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Devi imparare a stare ferma.

By 4 Dicembre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

La sua mano percorse dapprima la mia schiena nuda. L’aspettavo sul letto, a pancia in giù. Sentii le dita che disegnavano la spina dorsale, che indugiavano sulle scapole, alla base del collo. Ogni tocco era un brivido, ogni brivido un sospiro. Prima una mano. Poi entrambe, in un lento massaggio che lasciava presagire un lento susseguirsi di gemiti e di desideri realizzati.
Mi aveva espressamente chiesto di non voltarmi, di chiudere gli occhi e di lasciare che lui si prendesse cura del mio corpo. Ancora non capivo bene, ma tutto quel mistero mi eccitava enormemente. Non mi era mai capitato di sentirmi tanto desiderata, tanto accarezzata, tanto cercata. Le sue mani percorrevano la mia schiena in ogni piega della pelle; fu quando il suo indice sfiorò ‘casualmente’ il mio seno che non potei fare a meno di sobbalzare.
‘Ti ho detto che devi imparare a stare ferma’.
Lo sentii allontanarsi: potevo avvertire i passi sul pavimento scricchiolante. Aveva aperto il mio armadio, non sapevo esattamente per cercare che cosa. Fu qualche cosa che trovò in fretta, perché tornò a sedersi accanto a me. Sempre con estrema dolcezza, iniziò ad accarezzare un braccio, fino ad arrivare alla mano. Allora, con un rapido movimento, ci fece passare attorno una striscia di stoffa che riconobbi: una delle mie stole colorate. Le fece fare due o tre giri attorno al mio polso, per poi fissarla al letto. I suoi gesti erano sicuri e precisi e sebbene non potessi vedere il suo sguardo, sapevo in che modo i suoi occhi si stavano posando su di me.
Ripet&egrave la stessa operazione per l’altro braccio e per le gambe; fu così che mi ritrovai come fossi una stella, con le braccia e le gambe aperte. Ero nuda, esposta e tesa: in quel momento avrebbe potuto fare di me qualunque cosa, ma si limitò a guardarmi per un tempo che a me sembrò infinito. Poi, riprese da dove aveva interrotto il trattamento. Scese con le mani lungo i fianchi, fino a raggiungere le natiche, bianche come il latte. Le strinse fra le sue mani, divaricandole, senza chiedere il permesso. Io mi sentii gelare il sangue: non ero pronta per questo, non ero pronta per le sue mani dentro di me.
Lo sentii sfiorare l’ano, giocare con il buchino ancora molto stretto. Andava su e giù molto lentamente e per un momento mi sembrò di poter sopportare quella tortura dall’esito incerto. Desideravo che la sua mano passasse oltre e mi toccasse laddove desideravo alla follia. Volevo sentire le sue dita dentro di me, scivolarmi dentro e iniziare a muoversi con energia. Ma lui no. Continuava a giocare con il mio sedere, del tutto consapevole di quanto io stessi soffrendo.
Non riuscivo a pensare ad altro’ Ma lui avvicinò la sua bocca, tirò fuori la lingua e iniziò a leccare profondamente. Sentivo la punta della sua lingua forzare il mio buchino, sentivo il calore della sua saliva scivolarmi dentro come nettare succoso. Ero sconvolta dal fatto che non potessi oppormi, eppure volevo che non si fermasse mai. La sua lingua saggiava la mia pelle laddove non pensavo qualcuno lo avrebbe mai fatto. Il mio corpo si tendeva e si rilassava continuamente, in lotta fra la resistenza ad un piacere che stava iniziando a crescere dal basso e l’abbandono totale ad esso. Mentre le sue mani divaricavano con ferma dolcezza le natiche, la lingua continuava a forzare la mia intimità. Fu un attimo e senza che potessi rendermene conto sentii qualche cosa entrarmi dentro e scivolare in profondità. Aveva inserito un dito dentro di me, che era entrato senza grosse difficoltà visto il lungo processo di lubrificazione al quale ero stata sottoposta in precedenza.
Non potei fare a meno di lanciare un grido: non avevo potuto opporre resistenza a quella foga e sebbene fosse solo un dito sentii quasi di essere stata squarciata in due. Si avvicinò a me e con la sua voce profonda, come un sussurro notturno, mi disse ‘te l’ho detto che dovevi stare ferma. La prossima volta imparerai a non opporti più al volere del tuo signore’. Sentivo il suo dito muoversi dentro di me con movimenti rotatori precisi e diretti. Fu rapido tanto ad entrare quanto ad uscire e mi meravigliai, dentro di me, che quasi mi dispiacesse. Le mie gambe erano aperte e la mia intimità a sua completa disposizione. Fu allora che sentii nuovamente le sue dita dentro di me. ‘Sei un lago’. So che ti sei eccitata a sentirmi dentro da dietro. So che ti &egrave piaciuto. So che lo desideri ancora. Sei bagnata’ Dio se sei bagnata’. Pensavo mi penetrasse a lungo, invece il suo fu un movimento rapido, quasi solo a valutare quanta difficoltà avrebbe avuto a penetrarmi. Fu allora che sentii le sue dita fermarsi sulle mie labbra e giocare con loro con piccoli movimenti circolari e quasi impercettibili. Rimaneva sulla superficie della mia intimità, sfiorando ora le grandi, ora le piccole labbra umide e gonfie di desiderio. ‘Verrai solo se e quando sarò io a deciderlo. Nel frattempo mi divertirò con te, per vedere quanto puoi resistere senza implorare un orgasmo’. Avvicinò nuovamente la sua lingua a me: sapeva perfettamente quanto io non fossi in grado di resistere a questo. La punta della lingua sfiorò il mio clitoride appena e mi sfuggì un gemito dalle labbra. Alternando la sua bocca alle sue dita mi portò in una dimensione sospesa: un continuo orgasmo in agguato che bloccava alla luce della sua esplosione.
‘Voglio sentire la tua voce che mi implora. Voglio che tu me lo chieda come si deve’. E più mi sussurrava queste parole, più le sue abili dita giocavano con le mie labbra. Le sfiorava appena e di tanto in tanto applicava una leggera pressione. Poi, quasi con distrazione, passava il segno e arrivava alle piccole labbra, ormai turgide e lucide di umori.
‘Ti prego mio signore’, dissi io allo strenuo delle forze ‘ti prego’ Fammi venire. Ti supplico’.
Lo sentii sorridere nel buio. ‘Brava bambina’. Fu allora che le sue dita aprirono le mie labbra e con l’altra mano iniziò a massaggiare la mia intimità. Colpi rapidi, leggeri, precisi.
E l’orgasmo esplose in tutta la sua potenza. Non riuscii a trattenerlo. Gridai e strattonai le stole che mi tenevano in posizione, perché mi sentii scossa da una potenza che non avevo mai provato prima. Ne volevo ancora. E ancora. E ancora.
‘E questo &egrave solo l’inizio’, mi disse, prendendo dal mio comodino delle mollette per i panni.

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