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Racconti Erotici Etero

Cuori sperduti

By 9 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Sabato pomeriggio, la scena si ripete. Accade così ormai da qualche anno.

La professoressa ha raggiunto la villa comunale nei pressi del lungomare, porta con sé una piccola cartelletta con dentro i suoi acquerelli – fogli per lo più logori in cui, nel tempo, ha fissato le sue tensioni e le sue emozioni. Il grande viale si apre davanti a lei, ricco di profumi e fragranze primaverili, e lei lo percorre ostentando un’andatura decisa. Tuttavia, è l’inquietudine a farle muovere quei passi’

La professoressa osserva attentamente in giro, cerca qualcosa, attende qualcosa. I suoi occhi grigio-azzurri incontrano prima un bambino che rincorre una palla colorata, poi una mamma che spinge sorridente una carrozzina. Ma la professoressa cerca ben altro. Lascia il viale principale, come ogni sabato, per imboccarne uno sulla destra, più tranquillo, più ‘riservato’. Ed ecco che dopo un po’ la professoressa trova esattamente quello che cerca’

I due giovani sono sufficientemente lontani e si tengono teneramente per mano. Entrambi indossano dei jeans attillatissimi e delle T- shirts a fantasia. Lei ha dei capelli castano chiari che le ricoprono quasi completamente le spalle, lui una sottile barba incolta. Camminano e si guardano negli occhi. Camminano e si mangiano con gli occhi.

La professoressa abbozza un lieve sorriso che a mala pena riesce a portare luminosità ad un volto ormai segnato dagli anni; poi, decisa, segue con discrezione i due giovani.

Il ragazzo si guarda in giro perplesso: nessuno. Quindi si ferma e attira a sé la compagna. La bacia appassionatamente, incolla letteralmente il suo corpo a quello di lei. La ragazza gradisce e ricambia con la stessa passione. I due si girano, con impazienza, e decidono di accovacciarsi sopra un lungo sedile in pietra sistemato nel bel mezzo della vegetazione.

Dieci anni. La professoressa trascorre i suoi sabati pomeriggio in quella villa ormai da dieci anni. La conosce come la sua casa. La conosce meglio della sua casa. Come ogni volta, con molta cura sceglie il posto migliore da dove tenere d’occhio la coppietta di turno senza poter essere vista. Si sistema sopra un sedile di granito bianco, apre la sua cartelletta ed attende con infinita pazienza.

Questa volta, il ragazzo ha preso posto per primo, a cavalcioni sul lungo sedile, e con le mani ha attirato su di sé la ragazza. Prima, però, ha dato una sistemata virile al sesso che pulsa dentro i suoi jeans strettissimi. Fino ad allora, la ragazza non ha fatto altro che mangiare con gli occhi quell’invitante rigonfiamento che si leva al di sotto del ventre piatto di lui. Adesso, finalmente, inforca anche lei il sedile di pietra e si lascia guidare dal suo compagno. Appena un attimo, e gli è sopra. Lui l’avvicina a sé tirandola per le spalle e le loro bocche si incollano magneticamente.

Il tempo. La professoressa ha cominciato a schizzare il suo nuovo acquerello con assoluta lentezza perché sa di avere tempo. Non c’è nessuno a casa che l’aspetti. Non c’è nessuno che possa dirle d’aver fatto ‘tardi’. Deve solo continuare il suo acquerello e dirigere il suo sguardo alcune decine di metri più avanti, verso quel sedile seminascosto tra la vegetazione’

La ragazza adesso è a cavalcioni sopra il suo compagno. Sente perfettamente il sesso di lui contro di lei. La sua fica è già un lago. è totalmente abbandonata a lui, si lascia guidare completamente da lui. Sente caldissima la lingua del suo ragazzo dentro la sua bocca, sente le mani di lui affondarle nelle spalle. Poi, all’improvviso, le sente fermarsi con forza sopra i suoi glutei molto sodi.

Il ragazzo vuole provare un nuovo gioco, si diverte a sentire gemere ogni volta in modo diverso la sua compagna. La solleva su di sé stringendole i glutei, quindi, con le quattro dita della sua mano destra, preme lungo la cucitura tra le gambe dei jeans di lei e, aiutandosi proprio con quelle quattro dita, la costringe ad una strana altalena.

Il paradiso. La ragazza sente salirle il ventre in gola, non ha mai provato una sensazione così forte. Con la sinistra, lui la tiene stretta a sé per le spalle e la solleva ritmicamente, su e giù, su e giù sopra il suo sesso durissimo. Ma è la mano destra di lui a procurarle le sensazioni più forti’

Gli occhi della professoressa non perdono di vista un solo istante quella mano destra. Il ragazzo ha cominciato a far rimbalzare su di sé la sua compagna con un ritmo lentissimo. La sequenza è sempre la stessa: adagia il clitoride di lei sul suo sesso durissimo, quindi solleva la ragazza verso l’alto e, sollevandola, le spinge sul buco del culo le quattro dita chiuse a paletta della mano destra. Giù’. lentissimamente. Poi’. improvvisamente su, con le dita della mano che premono con forza contro la cucitura, sollecitando fica e ano di lei’

La professoressa continua ad osservare con attenzione. Non si è accorta che da qualche istante la sua cartelletta è caduta in terra, spargendo ai suoi piedi gli acquerelli di una vita. Ormai è assolutamente rapita dallo spettacolo che si svolge lì in fondo. Non si accorge neppure di star stropicciando tra le mani l’orlo del suo vestitino di seta bianco.

Istintivamente, comincia ad allargare le gambe e si scopre a strofinare la fica sulla superficie freddissima del granito. La sente direttamente sotto di sé: la professoressa non indossa biancheria intima sotto quel vestitino leggero.

La professoressa è rapita da quella scena e tuttavia una parte del suo cervello riesce ancora a pensare. Cosa pensa? Verso dove la sta facendo viaggiare?”

‘Si erano conosciuti per caso, quando lei stava molto soffrendo per una persona che la scopava e basta. Così, lui era entrato nella sua vita in un momento inatteso, e l’aveva pure amata. Lei, però, allora non era stata in grado di ricambiare la sua passione. E la loro storia era finita dopo un paio di mesi, nell’unico modo in cui poteva finire: non si erano mai più rivisti o sentiti.

Che grande errore era stato il suo! Ormai lo sapeva. Ricordava ancora le grandi mani di quell’uomo accarezzarle il viso e percorrerle il corpo allora assai desiderabile. Ricordava le sue mani sfiorarle le labbra. E ricordava pure le sue dita, dita che tante volte avevano violato il foro piccolissimo in mezzo alle sue natiche piccole e sode. Con quale passione l’aveva amata quell’uomo!

A casa di lui, una volta, le aveva fatto poggiare le mani sopra un’enorme libreria di ciliegio e lì, circondata da centinaia di volumi, lui l’aveva piegata a novanta gradi e l’aveva sbattuta con passione sussurrandole parole di fuoco’ Un’altra volta, invece, mentre erano appartati in macchina, lui aveva cercato di migliorare le sue prestazioni ‘orali’ spingendole la bocca sopra il suo sesso duro e umido di desiderio. Ricordava ancora quella volta. Risentiva il sapore del seme di lui caldissimo ma soprattutto non poteva dimenticare la pessima figura rimediata in quell’occasione: non era riuscita a deglutire, infatti, e aveva dovuto aprire subito lo sportello per rimettere fuori, goffamente, tutto quanto’ Lui, però, non aveva fatto storie, l’aveva abbracciata e l’aveva chiamata amore. ‘Imparerai col tempo’ – le aveva sussurrato dolcemente. ‘Diventerai bravissima’.

Poi la professoressa ricordava l’ultima volta che si erano visti. Lei ormai completamente ostile alle sue attenzioni, ‘scelleratamente’ ostile alle sue attenzioni. Erano davanti al mare, seduti sugli scogli ad ammirare il tramonto. Lui con la morte nel cuore, lei sempre più perplessa. In quell’occasione, lui l’aveva costretta a toccare il suo sesso, a farglielo venire duro, a stringerlo come mai lo aveva stretto fino ad allora, a tirarlo fuori e a menarglielo senza possibilità di ribellarsi. Lei lo aveva fatto, ansimando per il piacere e la rabbia. E lui le era venuto addosso disperatamente chiamandola troia’

Il tempo. La professoressa non ricordava più ormai quanto tempo fosse passato da allora. Più di dieci anni, sicuramente. E in quei dieci anni lei aveva capito finalmente di non essere riuscita ad amare l’unica persona che mai l’avesse amata nella vita. Solo scopate con bastardi senza scrupoli, questa era stata la sua vita sentimentale. Uno gli s’era pure addormentato accanto senza neppure guardarla in viso. Quell’uomo, invece, l’unica persona che mai l’avesse amata, lei non era riuscita’

Gli occhi grigio-azzurri della professoressa sono adesso pieni di lacrime, ma non per questo hanno perduto di vista la coppia tra i cespugli. Il ragazzo non ha smesso un solo istante di spingere su e giù, con tormentosa lentezza, la sua compagna. Le quattro dita della sua mano, sempre strette a paletta, non hanno smesso un solo istante di esercitare la loro indecente pressione sull’intimità di lei. La ragazza, già da un pezzo, ha cominciato a ruotare il bacino. è completamente fuori di testa, tiene stretta a sé il suo ragazzo e lo implora di continuare, di non fermarsi per nessuna ragione. Lui, in tutta risposta, allarga di più le gambe, spinge meglio verso di lei il suo cazzo durissimo e le sussurra che non l’ha mai vista e sentita così porca.

La professoressa guarda e si morde le labbra con quei denti che non sono mai stati il suo pezzo forte. Guarda e nello stesso tempo sente la sua fica inumidirsi e gonfiarsi. Un sospiro di sollievo: succede ancora, riesce ancora a sentirsi donna, nonostante la menopausa incipiente.

Adesso sta accadendo qualcosa, una variante alla eccitantissima altalena. Il ragazzo ha ordinato alla sua compagna di scoprirsi il seno: lei ha subito ubbidito. Lui ha avvicinato così la sua bocca sui suoi capezzoli ed ha iniziato a mordicchiarli senza sosta. Lei è eccitatissima, non riesce più a sopportare tutto questo. Con le mani, cerca le gambe di lui, le stringe. Poi le fa scivolare dietro di lei e le insinua sotto, fino trovare le palle dell’uomo che sta cavalcando. Un’altra volta, il paradiso. Si sente sciogliere, sente tramutarsi in acqua e dissolversi attraverso il buco della sua fica.

La professoressa non batte ciglio. è concentratissima sulla scena. Con una mano, però, ha cominciato a strofinare senza vergogna il suo sesso e con l’altra, alternativamente, l’estremità dei suoi due capezzoli. Pensa all’uomo che non ha saputo amare, vorrebbe che lui adesso fosse lì con lei, che le dimostrasse la passione di un tempo, che la riempisse col suo grande cazzo’

Il ragazzo guarda ora negli occhi la sua compagna. Adora guardarla negli occhi mentre lei gode e geme solo per lui. Le dice qualcosa.

‘Adesso lo prendi in bocca e lo succhi e mi fai godere. Avanti!’.

Lei non aspetta altro e porta il suo viso bianco come il latte sul rigonfiamento dei jeans di lui. Trema per la voglia che la divora, trema sentendo le mani del ragazzo muoversi inaspettatamente tra i suoi capelli. Tira giù la zip con qualche difficoltà, il cuore le arriva in gola scorgendo gli slip bagnati di lui e deformati dall’abbondanza della sua carne. Avvicina la bocca, lecca dappertutto, libera in un attimo quel muscolo che sembra vivere di vita propria. Il cazzo di lui investe violentemente il suo viso, sembra caricato a molla, come certi pupazzi che all’improvviso saltano fuori dalle scatole alle quali si è tolto il coperchio’ Finalmente, lo prende in bocca. Gode.

Le mani del ragazzo sono ancora perse tra i suoi capelli, la tirano, la carezzano, la tengono con fermezza e le comunicano di continuare. Poi lui non ce la fa più: inarca la schiena, spinge di più il bacino contro il viso della ragazza ed in un attimo riempie la bocca di lei col suo sperma. Quell’improvviso calore procura alla ragazza un violento orgasmo ed entrambi rimangono immobili a scambiarsi il fiato.

La professoressa ha veduto praticamente tutto, meno ha potuto sentire. Ma le parole che non è riuscita a sentire, la professoressa le ha immaginate. Ha immaginato che il ragazzo chiamasse ‘porca’ la sua ragazza, che le dicesse di succhiare come una porca il suo grosso cazzo senza lasciarsi sfuggire una sola goccia del suo caldo seme. Poi, all’improvviso, come ogni sabato la professoressa ha ripensato al suo amore perduto ed ha goduto sussurrando il suo nome.

Adesso la professoressa ha riacquistato la quiete. Si stacca con discrezione dalla superficie fredda del granito, si ricompone e raccoglie da terra tutti i suoi acquerelli. Li ripone con cura dentro la cartelletta e si sofferma un istante ad osservare l’ultimo, appena abbozzato: due specie di acrobati seduti l’una sull’altro.

Quindi si allontana, svuotata di ogni pensiero.

A centinaia di chilometri di distanza, in quello stesso istante, un uomo muove veloci le sue splendide mani sulla tastiera di un piccolo portatile. Ha davanti a sé il mare, un mare grigio-azzurro come il colore di quegli occhi che non è mai riuscito a dimenticare. Sente di non essere più giovanissimo, di non avere trovato risposte, ma continua a chiedersi, come ogni giorno, in che cosa abbia sbagliato.

Pensa. E all’improvviso una lacrima percorre lenta una nuova ruga sul suo volto.

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