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-Oh my God, fuck me so hard!- urlò la biondina sullo schermo, continuando a cavalcare selvaggiamente l’enorme cazzo del ragazzo muscoloso sotto di sé.
Le dita continuavano a muoversi frenetiche sul mio clitoride, già di per sé sensibile a causa dell’orgasmo avuto poco prima: non riuscivo a smettere. Ero così eccitata che sentivo che sarei potuta andare avanti per tutta la notte, e tutto per colpa sua, di Daniel.
Non riuscivo a togliermi dalla mente il suo corpo statuario, quelle spalle possenti dovute ad anni ed anni di allenamenti in piscina, quelle braccia muscolose grazie alle ore passate in palestra, quegli occhi neri come la pece che mi guardavano con dolcezza, quelle mani grandi, sempre forti e al tempo stesso delicate al tatto, a quelle labbra carnose sempre pronte a distendersi in un sorriso luminoso. Ma c’era dell’altro: quello che mi aveva portata a quello stato di eccitazione estrema quel giorno. Appena rientrata da scuola lo avevo sentito ansimare, gemere ed imprecare contro Claudia, la sua fidanzata storica in camera sua. Non riuscivo a smettere di immaginare il suo cazzo: lo immaginavo lungo, grosso, con la cappella grossa e lucida dal liquido seminale e dalle palle piene e gonfie.
-Dio, Daniel!- gemetti sommessamente, sentendo le gambe tremare e gli occhi stringere. Il ventre continuava a scuotermi e la mia piccola fighetta pulsava di eccitazione.
Spalancai le gambe più che potei sollazzando velocemente il clitoride, spalancando la bocca in un muto urlo liberatorio. Venni copiosamente, sentendo le tempie pulsare e le dita piene dei miei umori. Volevo Daniel, volevo i suoi occhi, il suo corpo, la sua bocca, il suo cazzo tutto per me. Lo volevo.
Chi era Daniel? Il mio caro, fantastico e formidabile fratello maggiore.

CAPITOLO 1

Dio, che stanchezza. Era stata una giornata estremamente pesante: quelle due ore di matematica mischiate alle altre due di economia aziendale mi avevano fuso il cervello. Per non parlare di quella singola ora di italiano e della fastidiosissima voce della mia insegnante: non c’era nulla di più estenuante del venerdì. Sentivo che la testa sarebbe scoppiata a momenti, e se solo avessi sentito nominare un numero avrei dato di matto.
-Ciao mamma!- salutai la donna, che appena entrata avevo incrociato sull’uscio della porta.
-Ciao amore. Com’&egrave andata a scuola? La prof ha consegnato le verifiche di matematica?- mi salutò con due baci sulle guance, come era solita fare. Mia madre era una donna fantastica: cinquanta anni e non sentirli. Lavorava come infermiera in una casa di riposo ed era la migliore del suo reparto: stimata da amici e colleghi, sempre pronta a dare una mano e a spendere due parole per aiutare la gente, era una persona altruista, allegra e molto positiva. Sola, da quando avevo cinque anni, era stata abbandonata da mio padre, famoso avvocato di una certa importanza il quale aveva deciso di scappare con la sua segretaria, aveva fatto da madre e da padre sia a me che a mio fratello e non ci faceva mai mancare nulla.
-No, ce le ridà settimana prossima, ha detto che ne ha viste alcune, ma non ha ancora avuto il tempo di correggerle: le solite scuse degli insegnanti!- risposi con voce annoiata, facendola ridacchiare.
-Uh, accidenti, si sta facendo tardi: ho il turno di pomeriggio- esclamò mia madre, lanciando un’occhiata all’orologio appeso sopra alla porta d’ingresso del nostro appartamento -In cucina c’&egrave il pranzo, ti ho preparato il mio speciale passato di verdure che tanto ti piace! Oh, e quando arriva tuo fratello digli di riportare gli attrezzi che ha chiesto in prestito al signor Mauro: stamattina &egrave venuto a cercarli, ma io non sapevo dov’erano e gli ho promesso che glieli avrei fatti riportare da lui stesso. Ricordati, eh!-
-Va bene, mà!- le sorrisi io, mentre mi toglievo le scarpe.
-Ok. Ciao piccola!- mi salutò con un bacio sulla guancia.
-Ciao!- la salutai a mia volta, per poi dirigermi in cucina a servirmi da mangiare. Avevo una gran fame. Dopo mezz’ora avevo spazzolato ben due piatti di passato di verdure e sistemato la cucina. Decisi di recarmi in camera mia a riposarmi un po’, ero davvero piena.
Mi sdraiai sul letto portando il tablet con me, e lo accesi. Mi sintonizzai sul mio sito di storie preferite, i racconti di Milu. Iniziai a leggere un racconto basato sull’incesto fra fratello e sorella. Inutile dire che le mie mutandine si stessero già inzuppando dei miei umori. Non potevo farci più nulla ormai, era più forte di me. Il protagonista della storia mi ricordava in tutto e per tutto Daniel, l’unica pecca erano gli occhi verdi. Il mio fratellone li aveva neri come la pece. Dio, iniziavo a sentire la mia amichetta palpitare. Non potevo lasciarla così. Posai il tablet sul comodino, mi alzai a chiudere la porta a chiave, e mi ributtai nuovamente sul letto.

Iniziai piano ad accarezzare il mio corpo da sopra i vestiti, partendo dal collo, sopra i seni, sul ventre. Sbottonai la patta dei pantaloni cominciando a calarli dalle gambe: avevo un caldo assurdo. Rimasi con addosso delle semplici mutandine di cotone colorate, e la camicia che avevo deciso di indossare quella mattina per andare a scuola. La sbottonai completamente prima di passarmi nuovamente una mano sul petto, sentendo con una mano la pienezza del mio seno di taglia terza ancora coperto dal reggiseno.

Non riuscivo a resistere. Posai la mano aperta su tutta la mia vagina, sentendo l’umidità del cotone sui polpastrelli e il calore che emanavo. Iniziai un lento massaggio così, attraverso le mutandine: mi piaceva immaginare che ci fosse una barriera impenetrabile, faceva aumentare il mio desiderio a dismisura. Liberai un seno dalla coppa iniziando a torturare il capezzolo, turgido ed irto verso l’alto. Iniziavo a sentire la gola arsa e il piacere aumentare mano a mano.

Non mi bastava più quella semplice carezza, volevo sentirmi, volevo godere come mai prima d’ora. Tolsi le mutandine alla svelta, gettandole in un angolo remoto della mia stanza, prima di ributtarmi sul letto e spalancare le gambe più che potevo: amavo sentirmi così, aperta come una puttana vogliosa di cazzo.
Trattenni il respiro quando le mie dita vennero a contatto con la fonte del mio piacere: il mio clitoride. Lo mossi in circolo col medio sentendo le gambe tremare leggermente: gemetti profondamente sentendo il piacere propagarsi come una scarica che partiva da lì fino ad arrivare al cervello.
-Aw… s-sì…- gemetti, ripetendo l’azione un paio di volte. Stavo perdendo la testa, non riuscivo a pensare più a nulla se non al cazzo di mio fratello.
-Oh, Dani, l-leccami tutta, ti prego..- gemetti di nuovo, più forte. -Dai, dai, dai, fratellone, continua ti prego, sto per…- cominciai a muovere velocemente le dita, torturando furiosamente il mio grilletto sentendo il culmine sempre più vicino.
-C-cazzo!- singhiozzai, senza fermarmi -Dani, sì, che bello! Vaiii! Vengo, vengo, vengoooooo! Porca puttana!- repressi l’urlo sul cuscino, levando di scatto la mano dalla mia vagina e sentendo la testa girare. Ogni orgasmo avuto col solo pensiero di mio fratello mi faceva perdere la testa: ero pazza di lui, lo volevo troppo. Mi coprii col lenzuolo fino al seno, sentivo le palpebre diventare pesanti. Portai la mano che avevo usato per masturbarmi al viso, annusando profondamente.

Sentii la stanchezza prendere possesso dei miei arti, e, prima di chiudere gli occhi, mi promisi che Daniel sarebbe stato mio, in qualsiasi modo. CAPITOLO 2

Mh… cos’era quel ronzio fastidioso che aveva interrotto il mio sonnellino profondo? Scostai con un braccio le coperte, prendendo il cellulare da sopra il comodino che continuava a squillare imperterrito.
-Pronto?- risposi con voce arrochita e impastata dal sonno.
-Amore? Dove sei?-
Quella voce mi fece sorridere come una stupida.
-Sono in camera mia, perché?- chiesi, sempre col sorriso sul volto, alzandomi dal letto più sveglia che mai.
-Sono fuori casa, &egrave da 10 minuti che continuo a citofonarti! Mi apri per favore?- fece lui, con quella voce che mi faceva andare in iperventilazione.
-Ok..- sospirai, alzandomi dal letto alla ricerca delle mutandine, infilandole velocemente. Mi avvicinai al citofono schiacciando il pulsante, dirigendomi poi velocemente in camera a indossare una paio di pantaloncini e una maglietta di qualche taglia più grande che prima apparteneva a Daniel.

Quando sentii la porta di casa chiudersi con un tonfo mi precipitai in sala.
-Ciao Amore!- mi salutò raggiante lui, con un sorriso mozzafiato. Dio, era bellissimo.. con i capelli tutti scompigliati, quella maglietta azzurra che fasciava il suo fisico statuario lasciando intravedere i muscoli, quei pantaloni che… mh!
-Ciao, scemo!- lo salutai sorridendo a mia volta. Il motivo per cui mi chiamava ‘Amore’? Per il mio nome, ovvero Morena. Mi chiama così da quando ha sette anni, dice che ‘More’ &egrave un nomignolo stupido senza senso, e che invece ‘Amore’ &egrave più bello e significativo. A me piace molto, come ogni cosa che esce dalle sua labbra perfette.
-Come sono andati gli allenamenti?- gli chiesi, mentre mi accingevo a servire del gelato all’amarena in due coppette. Quel giorno faceva un caldo terribile per essere solo agli inizi di maggio.
-Uff, bene, anche se sono esausto! Tra università, allenamenti, amici, Claudia… sono distrutto!- mi confidò, passandosi una mano fra i capelli, già di per sé scompigliati. Tutti quei gesti non facevano altro che farmi andare in tilt. Strinsi le gambe, sentendo una leggera fitta al basso ventre.
-Oh!- boccheggiai imbarazzata, passandomi una mano sulla fronte. Iniziavo a sudare freddo. Di solito riuscivo a controllarmi mentre ero in sua presenza, ma ultimamente sentivo che sarei potuta crollare da un momento all’altro e non mi sembrava una buona cosa. Il cuore sembrava volermi scoppiare nel petto tanto forte batteva, e il mio basso ventre continuava a provocarmi scariche di piacere che non facevano altro che aumentare il mio desiderio e il mio stato di eccitazione incontrollata e quasi intollerabile.

-Hey, stai bene?- chiese Daniel, vedendo probabilmente le mie guance passare da una decine di sfumature di rosso in pochi secondi.
-S-sono, solo un po’ accaldata…- risposi ridacchiando nervosamente, facendomi aria con una mano.
-In effetti, fa caldino oggi!- affermò, lanciandomi uno sguardo indecifrabile, accennando a togliersi la maglietta. A quel gesto scattai come una molla, accaldandomi di più…
-Vado a fare una doccia!- sbottai, con voce stridula.
Lo sentii ridacchiare leggermente, mentre mi dirigevo quasi di corsa in bagno. Mi tolsi i vestiti con una velocità degna di Flash, prima di aprire l’acqua e gettarmi sotto il getto incurante della temperatura.
Non riuscivo a frenare i battiti, né i pensieri, né le mie stesse mani. Scesero velocemente sulla mia piccola lei in trepidante attesa di essere soddisfatta. Spinsi due dita all’interno, sentendo un gemito uscire incontrollato dalle mie labbra.
-Ah!- gemetti nuovo, spalancando gli occhi, sentendo il piacere invadere il mo corpo. Mi portai rapidamente una mano a coprire la bocca, mentre l’altra continuava a muoversi come se vivesse di energie propria.
-Mh, Daniel!- mugolai, sentendo la mente offuscarsi. Continuai a pompare imperterrita le due dita dentro di me, sentendo le gambe tremare dall’intenso piacere che stavo provando.
-Mmh!- mi lasciai scivolare sulle piastrelle, quando le gambe cedettero al mio orgasmo.

Ero esausta. Volevo Daniel, ma diamine, era mio fratello, quello che mi aveva aiutata a rialzarmi mentre stavo imparando ad andare in bicicletta, quello che mi aveva difesa dai bulli alle medie, quello che mi aveva insegnato a difendermi e a non farmi mettere i piedi in testa da nessuno. Mio fratello. Lo volevo, sì, ma al tempo stesso sapevo che era sbagliato. Eppure… era forse questo il motivo che mi faceva perdere la testa incontrollatamente.
Era pure fidanzato, e Claudia era una ragazza fantastica… bella, intelligente, sena troppe pretese. Eppure il mio desiderio riusciva a giustificare tutto questo. Mi sentivo triste e al tempo stesso decisa a realizzare il mio sogno… più che sogno, un desiderio.

-Amore?- sentii la sua voce chiamarmi dall’altra parte della porta, nonostante il costante scrosciare dell’acqua sulla mia testa e i mille pensieri che si accavallano fra di loro.
-Morena? Hey, stai bene?- sentii la sua voce leggermente preoccupata, e decisi quindi di uscire dalla doccia. Mi avvolsi nel mio asciugamano di spugna blu cobalto e aprii la porta, fissandolo con un sorrisetto che la diceva lunga.

-Beh? Che hai da guardarmi come un idiota?- gli chiesi, leggermente stizzita.
-Wo, stai calma. Sei dentro da un’ora, pensavo ti fosse successo qualcosa!-
-Tu pensi sempre troppo, Dani- lo ripresi, iniziando a dirigermi a passo lento verso la mia stanza. Mi girai un’ultima volta, prima di chiudermi la porta alle spalle -Dovresti iniziare a pensare un po’ di meno… e ad agire- dissi con voce fievole, lanciandogli uno sguardo carico di significati. CAPITOLO 3

La campanella di fine lezione suonò. Finalmente! Questa giornata mi era sembrata davvero infinita. Raccattai tutte le mie cose buttandola alla rinfusa in cartella, salutai le mie compagne di classe e corsi a prendere l’autobus che mi avrebbe portato a casa. Lo presi per un pelo, rischiando di perderlo. Il viaggio non durò più di dieci minuti, nei quali mi concentrai ad ascoltare la musica dal cellulare. Ero impaziente di arrivare a casa. Volevo vedere il mio caro fratellino.

Scesa alla fermata, affrettai il passo verso casa mia, e una vola davanti alla porta la aprii.

-Sono a casa!- urlai, per farmi sentire.

-Amore!- esclamò Daniel, venendomi incontro. I miei occhi si illuminarono quando lo vidi. Indossava una semplice maglietta bianca che fasciava i suoi muscoli e un paio di pantaloni della tuta. Anche così mi faceva arrapare a dismisura.

-Hai mangiato? – mi chiese, mentre toglievo la cartella e l’appoggiavo sul divano.

-No, ho una gran fame. La mamma? –

-Aveva un uscita fra amiche, credo che stasera tornerà tardi. Si merita un po’ di riposo, no? – alla sua risposta lanciai un grido di felicità interno, che però venne interrotto dal suono del citofono.

-Chi è? –

-Claudia – rispose lui con un sorriso a trentadue denti.

-Ah… uscite? – chiesi senza interesse, non riuscendo a camuffare il fastidio nella mia voce.

-No, passiamo un pomeriggio tranquillo a casa. Puoi unirti a noi se ti va –

-Ok, magari dopo aver finito i compiti – all’inizio fui tentata dal rifiutare la sua offerta, ma poi pensai che se fossi rimasta con loro, mio fratello non se la sarebbe sentita di lasciarmi da sola, e quindi cambiai idea dopo pochi istanti.

La porta di casa si aprì, e la figura di Claudia fece il suo ingresso in salotto.

-Amore – disse, correndo a baciare mio fratello sulle labbra.

-Cognatina – mi fece un cenno con la mano, rimanendo di fianco a mio fratello.

-Finché non ti mette l’anello al dito, per te sono solo Morena – sbuffai, dando loro le spalle e dirigendomi in cucina. Sentii mio fratello sbuffare una risata, sapeva del mio astio nei confronti della sua ragazza, ma finché non le mancavo di rispetto in alcun modo, non aveva motivo di riprendermi. Non poteva costringermi a farmela piacere. Non c’era niente che non andasse in Claudia, l’unico problema che avevo con lei era che potesse scoparsi l’unico uomo che non potevo avere. Poteva godere della sua lingua e del suo cazzo quando voleva.

Solo al pensiero sentivo la mia vagina pulsare. Dovevo decisamente darmi un calmata.

* * *

Dopo aver finito di fare i compiti scesi in salotto, decisa ad unirmi alla loro giornata di relax. Mi fermai sull’uscio della sala sentendo un rumore continuo di schiocchi. Si stavano baciando. Mi affacciai, vedendo che Claudia era seduta a cavalcioni su mio fratello, mentre faceva strusciare il suo bacino sul suo.

-Piccola, smettila per favore – ansimò mio fratello, interrompendo il bacio.

-Andiamo in camera tua, dai– disse lei. Mio fratello le mise le mani sui fianchi, cercando di fermare i suoi movimenti.

-Fra poco potrebbe scendere Morena, le avevo detto di unirsi a noi dopo aver finito i compiti- disse lui, mentre la sua ragazza continuava a seminare baci sul suo collo.

-Avanti, amore… ho bisogno di te – fece lei, incastrando le dita fra i suoi capelli e buttandosi famelica sulle sue labbra. Il moro non riuscì a trattenersi oltre, rispondendo con ferocia al bacio e stringendole i glutei con forza, sollevando il bacino per farle sentire la sua erezione contro. La ragazza gemette interrompendo il bacio.

-Cazzo, sto per scoppiare – disse Daniel, alzandosi dal divano costringendo Claudia a fare lo stesso. Vedendo che si erano mossi, feci uno scatto in direzione della mia stanza. Non volevo che vedesse che li stavo spiando, sarebbe stato troppo strano. Entrai in camera mia e mi sedetti sul letto a gambe incrociate, con cellulare in mano, cercando di far regolarizzare il respiro a causa della corsa. Mio fratello apparve dopo poco sulla soglia della mia stanza, con un sorrisetto sul volto.

-Amore, forse dovremo rimandare il pomeriggio insieme ad un’altra volta… Claudia non sta molto bene, ora è in camera mia per riposarsi un pochino. Scusami- mi disse, grattandosi dietro alla nuca. Lo sguardo mi cadde per un secondo sulla sua erezione ben visibile nei suoi pantaloni, e sentii le mie mutandine bagnarsi all’istante.

-Tranquillo fratellone… mi guardo un film sul pc – gli sorrisi io, facendolo sorridere a sua volta.

-Ok, piccola – mi fece un gesto con la mano, chiudendo la porta della mia stanza. Sentii i suoi passi veloci allontanarsi, e quando chiuse la porta della sua stanza, mi affrettai verso il muro. Mia madre non lo sapeva e speravo che non lo scoprisse mai, ma avevo fatto una piccola buca su quel muro, che dava sulla camera di mio fratello, per l’appunto di fianco alla mia. Il punto in cui l’avevo fatta era davvero strategico, in quanto la buca si trovava sotto alla sua scrivania, perciò non era troppo evidente, tanto che a distanza di un anno, Daniel non si era ancora accorto di nulla.

Quando mi accovacciai a guardare, sentii la mia vagina palpitare all’istante. Mio fratello era seduto sul suo letto, mentre Claudia, accovacciata fra le sue gambe, faceva scomparire il suo membro fra le sue labbra. Vedevo mio fratello cercare di contenere i gemiti, sicuramente per non farmi insospettire, mentre una smorfia di puro piacere gli travolgeva il viso.

-Cazzo, Clau, devo fotterti, adesso – mormorò, facendo sollevare la sua ragazza. Senza nemmeno darle il tempo di reagire, la girò a pancia in giù sul letto, abbassandole di colpo i jeans e le mutandine, impalandola in una botta sola. La ragazza lanciò un urlo soffocato, mentre mio fratello iniziava a spingere ferocemente dentro di lei.

-Dani, cazzo, piano – piagnucolò lei, con voce tremolante.

-Idiota – mormorai fra me e me, mentre una mia mano scendeva in mezzo alle mie gambe, infilandosi nei miei pantaloni. Ero talmente bagnata che un mio dito scivolò al mio interno senza che nemmeno me ne accorgessi. Mi tappai la bocca cercando di contenere i gemiti, mentre la mia testa veniva annebbiata dal piacere.

“Sì, fratellino, sbattila. Scopa quella troietta che non sa nemmeno godere come si deve. Vorrei averlo io il tuo cazzo dentro che mi sbatte in quel modo… mio Dio, sto per venire…”

Le mie dita entravano e uscivano alla stessa velocità delle stoccate di mio fratello, mentre il mio palmo massaggiava il clitoride con forza.

-Dani, cazzo! – sbottò Claudia, quando mio fratello diede una spinta più forte delle altre. Venni in quel momento, strizzando forte gli occhi, mentre la mia bocca si apriva in un urlo silenzioso. La mia testa si annebbiò, avevo avuto un orgasmo intenso. Non so quanto tempo passò prima che il mio respiro di regolarizzasse e la mia mente tornasse lucida.

-Sei un fottuto animale – stava inveendo la ragazza contro di lui -Mi brucia da morire – si lamentò, spingendoselo via di dosso mentre lui sghignazzava.

-Hai voluto che ti scopassi, no? Mica avevi bisogno di me? – la schernì lui, cercando di avvicinarsi per baciarla, ma lei gli diede una sberla.

-Fottiti – lo insultò, mentre finiva di infilarsi i pantaloni e usciva dalla stanza furiosa. Non riuscivo a capire. Come poteva arrabbiarsi, quando aveva appena avuto una scopata del genere da un ragazzo dannatamente splendido? Era davvero un’idiota?

Scuotendo la testa uscii dall’armadio, intenta ad andare in bagno per darmi una rinfrescata. Non incrociai nessuno dei due, visto che l’avevo vista uscire mentre ero ancora nell’armadio, e inoltre li avevo sentiti sbraitare al piano di sotto mentre mi dirigevo in bagno. Mi lavai con un piccolo disagio, in quanto il mio clitoride era ancora sensibile a causa dell’orgasmo avuto poco prima. Uscii dal bagno dopo una decina di minuti, e mentre mi dirigevo in camera mia vidi apparire Daniel dalle scale, mentre un cipiglio gli increspava le sopracciglia. Immaginai che fosse scazzato per la piccola litigata fra lui e Claudia, perciò decisi di far finta di niente e non gli rivolsi la parola.

-Amore… – mi chiamò lui, prima che riuscissi a mettere piede nella mia stanza. Mi voltai verso di lui, facendogli un cenno col capo per farlo parlare.

-Perché voi donne siete così strane? – sorrisi alla sua domanda, ricordando il comportamento di Claudia, che prima si comportava da cagna in calore e poi si incazzava per una sana scopata.

-Lo chiedi per qualcosa in particolare?- gli chiesi, facendogli fare una smorfia.

-No, lascia perdere – sbuffò con tono rassegnato, mentre si voltava di nuovo per andare in camera sua.

-Ah, e comunque – lo feci voltare verso di me di nuovo -la prossima volta, siate più silenziosi, almeno. Un po’ di rispetto per gli altri insomma – gli feci un occhiolino, mentre lui sgranava gli occhi, per poi ridacchiare nervoso.

-Scusa, sorellina, mi farò perdonare –

“Lo spero” pensai, mentre un sorriso malizioso si formava sulle mie labbra.

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