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Dopa la prima serata in cui mi ero fottuto il culo del padre e la stessa nottata in cui mi ero fatto anche quello della madre, la logica conseguenza sarebbe dovuta essere quella di farmi quello di Corinna. Purtroppo gli impegni di lavoro dei giorni seguenti mi tennero lontano dalla nuova casa che avevo trovato, ero in una piccola cittadina lontana qualche ora di treno.

I giorni di lontananza passarono con la mia testa che stranamente non era presa dalla voglia di farmi Corinna quanto piuttosto di rifarmi il culo di Vania, sua madre. Il corpo di quella donna mi era entrato nella mente e non vedevo l’ora di riaverlo a mia disposizione, ero riuscito a farle solo il culo, ma il sapore della sua fica mi stava assolutamente tormentando.

Immaginavo che dopo il trattamento umiliante riservato a marito e moglie, in quei giorni non avessero avuto modo, voglia o occasione di scopare tra loro e ciò me li avrebbe fatti ritrovare belli carichi.

Questi erano i pensieri che riempivano i momenti di pausa di quelle giornate che lasciai passare volutamente senza contattarli in alcun modo.

Finalmente era arrivato il giorno del mio ritorno, chiamai Pietro e lo informai che sarei arrivato con il treno del pomeriggio e che avrebbe dovuto organizzarsi per venire a prendermi. Quando mi vide scendere dal treno si avvicinò e mi prese la valigia con fare ossequioso, come se fosse un mio subalterno, un dipendente. Lo lasciai fare notando che aveva tenuto fede alle condizioni imposte con il patto: era docciato, profumato e rasato di fresco. Gli occhi però tradivano il suo stato prossimo alla ubriachezza, sembrava brillo.

Salimmo in macchina e partimmo alla volta della sua casa che era diventata il suo inferno ma il mio parco giochi. Per tutto il tragitto chiacchierammo, seppi che non vi erano state grandi novità e che non avevano ancora trovato lavoro né lui, né la moglie, tantomeno la figlia.

Subdolamente gli ricordai che con la mia presenza avevano risolto parte dei loro problemi, fu come uno schiaffo in pieno volto, lo vidi arrossire di rabbia e vergogna.

Immaginai che i giorni di lontananza avrebbero reso necessario un richiamo alle nuove regole e ai nuovi ruoli, così mentre guidava, dissi: Pietro, sii sincero, se vuoi posso cercarmi un’altra sistemazione, basta dirlo.

Avevo posto la domanda giusto mentre entravamo nel suo box al piano interrato.

Spense il motore e voltando lo sguardo verso di me, disse: No signor Andrea, non ha bisogno di cercarsi un’altra sistemazione, può rimanere da noi quanto tempo vuole.

Dopo averlo guardato negli occhi, dissi: Bene così Pietro, ora, forza, prima di salire, succhiamelo !!

Non si aspettava una richiesta del genere, trasecolò, il suo sguardo divenne inespressivo, indecifrabile.

Però non fece una piega, si avvicinò, e con le difficoltà degli spazi angusti della sua auto, si inchinò e dopo avermi slacciato cinta e bottoni, tirò fuori il cazzo portandolo dentro la bocca.

Dopo tanti giorni di astinenza diventò immediatamente di marmo.

Mi adagiai sul sedile dell’auto e godetti di quel silenzioso pompino.

La sua testa andava su e giù che era una meraviglia, teneva il cazzo con due dita.

– Scappellamelo Pietro, forza, leccami la cappella.

Con un sospiro sentii le sue dita che mi tiravano giù la pelle per scoprire la cappella e la sua lingua che cominciava a leccare. Continuai a godermi il pompino in religioso silenzio, ansimando ogni tanto per il piacere che provavo.

Allungai una mano e poggiandola sulla nuca seguii il ritmo dei suoi movimenti, invitandolo con una leggera pressione ad andare più in profondità. Troppi erano stati i giorni di astinenza e fu così che la pompa durò meno del previsto.

– Ci sono Pietro, ci sono, dai non fermarti, continua …

Sentii i suoi muscoli irrigidirsi e fermarsi, aveva smesso e si era allontanato dal cazzo: era quello che aspettavo.

– Pietro, sei sicuro che non vuoi continuare? Per me non ci sono problemi, fermati pure, non voglio costringerti.

Il suo sguardo era fisso nei miei occhi, si leggeva chiaramente la battaglia in atto nella sua testa. Per un attimo esitò, poi, vinto, abbassò lo sguardo, aprì la bocca e ricominciò il pompino che aveva interrotto.

Mi scappellò il cazzo e continuò, fu così che mentre guardavo la sua testa muoversi su e giù raggiunsi l’orgasmo.

Allungai una mano e spinsi la sua testa fino in fondo, per fargli sentire la cappella al fondo della sua gola, e lì, lasciai partire il primo schizzo di sborra. Ebbe un’esitazione, comprensibile, ma non si fermò e continuò a sbocchinarmi senza fermarsi mandando giù tutto lo sperma che usciva.

Con un fazzolettino mi pulii il cazzo, poi, uscendo dall’auto dissi:

– bravo Pietro, grazie, sei stato bravissimo, avevo proprio bisogno di svuotare un po’ le palle, altrimenti più tardi farei una cattiva figura con Corinna sborrandole in due secondi.

Lo vidi irrigidirsi alla frase che era stato costretto ad ascoltare, così dissi allentai la tensione: – dài Pietro, scherzo, era solo una battuta, anzi … voglio ringraziarti per quello che mi hai appena fatto.

Mi avvicinai e dal portafogli estrassi una banconota da 5 euro e gliela porsi, per lui, per il suo mondo erano tanti soldi. Prese la banconota e la mise nella tasca della giacca.

Si voltò per prendere la valigia, lo interruppi dicendogli: – fermati non ho finito di ringraziarti.

Mi avvicinai, misi una mano sul suo cazzo e lo palpai con decisione: tiralo fuori il cazzo e comincia a segarti, arrivo subito.

Mi guardò incuriosito, non capiva cosa volessi da lui, ma obbedì senza fare domande.

Tirò fuori il cazzo, già barzotto, segno che il pompino che mi aveva fatto non gli era dispiaciuto, cominciò a segarsi facendolo diventare duro quasi immediatamente.

Continuando a muovere la mano mi guardò per capire cosa avessi in mente.

Lo rassicurai: – Pietro, continua a segarti, non fermarti.

Nel frattempo andai a spegnere la luce del box, tornai indietro nella penombra, mi accosciai davanti al suo cazzo ammettendo che era di notevoli dimensioni e mentre si segava davanti al mio viso, aprii la bocca e lo inghiottii facendo cominciare uno splendido pompino.

Era da tanto che non spompinavo un cazzo e quella mi sembrava un’ottima occasione viste tra le altre cose le buone ottime dimensioni.

Sussultò al contatto della mia bocca con la sua cappella, ma fermò la sega lasciandomi fare.

Spompinai quel cazzo in tutte le combinazioni di velocità che conoscevo, leccando, pompando, succhiando. Sfogai tutti i miei desideri accumulati nel tempo e quando mi ritenni soddisfatto mi alzai e prendendo la valigia dissi:

– Pietro, mi raccomando, finisci di segarti e sborra qui prima di salire in casa. Mi voltai dirigendomi verso la sua casa senza aspettarlo.

Citofonai e salii dove trovai le donne dell’uomo che avevo usato e abusato in garage.

Bentornato Andrea, mi disse Vania, mentre sua figlia mi fece solo un gesto col capo.

Osservando Corinna capii che i dubbi erano certezze, aveva bisogno di un trattamento specifico per ridurla nello stato che più mi aggradava e dovevo agire bene senza commettere errori o avrei perso non solo la battaglia con lei ma l’intera guerra con sua madre e suo padre.

Andai in camera mentre Vania mi chiedeva se avessi bisogno di qualcosa, risposi che avrei fatto una doccia e che doveva occuparsi degli indumenti sporchi da lavare e sistemare il resto nell’armadio.

Mentre in bagno mi accingevo a spogliarmi per fare la doccia la vidi di spalle in camera che apriva la valigia e la posava sul letto, la vista del suo culo mi fece rizzare il cazzo quasi immediatamente.

Aveva una gonna ampia poco sopra le ginocchia e un maglioncino a maniche corte, scollato davanti a mettere in mostra le sue tette sode, il suo giro vita per nulla appesantito faceva risaltare maggiormente sia il gran culo che le tette. Dovevo convenire che non era una gran bellezza, ma poche altre donne mi avevano arrapato come lei, e sua figlia nascosta sotto quegli abiti insignificanti era dotata dello stesso fisico della madre.

Sì. Dovevo assolutamente sistemare le cose con Corinna.

Sotto la doccia misi a punto un piano.

Erano le passate le 17:30 da qualche minuto e avevo tutta l’intenzione di passare il resto della giornata all’insegna del sesso, volevo sfogare ogni pulsione e realizzare ogni desiderio, tutti quelli che mi passavano per la testa. Ora che avevo trovato il paradiso, ne volevo approfittare finché possibile e per farlo avevo necessità di un aiutino, perciò mandai giù una pilloletta di cialis che avevo comprato tempo prima.

Chiamai Vania che arrivando chiese: – Andrea, ha bisogno di qualcosa?

– Sì Vania, volevo dirti che Corinna non sembra stia rispettando i patti che abbiamo concordato, è vestita come una senzatetto, non è truccata, non è gentile. Vai di là e dille di sistemarsi come da accordi, dille di indossare una gonna, una camicia … qualcosa di decente … e sotto, voglio autoreggenti e reggicalze, come immagino stia facendo tu stessa. Vero ? Non hai dimenticato le regole, giusto?

– Andrea, no le assicuro che ho rispettato tutto quanto abbiamo stabilito, solo che Corinna è ribelle, sa come sono fatti i giovani, non riesce ad accettare questa situazione.

Mentre parlava, con le mani, cominciò a tirare su la gonna per mostrarsi, ma la fermai con un gesto.

– Va da lei e dille che è libera di decidere, se vuole io posso andare via al momento, senza neppure fiatare. Si invece decide diversamente, l’aspetto tra 10 minuti vestita come ti ho detto e come abbiamo deciso. Sottolineo che è libera di decidere ciò che vuole e che rispetterò la sua decisione senza aprire bocca.

Uscì dalla stanza chiudendosi la porta dietro le spalle e dopo qualche istante li sentii parlare tutti e tre insieme. Non potei capire nulla visto che non parlavano in italiano.

Dopo qualche minuto di silenzio, quando ormai pensavo che avesse vinto Corinna, sentii bussare alla porta. Era la ragazza, sguardo nero di rabbia ma vestita come avevo chiesto. Aveva deciso di sottostare ai patti ma a quanto sembrava non avevo piegato la sua mente. Quindi toccava a me, dovevo farlo io, definitivamente.

Entrò, il rumore dei passi mi fece guardare per terra, aveva indossato un paio di scarpe con i tacchi, ma erano chiaramente di sua madre, non era il suo genere di abbigliamento.

– Signor Andrea, ha bisogno di qualcosa, mamma mi ha detto di venire da lei.

– Ho voglia di un caffè, me lo prepari?

Fu sorpresa dalla richiesta, si aspettava certamente che le chiedessi di scopare. Uscì e dopo dieci minuti tornò con un vassoietto con una tazza di caffè e la zuccheriera, si avvicinò al tavolino dove stavo controllando dei documenti.

– Corinna, hai voglia di mettermi un cucchiaino di zucchero?

Mentre lo faceva, guardandola negli occhi allungai una mano e cominciai a carezzarle una gamba, salendo fin quasi al culo. Non nascondeva il suo sguardo di disprezzo. Staccai la mano e presi la tazzina per bere il caffè, le dissi che poteva andare via.

Mi rimisi a lavorare, e dopo aver terminato di sbrigare la corrispondenza, certo dell’inizio dell’effetto del cialis aprii la porta e chiamai Corinna, le diedi dei soldi e chiesi se poteva andare a comprarmi il giornale e un paio di blocknotes. Al rumore della porta di ingresso che si chiudeva chiamai sua madre: entra e chiudi la porta.

Lo fece e capì che questa volta non era stata chiamata per compiti casalinghi. Mi avvicinai e cominciai a baciarla e toccarla dappertutto, lei mi lasciò fare con un certo trasporto, figlio del rimprovero di poco prima per il comportamento della figlia.

Si sa, i genitori cercano sempre di correggere le mancanze dei figli.

Tirai il cazzo fuori dai pantaloni che cominciava a dare segni di risveglio e sedendomi le dissi: – succhialo Vania, datti da fare …

Si avvicinò e inginocchiatasi cominciò a leccarmelo e a farmi un gran bel pompino, dovevo ammettere che con la bocca era decisamente brava. Allungai una mano e le tirai su la gonna in modo da scoprirle il culo e guardarlo muoversi durante la pompa nello specchio dell’armadio.

Ero preso dall’ammirazione di quel gran culo e benché avessi organizzato tutto, complice anche il piacere del pompino fui sorpreso quanto Vania dal bussare alla porta. Prima di rispondere le posai una mano sulla testa e le dissi di non fermarsi.

– Avanti, entra pure !!

Era Corinna, entrò e nonostante la stanza fosse piccola ci mise un po’ a rendersi conto che ero seduto a gambe aperte con sua madre che mi spompinava di gran lena.

– Posa tutto sul tavolino, grazie!

Stava per andare via quando la fermai: – Dove vai, chiudi la porta, avvicinati. Lo fece.

Mentre la mano sinistra guidava la testa della madre nel sontuoso pompino che mi stava regalando, la mia destra saliva sul culo di Corinna, entrai nello spacco della gonna e sentii il bordo delle autoreggenti e i gancetti che le reggevano. Incredibilmente il cazzo ebbe un sussulto nella bocca di sua madre, diventando ancora più duro e grosso per l’eccitazione.

Sentivo il calore della fica di Corinna sulle dita, cominciai a farmi strada fino a toccargliela. Alzai lo sguardo: – Non vuoi aiutare tua madre, deve fare sempre tutto lei?

Mi guardò con disprezzo e non rispose, allora incalzai: – Devo chiedere a tuo padre se vuole aiutarla?

Sentii un lieve movimento ma non era ancora giunta al suo limite, resisteva. Non credeva che potessi essere capace di chiamarlo, e così urlando: – Pietro ?? vieni un attimo !!

Suo padre entrò e vide la scena, sua moglie in ginocchio con il mio cazzo in bocca e sua figlia in piedi che si faceva palpare il culo sotto la gonna. Rimase impietrito dalla scena.

Non potevo perdere tempo: – Pietro, tua moglie ha bisogno di una mano, non riesce da sola, vuoi aiutarla tu?? Corinna non ha ancora deciso se avete bisogno di me … quindi probabilmente dovrò accontentarla e andare via.

Pietro guardò sua figlia con aria sofferente e chinando il capo si avvicinò lentamente, il trattamento in garage aveva sortito l’effetto desiderato.

Era quasi arrivato al fianco di sua moglie quando vidi Corinna che piangendo si mise davanti a suo padre impedendogli di fare quello che avevo chiesto. Così, si inginocchiò, accanto a sua madre.

– Pietro, puoi andare via, credo che Corinna abbia preso la sua decisione.

Uscì dalla stanza lasciando la porta aperta.

E così ero quasi a metà dell’opera, Vania con mio dispiacere iniziale si era staccata dal cazzo e guardava sua figlia che la sostituiva nel gustoso pompino.

Corinna aveva un modo tutto suo di spompinare, alternava la morbidezza delle labbra a piccoli morsetti coi denti, quando succhiava la cappella alternava il calore della bocca e della lingua a piccole strette con i denti. Il mix era qualcosa di magnifico, mi fece scoprire che gradivo questo trattamento rude durante il pompino.

Con una mano mi sorreggeva lo scroto delle palle, alternando anche lì delle dolci carezze a delle smanacciate violente quasi dolorose. Stesso trattamento all’asta, dolce sega durante il pompino alternata a violenti colpi di mano.

I gemiti di piacere che emettevo non lasciavano dubbi, quel trattamento mi piaceva moltissimo, una scoperta fantastica, Mi piaceva così tanto che a volte ero io stesso a incitarla a usare i suoi dentini.

Vania era rimasta incantata nel vedere sua figlia all’opera, credo non sapesse che fosse così esperta, infatti ormai erano caduti tutti i veli e ognuno di noi si era mostrato per quello che era.

– Vania, spogliati, fammi vedere quanto sei fica.

Mentre si toglieva i vestiti mi ero alzato e tenendo la testa di Corinna avevo cominciato a scoparle la bocca, infilandolo dentro fino quasi a farla vomitare. Mi fermai e andando a stendermi sul letto le chiesi: – Corinna, spogliati, fammi vedere se sei fica quanto tua madre.

Si alzò e cominciò a farlo e quello che vidi mi piaceva, e tantissimo anche, era la copia di sua madre più giovane, una taglia 44, le tette di una terza abbondante che sfidavano la gravità, sembravano sode come il marmo, così come il culo, sodo.

Entrambe calze autoreggenti, reggicalze, tanga e reggiseno.

– Domani andate a comprare delle scarpe decenti con i tacchi alti.

Annuirono entrambe.

Nel frattempo mi ero alzato e dopo aver palpato il culo di Vania che mi intrigava oltre ogni limite, quasi controvoglia presi Corinna per mano e la portai sul letto.

La feci mettere a pecorina e cominciai subito a leccare tutto quello che potevo: fica, culo, fica poi culo, poi ancora culo, non riuscivo a saziarmi, pregustavo la scopata ma stranamente non vedevo l’ora di terminare in fretta la scopata con la ragazza per poi passare alla madre.

Quasi in preda ad una crisi parossistica, presi l’olio per massaggi che campeggiava sul comodino e unsi cazzo e buco del culo di Corinna, stavo per cominciare ma aggiunsi un po’ di verve alla situazione.

– Vania, aiutami !!

Posai le mani sui fianchi di Corinna e con lo sguardo indicai a Vania di prendere il cazzo e di appuntarlo sul culo della figlia. Scosse la testa per dire di no: – Forza non farmelo ripetere …

Si convinse, con la destra prese il cazzo che ormai era in uno stato di eccitazione incredibile e lo diresse verso la rosellina del culo della figlia. Le ovvie difficoltà la convinsero ad usare anche la sinistra per allargare le chiappe di Corinna e ritentare l’operazione.

Finalmente, sentii la cappella cominciare ad entare.

– Esci, fuori da questa stanza, vattene !!! … le dissi – e rimani vicina, non farmi urlare per chiamarti.

Uscì in silenzio, girandomi per guardarla vidi una donna che col suo fisico da mamma e casalinga riusciva ad arraparmi alla follia più di quanto facesse la figlia, anche se non avesse indosso tutto quell’armamentario da troia: calze, tacchi, reggicalze, tanga, reggiseno.

Ma non potevo distrarmi, avevo la ragazza da ridurre all’obbedienza.

Indirizzai lo sguardo verso di lei e mi trovai difronte i suoi occhi che mi avrebbero fulminato se solo avessero potuto.

Ma non puoi redarguire nessuno se sei a pecorina e quel qualcuno ti sta artigliando i fianchi e contemporanemante ti sta infilando il suo cazzo in culo.

Era questo che Corinna non aveva calcolato, oltre al fatto che la pasticchetta di cialis mi avrebbe consentito di usare il suo corpo fino allo sfinimento, mio e suo. Le avrei fatto fare un’indigestione di cazzo. Da come me l’aveva succhiato avevo intuito che non era vergine e che già qualche cazzo doveva averlo visto da vicino, ma immagino che nessuno dei suoi giovani amichetti le aveva mai fatto provare quello che stava per vivere.

Ripresi la boccetta dell’olio e versai una gran quantità sul cazzo e sul culo, ricominciai a spingere e il cazzo che era dentro solo per la cappella finalmente fu dentro tutto quanto.

Nessun gemito, nessun verso di dolore, dal modo in cui le mani stringevano la coperta capii l’entità del dolore che stava provando. Probabilmente era vergine di culo.

– Ti prego, fai piano è la prima volta.

La frase mi sorprese mentre guardavo quel culo meraviglioso, alzai lo sguardo e vidi i suoi occhi imploranti.

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