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Racconti Erotici Etero

Domus pacis

By 4 Ottobre 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Un tempo la vasta tenuta, di molti ettari, delimitata dal mare e da confini approssimativi, era ‘La Marinella’, con la grande villa che, all’epoca, dava direttamente sulla spiaggia. Probabilmente l’imponente edificio era sorto sui resti di una vecchia fortificazione eretta a guardia della costa, contro lo sbarco di predoni che anche allora non mancavano. L’architettura era alquanto strana, un misto tra il moresco e un incerto stile gaelico, che, tuttavia, s’era andato ingentilendo nel tempo attraverso l’influsso barocco che, in effetti, era visibile e prevalente non solo nelle linee esterne, quanto negli interni.
Quella splendida villa era da tutti chiamata ‘La Contessa’, in epoca più recente, perché abitata da una splendida dama, anche se di età abbastanza avanzata, che era giunta sposa del giovane Conte Nicola, conosciuto in uno dei tanti viaggi che il nobile italiano faceva nella verde Irlanda. Era la Contessa Elena, così trasformato il nome originario, Eileen, e si era fatta benvolere da tutti. Parlava un perfetto italiano, e dopo la morte del marito decise di tornare nella sua terra, cedendo tutto, ‘La Marinella’ e ‘La Contessa’, alle suore del suo paese, Galway, al vecchio convento fondato nel lontano 1642.
Così, ‘La Contessa’ si &egrave trasformata in ‘Domus Pacis’, e con un intelligente operazione finanziario-immobiliare, ‘La Marinella’ &egrave divenuto il Villaggio ‘Stella Maris’. L’intera proprietà, diversi ettari, &egrave stata delimitata in catasto, ed anche sul terreno. Una parta &egrave stata destinata a villette monofamiliari, non vendute, ma fittate a canoni abbastanza sostenuti, molto ricercate nella stagione estiva, per la magnifica spiaggia, il mare, il verde, le attrezzature, gli spazi retrostanti, dov’&egrave possibile cavalcare, e riposare al fresco di una alta e curata vegetazione.
Grazie a speciali concessioni vaticane, e ad accorte manovre immobiliari, &egrave stata ottenuta una concessione del litorale anche se, logicamente, &egrave sempre salvo il diritto dell’accesso pubblico alla fascia che va dalla battigia alla distanza legale.
Ora, una larga e ben curata litoranea, privata, costeggia il mare, ben distante dall’acqua, e passa anche dinanzi alla ‘Domus Pacis’, che ospita un centro di formazione per personale femminile, religioso e laico, destinato alle missioni, specie nel terzo mondo.
Rimangono fermi i voti di ‘castità’, ‘povertà’ ed ‘obbedienza’, ma la regola originaria, di Galway, &egrave molto cambiata.
Madre Cecilia, che in Irlanda si chiamava Sheila, dirige il centro, ed &egrave superiora della comunità, da diversi anni.
Una simpatica quarantenne, alta, di carnagione bianchissima (guai a prendere il sole) con tante efelidi, e malgrado la sua precisione, interiore ed esteriore, non riesce a nascondere la sua rossa capigliatura.
Come tutte le estati, il Villaggio si affollava e la ‘Domus Pacis’ si svuotava: vacanze un po’ per tutte, allieve, novizie, insegnanti, suore. Anche perché una breve permanenza in famiglia serviva a rafforzare la vocazione missionaria o a dimostrare che era meglio cambiare strada.
Madre Cecilia e qualche consorella restavano, con le laiche necessarie ad aiutarle. Quell’anno, poi, c’erano i lavori di ristrutturazione, specie dei servizi, che dovevano essere eseguiti con la massima celerità per essere finoti prima del rientro del ‘grosso’ ospitato nella Villa.
Piero Mari era incaricato della direzione dei lavori. Era già stato alla Domus, per rendersi conto che il progetto fosse aderente alle necessità e realizzabile, ma non aveva avuto modo di soffermarsi a lungo con Madre Cecilia.
L’Ingegner Mari aveva deciso di trattenersi, e sperava di trovare ospitalità al Villaggio.
Fu così che quel lunedì mattino, attese Madre Cecilia all’uscita della cappella.
La superiora lo invitò a colazione, poi andarono nel suo studio, per parlare dei lavori in programma, ma iniziarono col parlare di loro stessi.
Mari era stato in Irlanda, e se ne dichiarava incantato.
Era uno scapolo impenitente, di poco più di quaranta e, ridendo, aveva detto che ognuno aveva preso i suoi voti, chi in un modo e chi in un altro.
‘Ma, Madre, in cosa consiste la preparazione di persone destinate alle Missioni?’
Madre Cecilia sorrise, con quella sua aria incantevole. ‘Vede, Ingegnere, Si inizia sempre da una formazione umana. E’ indispensabile formare prima “l’uomo” e poi il sacerdote, la suora, la laica missionaria.
Oggi questa formazione &egrave meno garantita dalla famiglia e dalla società. All’interno del nostro ordine la formazione &egrave quindi un problema impegnativo da affrontare”
‘Certo, Madre, che dovete farne di rinunce.’
Il volto della suora assunse un’espressione indecifrabile.
Cecilia sentiva, stranamente, lei che era nell’ordine da quando era bambina, il desiderio di aprirsi, di raccontarsi come mai le era accaduto. Aveva il desiderio, il bisogno, di ricordare il passato, di ricordarlo come era veramente stato, non nella forma costruita ad uso e consumo dell’ascoltatore. Era nel loro modo di vivere, di quelle religiose o comunque indirizzate su quel cammino, esaltare la ‘vocazione’, idealizzare e spiritualizzare la vita, i voti, cingersi di una aureola o mostrarsi anelanti quasi al sacrificio, alla privazione, alla rinuncia, al dono di sé stesse, fino all’ immolazione.
Mari aveva le sue idee, in proposito.
Anzitutto, perché soffocare la natura? La castità! Perché rinnegare la libertà di pensiero e azione? L’obbedienza! Perché rinunciare a qualche piccola comodità, se e quando possibile? La povertà!
Certo ‘pensava Mari- che se lasci per anni una terra senza curarla, la privi dell’acqua, del seme, delle attenzioni, essa inaridisce, desertifica. Ed aveva la sensazione che, tutto sommato, questo ‘deserto’ era in molti di quei, o quelle, persone rinunciatarie.
Madre cecilia, lo guardò. Serena, distesa. Fece un profondo sospiro.
‘Molto spesso, troppo spesso specie nel passato, si rinuncia a ciò che non si conosce e si accettano condizione delle quali non &egrave dato, al momento, valutare la portata. Poi si entra nel giro’ e si procede.’
‘E’ un po’ contro natura, contro logica, madre!’
‘Si può sempre uscire dall’ordine.’
‘Ma non ci si sente smarriti, disorientati, a dover affrontare una realtà così diversa’?’
‘Diversa da cosa, ingegnere? Noi dobbiamo lottare per le esigenze di vita della comunità; la nostra condizione particolare porta anche a sordi risentimenti, perfino ad odio’; e tra noi non manca chi vuole arrampicarsi, raggiungere il potere, gestirlo. Una specie di ansia compensativa’ Non so se riesco a spiegarmi.’
‘Forse la comprendo, madre, ma seguito a non capire tante cose.’
Mari chiese scusa, ma doveva andare a vedere come avevano cominciato a lavorare.
Madre Cecilia gli tese la mano. Lui la prese tra le sue, la trattenne un po’, si chinò a baciarla, ma non con devozione. La baciò perché era una bella mano, curata, delicata, e apparteneva a una splendida donna dagli occhi verdi e dai capelli rossi.
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Cecilia non si mosse, restò pensosa, perplessa.
Era usa a leggeri, impercettibili sfioramenti, e molto spesso era solo un accenno di ‘baciamano’. Niente di più. Quella volta, invece, aveva perfettamente sentito calde e umide labbra posarsi sulla sua pelle, sostarvi, baciarla, quasi succhiandola. Era stata percorsa da una strana sensazione, da un brivido. Erano le labbra di un uomo.
Si avvicinò al balcone che affacciava sul mare.
In quel tratto la spiaggia, riservata alla Domus, era deserta. Un paio di persone la attraversavano, là dove l’onda va a morire. La zona appartenente al Villaggio, invece, andava popolandosi.
Lei rimaneva a lungo a guardare il mare, la spiaggia, i bagnanti. Da qualche tempo aveva ceduto alla curiosità, aveva acquistato un potente binocolo, di quelli che possibilmente devono essere poggiati, e lo usava, con la massima discrezione, a porta chiusa e senza affacciarsi sul balcone, per avvicinare così le persone. Sembrava toccarle. Anche le barche, piccoli punti all’orizzonte, divenivano grandi, si distinguevano chiaramente gli occupanti e cosa facevano. Qualche donna riteneva inutile indossare il reggiseno, mentre prendeva il sole. Madre Cecilia, Sheila, le aveva scrutate attentamente: sdraiate, sedute, in piedi’ Poi, nell’intimità della sua camera ‘anche se si chiamava ‘cella’- s’era guardata allo specchio. Veramente nulla da invidiare a quelle ‘ amanti del sole. Seno perfetto, il suo, latteo, con piccola areola e una ciliegina al centro. Si guardava e cercava di comprendere come fosse possibile esporsi così, in pubblico, con tanta gente che passava, con tanti’ uomini.
Mentre tutto ciò attraversava la mente della bella Cecilia, si accorgeva di scuotere leggermente la testa, di serrare le labbra.
Gli uomini!
Suor Gladys, la sua istitutrice di Galway, si faceva il segno della croce quando li nominava. ‘Strano’ ‘pensava la piccola Sheila- ‘ma non era lì per consacrarsi a un uomo? Sia pure figlio di dio?’
Per suor Gladys uomo era sinonimo di demonio, fuoco che brucia e distrugge, come le fiamme dell’inferno. Ciò fino al punto che cercava di non toccare un maschio, fosse pure suo fratello, ma si sorprendeva a desiderare, invece, di abbracciare e abbracciare il suo adorato papà.
Uomini, lupi affamati, sempre a caccia di povere pecorelle, di giovani agnelli sacrificali, di inermi fanciulle.
Uomini rappresentati come caproni dalla testa umana.
Le cose s’erano alquanto cambiate, col trascorrere del tempo, nel pensiero di Sheila, ma era pur sempre guardinga, perfino della mano del confessore quando gliela tendeva per farsela baciare, dopo la benedizione.
A Galway anche lo specchio era strumento diabolico.
Poi, soprattutto da quando si interessava delle missioni nel terzo mondo, aveva modificato quel modo di considerare il sesso maschile. Il periodo trascorso nell’ospedale di Khyky, in africa, l’aveva messo di fronte alle realtà quotidiane, e le aveva fatto conoscere un mondo che adorava la natura: il sole, l’acqua, la terra feconda, la vita, la nascita. E rispettava la morte. Ciò che quel mondo non comprendeva era la ‘castità’. Qualcosa contro natura. Perché il missionario non doveva avere una donna? Perché le caritatevoli e premurose suore che curavano, specie i bambini, li lavavano, li accudivano, non potevano averne dei loro?
Gente semplice, che ripeteva, nella propria lingua, ‘misterium fidei’, ma non ne afferrava il significato.
In effetti, per i missionari tutta quella esposizione di grazie muliebri era una continua tentazione e madre Cecilia sorrideva ricordando che anche alcuni di quei monumentali uomini color ebano erano molto attraenti, e dimostravano la generosità del Signore nell’averli creati a quel modo. Solo che lei, e le consorelle, avevano fatto voto’
Il binocolo le mostrava piccole e non sempre superficiali tenerezze tra i sessi. A tutte le età. Era rimasta avvinta dallo spettacolo, nella barca al largo, nelle ore pomeridiane, quando tutti riposano, di un aitante lui che, denudata una altrettanto splendida lei, avevamo mostrato una evidente erezione (il diavolo!) ed era andato a nasconderla subito nel grembo della femmina vogliosa e anelante. Uno spettacolo incantevole, e nel contempo violento, ammaliante e sconvolgente. E Cecilia sentì, appunto, sconvolgersi il suo grembo, come non le era avvenuto neppure all’epoca dei primi naturali turbamenti dell’adolescenza.
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Dopo una notte alquanto agitata, con sogni confusi, un senso di scontentezza, di inquietudine, un’ansia ingiustificata, come in attesa di qualcosa che dovesse accadere’ -ma cosa?- si destò completamente, sudaticcia, e desiderosa di una doccia che si augurava rigenerante. Guardò l’orologio. Più presto del solito. Si fece il segno della croce e iniziò le sue pulizie personali.
Indugiò sotto la doccia, e lasciò scorrere lungamente l’acqua, appena tiepida, sulla pelle che aveva bisogno di sentirla scivolare, lentamente, come una carezza.
Già, una carezza.
Non sapeva cosa fosse. Forse come quel troppo breve contatto tra la sua mano e quelle di Piero Mari.
Chiuse l’acqua, prese il telo, non lo poggiò subito sul suo corpo, sostò dinanzi al lungo specchio, a guardarsi.
Si asciugò con estrema lentezza, spazzolò i capelli.
Non era nella regola tagliarli, ma nell’uso. Lei li aveva conservati, e curati. Le giungevano ai fianchi, i bei fianchi, tondi, sodi. Aveva dei riflessi rame, quasi come lingue di fuoco.
Nella stagione calda non indossavano il soggolo, la fascia che circonda il collo e copre il viso, ma una semplice cuffietta, bianca, che nel suo caso conteneva con difficoltà la voluminosa crocchia, Irish flaming red, rosso fuoco irlandese, che non si affrettò a celare, come era solita a fare.
Guardò le labbra, allo specchio, e le strinse per farle divenire ancora più scarlatte. Si attardava a osservarsi come donna e, non poteva nasconderlo, a pensare a come l’avrebbe considerata Piero. Pensò a Piero, non all’ingegner Mari.
Non avrebbe dovuto tardare. Alcuni operai erano già al lavoro.
Guardò dal balcone. In quel momento, infatti, stava entrando con la sua auto, e andò a parcheggiare sul retro.
Si affrettò a scendere e’ per caso’ lo incontrò mentre iniziava a salire le scale.
Gli rivolse un sorriso affascinante, femminile.
‘Buon giorno ingegnere, già in attività!’
‘Si, voglio dare uno sguardo al terrazzo. Dobbiamo realizzare un solarium, e penso che cercherò il modo per metterci delle tende, a rientranza, per creare anche zone d’ombra. Perché non viene a vedere? Su, con me. O la spaventa l’impalcatura sulla quale si deve salire?’
‘Volentieri’ ma prima le proporrei un caffé. E’ buono, sa’ non di quelli che, come si dice, fanno le monache!’
‘D’accordo.’
‘Venga, ce lo facciamo portare nel mio studio.’
Andarono nello studio di Cecilia. Chiamò, col telefono, la cucina e pregò di portarle del caffé, latte, biscotti.
Sedettero sul divano che, nell’angolo, formava un salottino.
‘Ha già fatto colazione, ingegnere?’
‘No, un semplice caffé’ dopo la colazione offertami ieri’ ci speravo.’
In quel momento si sentì bussare alla porta, entrò una giovane domestica e mise il vassoio, completo di tutto, sul tavolino dinanzi al divano.
Madre Cecilia servì Piero.
Lui gustò tutto, riconoscendo la bontà d’ogni cosa.
Guardò la donna.
‘E’ tutto così bello e buono, qui.’
‘Grazie.’
‘A cominciare da lei, Madre Cecilia’ o vuole che la chiami Madre Sheila?’
‘Va bene anche Sheila solamente’ non mi sento chiamare così da tempo immemorabile”
‘E lei, può chiamarmi Piero?’
Rise di cuore, la suora.
‘Ma &egrave così che si chiama, no?’
Finirono la colazione.
‘Allora, Sheila, saliamo sul tetto?’
‘Saliamo.’
‘Per vedere alcuni particolari preferirei fare le scale, non prendere l’ascensore.’
‘OK’
Uscirono dallo studio, si avviarono allo scalone.
L’ultima parte, dopo il quarto piano, si restringeva per raggiungere il terrazzo, che si estendeva per quasi tutta la superficie dell’edificio. Madre Cecilia era dinanzi a Mari, si vedeva il muoversi delle natiche, sotto la leggera tonaca, e Piero ne seguiva incantato lo spostamento. Era veramente una visione pregevole. Chissà com’era il ‘resto’ di Madre Cecilia, di Sheila.
Erano sul tetto, sul terrazzo. Intorno, era stato creato un parapetto di fortuna, di tubolari. Sheila vi si avvicinò, ma ad un tratto si ritrasse, come se presa da vertigine, e si trovò addosso a Piero, che si affrettò a sostenerla. Una mano sulla vita, l’altra sotto braccio. Sentì i tepore dell’ascella, la sodezza del fianco, il morbido del seno. La trattenne così, a lungo. Lei vi si appoggiò con tutto il peso del corpo, sussurrando parole di scusa, dicendo che non credeva che sarebbe stata assalita da un capogiro. E non accennava a diminuire, il giramento di testa, e anche il leggero senso di stordimento che quell’ improvviso accostamento andava facendo aumentare, anziché diminuire.
Quasi l’abbracciava.
I primi bagnanti entravano in acqua.
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Nel silenzio del suo studio, nel quale giungevano, soffocati, i brusii della spiaggia e i rumori dei lavori in corso, M.Cecilia era seduta in poltrona, nell’angolo salottino, guardando nel vuoto, verso il balcone che dava sul mare. Era perplessa e turbata. Soprattutto sorpresa.
L’attività che svolgeva la motivava e la coinvolgeva. Le piaceva. Ciò le faceva venire in mente la parola ‘vocazione’, e l’andava analizzando minuziosamente. ‘Vocazione’ come naturale disposizione verso quelle attività, certamente sì.
‘Vocazione’ come ‘chiamata’ di dio a un certo tipo di vita che comportava determinate rinunce. Beh, doveva rifletterci. Questo tipo di vocazione, lo sapeva, &egrave una forza che si conquista giorno per giorno, ed era da qualche tempo che, invece di conquistarla, tale forza, andava perdendola. Lo specchio le rimproverava certi ‘voti’, tutta sé stessa lo disapprovava, le rimproverava una frettolosa e non soppesata privazione di qualcosa di naturalmente necessario. Unica scusante, era che all’epoca dei ‘voti’ non aveva avuto modo di conoscere la portata del sacrificio, cui si doveva aggiungere l’ossessione che, in qualche modo, le era stata instillata nella mente, verso tutto quanto riguardava il sesso.
Scuoteva la testa.
Rinuncia al sesso, ‘castità’. Ma che sciocchezza. Se anche i suoi genitori l’avessero innaturalmente osservata lei non sarebbe stata lì, in quel momento. E nemmeno avrebbe incontrato Piero.
Sì, a quaranta anni aveva provato per la prima volta quella strana e indescrivibile sensazione che, secondo quanto le era dato conoscere, si definiva attrazione sessuale. Il contatto con Piero le faceva accapponare la pelle; era attraversata da un brivido che si trasformava in calore sulle labbra e’ nel grembo. Aumentavano le pulsazioni, specie nelle tempie, sentiva incontrollabili contrazioni del sesso, come se succhiasse a vuoto! Così non poteva andare avanti. Doveva trovare una soluzione. Forse simulare una malattia e farsi trasferire altrove, almeno temporaneamente, fin quando i lavori non fossero terminati.
Mentre così andava elucubrando la sua mente. Piero bussò alla porta, l’aprì, si affacciò, le sorrise con tenerezza.
‘Ma quale trasferimento’ ‘pensò M.Cecilia- ‘perché!
Non ricordava dove aveva letto una scherzosa esortazione seminariale: nisi caste, caute! Se non castamente, con prudenza. Ecco, ci voleva prudenza. Della castità ne aveva abbastanza! Sì ‘rifletté- ma ‘lui’ che dice? Non &egrave che sia io a montarmi la testa, a infatuarmi, a illudermi?
‘Avanti, Piero, avanti.’
Si rassettò, assunse l’aspetto cordiale di sempre. Anzi no, l’espressione era diversa dal solito, era felice, quasi incantata. Una visione che la turbava, piacevolmente, la rimescolava.
Entrò.
‘Buon giorno Sheila.’
L’accostamento poteva sembrare blasfemo, ma le venne in mente la visita di Maria ad Elisabetta. Quando Elisabetta udì quel saluto, il bimbo che aveva nel seno sussultò.
M.Cecilia sentì il sussulto in lei, nel vuoto del suo grembo.
Ormai se ne rendeva conto. Era in una spirale, che andava stringendosi sempre più.
In attesa della solita colazione, Piero le prese una mano e la guardò.
‘Oggi c’&egrave un’espressione particolare nel tuo volto, nei tuoi occhi.’
Si era rivolto a lei col ‘tu’. Che doveva fare?
‘Grazie. E’ che mi sento bene, e sto comprendendo qualcosa della vita che m’era finora sfuggita.’
Lui non le lasciava la mano.
Lo fece quando la domestica entrò col vassoio.
Erano seduti vicinissimi, sul divano. Si toccavano. Lui sentiva il tepore di lei. Lei percepiva i muscoli della coscia di lui.
Piero sentiva di essere ‘preso’ da quella creatura.
Si domandava se non fosse quell’abito, segno di divieto assoluto di certe cose, ad attrarlo. Il piacere del proibito.
No, era quel volto, quegli occhi, il ricordo di averla sentita tra le sue braccia, mentre la sorreggeva sul terrazzo. La sensazione dello sfiorare del seno, dei fianchi.
Dopo il t&egrave, le prese ambedue le mani e la guardò negli occhi.
‘Sei veramente incantevole, Sheila!’
Fu come una folgore nella testa di M.Cecilia.
Sentì che avvampava, e la testa le girava.
Non riusciva a pronunciare parola. Era come paralizzata. Cosa doveva fare? Alzarsi, fuggire? Guardava Piero con occhi spalancati, impauriti, turbati, e nel contempo imploranti. Imploranti cosa? ‘Lasciami’? ‘Vade retro’? O supplicanti qualcosa che non aveva mai avuto fino allora?
A rompere ogni perplessità fu Piero. Si avvicinò al volto di lei, e la baciò sulle labbra. Labbra tremati, ma che rimasero serrate.
Quando si allontanò, e le baciò entrambe le mani, lei lo guardò con occhi pieni di lacrime, e scosse il capo. Ma senza convinzione.
La sua voce era bassa, roca.
‘No’ vedi’ Piero’ sono una suora”
‘Sei una donna, Sheila, una magnifica donna!’
Restarono così, senza parlare.
M.Cecilia, era priva di forze.
Si schiarì la voce.
‘Forse devi andare al lavoro”
Lui le sorrise, le baciò ancora le mani, le carezzò fugacemente il volto, si alzò e uscì dallo studio.
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Sheila non riusciva a comprendere quale fosse la ‘retta via’ da percorrere. Forse &egrave più esatto dire, che non voleva comprenderlo.
Sentiva che qualcosa, improvvisamente, le aveva sbarrato la strada. Come un cartello che indicava: ‘deviazione obbligatoria’!
Deviazione! E scuoteva il capo.
C’era come una luce sfolgorante in quella deviazione. Era luce che l’avrebbe illuminata, allietata, rallegrata? Era luce saggia, sapiente? Era ‘rivelazione’? O, invece era solo riverbero d’un fuoco distruttore?
Per certo non era infatuazione adolescenziale.
Lei sentiva cosa le suggeriva l’istinto naturale, cosa reclamava imperiosamente.
Si sarebbe rimproverata di averlo seguito, o avrebbe rimpianto non averlo ascoltato?
Rimase pensosa, a lungo.
Quando si alzò dalla poltrona, aveva deciso.
Avrebbe sfidato le fiamme.

Piero, dal canto suo, stava riflettendo, profondamente.
Com’era possibile invaghirsi di M.Cecilia?
Era sicuro che l’abito non avesse una parte essenziale in questa sbandata?
Era dibattuto, tormentato.
Per lui, in fondo, sarebbe stata una piacevole, e forse appassionante relazione, che sarebbe durata chissà fino a quando. Ma per lei, cosa poteva significare? Un vero e proprio sconvolgimento nella vita.
Valeva la pena tutto ciò? O era solo un capriccio? Il desiderio di riuscire in quella che normalmente non viene considerata un’impresa facile?
‘Vediamo ‘si disse- se Sheila dovesse decidere di lasciare il velo per venire a vivere con me?’
Si, ma per quanto tempo? E dopo?
Comunque quella donna l’attirava, lo aveva stregato.
Comprendeva il rischio cui andava incontro, ma sul piano meramente materiale era sicuro che non sarebbe stato deluso. Quella rossa irlandese era certamente tutta un fuoco, sia pure troppo a lungo soffocato dalla cenere che lei aveva voluto cospargervi.
Pensò che doveva trovare il mezzo per cercare di conoscere il vero pensiero di M.Cecilia.
Le telefonò perché ‘disse- doveva parlarle di alcuni problemi inerenti i lavori.
Lei lo avrebbe atteso, in ufficio, tra un’ora.

Fu cortese e nel contempo affettuoso, Piero.
‘Credo che vi sia la necessità di interpellare la Casa Generalizia, che &egrave la principale finanziatrice dei lavori, di alcune modifiche che si rendono necessarie. Pensavo di andarci, possibilmente insieme. Si sa che il parere della Superiora-direttrice, diretta interessata all’esito dei lavori stessi, può essere determinante.’
Lo aveva ascoltato attentamente, ma nel contempo pensava anche ad altro.
‘E’ possibile farci un salto, con la mia auto?’
‘Insieme?’
‘Se possibile. Potremmo anche parlarne durante il viaggio, che non &egrave molto breve. Io ne profitterei inoltre, all’andata o al ritorno, per fare una capatina alla mia casetta al mare, sulla costa opposta a questa, per vedere se abbisogna di manutenzione. Una brevissima sosta. E’ sulla strada, non sull’autostrada, circa cento chilometri prima di Roma. Niente di particolare, ma per me carina e accogliente.’
‘E quando dovremmo partire? Devo avvertire la Madre Generale.’
‘Io direi che potremmo partire domattina, viaggiare comodamente, e l’appuntamento potrebbe essere preso per dopodomani.’
‘Va bene. Alle otto, domani?’
‘Sarò qui alle sette e mezzo. Colazione e poi’via.’
Chiacchierarono del più e del meno, distrattamente, perché ognuno sapeva che stavano avviandosi a un punto di ‘non ritorno’.
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M.Cecilia aveva poco bagaglio.
Piero aveva messo la sua valigia nel portabagagli, dove ripose anche il borsone della suora.
Si allontanarono lentamente, raggiunsero l’autostrada.
Piero guidava senza fretta.
Parlavano del tempo, cercavano argomenti vaghi, indeterminati.
Ad un certo punto M.Cecilia gli pose una mano sulla gamba. Affettuosamente.
‘Se non hai nulla in contrario, vorrei entrare nella prossima città, andare in un grande magazzino di abbigliamento.’
Piero la guardò, interrogativamente.
Lei gli sorrise.
‘Io ti attenderei in auto’ tu dovresti, cortesemente, comprare un abito, per me, non troppo chiaro, non attillato. Diciamo un tipo chemisier, taglia 46, e scarpe col tacco non troppo alto, intonate col colore del vestito, numero 6 e mezzo. Poi ti spiegherò.’
Non fu facile parcheggiare, ma Piero preferì andare nel retro di un grande Albergo, verso il lungomare, e pregò Sheila di attenderlo al caffé. Lei aveva tolto il foulard, ma mantenuto i rossi capelli raccolti.
Tornò dopo più di mezz’ora.
Chemisier di un morbido color noisette, e qualche righina più scura; scarpe intonate e di sua iniziativa Piero aveva acquistato calze e reggicalze.
Sheila approvò tutto, con entusiasmo, sorrise vedendo calze e reggicalze.
Misero tutto sul sedile posteriore dell’auto.
Ripresero la strada e l’autostrada.
M.Cecilia si rivolse a Piero.
‘Non hai chiesto del perché di quelle spese’ anzi’ mi devi dire quanto devo rimborsarti”
‘Se non me lo hai detto”
Gli sorrise.
‘Non &egrave facile, per me’ potrei sbagliare tutto’ pensare l’irreale”
‘Certo che da queste parole capisco poco o nulla.’
‘No’ vedi’ il viaggio &egrave abbastanza lungo’ ed ho pensato che potrebbe scocciarti, quando ci fermiamo per il carburante, o al bar’ farti vedere con una suora, quindi’ potrei’ insomma”
Piero la guardò, scosse appena il capo, e le sorrise teneramente’ allungò una mano, la pose su quella di lei.
‘Sei meravigliosamente imprevedibile’ ma da quando non indossi qualcosa che non sia il vestito della tua congregazione?’
‘Da trent’anni’ chissà’ se sarò capace di muovermi”
‘Non c’&egrave che provare. Fra qualche chilometro c’&egrave un posto di ristoro, con una comoda toilette, in genere poco frequentata”
M.Cecilia annuì lentamente.
Piero fermò dinanzi alla toilette, per fortuna in quel momento la custode era andata al bar. M.Cecilia entrò, con la busta delle cose acquistate da Piero. Lui andò a fare il pieno, e parcheggiò all’ombra.
Quasi non s’era accorto che quella splendida signora, giovanile, sorridente, con lunghi capelli di fiamma, che andava verso lui, con passo agile, era M.Cecilia. Forse &egrave più esatto dire Sheila.
Rimase a bocca aperta, incantato.
L’ampio vestito non consentiva alcuna valutazione sul personale di quella bella creatura che, guardandola bene, doveva essere intorno ai trent’anni. Almeno questo sarebbe stato il giudizio di un ammiratore.
Piero le prese una mano, la sollevò, le girò intorno.
‘What a delightful vision.. &egrave così che si dice al tuo Paese, credo. Che visione affascinante. Incredibile, Sheila, sei veramente incantevole.’
Sheila cercava di nascondere il suo turbamento, la sua emozione, Si era vista nello specchio, era stata sul punto di rinunciare a tutto.
I battiti del suo cuore, il brivido che l’aveva percorsa’ il sussultare del grembo’ l’avevano spinta ad andare per la via che aveva deciso di percorrere. Strano, al contatto con la mano di Piero, a quelle parole, all’accenno alla sua lingua, le era sembrato che anche i suoi piccoli e trascurati capezzoli si fossero protesi per farsi carezzare dalla stoffa del reggiseno.
Già, reggiseno’. Biancheria intima’. Come avrebbe dovuto fare?
Ma era certa che Piero’ si diciamo le cose col loro nome’ che Piero la voleva?
Lei era certa di volerlo, lo desiderava pazzamente. Evidentemente quanto aveva, più o meno consciamente represso per tanti anni, era esploso violentemente, quasi animalescamente’ scosse la testa’ no’ non questa parola disgustosa’ era stata una esplosione naturale, propria della vita, e la vita era un dono del Signore.
Piero propose di fermarsi per un rapido ‘brunch’ e poi proseguire.
Lei aderì, quasi con gioia.
Si muoveva con disinvoltura, non aveva nulla del ‘monacale’, e si dimostrava a proprio agio.
Per finire, Piero le fece la sorpresa di portare, al tavolino dove avevano preso posto col vassoio del self-service, due Irish coffees, molto buoni, perché la barista, guarda caso, era una studentessa irlandese che durante l’estate si dedicava a lavoretti vari.
C’era ancora molta strada da fare. Ripartirono.
Fu spontaneo, per Piero, mettere la sua mano sulla gamba di Sheila. E lei la coprì con la sua.
Guidava non troppo velocemente.
Pensava di farle conoscere la villetta al mare.
Calcolava, mentalmente, a che ora, più o meno, sarebbero arrivati, quanto tempo si sarebbero fermati, e a che ora sarebbero giunti a Roma.
Avrebbe dovuto accelerare parecchio.
Perché? Era così bello sentire quel contatto.
‘Sheila, che ne diresti di fare una capatina alla mia casetta al mare?’
Nella mente di lei s’illuminarono mille luci: perché quella sosta, cosa si riprometteva Piero?
Rispose seccamente.
‘OK!’
In effetti Piero aveva qualcosa in mente, ma molto vaga. C’era un proposito chiaro, ma era confuso come attuarlo.
Pensò che la miglior cosa sarebbe stato affrontare apertamente l’argomento.
Non era un ragazzino, né Sheila era un’ingenua. Certamente aveva capito che lui la desiderava, forse le voleva bene, la amava. E il fatto che avesse trattenuto sulla coscia la mano di lui, aperta, e non immobile, era già un segno. Ma quale?
‘Sheila?’
Lo guardò, con volto disteso, sereno.
‘Si?’
‘Mi sposeresti?’
Questo non se l’aspettava, ma mantenne il selfcontrol.
‘Scusa?’
‘Sì. Ho detto: mi sposeresti?’
‘Ma sono una suora”
‘Lo so. Lasceresti il tuo abito per vivere con me, formare una famiglia, forse avere dei figli? Io sento di amarti, di volerti bene, e, logicamente, ti desidero pazzamente.’
Strinse la mano. Sentì irrigidirsi la gamba di lei.
Si voltò per guardarla in volto.
Gli occhi di Sheila erano lucidi, ma dal volto traspariva una luce nuova, un’espressione quasi estatica.
‘L’ho capito, Piero, come tu hai capito me. Lasciare tutto, però”
‘No, devi dire ‘prendere tutto’!’
‘Tu comprendi che sto vivendo qualcosa di sconosciuto, in me’ devo avere il tempo di riflettere”
‘Cio&egrave perdere tempo”
‘Non &egrave detto”
Due ore dopo erano giunti nella bella villa di Piero, in alto, sul mare.
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Quando Piero aprì l’uscio di vetro che dava sulla veranda, e si fece da parte per far entrare Sheila, la donna entrò lentamente, compunta, guardando intorno, come se si trattasse di un luogo sacro. Piero alzò gli avvolgibili. La sala fu invasa dal sole che andava lentamente tuffandosi nel mare.
Erano quasi al centro. Avevano lasciato ogni cosa in auto.
Sheila gli tese le mani, guardandolo con infinita tenerezza. Si avvicinò a lui, lo abbracciò, gli posò il capo sulla spalla. Lui le carezzò i capelli, il volto, le passò un dito sulle labbra, si chinò per baciarla. Lei rimase immobile.
Le labbra di lui si posarono su quelle di lei, tremanti ma chiuse. La lingua di Piero lambì la bocca della donna, cercarono di intrufolarsi, riuscì a dischiuderla appena, poi, finalmente, riuscì ad entrare, a incontrare quella di Sheila, la succhiò delicatamente, mentre stringeva a sé quella donna impacciata, insicura, esitante, e sentiva il seno, procace e sodo, sul suo petto. La sua gamba premeva sul grembo di Sheila.
Poi, lei gli si avvinghiò al collo e, un po’ a modo suo, gli ricambio il bacio. Si strinse a lui.
Tremava, Sheila, aveva le mani fredde.
‘Ti amo, Sheila’ ti amo’.’
Lei deglutì, a fatica’
‘Si, credo che anche io ti amo, non lo so con certezza, ma credo che sia amore’ amore terreno”
Lui l’abbracciò di nuovo, la baciò con maggior ardore, sentì che lei cercava di ricambiarlo. Le pose le mani sulle natiche. Erano come le immaginava, deliziosamente disegnate, tonde, salde, e al sentirsi così afferrate s’erano irrigidite.
Per la prima volta nella sua vita, Sheila percepì la manifestazione del desiderio sessuale d’un maschio, e ne era attratta e spaventata, quasi terrorizzata. Lei sentiva il suo grembo sobbalzare, il suo sesso agitarsi, e istintivamente, impulsivamente, naturalmente, desiderava intensamente riceverlo in sé, come rimedio unico per la sua sempre incalzante concupiscenza, ma’ era proprio quello il rimedio? San Paolo lo aveva detto, agli uomini: non ardete, sposatevi! E la sua rinuncia?
Si strusciò a lui, voleva conoscerlo meglio’
Nella sua mente correvano mille voci’ Eva conobbe Adamo e generò un figlio’
Senti contrarsi il suo sesso, e un calore la pervase, le sembrò che la sua vagina casta e integra trasudasse qualcosa di denso’
Quando si sciolsero dall’abbraccio, si guardarono sorridendo, a lungo.
Piero era eccitato, elettrizzato, era una donna magnifica, ed era certo che sarebbe stato un’altrettanto straordinaria amante, anche se certamente inesperta. Ed era quella inesperienza, quella semplicità, che lo provocava maggiormente. Sarebbe stato, era sicuro, il primo uomo di Sheila.
Come avrebbe affrontato, lei, quella ‘prima volta’?
Forse correva troppo.
Ma Sheila sarebbe stata d’accordo?
Le cinse la vita, andò verso il balcone che guardava il mare.
‘Dormiamo qui stasera?’
Lei guardava l’orizzonte.
Annuì, lentamente, più volte.
Chiese di rinfrescarsi un po’.
Piero la condusse al piano superiore, nella sua camera da letto, dov’era il bagno, corredato del necessario per qualsiasi occorrenza.
Sheila entrò, si chiuse a chiave, poi girò di nuovo la chiave nella serratura e riaprì. Tolse il vestito. Aveva una sottana di satin, nero. Reggiseno e mutandine, neri, senza particolari ricami. Si spogliò completamente. Constatò che quanto le era sembrato era accaduto: la pattina delle sue mutandine era bagnata. Ebbe un moto di contrarietà. La sua biancheria era nel portabagagli dell’auto. Del resto non poteva indossare nuovamente quelle che aveva appena sfilato.
Sulla mensola della doccia c’era un del sapone liquido delicatamente profumato, di una nota casa di cosmetici. La spugna era morbida. Aprì l’acqua, ne regolò la temperatura, piacevolmente tiepida, si insaponò, quel preparato le dava un senso di benessere, di tonicità. Di solito accadeva tutto rapidamente, ma quella volta indugiò, passò e ripassò la spugna schiumosa sulle spalle, sul petto, sulla schiena, sui glutei, tra i glutei, tra le gambe. Lasciò che la pioggerellina che cadeva dall’alto portasse via il sapone. Si assicurò che il suo cespuglio fiammeggiante, tra le gambe, fosse ben sciacquato. Passò la mano sotto le ascelle. Ebbe come un sussulto: lei non si era mai depilata. Cosa avrebbe pensato, detto, Piero?
E quel suo disappunto suggellava la sua decisione.
Si asciugò accuratamente, stracciò a pezzetti le mutandine e, in più volte, le fece sparire nel vaso della toilette, sorrise vedendo un flacone con una scritta in inglese: aftershoweririshfragrance, tutta di seguito, senza spazi. Uno spray speciale: fragranzairlandesedopodoccia. Ne fece uscire un po’. Delizioso. Decise di usarlo, lo spruzzò qua e là, ma non sul pube, con moderazione. Si pettinò con cura. Indossò reggiseno, vestaglia. Si accorse che quelle calze non le piacevano. Fecero la stessa fine delle mutandine. Calzò le scarpe.
Era trascorsa una mezz’oretta da quando aveva lasciato Piero. Lui era sceso nel soggiorno. Lei lo raggiunse.
S’era cambiato, aveva pantaloni chiari e camiciola intonata. Era evidente che anche lui aveva profittato di quel tempo per una bella doccia.
‘Che ne dici di un aperitivo?’
‘Alcolico?’
‘Leggerissimo, diciamo soft aperitif, a base di succhi di frutta, e con una sola goccia di gin?’
Gli sorrise.
‘But just a drop of gin. Solo una goccia di gin. OK?’
‘Certo, che me ne farei di una drunkard, di una ubriacona”
Preparò gli aperitivi, porse un bicchiere a Sheila. Bevvero.
Si avvicinò a lei.
‘Una goccia all’angolo della bocca. Ci penso io.’
Prese un tovagliolino, lo avvicinò al volto di lei, ma si chinò, contemporaneamente, e fece finta di succhiare la goccia. La baciò.
Sheila lo gradì ancor più del pur ottimo aperitivo.
‘Conosco un localino, giù, al mare, dove si mangia dell’ottimo pesce e si beve un vinello eccellente.’
‘Tu sei Gaio, adesso, e ubi Gaius.. dové Gaio lì &egrave Gaia”
‘E tu sei’ gaia?’
‘Di nome e soprattutto di fatto.’
Lo baciò sugli occhi, sulle labbra.
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Dopo una leggera e ottima cena, durante la quale si scambiarono, a volte un po’ artificiosamente, gesti di tenerezza, decisero che era l’ora di tornare a casa.
Sheila, pur non comprendendo appieno il proprio stato d’animo, si sentiva come chi debba affrontare la prova più importante della propria vita, una specie di prova del fuoco, dalla quale si può uscire vittoriosi e trionfanti, dimostrando la giustezza del proprio pensiero, la propria assoluta rettitudine, oppure si può restare distrutti, arsi, inceneriti.
Dal canto suo, Piero comprendeva di non essere completamente cosciente e consapevole del futuro. Posto che il presente si svolgesse come sperava.
Lontano, all’orizzonte, bagliori d’un temporale, e brontolio di tuoni. Una di quelle situazione nelle quali non sai se la burrasca si allontani o si avvicini.
Giunsero a casa.
Sheila andò dietro al balcone. Guardava il mare, dove i bagliori si susseguivano.
Piero le era alle spalle. L’abbracciò, stringendole il seno, aderendo al calore dello splendido fondo schiena. Sentiva la rotondità delle natiche, il solco che le divideva. Si sentiva benissimo. E la sua patta, gonfia e palpitante, vi si andò a inserire. Sheila ebbe un lieve movimento. Respirò profondamente.
Piero infilò la mano nel vestito, e riuscì ad introdursi anche nel reggipetto. Ora carezzava la pelle nuda, liscia, tiepida’ e il piccolo capezzolo che stringeva tra le dita. Gli sembrò che il sedere della donna ondulasse un po’. Doveva osare l’ultimo affondo, azione rapida e decisiva. Anche l’altra mano nel vestito, all’altezza del pube’ era preparato ad incontrare la stoffa, neppure troppo sottile, delle mutandine. Almeno così riteneva che fossero quelle indossate dalle suore. Fu sorpreso, sbalordito, colto alla sprovvista, dal sentire, invece il folto cespuglio dei riccioli che erano posti ad ornamento e custodia di quella che considerava l’ara pacis, anzi, meglio, la ‘domus pacis’, il luogo, la casa, della pace. Il termine ‘ara’ non gli piaceva, sapeva di sacrificio.
Sheila volse il viso verso lui. Era rossa in volto.
‘Scusa, ma non avevo con me di che cambiarmi’ era tutto in auto’ solo dopo abbiamo portato i bagagli di sopra’ scusa”
‘Scusa? E di ché, perché? Per farmi sentire la meravigliosa bellezza di te?’
La prese per la mano e si avviò verso la camera da letto.
Intanto, pensava se e che tipo di preliminari fossero opportuni, data la specialità della sua sempre più attraente partner. Forse qualcosa di leggero: baci, carezze, senza insistere troppo, senza particolari raffinatezze erotiche. Non era il caso di una stimolazione orale della vagina, né poteva attendersi una fellatio! La miglior cosa era di comportarsi secondo natura’
Sheila era di fronte a lui, immobile, indugiava’ in attesa di cosa?
Non aveva l’aspetto di una vittima ma di un fiore rigoglioso e inebriante in attesa di essere colto.
Piero le sbottonò lentamente il vestito, lo fece cadere a terra, e subito dopo il reggiseno.
Sheila apparve in tutto il suo splendore, armonia di forme, sinfonia di colori: il rosso dei capelli lunghi, quello più scuro del grembo, il rosato tenue della pelle, il vermiglio delle labbra e dei capezzoli, il verde smeraldo degli occhi sfavillanti.
Si avvicinò, le lambì il seno, i capezzoli.
La sollevò, dolcemente, la depose sul letto.
In un attimo fu nudo, con l’evidenza del suo desiderio.
Sheila lo guardò, aggrottò le ciglia. Non disse nulla.
Le fu accanto, la carezzò, teneramente, tutto il corpo, soffermandosi qua e là. La baciò sugli occhi, sulle labbra, la gola, il seno, l’ombelico, il grembo, le ginocchia, i piedi. E intanto la carezzava.
Sostò con la mano sul grembo. Sentì le cosce di lei appena dischiudersi. Scese per una carezza più intima. Era umida, pulsante.
S’infilò tra le gambe della donna, sorreggendosi sulle ginocchia e sui gomiti. Sempre con la massima dolcezza, le fece alzare le gambe, facendole puntare sui talloni. Il sesso di lei era lì, di fronte a lui, magnifico, irresistibile. Portò il glande all’ingresso di quel rosa palpitante, lo poggiò appena, vi si spinse un po’, mentre scrutava il volto di lei che era enigmatico. Le sorrise, gli sorrise rilassandosi. Piero fece un cenno con la testa, lei rispose annuendo. Una lieve e controllata spinta. Incontrò quello che si attendeva incontrare, una certa resistenza. Lo tirò indietro e lo spinse nuovamente dentro, un po’ di più’ di più’ decisamente di più’ percepì una contrazione e poi un cedimento, quasi improvviso, e il suo fallo entrò per quanto lei poteva riceverlo. Si fermò.
Sheila si mordeva il labbro inferiore. Ma quando Piero la guardò, si sciolse in un sorriso ammaliante,e lo attrasse a sé.
Piero provò a muoversi, lentamente.
Avvicinò la sua bocca all’orecchio di lei. Sussurrò.
‘Male?’
‘No’ no’ no’!’
‘Allora?’
‘Si’ piano, però’ con dolcezza’ &egrave dolce’. Bello’ bello’ divino”
Lo guardò e tacque di colpo, aveva detto ‘divino’, cio&egrave una cosa, un evento, un ché appartenente a Dio. Ne fu quasi spaventata, ma poi pensò che tutto, tutto, specie ciò che era naturale, procedeva da Dio!
A mano a mano che sentiva Piero muoversi in lei, era tutto un ribollire del suo essere, una sensazione nuova, meravigliosa, incredibile. E il suo corpo si muoveva, gli andava incontro. Il suo grembo si contraeva, lo stringeva, lo succhiava, sentiva che doveva farlo, perché doveva accadere qualcosa di meraviglioso. Sentiva che stava salendo nel più alto dei cieli, nell’ empireo di quella che certamente era la voluttà. Si, quella era la voluttà’ lei stava conoscendo cosa fosse un orgasmo’ sì’ era qualcosa di indescrivibile, che la stava sommergendo, non capiva più nulla, sobbalzava senza controllo, mugolava, muoveva la testa’. Aveva incrociate le gambe sul dorso di lui, e con esse ne assecondava il ritmo’ le sembrò di perdere i sensi ‘ di precipitare deliziosamente verso un oceano di felicità, di piacere’ e d’improvviso si sentì invadere da una deliziosa colata tiepida che si sparse in lei, dovunque, come balsamo incantevole, rasserenante’ Si accorse di essere sudata, ansante, e lo stringeva, su sé e in sé, e quel peso le sembrava dolce, paradisiaco’
Oddio, un’altra di quelle parole!
Ed era stato così bello che non appena lo sentì rifiorire in lei, la natura stessa prese l’iniziativa per un nuovo e più inebriante amplesso.
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Erano le prime luci del giorno.
Sheila, nuda, tra le braccia di Piero, si andava risvegliando dopo una notte nella quale aveva cercato di colmare le rinunce fino ad allora fatte.
Era disfatta, ma paga, contenta.
Piero la sentì muovere.
La teneva sulle ginocchia, col fallo custodito nel tepido solco dei glutei, una mano aggrappata a una tetta e l’altra sul pube.
Così, senza muoversi, le parlò all’orecchio.
‘Allora’ vuoi sposarmi?’
‘Ma ti ho già sposato”
‘Intendo dire sposarsi per formare una famiglia.’
Lei scosse lievemente la testa.
‘Non posso lasciarli’ ho trascorso lì tutta la vita”
‘Vuol dire che non senti nulla per me?’
‘Vuol dire che ti amo e desidero come non sapevo che potesse essere; che ti voglio e voglio essere tua’ se tu mi vuoi’ così’ senza modificare nulla”
‘Ma io, a lavori finiti, alla Domus Pacis, tornerò nella mia città.’
‘E lì sarò anche io, come ispettrice, libera di girare, di andare dovunque”
Piero aprì la sua mano e la pose sul sesso di Sheila.
‘Questa &egrave la vera ‘Domus Pacis’, la casa della pace!’
Sheila allungò la sua manina, afferrò il fallo di lui.
”Pax Domus’, la pace della casa!’
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