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Da puttanella a cagna con il collare

By 12 Giugno 2020Giugno 14th, 2020One Comment

Era legata al letto, le mani e le gambe immobili. Aveva una benda agli occhi che non le faceva vedere nulla. Arrivò la prima frustata, fortissima, sulla figa calda. Poteva sentire i suoi liquidi che bagnavano la frusta.

– Sei una cagna in calore. Ti piace, eh? – Matilde non rispose, pensò che fosse una domanda retorica. La sua figa parlava per lei. Altra frustata.

– Rispondi, puttana. –

– Si, si, mi piace. – Di nuovo una frustata sulla figa.

– Sei una puttana maleducata. Devi dire “si padrone”. – Un’altra frustata e Matilde dovette stringere i denti per non urlare.

– Si Padrone, grazie. – Sussurrò.

– Non mi basta. Ringrazia ad ogni frustata e ripeti che sei una puttana maleducata. – Matilde sentì la frustata ancora più forte. Francesco stava colpendo con tutta la forza che aveva, sempre allo stesso punto.

– Grazie, Padrone. Sono una puttana maleducata. –

– Volevo dartene dieci, ma mi hai fatto cambiare idea. Te ne darò il doppio. –

Tutto era iniziato quando Matilde e Francesco si erano ritrovati a chiacchierare in un bar, con alcuni colleghi universitari. Si era arrivati a parlare di abitudini sessuali e Francesco si era lasciato sfuggire che a letto amava comandare e sottomettere. Poi il discorso era virato su altri argomenti, lo sport, un esame imminente, la nuova borraccia ecologica di Federico. Ma a Matilde le parole di Francesco erano rimaste in mente. Ci aveva fantasticato su per tutto il resto della serata, e anche per tutta la notte. Il giorno dopo gli inviò un messaggio su Instagram in cui diceva che quelle parole l’avevano colpita. Ci aveva riflettuto molto, sul se inviare o meno il messaggio, ma alla fine la sua eccitazione aveva avuto la meglio. Francesco fiutò subito la preda e gli disse di andare a casa sua, immediatamente. Matilde non ci pensò due volte. Entrambi saltarono i corsi e si ritrovarono a casa di Francesco, che abitava da solo.

Matilde era una studentessa del secondo anno di Giurisprudenza. Era leggermente in carne, con gli occhi azzurri e i capelli chiari. Un seno prosperoso che non nascondeva mai più di tanto sbucava spesso dalle sue scollature. Aveva passato il primo anno scopando nei bagni dell’università con chiunque ci provasse con lei. Era stata ben presto etichettata come la “puttana della facoltà”, e lei se ne vergognava. Ma appena aveva davanti un cazzo, oppure pensava allo sperma caldo in bocca, tutti i suoi freni inibitori venivano meno. Eppure, sapeva che non era quello che voleva per lei. Ripensandoci, si sentiva una puttanella da due soldi. Credeva che qualcuno dovesse controllarla. Quando sentì le parole di Francesco, capì che lui era quello giusto. E non si sbagliava.

Francesco la conobbe quella sera, per conoscenze in comune, e la prima cosa che pensò guardandola fu che quella tipa aveva proprio una faccia da sborra. Fu soddisfatto quando fu lei stessa a venire da lui.

Appena Matilde entrò in casa, mezz’ora dopo, trovò Francesco che la aspettava con le braccia conserte.

– Ti dico come andrà. Adesso tu ti inginocchi e mi fai un pompino. Dovrai usare solo la bocca, le mani dovranno essere dietro la schiena. E dovrà essere il miglior pompino che tu abbia mai fatto. Se sarò soddisfatto, potrò valutare di tenerti, altrimenti ti caccio via e non voglio più vederti. Tutto chiaro? –

Matilde annuì. Subito si inginocchiò e iniziò a slacciare i pantaloni di Francesco. Francesco la bloccò con uno sguardo severo.

– È proprio vero quello che si dice in giro di te. Sei una puttana di merda. Chiedimi il permesso di succhiare. – Matilde si inginocchiò e lo guardò negli occhi dal basso.

– Posso succhiare, per favore? – Francesco la colpì con uno schiaffo in pieno volto.

– Padrone. –

– Posso succhiare per favore, padrone? – Francesco acconsentì con un movimento delicato della testa. – Ma prima spogliati. – Matilde si spogliò, rapida, e poi si lanciò sul cazzo, sfilandolo dalle mutande. Era già duro e abbastanza lungo e tozzo. Iniziò a lappare, succhiare, aspirare. Leccò tutta l’asta e cercò in ogni modo di dare piacere a quel magnifico cazzo che aveva davanti.  Aveva le mani dietro la schiena, come gli aveva detto Francesco, e andava su e giù con la testa. Cercò di mettere in gola tutta l’asta. Avrebbe voluto usare le mani per massaggiare le palle, ma non lo fece per timore che Francesco potesse arrabbiarsi. In compenso, cercò di utilizzare la bocca anche per le palle, lappando e leccando avidamente. Alla fine, Francesco venne nella sua bocca, e lei fu felice di ingoiare e pulire tutto. Guardò subito Francesco speranzosa.

– Non male. Hai molto da migliorare ma come prima volta può andare. Si vede che sei una puttana, ma leccare il cazzo di un padrone è un’altra cosa. – Matilde fu un po’ delusa. Aveva dato il massimo, ma non disse nulla e accettò in silenzio con lo sguardo basso. Almeno, sembrava che l’avrebbe presa. E la prese.

Francesco era al secondo anno di magistrale in Economia e Management, era palestrato e aveva avuto già molte esperienze bdsm dietro di sè. Di solito era molto più comprensivo e lento con le sue schiave, ma con Matilde fu diverso. Era lei che l’aveva cercato, e quindi voleva che lei capisse subito cosa significava essergli sottomessa. Iniziò subito col dirgli che non le avrebbe concesso l’orgasmo quantomeno per un mese. Matilde sbiancò, ma anche in quel caso non disse niente. Era solita venire più e più volte al giorno, e questa era una vera e propria doccia fredda per lei, ma voleva appartenere più di ogni altra cosa.

Francesco le insegnò subito a bere dalla ciotola ai suoi piedi. – Questo è l’unico modo che ha di bere una puttana come te. – Disse. Matilde bevve senza pensarci due volte. Aveva la figa fradicia; quante volte aveva sognato di poterlo fare. Dopo, Francesco l’aveva portata in bagno, lei a quattro zampe e lui che la guidava tirandole i capelli. – Pensandoci, c’è un altro modo in cui puoi bere. – Le appoggiò il cazzo in bocca. – Non permetterti di ritrarti, puttana. È un onore per te. – Il getto di piscio partì un secondo dopo. Matilde pensò di soffocare, ma non si ritrasse. Tutta la sua bocca si riempì di un sapore acre, fece una piccola smorfia e cercò di bere il possibile. Non voleva contraddire Francesco. Quando finì si pulì il cazzo con i capelli di Matilde.

– Guarda quanto ne hai lasciato cadere, pulisci con la lingua e i capelli, puttana. – Matilde eseguì senza indugiare.

– Cosa credi, che non abbia visto la tua smorfia su quella faccia da puttana? Deve essere un onore per te leccare qualsiasi cosa che esce da questo cazzo. Adesso vai a casa e pensa a quanto sei stata una stupida. Mi farò sentire io. – E Francesco se ne andò dalla stanza, lasciandola sola, bagnata di piscio e umori.

Ci sarebbe voluto ancora molto tempo per arrivare a quella che Francesco aveva chiamato “la giornata delle torture”. Il viaggio era appena iniziato.

Per suggerimenti o altro: padrone1222@libero.it

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