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Racconti Erotici Etero

DUE “BOTTE” PER CAPODANNO

By 1 Gennaio 2019Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Questo episodio accadde tanti, tanti anni fa ma naturalmente, ripensandoci, è ancora perfettamente stampato nella mia memoria; sicuramente mi ha cambiata o meglio, ha contribuito alla mia formazione di donna adulta. Questo in seguito, perché quando il fatto avvenne io ero molto ma molto giovane.
Era il tempo della scuola. Ero appena approdata alle superiori, che nella scuola scelta erano nello stesso, grande, edificio dove avevo frequentato la terza media.
Io ero in quell’età in cui non sei ancora formata perfettamente, con il fisico da donna; ero una ragazza alta e grossa, non grassa ma robusta, probabilmente il mio fisico si preparava a trasformarsi nella donna giunonica che sono poi diventata: 1 e 85 di altezza e tutto il resto in proporzione.
All’epoca i miei seni non erano ancora grossi, ma ovali, pronunciati, con i capezzolini piccoli e rosa, la mia vulva non era ancora gonfia me piatta, la carne tenera e i peli sottili e radi.
Ero molto timida e, pensandoci adesso, dovevo sembrare proprio una “patatona”: vestiti insignificanti, abiti e magliette spesso ereditate dalle sorelle maggiori o peggio, dalla mamma; gonne al ginocchio dalle tinte sbiadite e sotto le calze economiche, velate e pesanti, trattenute dalle molle, spesso ricavate da una fettuccia elastica cucita a casa.
Frequentavo “a rimorchio” una mia cugina di un anno più grande; lei aveva molte amicizie, poi i suoi lavoravano e quindi aveva molta più liberta, sia a casa che fuori. Quando i miei me lo permettevano, appena potevo, stavo con lei e mi godevo la caoticità delle sue giornata. Lei era fidanzata, diciamo che più che altro era invaghita di un ragazzo molto più grande; infatti lui la tradiva spesso, credo soprattutto perché non la considerava come una vera fidanzata… approfittava di lei, tutto qui.
A scuola, invece, io avevo notato il fratello, adesso mi rendo conto che era veramente un ragazzino, ma era un tipetto che si faceva notare, sembrava già un ometto, era riservato ma spigliato e alla fine, senza nessuna plausibile spiegazione, mi presi una cotta fulminante per lui. Quando lo vedevo non capivo più niente, solo il desiderio immenso di stargli vicino: un’attrazione insensata ovviamente, ma chi l’ha provata sa cosa voglio dire.
Adesso non ricordo di preciso come andarono le cose, probabilmente confessai il mio sentimento segreto a mia cugina, fatto sta che alla fine dell’autunno capitava sempre più spesso che il ragazzo frequentasse la casa dei miei zii. C’era una specie di comitiva eterogenea, poiché lì erano quattro sorelle di varie età e la loro casa era un po’ un porto di mare per gli amici del quartiere. Di certo dovettero esserci delle manovre ben mirate per fare in modo che io, la tontolona dagli occhiali spessi, vestita come un sacco di patate, restassi a volte da sola con “l’oggetto” dei miei desideri… probabilmente però quei momenti non erano coronati né da dialoghi profondi, né da formidabili avances. Ricordo invece che, in compagnia, quando si giocava a carte o si chiacchierava, intorno al grande tavolo della cucina, le nostre ginocchia si toccavano sempre più spesso, e lui spingeva cercando di ottenere un contatto sempre più intimo, e causando in me rossore e piacere. In seguitò iniziò a farsi coraggio: ricordo le sue mani che cercavano sotto il tavolo, s’infilavano sotto la gonna e alla fine raggiungevano la mia carne nuda, al si sopra della molla delle calze. E poi ancora più su fino all’orlo delle mutandine bianche, a fiorellini. Io non mi bagnavo… evaporavo letteralmente, talmente ribollivo di pudore e di piacere al tempo stesso.
Ricordo benissimo l’emozione intensa che provai la prima volta che lui tirò la mia mano verso l’inguine; non capii subito e feci forza, avevo paura, ma lui l’ebbe vinta.
Sentii sotto le dita una protuberanza, una specie di bastoncino duro come il legno, gonfio sotto i suoi pantaloni. Mi girava la testa dal desiderio ma non sapevo nemmeno come era fatto veramente un cazzo, né come comportarmi… forse lo delusi…

Ci vedemmo ancora ogni tanto, ma sempre in comitiva, senza dirci nulla di speciale, solo che diventammo più intimi e più complici. Se si presentava l’occasione di appartarci ci stringevamo, ci baciavamo e, pure se in piedi, ci massaggiavamo i corpi, soprattutto nelle parti intime. Lui mi alzava la gonna e, in fretta, s’infilava sotto le mutandine per penetrarmi con una o due dita la figa bagnata. Quando poteva mi tirava la mano sul suo bastoncino di carne, non ancora troppo grande ma duro come un chiodo. Provò anche a spingermi giù per le spalle, credo che me lo volesse mettere in bocca, ma io non ero pratica e avevo troppa paura di essere scoperta.

 

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Poi vennero le feste di Natale e, infine, il veglione di Capodanno. Naturalmente dove si poteva svolgere al meglio se non a casa delle mie cugine?

Convinsi i miei genitori, persone molto all’antica, e riuscii a strappare il loro permesso per restare fin dopo la mezzanotte. Uscii di casa dimessa, come al solito, ma a casa di mia cugina mi cambiai, indossai la mia prima minigonna e mi lasciai truccare dalle ragazze più esperte.
Ebbene, quella sera mi sentii come il brutto anatroccolo che diventa cigno. All’improvviso sentii per la prima volta le occhiate ammirate dei maschi, sorpresi dalle cosce tornite, dal seno turgido e dalla mia bellezza, celata troppo a lungo dagli occhiali spessi e dalla faccia cerea. Per fortuna, infine, non sono mai stata pelosa, quindi la mia carne e le mie guance erano perfette, con appena una traccia di delicata peluria chiara e tenera.
Anche il fidanzato della mia amica, che era un donnaiolo incallito, non perse l’occasione per farmi i complimenti, ma soprattutto mi interessava piacere a lui… a quello che ormai consideravo il mio ragazzo, e infatti intravidi sorpresa e orgoglio nei suoi giovani occhi. Evidentemente dovette sentirsi anche più uomo, visto che la sua “ragazza” era tanto “donna” da attrarre l’attenzione dei grandi; di certo molti lo invidiarono quella notte.

Poi tutti pensammo solo a divertirci… per molti di noi ragazzi quello era il primo veglione fuori casa. Allo scoccare della mezzanotte si scatenò il putiferio, come sempre nei quartieri della Napoli antica: botti, spumante, la testa girava e noi eravamo giovani e felici.

*****

Quella notte avvenne qualcosa però, qualcosa che non ricordo bene… la cosa importante per la nostra storia è che, comunque sia andata, per un qualche motivo io mi ritrovai libera per qualche ora in più del previsto.
Alla fine dei bagordi ero crollata su un divano e avevo riposato solo un po’.
Non erano neppure le dieci del primo dell’anno che, non so come, mi ritrovai sul sedile posteriore di una Fiat dell’epoca. Alla guida c’era il fidanzato di mia cugina (che di sicuro dormiva e avrebbe dormito per ore… era la sua passione) e… e… il mio giovane amore, quello con cui non riuscivo mai a restare da sola!
Mi ricordo che entrammo nel cancello del Bosco della reggia di Capodimonte, un punto di riferimento tipico per le scampagnate delle domeniche d’estate, o per le coppiette che cercavano di appartarsi. Il custode ci guardò storto ma non disse niente e ci lasciò entrare con la macchina. Fuori era freddo, il fondo lontano dei lunghi viali era quasi nascosto dalla nebbiolina del mattino, però in macchina si stava bene e io ero troppo stanca per crearmi qualche preoccupazione.
Non capivo niente della situazione che si stava creando, ero troppo felice che lui fosse con me per agitarmi…
L’uomo alla guida raggiunse un posto appartato e tranquillo; comunque tutto il bosco era deserto quella mattina. Fu quando ci fermammo che iniziai ad essere inquieta. A motore spento, nel silenzio del sottobosco oscuro, la mia razionalità ebbe il sopravvento sull’avventura, cominciai a pensare che forse mi ero cacciata in una situazione pericolosa. Dopotutto, col mio amore, ci eravamo scambiati più baci in bocca che parole, in realtà era solo un ragazzino che, tra l’altro, nemmeno conoscevo bene. Il fratello poi era un adulto e sapevo bene quanto era scaltro con le donne, mia cugina ci piangeva spesso per i suoi tradimenti.
Mi bloccai impaurita in attesa degli eventi, anche io ero una ragazzina e non mi ero mai allontanata tanto da casa, da sola e con due sconosciuti, per giunta.
L’uomo si voltò e mi guardò, soffermandosi ammirato sulle mie cosce nude, che la minigonna copriva molto poco. Ricordo che avevo la carne bianchissima che spiccava sotto la mini scura, avevo tolto le calze nel bagno di casa, perché si erano sfilate in vari punti. I suoi occhi eccitati mi diedero i brividi, ma poi disse candidamente:
«Ok, ragazzi, io vado a fare un giro, torno tra un’oretta.» poi rivolto al fratello « Mi raccomando se arriva qualcuno o qualcosa non va, suona il clacson e io arrivo!»

 

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