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Dì loro grazie…

By 14 Marzo 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Aveva i gomiti appoggiati al tavolo, mentre lui la inculava e diceva: “Guarda che troia sei! Ti fai inculare come le peggiori puttane di strada”. Era così eccitata da accasciarsi completamente sul tavolo e desiderava solo che lui la impregnasse di sborra fino alle viscere, così fu. Affaticati decisero di mettersi sotto le coperte, ma lui le disse prima di addormentarsi: “Vorrei tanto vederti succhiare il cazzo di un altro, che ti domina e ti insulta. Sul serio… Ti amo, bimba. Buonanotte” “Ti amo anch’io” e lo baciò. La conversazione terminò lì, il giorno seguente lui, Salvatore, si svegliò presto ed andò a lavoro, mentre lei, Giovanna, rimase a letto ancora un po’ e poi scese a fare la spesa. Avrebbero tanto voluto sposarsi per poter suggellare il loro rapporto e formare una famiglia in quella nuova e grande città, dove risedevano da poco più di un anno, ma solo Salvatore aveva trovato lavoro e Giovanna doveva ancora terminare i suoi studi all’università, infatti proprio a causa del trasferimento aveva perduto più di un anno. Salvatore e Giovanna vivevano in un piccolo bilocale abbastanza lontano dal centro della città, ma lo avevano scelto proprio perché si trovava vicino al luogo in cui lavorava Salvatore. La loro, in fondo, era una vita molto tranquilla, durante la settimana si riuscivano a vedere solo la sera, ma durante il fine settimana trascorrevano ogni minuto insieme. Un sabato sera decisero di uscire per mangiare una pizza insieme ad una coppia di amici, Giovanna si era sistemata per bene; essendo vicina l’estate, aveva deciso di indossare una maglietta bianca con le maniche a trequarti ed uno scollo generoso, che non lasciava molto all’immaginazione, una gonna ampia di colore blu ed un paio di sandaletti argentati. Quando Salvatore la vide, disse solo: “Mi piace, stai bene”, non elargiva mai pomposi complimenti, ma Giovanna era abituata. “Dai, sei pronto? È tardi, come al solito!”, scesero tutti trafelati ed arrivarono, anche a causa del traffico, con venti minuti di ritardo all’appuntamento. La serata fu abbastanza piacevole, ma verso mezzanotte Salvatore e Giovanna si congedarono dagli amici ed imboccarono la strada di casa. Mancavano pochi minuti, ad un tratto Salvatore si voltò verso la fidanzata e le disse: “Guarda là! Poco più giù c’è una baraccopoli. Vorrebbero sgombrarla, ma si stanno opponendo in maniera parecchio violenta”, lei senza pensarci troppo domandò: “Perché non mi porti a vederla? Così, caso mai non ci avviciniamo troppo”, Salvatore senza batter ciglio svoltò a destra. Giunti lì, Salvatore spense la macchina, scese ed aprì la portiera a Giovanna, la prese per mano e la fece uscire, lei lo guardava interdetta e non capiva cosa stesse facendo, in fondo gli aveva solo chiesto di vederla da lontano, senza troppo impegno, insomma. Si avventurarono tra le baracche, finché Giovanna non si lamentò: “ Ho paura! Per favore, torniamo indietro. Non mi piace questo posto, è pericoloso”, si sentì rispondere solo uno “Stai zitta!” quasi sibilato, allora tacque sperando che presto si sarebbero voltati e sarebbero tornati a casa. All’improvviso Salvatore si sentì sfiorare sulla spalla e si voltò, cercando di dissimulare lo spavento; vide dietro di sé un ristretto gruppo di persone, uno di loro si fece avanti con un coltellino in mano e in un italiano stentato disse con tono minaccioso: “Cosa fare voi qua?”, il ragazzo rispose: “Scusate, non volevamo disturbare. Andiamo subito via, abbiamo fatto una stronzata, scusateci”, i due fidanzati cercarono di avanzare, ma furono fermati. “Tu dare tuoi soldi ed io lasciare andare”, Salvatore estrasse il portafoglio e gli diede i pochi contanti che aveva, ma nel frattempo un altro tipo prese Giovanna per il mento e disse: “Tu bella fica”, la ragazza si liberò con uno strattone dalla presa. A questo punto Salvatore, invece di preoccuparsi per la sua ragazza, prese in disparte l’uomo che li aveva “accolti” con il coltello e gli avanzò una proposta: “Ho notato che apprezzate molto la mia fidanzata. Se la lasciassi da voi per un’oretta? Sai, devo fare benzina, la lasciò con voi, così non rimane sola. Però, mi raccomando, non rovinatela troppo. Cercherò di essere qui prima della fine, non voglio perdermi uno spettacolo del genere”, l’uomo accennò solo un sì con la testa, sorridendo furtivamente. Salvatore passò vicino a Giovanna dicendole: “Amore, vado un attimo a fare benzina, ti lascio in compagnia di questi signori. Fai la brava, a tra poco”, la ragazza era sbigottita ed iniziò a piangere, uno del gruppo le rivolse la parola ridendo sguaiatamente. “Piangi tu, piangi tu! Puttana! Ahahahahaha!”. Un altro disse: “Che odore buono…” e le leccò via una lacrima, lei si scostò disgustata, un altro ancora: “Tu troia italiana. Secondo me brava a leccare” e le diede una pacca sopra la gonna, che risuonò tra quei ruderi. Giovanna continuò a piangere, finché l’uomo, con il quale il suo ragazzo si era messo d’accordo, le diede uno schiaffo in pieno volto, intimandole di tacere se non voleva che le facesse male seriamente ed aggiunse: “Inginocchiati”, lei lo fece senza fiatare e smise di singhiozzare. Le si fecero intorno quattro uomini, il primo si avvicinò al suo volto e si sbottonò il pantalone, che, per quanto poteva vedere alla flebile luce di un lampione distante, era lacero e sporco, le mise il cazzo, che non era ancora totalmente, duro davanti alla bocca, in tal modo poté sentire l’odore acre e penetrante che si portava addosso quest’uomo; le prese la testa e la spinse dicendo: “Suchia, vaca troia”, Giovanna cercò di liberarsi, ma ottenne solo uno schiaffo, l’uomo allora le chiuse il naso e così fu costretta ad aprire la bocca, ricevendo in bocca quel cazzo non troppo lungo ma nerboruto. Lei stava ferma e quell’essere iniziò a scoparle la bocca, lasciandole sulla lingua un sapore disgustoso, che le provocava non pochi conati di vomito, intanto i colpi si facevano sempre più violenti e profondi, tanto che sentì il cazzo in gola, ma quando l’uomo si accorse che stava per sborrarle in bocca, la buttò per terra, perché voleva continuare a divertirsi in altro modo. A questo punto gli altri tre uomini, che le si erano fatti intorno prima, approfittarono della sua bocca così accogliente; erano tutti così sporchi e luridi, uno di loro, sicuramente, anche ubriaco, infatti continuava a parlare nella sua lingua sbiascicando le parole, capì solo “Putana italiana, lava cazzi”. Mentre era oramai abbandonata al ritmo, sentì che qualcuno le aveva abbassato le mutandine e, dopo pochi istanti, stava frugando con due dita nella sua fica, sentì la voce di questo: “Fichetta streta, ma quel coglione del tuo fidanzato no rompere te bene”, e gli altri tre risero, compreso quello che le stava ancora in bocca. Cercò di stringere i muscoli, ma fu una mossa quanto mai spiacevole, quello infatti entrò senza esitazione e la resistenza incontrata lo portò solo ad eccitarsi di più e spinse più forte, ansimando: “Putanela, ti piace il cazzo dentro, eh? Guarda, cazzo in bocca e nella fica!”. Spinse ancora un po’, poi uscì e fu la volta di un altro dei quattro, che entrò con finto riguardo per poi uscire e spingere il cazzo dentro fino in fondo, muovendosi anche lateralmente, “Guarda che si allarga, bela, umida… Brava, brava…” e le diede una pacchetta sulla testa. Poi li sentì parlare tra di loro e la trascinarono in punto dove non c’erano baracche, ma ciuffi di erba sparsi qui e lì, fu buttata per terra, qualcuno la rialzo e disse: “Ora noi inculare te, tu buona, noi non troppo male te”, altre risate di scherno, sapeva che avrebbe sentito dolore, ma fu proprio in quel momento che vide arrivare Salvatore, che si mise in disparte non troppo lontano dal posto in cui si trovavano quegli uomini e la sua fidanzata. Lei continuava a non capire, ma non ebbe il tempo di elaborare alcun pensiero, perché sentì un corpo estraneo dentro di lei, la stavano inculando con eccesiva forza e lei sentiva qualcosa che cedeva, sentiva qualcosa scorrere sulle sue cosce, ma non poteva essere sborra, perché continuavano a stantuffare da dietro, capì che era sangue. In quel momento ricominciò ad urlare verso il fidanzato: “Ti prego, aiutami! Mi sta scorrendo sangue… ti prego…”, quello che la stava inculando disse: “Oh, poverina! Cazzo, urli tu?” e spinse ancora più a fondo. Quando ebbero finito con il suo culo, le si fecero intorno tutti e quattro intimandole di aprire la bocca, lei lo fece, ma quando si accorse che stavano per sborrare dai loro versi gutturali, quasi animaleschi, la chiuse, le avevano invaso tutto il suo corpo, non voleva anche essere impregnata dal loro seme, così che si ritrovò tutta la faccia e la maglietta sporche. Sfortunatamente per lei, il capobranco si accorse di questa mancanza e le urlò: “Troia che non sei altro! Ora noi pisciare in bocca e sopra te!”, nuovamente le si fecero tutti e quattro intorno e le buttarono addosso il loro piscio, qualche spruzzo le finì in bocca, ma la maggior parte le bagnò tutti i vestiti ed i capelli. A quel punto i quattro se ne andarono, facendo un cenno a Salvatore, che si avvicinò e le disse all’orecchio, senza, però, avvicinarsi troppo, visto l’odore che Giovanna emanava: “Dì loro grazie e andiamo a casa”, Giovanna non rispose, andò incontro a quei quattro che stavano scomparendo nel buio e Salvatore sentì solo un docile “Grazie”.

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