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Racconti Erotici Etero

Donna

By 2 Maggio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Donna

Cos’era quel desiderio sottile che sentiva crescere dentro?
Erano anni che non percepiva più quel prurito erotico.
Si sentiva diversa, aveva voglia di esternare la sua femminilità, di gridare al mondo che aveva voglia di vivere, di mettersi in discussione: e tutto questo era merito di quel ragazzo più giovane di lei di dieci anni.
Non credeva possibile che qualcuno potesse essere ancora interessato a lei, eppure la realtà, ancora una volta, aveva superato la fantasia.
Lei, madre di un figlio di quindici anni, maestra intransigente, mai fuori delle righe si stava prendendo una cotta per il padre di un suo alunno.
Lui aveva una parlata incredibile, una voce sensuale, un modo di comportarsi che era intrigante e coinvolgente.
Lui aveva saputo aspettare: ecco il segreto.
L’aveva attirata nella sua ragnatela senza che se n’ accorgesse e, adesso, lei era lì che aspettava una sua telefonata come se fosse una grazia.
” Ti passo a prendere alle quattro: ho solo un’ora disponibile, facciamo in modo che sia fantastica”
Niente allusioni, niente mezzi termini, in pratica le aveva detto che dovevano sfruttare al massimo quell’ora, ossia scopare come dei matti: dimenticare il mondo, un’ora senza problemi e senza rimpianti.
Era il suo modo di fare ed era quello che le piaceva: sapeva chiedere senza farlo pesare, ti circuiva inebriandoti la testa.
“Va bene… ti aspetto”
Ecco la frase che non avrebbe mai creduto di dire ad un altro uomo che non fosse suo marito.
Si rendeva conto di cosa avesse detto e tutto il suo corpo era d’accordo: gli umori che sentiva tra le sue cosce erano la prova lampante del suo desiderio.
Il terrore di quella frase s’ infrangeva contro i suoi capezzoli duri per il piacere del divenire: ripensava a quei mesi passati, ai giochi erotici scritti in sms maliziosi, alle frasi intriganti negli incontri con i genitori, alle prime carezze rubate, ai primi baci.
Mancava una trentina di minuti al suo arrivo e ancora lei si guardava per la decima volta allo specchio: voleva essere desiderabile come mai lo era stata.
Aveva messo il meglio che aveva, il più erotico, voleva stordirlo con la sua sensualità senza cadere nel volgare: voleva vedere nei suoi occhi la passione, il desiderio, la perversione del proibito.
Si guardava con addosso quel piccolo perizoma nero che non copriva niente, completamente depilata.
Le grandi labbra facevano fatica a stare nascoste, prese il suo seno in mano e, delicatamente, ne toccò i capezzoli già duri, dolorosamente sensibili nell’attesa.
Mise un reggiseno di seta traforato, molto sensuale: l’aureola era in evidenza sotto la stoffa trasparente.
Prese le autoreggenti nere e si guardò infilarle, tirandole su dolcemente: immaginò lui mentre la vedeva spogliarsi e pensò all’effetto che ne sarebbe scaturito.
Compiaciuta, prese la camicetta rossa e la gonna nera e copri il suo corpo; di nuovo uno sguardo allo specchio; si ravvivò i capelli in modo malizioso, prese le scarpe col tacco, anch’esse nere, le infilò, si guardò per l’ultima volta e uscì da quella stanza carica di tensione erotica.
Mentre camminava, ancora una volta si domandò come avrebbe reagito lui.
Varco la porta d’ingresso della villa e si avviò verso il cancello: quando vide la Mercedes grigia ferma sulla strada si sentì venire meno; i dubbi e le angosce gli vennero incontro: si fermò sul bordo del marciapiede e fece per tornare indietro.
I fari spezzarono i suoi dubbi.
Prese aria, si ubriacò i polmoni e tornò a camminare verso il suo primo tradimento.
Nervosamente si guardò attorno, le sembrava che tutti guardassero lei, anche se in realtà non c’era nessuno per la strada, a lei sembrava che tutti fossero celati dietro le finestre, agli angoli della strada a criticare, a giudicare.
Lei stessa si era denigrata per prima in tutte quelle settimane, eppure, non poteva fare a meno di aprire quella portiera e entrare: solo il suo cervello cercava ancora di resistere, il suo corpo aveva già perso quella guerra tanti giorni prima, quando le prime carezze fuggevoli avevano accarezzato la sua pelle.
Vederlo era sempre un colpo al cuore, un battito saltato.
Bello e sfrontato nei suoi trent’anni, sicuro, deciso, maschio all’inverosimile: un treno lanciato a tutta velocità contro la sua normalità di donna.
Nessuna parola: fu presa e baciata, le sue labbra si aprirono e la sua lingua fu affrontata da quella di lui.
Un attimo di smarrimento in quell’attacco d’umori, poi, la scoperta sempre nuova del suo sapore, dei suoi denti bianchi, perfetti: pensò ad un polipo quando non riuscì a staccarsi da lui, pensò ad un uomo quando senti le sue mani salire sulle cosce e sparire sotto la gonna, pensò ad un uomo particolarmente dotato quando la sua mano, ricambiando il gesto, si appoggiò sui calzoni e spinse sentendo il suo turgido desiderio.
Si staccò a fatica da lui dicendo: “Portami via di qui…portami dove vuoi…ma via di qui.”
Voleva abbandonare in fretta i luoghi conosciuti, trovare pace per la sua coscienza, perdersi tra le sue braccia dimenticando tutto…tutti.
Lo vide accendere la macchina e partire veloce: il tempo di prendere una velocità costante e la mano del ragazzo tornò sotto le gonne, le alzò voluttuoso, mettendo in mostra l’orlo delle autoreggenti e deciso, prese a cercare il piccolo perizoma, giocando con esso.
Si sentiva morire dal tocco di quelle dita, le sembrava di avere la febbre: era tutta un fuoco, aspettava il momento magico delle dita tra le sue tenere carni, cercava di resistere contro la pulsione di allargarsi oscenamente e dirgli: ” prendimi…adesso…subito.”
Chiuse gli occhi e sospirando piano, sperò che il tragitto finisse in fretta.
Le dita trovarono la loro strada e lentamente, cominciarono a mortificare il suo desiderio di qualcosa di più grosso, pulsante.
Sentì la macchina fermarsi e ringraziò Dio di non essere venuta tra le sue dita come una ragazzina alle prime esperienze.
Il distacco delle dita dal suo caldo pertugio le fece aprire gli occhi, lo vide scendere veloce e portarsi dalla sua parte: si guardò intorno, non riconobbe il posto, vide solo che era in un giardino privato di una splendida villa.
Aspettò.
Quando lui le disse: “Tira giù il finestrino”, rimase perplessa, ma obbedì.
Guardò il finestrino abbassarsi e poi vide lui che, armeggiando con la cerniera, liberò il suo membro e senza dire altro si spostò verso di lei.
Era incredula ed eccitatissima: mai nessuno prima di allora aveva osato tanto con lei: aprì le labbra e si lasciò riempire dal suo desiderio.
Si alzò in ginocchio sul sedile di pelle e fece il meglio possibile.
Sentiva il respiro pieno del ragazzo, i suoi gemiti erano la sua soddisfazione.
Il suo sperma fu il suo premio: si sentì donna come mai avrebbe creduto.
In ginocchio, in quel giardino, per la prima volta si sentì libera.
Quel ragazzo aveva portato in superficie la sua voglia di trasgressione, l’aveva capita e adesso pretendeva tutto da lei.
Aspettò che il ragazzo fosse completamente esausto e tronfio del suo piacere, poi, aprì la portiera e ancheggiando in modo osceno, lo precedette sull’uscio assaporando i piaceri che l’aspettavano…
scrivetemi le vostre sensazioni
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