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Racconti Erotici Etero

Culetto di fata.

By 12 Ottobre 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi chiamo Crystal, e vivo con Lorenzo, il mio fidanzato, in un appartamento a Roma. Abbiamo 20 anni. La casa è grande, e ci piace di tanto intanto invitare i nostri amici a stare con noi, qualche notte. Infatti la camera per gli ospiti non ci manca, con un bel letto comodo e un balconcino. Non nascondo che io e Lorenzo abbiamo una vita sessualmente ottima. Qualche volta ci è capitata anche qualche avventura a tre. Ovviamente sempre con persone che conosciamo bene. Lorenzo impazzisce per il mio culetto, tondo e morbido. E anche i nostri amici lo apprezzano tantissimo. Lorenzo è pazzo di me, e del mio visino da ragazzina, con dei riflessi da vera porcella. Come dicevo, ci piace avere ospiti a casa. Abbiamo molti amici, tra cui Stefano. Lo invitammo a passare qualche giorno da noi. Arrivò a casa nostra il pomeriggio del 12 ottobre. La casa gli piacque molto, subito si complimentò con noi. Lorenzo era vestito con dei jeans e una camicia blu. Io invece indossavo un vestitino rosa corto, che quasi si vedevano le autoreggenti. E portavo un frontino rosa, che mi teneva i capelli lisci castani.
– Com’è andato il viaggio? – chiesi al nostro ospite.
– Bene, bene – rispose. – Adesso avrei solo molta fame.
– Benissimo – dissi. – Aspetta di vedere cosa ti ho preparato! Dai, accomodiamoci in cucina.
Entrammo nella cucina, una stanza piccola. Lorenzo e Stefano si misero a sedere intorno al tavolo, e parlarono delle solite cose. Io mi chinai a novanta gradi, per aprire il forno, e controllare a che punto era il pollo con le patate. Il vestitino di alzò, mettendo in mostra le autoreggenti e il mio tanga nero. Stefano mi guardava, diventò rosso, moriva dalla voglia di alzarsi, spostarmi di poco il tanga e scoparmi lì, davanti al mio fidanzato. Ripeto, la cucina era molto piccola, quindi il mio culetto era rivolto proprio verso il viso di Stefano. Sentiva l’odore della mia passera, e la cosa lo faceva impazzire. Restai chinata a novanta gradi per due minuti, poi mi alzai, chiusi il forno, e mi appoggiai con le natiche ad un mobile della cucina. Il vestitino rosa era ancora alzato. Ma questa volta mi guardavano davanti. Stefano ammirava le mie cosce, con le autoreggenti, e un pò del mio tanga nero.
– Hai visto com’è fantastica la mia piccola? – chiese Lorenzo a Stefano.
Ero imbarazzata, sorrisi e abbassai lo sguardo.
– è bellissima – rispose Stefano.
– E dovresti vederla a letto! Quando è tutta nuda e mi cavalca in un modo meraviglioso.
– Dai amore! – colpii Lorenzo con uno schiaffo leggero sulla noce del collo. – Mi metti in imbarazzo.
– E perchè? Sto solo dicendo una delle tue tante qualità – poi si rivolse di nuovo a Stefano. – Bisogna dirlo, il sesso lo conosce bene. E’ la regina del sesso.
– Dai, Lorenzo… metti in imbarazzo anche Stefano in questo modo.
Mi tirai su il vestitino, scoprendomi il tanga, per due motivi: come gesto spontaneo, e perchè mi piace essere scopata con gli occhi, ammirata, e desiderata. Riuscii ad intravedere un’erezione sotto i pantaloni da ginnastica di Stefano. Poi con la scusa di dover andare in camera da letto, mi girai, e uscii dalla cucina. In questo modo, Stefano potè ammirare il mio bel culo tondo e morbido, coperto solo da un tanga, una striscia nera in mezzo ai glutei. Sopra questa striscia c’era cucito un diamante. Ovviamente finto, ma molto realistico. Quel tanga me l’aveva regalato Lorenzo per il compleanno. Me ne uscii sculettando dalla cucina, per rientrarci soltanto quando la nostra cena fu pronta. Mangiammo, parlando e bevendo vino. Poi dopo cena, Stefano confessò che il viaggio gli aveva messo sonno. Lorenzo lo guidò verso la stanza degli ospiti. Qui si iniziò a spogliare. Io con la scusa di dovergli portare le lenzuola nuove, entrai nel momento in cui era nudo. Morivo dalla voglia di vedere com’era il suo arnese. Aprii la porta ed entrai, ma purtroppo era ancora in mutande. Erano slip, neri, ma si poteva vedere chiaramente che aveva il pene eretto in modo spaventoso.
– Scusa, ma dovrei sistemarti il letto.
– Prego, fai pure. A te dispiace se intanto finisco di spogliarmi?
– Certo che no.
Mi chinai a novanta gradi verso il materasso di Stefano. Il mio vestitino rosa salì fino ai fianchi, mettendo in mostra il mio bel culetto, coperto dal tanga nero. Sentii dal rumore dei suoi movimenti che Stefano si era tolto le mutande. Adesso era nudo, dietro di me. Con un arnese spaventoso puntato in direzione del mio culo. Restai in quella posizione per due minuti, il tempo di sistemare il letto. Poi mi rialzai e mi voltai verso Stefano, lo guardai da capo a piedi, soffermandomi sul suo arnese. Aveva un erezione da spavento. Lo guardai spalancando gli occhi.
– Ehi, che arsenale! Complimenti! – dissi. – Ma non usi il pigiama?
– Solo d’inverno. Ti da fastidio se dormo nudo?
– No, figurati. Tanto dormiamo in camere separate.
Uscii dalla stanza, sempre con il vestitino alzato e il culo ben in mostra. Andai verso la camera da letto, dove c’era un altro uomo ad aspettarmi tutto nudo: il mio Lorenzo. Stava sdraiato sul letto, e mi guardava, menandosi l’uccello coperto da un preservativo. Socchiusi la porta e gli sorrisi. Mi sfilai il vestitino rosa, mettendo in mostra le mie tette. Una seconda. Ero troppo arrapata che neanche mi tolsi il tanga e le autoreggenti. Subito salii su Lorenzo, pronta a cavalcarlo. Feci entrare dentro la mia passera il suo arnese duro. Quando facciamo sesso io e Lorenzo siamo molto rumorosi, e i nostri rumori ovviamente non permettevano a Stefano di dormire, che si alzò dal suo letto, uscì dalla camera e venne verso la nostra stanza. Sentiva i nostri gemiti di piacere. Più che gemiti erano urla. Stefano era troppo arrapato e vide la porta della nostra camera da letto aperta, la luce dell’abajour illuminava la camera e i nostri corpi.
– Oh sì amore! – disse Lorenzo ansimando. – Scopi come una pornodiva. Ma da chi hai imparato? Chissà da quanti uomini ti sei fatta scopare, prima di me.
– Vuoi che te li elenco? – chiesi con voce affannata. – Antonio, Antimo, Mario l’idraulico, Michele, Gennaro, Fabio, Roberto…
– Ah, è così? – mi chiese, e mi teneva le mani sui fianchi per aiutarmi nelle spinte. – Hai fatto la puttanella con tanti uomini? E allora devi essere castigata.
Iniziò a penetrarmi con furore, spingendo il suo bacino in modo sempre più veloce. Urlavo di piacere. Lorenzo mi faceva impazzire, mi scopava come una puttana. Intanto Stefano ci guardava dallo spiraglio della porta socchiusa. Era eccitato, come davanti ad una scena da film porno. Il cazzo duro di Stefano non resisteva più, e la sua mano lo avvolse e iniziò un lento movimento.
– E come ti hanno scopata i tuoi amichetti?
– In tutti i modi – risposi ansimando. – E in ogni buco: nel culo, in bocca, nella passera. E alcuni di loro mi hanno anche sborrato in faccia.
– Ah, ti sei fatta anche sborrare sulla faccia. E brava la troia! – ad ogni porcheria che ci dicevamo, Lorenzo aumentava la foga nel penetrarmi.
Non lo faceva perchè era geloso, ma perchè gli piaceva sentirsi raccontare di quando mi facevo trombare da altri uomini. E più glielo dicevo e più mi scopava con decisione, quasi per castigarmi. Poi arrivò l’orgasmo, prima per me, che mi piegai all’indietro, con le braccia aperte al vento, in un urlo liberatorio. Poi toccò a Lorenzo. Sentii gonfiarsi il preservativo del suo sperma. I suoi fiotti sbattevano contro il lattice, ed io avvertivo la sua eiaculazione battere contro le pareti della mia passera.
– Oh siiiii, amore. Sei fantastica. Che sborrata! Scopi in un modo meraviglioso.
– Anche tu tesoro. Mi sai sbattere meglio di chiunque altro.
– Oddio che sborrata!
Di fronte a quello spettacolo Stefano corse in bagno appena in tempo e svuotò il suo sperma nel bidet. Restò in bagno per qualche minuto. Poi entrai nel bagno anche io, ma vedere Stefano che gocciolava ancora sborra dal glande non mi stupì più di tanto. Più che altro lui era imbarazzatissimo. Tra l’altro vedermi nuda, coperta solo dalle autoreggenti e dal tanga, gli mise addosso quasi un tremore.
– Scusami Crystal. Ma è da tre settimane che non scopo. Stavo impazzendo.
– Ma dai… non preoccuparti. Fammi passare piuttosto.
Stefano si spostò per farmi passare. E nel passaggio il suo cazzo strisciò sul mio culetto, lasciandomi una macchiolina del suo seme caldo su una natica. Mi soffermai a guardare nel bidet. Era pieno della sua sborra, sembrava appiccicosa, ed era bella densa, gialla.
– Ma quanta ne avevi? – chiesi sorridendogli.
Poi guardai il suo attrezzo. Lo presi in mano e mi misi a sedere sul bidet. Il suo arnese era nel dormiveglia, ancora sporco di sperma. Glielo scappellai tutto e con la punta della lingua glielo ripulii. Con la lingua giocherellavo col suo glande, scendendo fino ai testicoli per poi risalire alla cappella. Il suo arnese riprese vita, iniziò di nuovo ad indurirsi. Poi alzai lo sguardo verso gli occhi di Stefano.
– Mamma mia, che grosso! Hai un cazzo fantastico. Mi piace anche il glande, bello tondo e rosa.
– Sono veramente mortificato per quello che è successo.
– Dai, adesso smettila – gli risposi, smanettandolo lentamente. – Mi fa piacere che ti sei masturbato vedendomi scopare. Mi piace sapere che sia stata io a farti godere.
– Forse però è meglio che ci rivestiamo. Non vorrei che ci scoprisse Lorenzo.
– Ma figurati! Abbiamo fatto spesso sesso a tre. D’altronde noi femminucce abbiamo due buchetti lì sotto. E quindi c’è bisogno di due uomini per riempirli, non ti pare?
Mi alzai in piedi e andai verso la porta del bagno.
– Allora buonanotte Crystal – Stefano mi colpì con un leggero schiaffo una natica.
Io gli sorrisi, e sculettando me ne tornai nella camera da letto. E questa volta ci addormentammo tutti.

Per contatti: nynfetta@tiscali.it

Ho dimenticato di dire che io e il mio fidanzato Lorenzo abitiamo a Roma per studio. Lui frequenta la facoltà di ingegneria, ed io la facoltà di medicina. Il nostro ospite, Stefano, rimase da noi per qualche giorno. La mattina seguente il suo arrivo, ci svegliammo tutti e ci ritrovammo in cucina. Lorenzo indossava i pantaloni di un pigiama e nient’altro. Io invece indossavo ancora le autoreggenti, il tanga e un reggiseno nero, con i bordi rossi. Stefano entrò in cucina in mutande, slip neri, forse quelli del giorno prima. Trovandomi mezza nuda, in cucina, gli fece un certo effetto. Gli si iniziò ad indurire il pene, prendendo forme notevoli, sotto quegli slip. Io stavo in piedi, davanti ai fornelli a preparare la colazione. Stefano mi guardava, si era seduto, e si accarezzava il cazzo. Mentre Lorenzo invece era ancora molto assonnato, forse non pensava a nulla. Stefano si alzò dalla sua sedia, e con la scusa di dover prendere un bicchiere e riempirlo d’acqua mi si mise dietro. Sentivo la sua erezione contro il mio culetto, mentre con una mano cercò di raggiungere la mensola in alto. Mosse l’anca avanti e indietro, il suo cazzo coperto dagli slip batteva contro il mio culetto. Era ovvio che lo stava facendo a posta.
– Ehi Stefano – gli dissi, – vedo che il tuo amichetto lì in basso è bello duro!
– Scusami Crystal, volevo solo prendere un bicchiere.
Poi riempì il bicchiere d’acqua e ritornò a sedere. Quando la colazione fu pronta, ci sedemmo a tavola e mangiammo. Poi di corsa a vestirci, per uscire, e recarci alle nostre rispettive università. Invece Stefano andò in giro per Roma, a gustarsi la città della politica e dei turisti. Rientrammo a casa soltanto alle sei del pomeriggio. Rientrarono prima Lorenzo e Stefano, stremati per la lunga giornata. Prepararono un caffè e mi aspettarono. Io tornai mezz’ora dopo di loro, con un ospite molto speciale.
– Ehi ragazzi! – dissi aprendo la porta d’ingresso, – sono a casa. Ho portato un ospite.
Era un mio insegnante, sulla quarantina, con una notevole pancetta, i capelli ricci mossi e un paio di baffi belli grandi. Il professor Geremia. Quel giorno l’avevo incontrato tra i corridoi. Era da un pò di settimane che sembrava venirmi dietro. Ogni volta che mi incrociava si fermava a parlare per quarti d’ora. Allora quel giorno decisi di invitarlo a cena. Era l’insegnante del corso di medicina. Entrammo in cucina e lo presentai ai miei due ometti. Lo feci accomodare insieme a loro, e poi dissi che sarei andata a cambiarmi in camera. Quei vestiti stretti mi opprimevano. Ritornai dopo un quarto d’ora in cucina con una camicia da notte, molto corta. Bianca. Le gambe nude e senza reggiseno. La camicia da notte era molto sexy, di cotone, ed era fresca sulla pelle. Lasciava intravedere quello che serviva, e faceva immaginare il resto. La camicia da notte metteva a nudo le mie spalle candide. Adesso avevo tutti gli occhi accaldati di quei tre uomini addosso. Mi ammiravano come una fata. Avevano aperto una bottiglia di vino, e aspettavano la cena.
Mi abbassai a novanta gradi, verso il forno. Avevo preparato quella mattina la pasta al forno, che adesso bisognava solo riscaldare. Restai abbassata e la camicia da notte mi si alzò, scoprendo il mio culetto, coperto da un tanga rosa. Il professor Geremia impazziva per il mio culetto, e mi guardava, in quella posizione provocante. Per non parlare di Stefano, che sperava in un’orgia pazzesca.
– Quindi lei è il professore di Crystal? – chiese Lorenzo.
– Sì. E ho subito notato le… qualità di Crystal – rispose Geremia guadandomi il sedere. – Però sono qualità che vanno viste più da vicino, con più interesse.
Mi alzai, la pasta al forno era quasi pronta. Notai subito nell’aria una certa tensione. Sembravano tutti e tre interessati a scoparmi. Quasi come aperitivo, prima della cena. Allora decisi di farli impazzire ancora di più. Quindi filai in bagno, tolsi il tanga e lo lasciai cadere nella bacinella dei panni da lavare. Ritornai in cucina, avvicinandomi al mio fidanzato, Lorenzo, che mi cinse un fianco con un braccio. Sentì al tatto che mi ero sfilata le mutandine. Stette al mio gioco, e con la mano iniziò a farmi salire di poco la camicia da notte, facendo capire che non lo faceva apposta. Adesso la camicia era alzata abbastanza per iniziare ad intravedere la mia passera. Tra l’altro il professore Geremia era proprio vicino a me, e me la guardava, la desiderava, ne sentiva l’odore, e diventò rosso di desiderio.
– Professore, le piace la mia casa? – gli chiesi con un’aria da troia.
– è fantastica – rispose guardandomi un pò gli occhi e poi ritornando alla passera nuda. – E dovresti vedere il “mio” appartamento. Ti farebbe impazzire, è bello lungo.
La cena era pronta, feci uscire la teglia dal forno e mangiammo. Dopo cena il vino era finito. Lorenzo disse che sarebbe uscito a comprarne dell’altro. Io gli ricordai che erano tutti chiusi. Però lui rispose che conosceva un’enoteca sempre aperta a venti minuti di distanza. Prese le chiavi della macchina e uscì di casa. Restammo solo in tre. Io mi assentai per un attimo, entrando in una stanzetta dove avevamo il computer. La stanzetta aveva anche un balcone, che affacciava su un parchetto alberato. Mi collegai ad Internet, mi abbassai a novanta gradi, e guardai lo schermo. La camicia da notte mi si era alzata tutta. Adesso il culo era completamente nudo, e anche i fianchi. Poi sentii dietro di me qualcuno che socchiudeva la porta, era il professore. Ma non mi girai. Ma subito si inginocchiò dietro di me, insinuando la sua lingua nel buchetto del mio culo.
– Professore, ma cosa fa? – gli chiesi, facendo finta di divincolarmi, ma in realtà lo avrei lasciato fare. Me l’aspettavo dopotutto. – Non mi sembra il caso! Professore!
Le sue mani mi accarezzavano le natiche, e me le tenevano aperte, mentre la sua lingua impazziva per il mio buchetto. Leccava avidamente. I suoi lunghi baffi mi facevano il solletico, sorrisi. Era arrapato da impazzire, me ne accorsi dai suoi movimenti della lingua. Era pazzo di me.
– Cosa direbbe il mio fidanzato se ci vedesse?
– Non pensare a quel cornuto – mi disse. – Non sarà lui che ti farà passare gli esami. Che bel culo che hai Crystal, il tuo odore mi fa impazzire lettaralmente.
La sua lingua si spostò, dal mio buchetto alla mia passera. Comincia a leccare piano le labbra, per poi infilare la lingua dentro. I baffi mi solleticavano, risi, ma mi piaceva. Il suo giocare con la punta della lingua sul clitoride mi fece dimenticare il solletico. Anzi, mi rilassava.
– Professore, ma almeno mi garatisce che se mi lascio scopare da lei, poi non avrò problemi con gli esami?
– Certo che te lo garantisco – rispose schiaffeggiandomi il culetto più volte. – Non sai quante me ne scopo di ragazzine come te, ogni anno, che vogliono essere aiutate. Sei una puttanella, come tutte le altre.
Il professore si alzò, si sbottonò i pantaloni facendo venir fuori il suo arnese, già duro. Non era molto grande, avevo visto sicuramente di meglio. Però era carnoso, con vene molto doppie, e un glande molto gonfio e rosso. Lo puntò contro le labbra della mia passera.
– Aspetti professore – gli dissi, – lei non usa il preservativo?
– Ma che preservativo? Mica sono come quel cornuto del tuo fidanzato? So quando venire fuori, io.
Geremia si mise a sedere su una sedia che era nella stanza.
– Avanti, poche storie. Salimi su.
Allargai una coscia, e mi misi su di lui. Gli presi il cazzo con la mano, e scesi giù lentamente, fissando i suoi occhi, il suo sguardo di godimento. Con le mani mi sfilò la camicia da notte, ora ero completamente nuda. E mi accarezzava i fianchi, le spalle, mentre salivo e scendevo sul suo cazzo. Il suo arnese entrava e usciva delicatamente.
– Si compoterà bene con me al suo prossimo appello d’esame?
– Dipende da come ti comporterai adesso – mi rispose, accarezzandomi la schiena.
Allora cominciai a spingere l’anca il più in basso possibile, con un ritmo molto veloce, facendo arrivare il suo arnese fino ai coglioni, che mi sbattevano sulle labbra.
– Ah, brava! Così! Che troia che sei! Ti piace fare la maiala, eh?
– Oh sì, professore. Sono la sua maiala! Aveva voglia di scoparmi da molto tempo, vero professore?
– Oh sì, ogni volta che ti vedevo nei corridoi. Mi ha sempre fatto impazzire questo culetto – mi disse palpandomi le natiche. – E questo tuo viso da ragazzina innocente, che nasconde una personalità da gran puttana.
Geremia mi teneva per i fianchi e mi aiutava con i movimenti. Poi sentii il suo dito medio infilarsi nel mio buchetto del culo. Iniziai ad essere esausta, e mi chiedevo quanto tempo ci volesse per farlo sborrare. I miei movimenti iniziarono ad essere sempre più deboli, avevo il fiatone, fino a quando non mi fermai.
– Ehhhh, non ci siamo. Lei non ha studiato… le posso mettere 26.
– Professore, solo ventisei? Non posso avere un aiutino?
– Vediamo cosa possiamo fare…
Mi penetrò fino ai coglioni, e iniziò a spingere lui con dei colpi violenti, e i coglioni mi sbattevano sulle labbra della passera. Ero una ragazzina nelle mani di un quarantacinquenne, ed ero passiva. Mi lasciavo scopare a suo piacimento, senza muovere un muscolo, perchè ero esausta. Lo schermo del computer andò in stand by, e diventò nero. E vidi riflesso nello schermo l’immagine di Stefano, che ci spiava dallo spiraglio della porta. Aveva l’arnese fuori dai pantaloni e si smanettava. Sorrisi, mi faceva piacere che era ancora lì a masturbarsi, mentre mi guardava scopare. Urlai di piacere. Anche il professore godeva e ansimava.
– Ohi, ohi… oh sì professore – urlavo. – Il suo cazzo mi sta facendo impazzire!
Ovviamente mentivo… avevo provato di meglio. Ma pensai che gli facesse piacere sentirselo dire.
– Magari mia moglie fosse puttana come te – mi disse. – Adesso però voglio scoparti questo tuo bel culetto.
– Oddio, professore! Mi farà male!
– Se ti lasci scopare il culetto farò aumentare i tuoi voti a dismisura.
– Va bene, professore. Ma faccia piano, la prego. Sia delicato. Ho paura che il suo uccello possa farmi davvero male.
Mi alzai, e l’arnese di Geremia venne fuori sbattendo sul suo inguine peloso. Mi misi con le mani contro il muro, chinandomi a novanta gradi. Il professore si alzò dalla sedia e mi aprì le natiche. Con un dito iniziò ad allargarmi il buchetto. Guardai in direzione di Stefano. Ci guardava ancora. Gli sorrisi e gli feci l’occhiolino. Lui si vergognò di questo, e si nascose dietro la porta. Ma poi ritornò a spiarci. Il cazzo del professore si fece strada nel mio buchetto. Sentii entrare il glande. Poi diede una spinta netta con l’anca, e mi entrò anche il resto dell’asta. Urlai di dolore. Faceva male. Era la prima volta che non usavo l’olio per il corpo.
– Ahi ahi ahi! La prego, faccia piano.
Il professore mi teneva per i fianchi, e mi scopava il culetto con delicatezza.
– Si sbrighi a venire, non vorrei che ci vedesse il mio fidanzato.
– Non ti vengo nel culo.
– E dove vuole sborrare?
– Sulla tua faccia da puttanella.
Mi scopò il culetto per poco. Poi fece uscire fuori il suo arnese, io mi inginocchiai ai suoi piedi. Il professore iniziò a smanettarsi proprio davanti al mio viso, e io aspettai solo la sua sborra.
– Ho i coglioni pieni. Eccomi, sto arrivando… oh sì…
I suoi primi due fiotti schizzarono sui miei capelli, poi gli altri, più delicati si posarono sul viso, colando verso le labbra.
– Che maiala che sei – mi disse continuando a masturbarsi, ma delicatamente, per far venir fuori le ultime gocce di sperma. – Ti meriti un bel trenta.
– Grazie professore – risposi, portandomi via dalla bocca il suo seme con un gomito.
Stefano non era più alla porta. Però sul pavimento c’erano tracce del suo sperma. Era venuto, e poi si era allontanato. Il professore si tirò sù i pantaloni, e li abbottonò, io invece rimasi un altro minuto con le ginocchia per terra. Poi decisi di indossare di nuovo la mia camicia da notte. Uscii dalla stanza insieme al professore, avevo ancora i capelli e parte del mio viso sporco del suo sperma.
– Grazie per la serata – mi disse avviandosi verso la porta. – Quando verrai a sostenere l’esame avrai un bel trenta e lode. Cercherò di mettere una buona parola anche con gli altri professori.
– La ringrazio – gli aprii la porta, lui uscì. – Arrivederci, professore.
Ritornai in cucina, dove c’era Stefano, in piedi. In mutande. Con la faccia rossa. Aveva ancora l’uccello duro, nonostante fosse venuto sul pavimento del nostro appartamento.
– Amore, non devi nasconderti quando vuoi masturbarti – gli dissi, avvicinandomi a lui e accarezzandogli il suo imponente arnese. – Puoi farlo liberamente. A me non da fastidio.
– No, è che ho pensato che volevi un pò di intimità.
Mi piaceva accarezzarglielo. Era durissimo, sotto i suoi slip scuri.
– Ma no! Smanettati quanto vuoi.
– Certo che sei proprio una puttana infedele – mi disse.
Gli sorrisi, amorevolmente. E in quello stesso momento entrò in cucina il mio fidanzato, Lorenzo. Ma io continuai ad accarezzare il cazzo di Stefano. Che gioia che aveva in mezzo alle cosce!
– Tesoro – dissi al mio fidanzato, – guarda Stefano com’è eccitato. Mi fa impazzire!
– Eh sì, è proprio arrapato – teneva due bottiglie di vino nella mano sinistra. – E vedo che ti ha anche sborrato in faccia. Guarda, ce l’hai ancora sui capelli.
– No, non è stato lui – tirai fuori dagli slip l’arnese di Stefano. – Diciamo che questo sperma che ho nei capelli è l’assicurazione di una media universitaria alta.
Masturbai il pene di Stefano, e Lorenzo guardò i movimenti delicati della mia mano, che smanettavano quell’uccellone duro. Poi Lorenzo posò nel frigo il vino, e disse che sarebbe andato a dormire, perchè aveva avuto una giornata molto pesante all’univesità. Io lo seguii a ruota. Il professore mi aveva messo fuori gioco. Andammo tutti a dormire. Io e Lorenzo ci addormentammo subito. Stefano invece, ebbe un pò di problemi. Continuava a pensare a quello spettacolo che aveva visto poco prima.

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