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Diritto (in) privato

By 4 Settembre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Il suo orologio da polso segnava le nove del mattino mentre Raffaello varcava ansioso la porta d’ingresso dell’aula 1 dell’università che quel giorno avrebbe iniziato a frequentare. Si ritrovò in mezzo a centinaia di altre matricole come lui. Alcune completamente spaesate, altre forti dell’unità di sparuti gruppi che si erano già formati o che, più probabilmente, si erano ricongiunti dopo una comune esperienza al liceo. Lui faceva parte dei singoli spaesati. E troppo timidi per iniziare una conversazione con degli sconosciuti.
Si fece largo fra persone, zaini e file di panche disposte in maniera semicircolare e in pendenza, come un anfiteatro romano. Inevitabilmente si ritrovò nell’ultima fila, l’unica ancora sgombra di studenti o segnaposto dei generi più disparati. Si accomodò nel lato più esterno di una delle panche centrali. Dalla sua posizione aveva una perfetta visuale della cattedra e dell’ampia lavagna verde che la sovrastava. Il timore di non riuscire a sentire quanto pronunciato dai docenti venne spazzato via quando si accorse della presenza di numerosi altoparlanti fissati ai muri lungo l’intero perimetro dell’area. Decise pertanto di vuotare il suo zaino, estraendo quel poco che conteneva per il primo giorno: il libro di orientamento universitario, un quadernetto a righe e una delle penne che aveva portato con sé.
Continuò a guardarsi intorno per un po’, sin quando una donna fece capolino nell’aula invitando gli studenti ancora in piedi a prendere posto.
Raffaello la trovò molto elegante e decisamente attraente. Sembrava avere all’incirca quarant’anni, lunghi ricci biondi le ricadevano sulle spalle, incorniciando un viso sul quale spiccavano due vivaci occhi azzurri, delle labbra rosee e piene e un naso lievemente aquilino che, comunque, ben si sposava con i tratti spigolosi del volto. Il corpo, di un’altezza media, appariva snello e ben proporzionato, con un seno abbondante che premeva contro il tessuto della camicetta bianca e lunghe gambe che facevano bella mostra di sé, seppur in parte celate dalla gonna scura lunga fin quasi alle ginocchia.
La donna batté un paio di volte la mano sulla cattedra per far cessare gli ultimi chiacchiericci, poi si sedette ed accese il microfono da tavolo.
‘Buongiorno a tutti’, disse con voce scandita e squillante, ‘Sono la professoressa Palma, e per quest’anno sarò la vostra docente di diritto privato’.
Gli studenti seguivano per lo più in silenzio, eccetto qualche ragazzo intento a confabulare con gli amici, presumibilmente per sottolineare apprezzamenti poco consoni riferiti all’oratrice.
Raffaello si sorprese subito colpito da quella donna. Non era una classica bellezza da copertina, ma trovò che avesse fascino in abbondanza, e il suo modo di parlare e gesticolare suscitava in lui pensieri poco casti.
Inoltre, ebbe la sensazione che la professoressa, nel parlare alla classe, più volte posasse i suoi occhi su di lui. ‘Sarà solo un’impressione’, si ripeté. In fondo erano almeno in trecento in quell’aula. E, probabilmente, lui spiccava sia per la sua insolita altezza, vicina ai due metri e resa ancor più evidente dall’essere seduto nell’ultima fila, quella più alto, sia perché, accanto a sé, in un’area di qualche metro, non si era seduto nessuno, in quanto molti si erano accalcati nei posti più in basso. Era inevitabile, pertanto, che guardando in quella direzione si scorgesse solo la sua figura. E questo era, probabilmente, ciò che accadeva alla professoressa quando tentava carrellate visive dei suoi studenti.
Nonostante questa consapevolezza però, Raffaello si sentiva arrossire quando gli occhi della donna si posavano su di lui per rimanerci qualche istante più del dovuto.
Dopo una rapida presentazione dell’università e degli obiettivi del piano di studi, la professoressa Palma si concentrò sui contenuti della sua materia d’insegnamento illustrando, a grandi linee, con cosa i ragazzi si sarebbero trovati a fare i conti nei mesi a seguire.
Molti prendevano appunti. Alcuni chiacchieravano tra loro. Raffaello non distoglieva lo sguardo dalla docente e gli sembrava che lei lo guardasse molto più spesso e con più attenzione. La cosa lo imbarazzava sebbene, al tempo stesso, lo lusingasse molto. Si ritrovò a fissare la donna senza ascoltare le sue parole. Attratto da quelle labbra morbide e sensuali che, nel parlare, urtavano l’una contro l’altra lasciandone intuire la consistenza. Rapito da mani con dita lunghe ed affusolate, impreziosite da uno smalto rosso acceso, che trapelavano classe dal modo nel quale si muovevano. Perso in quegli occhi chiari che guizzavano qua e là per la stanza e si accendevano di passione, mentre illustravano alcuni dei principali istituti della materia di competenza della professoressa. Spesso si ritrovava a fissare il torace della donna, per cercare di intuire qualcosa di più di quei grossi seni celati dal sottile velo di cotone della camicetta. Il tessuto bianco, illuminato dai faretti dell’aula, lasciava intravedere la linea di bordo delle coppe del reggiseno, ma nulla più di questo.
Raffaello sentì il suo pene crescere sotto gli abiti, mentre i suoi pensieri inconsulti sulla donna si susseguivano e moltiplicavano in modo incessante. Immaginava come dovesse essere nuda, se fosse fantasiosa a letto, se si sarebbe fatta prendere lì, sulla cattedra, da uno sbarbatello come lui. Quasi involontariamente la sua mano si posò sulla patta dei suoi jeans, massaggiando lentamente il suo membro in erezione.
Per un momento si guardò attorno, preoccupato che qualcuno potesse notare i suoi movimenti. Nessuno alla sua immediata destra, né alla sua sinistra. Ai più lontani la visuale era certamente celata dalle pareti laterali delle panche che, da poco sotto l’altezza del suo sterno, si protraevano sino al pavimento.
Il fronte delle panche era coperto solo in parte, tuttavia alle due o tre file davanti a lui la visuale sarebbe stata impedita dalla prospettiva, mentre da quelle più in basso la visione sarebbe stata quasi impossibile a causa degli altri studenti frapposti tra lui ed eventuali osservatori casuali.
Solo dall’altezza della cattedra e, dunque, da dove si trovava la professoressa Palma, lo spettacolo sarebbe potuto risultare alquanto nitido. Ma bastava tenerla d’occhio, ed era una cosa che Raffaello stava già facendo da prima.
Dopo quest’accurata indagine, durante la quale la sua mano non aveva mai smesso di massaggiare il suo membro, il ragazzo si sentì più tranquillo nel continuare quell’inevitabile stimolazione.
Si bloccava solo quando la docente posava i suoi occhi su di lui, per continuare quando lei spostava lo sguardo altrove. Più volte i loro occhi si erano incrociati durante quelle pericolose manovre, e a Raffaello era persino parso che lei gli sorridesse con aria ammiccante quando ciò capitava. Tentò di ricacciare indietro l’idea. Tuttavia, la stessa lo stimolava, facendo aumentare la sua eccitazione e portandolo, inevitabilmente, ad essere meno lucido nelle sue azioni. Per un paio di volte non ebbe la prontezza di riflessi necessaria ad arrestare la sua fugace masturbazione e, probabilmente, la professoressa si accorse dei suoi occhi che la fissavano e della sua mano che, in maniera lenta ma costante, esercitava pressione sul suo membro, teso quasi allo spasimo.
Ebbe un tuffo al cuore quando notò che, con estrema naturalezza, la docente si morse il labbro inferiore, facendo scorrere il suo sguardo dai suoi occhi alle sue gambe, sorridendogli nel notare che lui non aveva arrestato il suo impudico movimento.
Raffaello si sentì avvampare. Pensò quasi di aver avuto un’allucinazione. Poi la cosa si ripeté un’altra volta, e un’altra ancora. Ormai era chiaro, la professoressa aveva ben compreso le sue azioni e non sembrava infastidita da esse. Anzi, era quasi come se lo incoraggiasse. Il ragazzo si sentì ancor più eccitato dalla strana circostanza.
La professoressa Palma, perfettamente in sé, continuava senza esitazione la sua lezione, tenendo gli occhi degli studenti incollati sulla lavagna e sui quaderni dinanzi a loro. Indubbiamente era una donna carismatica, e Raffaello si sentì rincuorato dal fatto che l’attenzione dei più fosse rivolta alla materia, in maniera tale che nessuno si sarebbe posto il problema di guardarsi troppo in giro.
Il ragazzo notò che la docente lo guardava sempre più spesso, ammiccando, seppur in maniera quasi impercettibile ad un osservatore disattento. A volte si leccava o mordeva le labbra. Agli altri studenti sarà parso un normale vezzo, ma Raffaello trovava stimolanti simili esternazioni, tanto più che la donna lo fissava in maniera intensa mentre le eseguiva.
Quando la donna si sedette nuovamente alla cattedra e, nel parlare, fece scorrere le dita su e giù lungo l’asta del microfono, fissandolo come sempre, Raffaello si sentì mancare. Ebbe l’impressione di dover prendere fuoco e avvertì il suo pene quasi fargli male, così compresso dal ruvido tessuto dei suoi pantaloni di jeans.
La professoressa malcelava un sorriso nel godersi le reazioni impacciate del giovane, ma si guardava bene dall’evitare simili provocazioni.
Raffaello, per un paio di volte, infilò la sua mano all’interno dei calzoni, per sistemare il suo sesso in modo tale che gli facesse meno male. Tuttavia, era duro e completamente eretto e, pertanto, tali manovre risultavano difficoltose, se non addirittura impossibili.
La professoressa appariva divertita da quanto accadeva in ultima fila, sebbene cercasse di nascondere i suoi sentimenti. Continuò per diverso tempo ad armeggiare con l’asta del microfono, come stesse stuzzicando un sottile fallo, poi fece un gesto che per Raffaello fu un vero colpo di grazia. Sbottonò i primi bottoni della camicetta, rivelando l’attaccatura del generoso seno e inclinandosi appena sul ripiano della cattedra, abbassando il tono della voce come per voler rendere complici delle sue parole le centinaia di studenti che affollavano l’aula 1.
A Raffaello, però, vero destinatario di quell’audace gesto, balzò il cuore in gola, e avvertì, lungo il suo pene, un ulteriore fremito d’eccitazione. Ormai la sua lucidità era calata a picco. In un attimo, decise di spingersi oltre. Si guardò intorno attentamente. I suoi sensi erano tesi a percepire ogni movimento circostante. Col cuore che gli palpitava nel petto, sbottonò i jeans e abbassò, con una lentezza esasperante per evitare di emettere qualsiasi rumore, la cerniera degli stessi.
La professoressa gli rivolse uno sguardo basito, incredula dell’audacia dimostrata dallo studente.
Ma Raffaello, ormai, era del tutto partito. Non ci volle molto, che tirò fuori la sua asta turgida, perfettamente eretta e completamente visibile dalla docente in basso.
L’ansia si era completamente impadronita di lui, che continuava a guardarsi intorno con circospezione, ma, al tempo stesso, l’eccitazione era tale che un simile gesto gli parve quasi il naturale coronamento di quei momenti.
La sorpresa si leggeva chiaramente sul volto della professoressa Palma che, comunque, si sforzò di mantenere la concentrazione sulle sue parole, sebbene la sua voce apparisse a tratti spezzata e non più sicura come fino a pochi istanti prima.
Raffaello impugnò il suo membro. Lo avvertì duro e caldo, riusciva a percepirne le venature che si propagavano lungo l’asta. Sentire il suo pene così teso e gli occhi della donna bionda a pochi metri da lui posarsi sempre più spesso e più a lungo su di esso lo inorgogliva, regalandogli sensazioni di potenza, quasi impugnasse una pesante spada da combattimento.
Iniziò un lento su e giù, esponendo il glande quando la professoressa guardava, sempre più compiaciuta, nella sua direzione. Lo toccò, avvertendolo gonfio e sensibile al tatto. Poi tornò a sfregare le sue mani sull’asta.
Il ragazzo notò pause più frequenti e prolungate nelle parole della professoressa. Lei, sempre più spesso, si soffermava ad osservare il possente membro esposto al suo sguardo. Raffaello ebbe l’impressione che lo stesso colorito della donna stesse accentuandosi verso un rosso più acceso.
Mentre lui continuava la sua masturbazione, la docente tornò a sedersi. Una mano sfiorava l’asta del microfono allo stesso ritmo che Raffaello imponeva al suo pene, l’altra era scomparsa sotto la pesante scrivania in legno massiccio, interamente coperta da pannelli sui tre lati esposti al pubblico.
Raffaello non era certo delle attività nelle quali potessero essere impegnate le dita della mano destra della professoressa. Eppure la sua voce, sempre più roca, i discorsi, sensibilmente più confusi, e lo sguardo, calamitato sul suo membro, lasciavano intendere che anche lei fosse preda di una grande eccitazione.
Raffaello aumentò il ritmo della sua stimolazione, immaginando le dita della docente insinuarsi nelle sue mutandine e stimolare il suo sesso bagnato da copiosi umori, che andavano espandendosi fino ad impiastricciarle le dita e inumidire i peli pubici.
Alle dita della professoressa sostituì idealmente le sue, mentre la masturbava in un’aula vuota, prima di costringerla in piedi e denudarla completamente.
La stretta sul suo pene si faceva sempre più vigorosa, come più rapida proseguiva la masturbazione.
Arrivò presto al punto di non ritorno. In quel momento fissava negli occhi la professoressa. Poi, lei distolse lo sguardo, portandolo ancora sul suo pene e faticando, sempre più, a trattenere la sua lussuria dietro un’aria professionale.
Il ritmo masturbatorio di Raffaello era ormai forsennato. Sentiva il suo pene al massimo dell’erezione. Dentro di sé, gioiva del fatto che la donna oggetto delle sue fantasie lo osservasse con altrettanto desiderio. Le immagini di quella donna nuda, preda dei suoi istinti e posseduta selvaggiamente nella stessa aula che condividevano in quel momento, si susseguivano nitide e prorompenti nella sua mente. Inebriato da quei pensieri, avvertì il suo membro pulsare e riuscì nitidamente a vedere densi e cremosi fiotti di sperma sbucare da sotto il ripiano della panca per infrangersi sul pavimento e sugli arredi circostanti, mentre percepì un sussulto nella voce della docente che, per un momento, si bloccò nella sua esposizione, chiudendo gli occhi e schiudendo appena le labbra.
Il pene di Raffaello non accennava a perdere consistenza nonostante il recente orgasmo. Tuttavia, il ragazzo decise che fosse più prudente mettere fine a quel pericoloso gioco e riporre il suo membro all’interno dei vestiti.
La sua eccitazione, però, tornò a montare inesorabile qualche minuto più tardi, quando la professoressa Palma, mettendo fine alla lezione, si affrettò ad aggiungere: ‘Per qualsiasi chiarimento, oggi pomeriggio dalle quattro alle cinque terrò il ricevimento studenti’. Prima di continuare fissò Raffaello: ‘In casi particolari possiamo accordarci per restare anche un’oretta in più’. Tornò, poi, ad osservare la classe nel suo complesso: ‘Tuttavia, mi aspetto che la maggior parte di voi rispettino questi orari’.
Terminata la frase, si alzò ed uscì dall’aula prima degli studenti, lanciando un’ultima occhiata a Raffaello, certa di rivederlo poche ore più tardi nel suo studio privato. Il sorriso di rimando del ragazzo lasciava trasparire la medesima convinzione.

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