo i frammenti di questa legittima unione che si sta dolorosamente frantumando.

Io t’ho chiesto di recarti presso un diligente psicanalista, mi sono ragguagliato direttamente e t’ho consegnato il cartoncino con i recapiti dell’ufficio del professionista. Giudichi e pensi, che io lo esegua unicamente per crearti complicazioni e inconvenienti? Reputi e stimi, che sia un’espressione e in ultimo una condotta per rovesciare su di te tutte le negligenze, gli errori e i torti? Inesatto e impreciso, direi approssimativo.

Resta a te adesso l’opportuna valutazione per sforzarti, la scelta conveniente per agire, la selezione ragionevole per adoperarti, su che cosa auspicheresti d’intraprendere, se recarti dallo psicanalista e tentare di recuperare un amore, proteggendolo e tutelandolo, dove ancorché le contrarietà e gl’inconvenienti siano ancora presenti, oppure se lasciarti in conclusione condurre a fondo dal flusso, e braccare pedinando un improbabile quanto illogico e inattendibile furore, il tutto accompagnato da uno sfavillio libidinoso e incontinente dei sensi, addirittura con qualche forestiero, rintracciato e rispolverato indubbiamente in ultimo, in tempo da primato sulle pagine del web.

Io medito, reputo, ritengo e ho in definitiva la netta cognizione, che tu sei a tutt’oggi ancora in tempo, soltanto se veramente lo desiderassi.

{Idraulico anno 1999} 

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