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Racconti Erotici Etero

Due cose belle

By 30 Giugno 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

La mia mamma mi ha lasciato due cose belle: i capelli biondi e le tette.
Per il resto non sono granché, ho gli occhi sporgenti ed il naso grosso, non ho un gran fisico e, con il passare degli anni, mi sto anche appesantendo.
I capelli, lunghi, mossi e di un bel biondo caldo, li tengo spesso legati, perché richiedono un sacco di manutenzione, ma le tette ‘
Accidenti, ho di nuovo dimenticato di prendere il latte.
A quest’ora l’unica possibilità è da ‘Zio Antonio’, il bar ristorante.
Mi metto il vestito nero, quello nuovo ed esco.
A Marco non è piaciuto, mi ha detto che non gli va bene che io vada in giro a mostrare le tette. Beh, non ha tutti i torti, perché è aderente, senza spalline e lascia vedere chiaramente l’attaccatura dei seni, fa lo stesso effetto di quei costumi con le mutandine molto basse, che mostrano lo spacco in mezzo alle chiappe.
Va portato senza reggiseno, per lasciare le spalle completamente libere, fascia perfettamente le mie tette, tonde e sode e so benissimo che lo sguardo di tutti gli uomini cade proprio lì.
Zio Antonio non è un buon ristorante, serve, in genere, pesce surgelato a buon mercato e la puzza di fritto che esce dal locale, mi ha sempre fatto pensare che l’olio lo cambino molto di rado.
La moglie di Antonio siede dietro la cassa ed ha l’aria sfatta e stanca di una donna che deve sopportare da più di trent’anni un uomo come suo marito.
La sala del ristorante, a quest’ora così tarda, è quasi deserta.
Pago il latte e faccio per andarmene.
‘Ti aspetta.’
Mi ha detto solo queste due parole, con il tono stanco e distaccato di chi è ormai rassegnato, tenendo lo sguardo basso, puntato sul cassetto aperto della cassa.
Io prendo il latte ed apro la porta della saletta riservata.
Zio Antonio mi aspetta seduto davanti al tavolo apparecchiato.
Avrà una settantina d’anni, è alto e grosso, con un gran testone ricoperto da capelli bianchi troppo lunghi, che gli scendono disordinatamente sul collo.
Davanti a lui un piatto con dei gamberi fritti, un altro piatto con i gusci vuoti, una bottiglia di vino bianco ed un bicchiere.
Penso che è solo un uomo brutto, vecchio e volgare intento a mangiare con le mani.
Prima tira via la testa, poi strappa le zampette, infine sguscia il gambero e se lo mangia in un solo boccone.
Osservo le sue manone unte d’olio, che si muovono con sorprendente rapidità, ed un brivido mi passa per la schiena.
Si beve un gran sorso di vino poi si gira verso di me.
Lo sguardo è andato subito lì, è contento di vedermi e mi fa cenno di avvicinarmi.
Senza minimamente curarsi di ripulirsi le dita sul tovagliolo, infila subito le mani nel mio vestito nero.
Comincia a palparmi le tette ed io lo lascio fare, come ho sempre fatto.
Le sue manacce sudicie ed unte stringono forte i mie seni, poi li carezzano, per dedicarsi infine a capezzoli. Sento le sue dita callose che li massaggiano fino a farli diventare duri, poi stringe di nuovo i miei seni nelle mani e li solleva verso l’alto.
Ora sono ferma davanti a lui con le tette di fuori, sono sola con un vecchio schifoso maiale, già, mi dovrebbe fare schifo, invece, forse un po’ mi piace.
Sono di nuovo lì, mi sono di nuovo scordata di comprare il latte, o forse ho fatto finta di scordarmi, come pure non mi sono messa le mutandine.
Lui lo sa e mi solleva il vestito fino alla vita.
Guarda la mia fica rasata leggermente aperta ed umida e prende un gambero già sgusciato.
Lo strofina a lungo sulla fessura finché questa non si apre completamente.
‘Ti piace, piccola troia?’
Sì, mi piace, accidenti a te.
Continua a massaggiarmi con quel piccolo crostaceo unto d’olio, finché io non comincio a gemere.
Penso alla moglie seduta dietro alla cassa, chissà, forse quando era giovane lo faceva anche a lei.
‘Vieni qui.’
Non è una richiesta, è un ordine.
Spingendo forte con le mani, ha scansato il tavolo ed indica la sua pancia.
Si è abbassato i pantaloni e le mutande ed il suo cazzo grande e curvo, circondato da un ciuffo di peli bianchi, come i suoi capelli, mi sta aspettando.
‘Senti quanto è buono’, mi dice porgendomi il gambero che fino ad ora ha strofinato nella mia fica.
Io ne strappo un pezzetto con i denti, per farlo contento, e lui si mangia il resto.
Mi metto a cavalcioni su di lui e mi abbasso lentamente, lui guida il suo cazzo fino a che non ha imboccato la strada giusta.
Lo cavalco a lungo e le mie tette, fuori dal vestito, oscillano con un bel ritmo.
‘Ancora un po’, troia, poi finisci succhiandomelo, perché non voglio sporcarmi i pantaloni.’
Lo so, ho ancora poco tempo, se voglio arrivare a godere.
A lui piace sentirmi gridare di piacere, chissà se attraverso la porta chiusa la moglie sente tutto. Beh, anche se non sente, sa esattamente cosa facciamo io e suo marito.
Mi strizza forte i capezzoli ed io vengo.
Mi sono chiesta tante volte se ci sia qualcosa di sbagliato in me: come è possibile che provi più piacere ad andare con un vecchio porco come Zio Antonio, piuttosto che con mio marito che ha trent’anni di meno?
‘Ora basta, dai succhialo, che sono quasi arrivato.’
Scendo dalle sue gambe e mi inginocchio.
Mi sembra che anche il suo cazzo sappia di gamberi fritti, ma è solo un po’ di suggestione.
Aveva ragione: viene quasi subito e mi inonda la bocca di sperma.
Devo stare attenta a non lasciar uscire nulla, perché non vuole tornare dalla moglie con i pantaloni sporchi. Lei sa tutto ma un conto è sapere e un conto è vedere.
Mi rialzo. è finita, anche questa volta.
Mi porge il tovagliolo unto ed io prima me lo passo in mezzo alle gambe per asciugare la mia fica che continua a gocciolare, poi mi ripulisco la bocca.
‘Non scordare il latte’, mi dice indicando il cartone che ho lasciato sul tavolo.
Quando esco dal locale, la moglie, dietro alla cassa, distoglie lo sguardo ed io me ne vado senza dire nulla.
Le mie tette sono tornate a posto, dentro al vestito nero, e tra di loro, appallottolata e spinta bene in fondo, c’è una banconota da 100 ‘.
Domani mi voglio comprare quelle scarpe che ho visto giorni fa in centro.
Piuttosto, prima di andare a letto, devo farmi una bella doccia, non vorrei che Marco sentisse l’odore di pesce fritto.

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