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Sovente me lo ficco nella testa, ripetutamente me lo impongo, però non lo metto giammai ordinatamente in pratica, ma stavolta succeda quel che succeda, mi sono in conclusione deciso e lo attuo impiegandolo alla lettera in modo risoluto. Siamo agli sgoccioli, perché dopo una sfibrante ed un’estenuante settimana nella ditta delle spedizioni internazionali, è sopraggiunto il bramato e atteso meritato sabato, dove auspicavo di disporre della facoltà d’oziare battendo la fiacca fino a tarda mattinata, contrariamente però, alle sette di mattina presto, mi trovo già incastonato e palesemente inquadrato nel frenetico viavai della mia città, dal momento che azzardo tentando d’eseguire quei monotoni compiti e quei prolissi ampollosi incarichi, che non sono in grado di sbrigare agevolmente né di terminare convenientemente nello spazio della settimana lavorativa, giacché mi tiene alquanto impegnato. Mentre rimugino sul da farsi, ricevo sul cellulare un messaggio, rallento, accosto l’autovettura e leggo con piacere il delizioso comunicato:

“Via libera, dai vieni, sbrigati, l’affittuaria che sta di fronte a me resterà via lontano da casa tutta la giornata, fidati. Su, fa’ presto, che non reggo più, tu sai che la mia cupidigia è grande, la smania direi che è altrettanto vigorosa” – mentre Gabriella insiste, invitandomi animosamente di transitare da lei per gustarci un tè assieme.

Al presente è quasi mezzodì, ricompaio nei paraggi di casa, mentre lui è lì nel posteggio che m’attende. C’inerpichiamo a rilento su per le scale in un mutismo quasi ecclesiastico, giacché il torpore c’invade usurpando e impadronendosi ben presto delle rispettive reticenti menti, a seguito degli strascichi delle ore notturne sregolate e pervertite, consumate unitamente nell’abituale e appartato posteggio, perché le stesse sono pressoché distinguibili da lontano, eppure siamo là ancora assieme. Alla fine siamo a casa, acciuffo le tazzine, mentre lui prepara l’infuso, perché conosce dove si trova, dopo pochi minuti la tisana fumante è predisposta per essere consumata.

Vito sta presentemente degustandosi il tè, malgrado ciò, io impaziente, trafficona e precipitosa quale sono, non resisto e mi dispongo sulle sue ginocchia, lo attornio con ardore baciandolo calorosamente sulla faccia e lambendogli con fervore la patta dei pantaloni. E’ vero, comprendo molto bene, che siamo stati congiuntamente sino alle cinque del mattino, tuttavia ho ancora una voglia smisurata di lui, della sua cute e della sua bocca, perché talvolta considero riflettendo che abbia un magnete, in inedito polo d’attrazione che appassionatamente e irrimediabilmente m’attrae.

Lui frattanto colloca la tazzina, io lo brandisco per il polso facendogli il gesto d’incamminarsi verso la mia stanza, per distenderci per qualche tempo sul pagliericcio e per adocchiare la televisione. Vito si mette a pancia in su e io mi colloco di fianco accanto, introduco la mano sotto la sua maglietta, lambisco i suoi fianchi, vezzeggio il suo torace, intanto che ripiglio bramosamente a sbaciucchiarlo. Al presente lo fomento. Lo pungolo passando la punta della mia lingua sulle sue polpute labbra, io so bene che lui per questo sragiona e vaneggia, per questo motivo io insisto, perché è quello che voglio e che in ultimo ottengo.

In quell’istante in TV da un canale di musica si sente il brano “Sexual Healing” di Marvin Gaye, classico intramontabile, perfetta adesso per me per favorire un’atmosfera sensuale degna e virtuosa della situazione che sto vivendo, sicché alzo un po’ il volume. Questo brano è infatti pienamente azzeccato, giacché frutto d’un incontro da ricordare, per il fatto che crea una certa atmosfera, e se le premesse sono queste, sarà difficile ottenere scarsi risultati. Per me, inoltre, ascoltare una musica durante i momenti più intimi con il mio partner aumenta e amplifica il piacere. Ma non solo, perché secondo me, fare l’amore e ascoltare musica provocano lo stesso piacere. In verità io non potrei vivere senza musica, dato che non posso fare a meno di mangiare o di fare l’amore. Siamo abituati tutti ad ascoltare musica già da quando eravamo nel pancione, pensiamo ai nostri genitori che ci canticchiavano melodie ancora prima che nascessimo. Dopo sono arrivate le feste di compleanno e le cerimonie religiose, sempre rigorosamente accompagnate da una colonna sonora. Molti di noi, da bambini, hanno suonato uno strumento musicale, magari familiarizzando in seguito in modo più approfondito con l’universo musicale. Insomma ogni momento importante della nostra vita è scandito dalla musica. Essa è in grado di toccare le corde delle nostre emozioni, può farci sentire tristi o felici e a volte può persino farci provare i brividi. Insomma, proprio come bere, mangiare o fare l’amore, comportamenti essenziali per la sopravvivenza umana, ascoltare musica genera piacere.

Vito in quel mentre mi bacia con fervore, con veemenza agguanta la mia mano e la deposita sul suo cazzo, io inizio a manovrarlo, tuttavia non mi soddisfa, sicché gli sbottono i pantaloni e da ultimo lo impugno nella mano, seguitando a metterlo in azione nel tempo in cui lo scruto nelle iridi. Vito ha un insolito e bizzarro sorriso stampato sulla faccia, uno stravagante e bislacco marcato ghigno, io so e colgo fin troppo bene che cosa esso significhi, intuisco alla grande che cosa brama che io faccia, lui auspica e anela quello che reclamo pure io. In quel preciso istante mi ghermisce per la testa spingendomela con prestanza contro il suo cazzo, io intraprendo nel leccarglielo pacatamente dai testicoli fino alla cappella, l’addento, percepisco i suoi focosi guizzi di totale benessere alla pressione sul glande. Proseguo a compiere un cadenzato su e giù con la bocca insistendo adeguatamente sul frenulo picchiettando con la lingua, senza che Vito mi proferisca nulla, perché so bene come eseguire e cosa compiere. Lui persiste nel ribadirmi confermando che sono una grande femmina, facendomi ulteriormente sentire una vera donna molto spregiudicata, ingorda e dinamica, questo mi eccita, mi stuzzica oltremodo, mi fomenta eccessivamente, mi piace moltissimo, capto distintamente il suo cazzo dentro la mia bocca divenire compatto e granitico come il cemento, adesso è pronto.

Subito dopo Vito mi spintona sul letto, mi denuda con brama e irrequietezza, passa la mano fra le mie cosce, io sono intrisa e satura più che mai, mi penetra e rimane statico per diversi secondi, dopo ride studiando e contemplando le molteplici rivelazioni di diletto e di delizia raffigurate sulla mia faccia.

Io sono infinitamente eccitata, smisuratamente alterate e infervorata, a questo punto ho scialacquato qualsivoglia contiguità e legame con la concretezza e con l’ambiente, sono predisposta i incline nell’offrirgli qualsiasi porzione del mio essere lui ambisca, sto testualmente per divampare, sono dilatata, mi sembra di spaccarmi, avverto di netto gli spasmi diventare maggiormente erculei e possenti, perché tracimo, prorompendo il mi sensazionale e irrefrenabile orgasmo, strillando e contorcendomi, strepitando con fragore il suo nome, il tutto accompagnato da parte mia, con vocaboli assai inverecondi, profondamente sboccati e altamente scurrili.

Adesso è il turno di Vito, con manifesta ingordigia lui mi gira, io incurvo la schiena, al presente sono palesemente allestita in modo solerte nell’accoglierlo nuovamente dentro di me. Lui non tergiversa né tentenna, perché mi scopa con veemenza e con impeto sobillato e stimolato com’è con delle libidinose movenze, alquanto indiavolate e deliranti, molto appassionate e incontenibili, fino a prorompere imbellettandomi per bene la schiena e le chiappe con il suo denso e lattescente nettare vitale, perché io adoro e gradisco quando lui mi sborra addosso il suo seme. Come posso, io cerco d’assaggiare raccogliendo con le dita quel liquido, ammirando il risultato della sua abbondante sborrata, assaporando quella bianca, corposa e gelatinosa essenza. Adesso è tardi, la mia propizia confidente potrebbe ricomparire, lui non può di certo far indugiare la sua ragazza, e va via.

Io rimango là da sola, ad avvolgere invano e ad accartocciare senza profitto la mia mente come una striscia, per tentare e per agognare di far risorgere quei momenti così concentrati ed energici, setacciando di regalare un sentimento a questa cronaca occulta e abusiva, questo struggimento celato e quest’affannosa brama inconfessata, che si protrae invero focosamente e fervidamente da più d’un anno, aspirando di donare un concetto e un’astrazione a quest’innumerevoli, incalcolabili e unici turbamenti, a questi smisurati e passionali stravolgimenti, che mi sbriciolano l’intelletto e mi sconquassano deliziosamente il corpo, sconvolgendomi e impressionandomi sempre di più.

Quasi certamente, tutto questo però non basta, non m’accontenta, perché un’accezione, una logicità e un senso non ce l’hanno, non esiste, non compare. Come di frequente e sovente interviene e ahimè accade, nella fremente e convulsa ribollente quotidianità di noi tutti, di chi in special modo lo vive, oserei dire chi più chi meno, nessuno escluso.

{Idraulico anno 1999} 

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