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Effe ed i suoi ammiratori

By 6 Giugno 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

Riuscì a guardarsi a malapena nello specchietto retrovisore della macchina, aveva gli occhi arrossati dalle lacrime e dalla sborra. Era una maschera. Cercò un fazzolettino e riuscendosi a togliere gran parte del liquido seminale dagli occhi si rese conto in che condizioni era. Le pizzicavano gli occhi, le duoleva un labbro, le faceva tanto male il culo da non riuscire a sedersi ed aveva le ginocchia insanguinate. Questo fù l’epilogo di una giornata che Francesca non dimenticherà mai.
Era il 03 giugno del 2005, la scuola era praticamene finita, come al solito nelle classi restarono gli alunni che muniti di speranza ma poca volontà cercavano di non perdere l’anno rubandosi le ultime interrogazioni. Nella Quarta A c’erano sei alunni in quella torrida giornata. Era l’ultima ora e la prof. Effe, nome ovviamente camuffato, dopo aver interrogato due dei sei alunni parlava con loro per far capire che non c’era più niente da fare. L’interrogazione era andata male e poi come avrebbero potuto compensare le insufficienze di un anno intero in una sola interrogazione. Non sarebbe stato giusto per gli altri, che si erano impegnati un anno intero e non sarebbe stato giusto per la sua integrità di professoressa. I due, con modi che non erano certo quelli adatti per parlare con una prof, la apostrofavano in malo modo. Gli alunni erano Cristante A. e Dinardo C. già ripetenti. La campanella suonò e Effe riuscendo a malapena a tenerli a bada concludeva anche quest’altra giornata di lavoro. Gli alunni ad uno ad uno andarono via e prima di uscire i due scansafatiche fingendo pentimento per le parole dette prima, fecero un altro tentativo di convincimento per l’interrogazione. Effe da brava prof. accettò le loro scuse ma irreprensibile com’era ovviamente non cedette sul discorso interrogazione. Sbattendo le mani sul tavolo Cristante la guardò e le disse: ‘Me la pagherete!’ e prima di varcare la porta si girò di nuovo verso di lei, ancora seduta alla cattedra esclamando: ‘Presto’ molto presto!’ e sbattendo la porta alle sue spalle andò via. Leggermente intimorita Effe raccolse le sue cose ed andò via. Come al solito ritornò a casa conducendo la vita di sempre, aveva già dimenticato le parole di quei due ragazzini. Le minacce di due, se pur maggiorenni, giovanotti, per giunta sull’orlo della bocciatura, non le facevano più paura. Nel tardo pomeriggio dovette uscire per fare una commissione, doveva incontrare un’altra collega per discutere di questioni scolastiche, esame di maturità e tutto quello che concerne la scuola. Talmente era amante del suo lavoro e soprattutto lo faceva con passione anche nei momenti non lavorativi si dedicava alla scuola ed ai suoi alunni. Si videro in un bar poco fuori il centro città, dove potevano rilassarsi senza essere disturbate ed in tanto parlare anche del da farsi scolastico. Salutata la collega, venuta a prendere dal marito, si incamminò verso l’auto posta nel parcheggio nel retro del bar. Appena vicino alla vettura notò dei segni di infrazione sulla porta e spaventata si guardava con fare circospetto intorno, ma senza trovare nessuno. Entrò in macchina, niente era stato toccato, ma neanche il tempo di mettere in moto che subito fù circondata da due uomini corpulenti a volto coperto. Uno si sedette sul sedile del passeggero e l’altro le aprì la porta lato guida. Si spaventò e d’istinto diede un urlo. Urlo strozzato dalla mano dell’uomo sedutosi al suo fianco. Aveva gli occhi sgranati, la testa schiacciata sul poggiatesta del sedile e la bocca tappata dalla manona dell’uomo. Le uniche cose che ascoltò furono: ‘Zitta puttana, tu ora vieni con noi!’ E tirandola per un braccio la fecero scendere dalla macchina, quasi facendola cadere e la accomodarono di forza sul sedile posteriore. L’uomo prima seduto sul sedile passeggero si sedette dietro con lei e l’altro alla guida. Chiuse le portiere e con tutta fretta lasciarono il parcheggio dirigendosi verso la statale. Nel tragitto nessuno disse una parola. Avrebbe voluto reagire, ma la paura era troppa che strozzò gli istinti di ribellione della donna. Prima di imboccare la super strada, entrarono in una stradina parallela all’ingresso. Presero un vicoletto di campagna sterrato e pieno di buchi. Poche centinaia di metri e si ritrovarono sotto i piloni della superstrada. C’era una roulotte abbandonata ed altre macchine. Appena si avvicinarono uscirono altri tre uomini anche essi a volto coperto e con le mani giunte osservavano l’avvicinarsi della macchina. Effe trovò il coraggio di dire: ‘Prendetevi la macchina, tutti i soldi che ho, ma non fatemi niente vi prego!’. Il vi prego era strozzato da un singhiozzo dovuto alle lacrime che le iniziarono a scendere sul volto. La presenza degli altri uomini a volto coperto non faceva presagire niente di buono e l’angoscia iniziava a pervadere tutto il suo corpo. Arrivati sul posto a forza la fecero scendere dalla macchina facendola cadere a terra. Indossava un pantalone che metteva in risalto il suo bel culo e sopra una maglietta tipo tunica, come suo solito, che le arrivava fin sotto il sedere. Tutta impolverata fu invitata ad alzarsi. Era ferma, tremante, si guardava in torno, cercava di scorgere gli sguardi degli uomini da sotto i passamontagna, ma niente non riusciva a capire chi fossero. A chi aveva fatto del male? Perché se la stavano prendendo con lei e soprattutto cosa le avrebbero fatto? Tutte queste domande accompagnavano Effe sin da quando era salita in macchina in compagnia dei due malintenzionati. Ora circondata dagli uomini era oggetto dei loro sguardi. Uno di loro, magrolino fisicamente, ma con la cosiddetta pancetta le si avvicinò e chiamandola puttana diceva che l’avrebbe pagata a caro prezzo. Lei rispose: ‘Io non ho fatto niente!’. E scoppiò in un pianto con tanto di lacrimoni. Uno dei due accompagnatori sceso dalla macchina le si avvicinò e mollandole uno schiaffo in pieno volto le ordinò di non frignare perché questo non era ancora niente, ci sarebbe stato il tempo di piangere e tutto il resto del gruppo scoppiò in una fragorosa risata. Ad uno ad uno iniziarono ad entrare nella roulotte. Lei rimase fuori con uno di loro e dopo qualche istante fu invitata ad entrare. L’uomo la spingeva con una mano dietro la schiena invitandola a muoversi e lei con passo incerto si avvicinò al mezzo malandato. Salì i tre gradini ed appena entrò la sua paura diventò realtà. Si trovò i quattro uomini entrati precedentemente senza pantaloni intenti a toccarsi gli arnesi aspettando lei. Di scatto si girò ma sbattette sul petto dell’uomo che aspettava fuori con lei. Qui non si passa, questo fù quello che uscì dalla bocca dell’uomo prima di darle un ulteriore spinta facendola cadere al centro della roulotte. Ora si trovava con la testa all’altezza dei cazzi degli uomini. Li guardava ad uno ad uno avvicinarsi fin quando sentì dietro la testa il peso di uno di loro. Stava strusciando il cazzo sui suoi capelli. D’istinto si girò e con la mano gli diede una spinta all’altezza dei coglioni. Ovviamente l’uomo si fece male. La reazione degli altri non si fece attendere. In ordine sparso ebbe un paio di schiaffi in volto qualche spinta ed un calcio ben indirizzato sul sedere. Come logico la sua spavalderia fu subito placata e messa a tacere. L’uomo che era fuori con lei, il più grosso di tutti fisicamente, disse: ‘Ti conviene non reagire più! Ora tu prenderai tutto quello che noi vogliamo darti! Vedi di collaborare se no, non ci limiteremo a qualche schiaffetto. Hai fatto male al nostro amico ed ora da brava puttana che sei gli chiedi scusa e soprattutto ti prendi il suo cazzo in bocca!’. Effe non si muoveva, aveva lo sguardo basso e non diceva una parola. L’uomo che le aveva parlato la prese per i suoi lunghi capelli neri e le tirò il volto all’indietro. Fece come per darle uno schiaffo. Lei chiuse gli occhi come a volersi ritrarre ma la mano dell’uomo le afferrò le guance ed aprendogli la bocca con forza le ribadì: ‘Adesso lo prendi in bocca prima a lui e poi a tutti quanti, non fare scherzi altrimenti sarà peggio per te!’ e le lasciò la testa. L’uomo gli si avvicinò e le mise il cazzo in faccia. Non era enorme ma già rigido e pronto per l’uso. Aveva il cazzo di uno sconosciuto che le picchiettava il volto per poi fermarsi ed indugiare sulle labbra. In quel caso non potette fare a meno di socchiudere le labbra, e farsi entrare quella verga in bocca. Lei non succhiava, era l’uomo che andava avanti e indietro, infatti esclamò: ‘Devi succhiare, ti devi impegnare!’. La voce non era quella di un uomo come quelle dei due in macchina o del grassone. Era la voce di un ragazzo, e le era familiare. Ma in tutta quella confusione, soprattutto mentale non ci fece caso. Effe iniziò a succhiare quel cazzo, mentre ai due lati due di loro le si avvicinarono e prendendole le mani fecero impugnare i loro due cazzi iniziando a farseli segare. L’incapacità di opporsi a quegli eventi e il turbinio di azioni che stava subendo non fecero rendere conto alla donna il reale pericolo che stava correndo. Nel mentre spompinava e segava i tre cazzi sentiva le mani degli altri sul suo corpo intenti a spogliarla. La fecero alzare e le ordinarono di denudarsi. La prima cosa che fece fu togliersi quella specie di casacca che aveva per maglietta mostrando due grosse tettone. Alla vista di quelle mammelle ancora coperte da quei reggiseno grandi come un paracadute gli uomini iniziarono a commentare quel ben di dio. Si sfilò anche i pantaloni e rimase in intimo. Non fece in tempo a coprirsi con la mano che si fiondarono sul suo corpo ed iniziarono a palparla da per tutto. Sentiva le mani ovunque, sul sedere, tra le tette, sulle gambe e qualcuno più audace subito le piazzò due dita nella fica. Ebbe un sussulto. Le faceva male. Ma più si ritraeva più l’uomo indugiava e spingeva le dita nella sua intimità. Denudata completamente la fecero metter in ginocchio ed uno alla volta iniziarono ad alternarsi nella sua bocca. Non aveva mai visto tanti cazzi uno vicino all’altro e soprattutto uno, era di una dimensione fuori dal normale. Quando lo ebbe innanzi non sapeva come prenderlo. Il cazzone enorme era dell’uomo panciuto che era con lei fuori. Nonostante la pancia grossa quella verga svettava di molti centimetri oltre. Aprì la bocca, l’uomo le ficcò quanta più cappella potesse in bocca. A malapena riusciva ad ingoiarla tutta, ma non essendo contento del trattamento l’uomo le mise una mano dietro la testa spingendo quanto più poteva. Nonostante fosse in balia degli uomini Effe non collaborava. Il grassone si stacc’ dalla sua bocca e con fare spazientito, ordinò a due dei ragazzi di mantenerla e piazzandosi alle sue spalle le puntò il cazzo dritto in fica e con non poca difficoltà, ma senza cenni di arretramento, la trafisse. La sensazione di riempimento che provava era per lei sconosciuta e poco apprezzata. Mentre l’uomo le stantuffava la fica e gli altri si alternavano nella sua bocca lei piangeva. Le scendevano le lacrime che le bagnavano il viso. Uno di loro si sedette sul divano e staccandola dall’uomo che la stava scopando se la fece salire in groppa. Dopo essere stata scopata da quel cazzone ebbe una sensazione di svuotamento e di apertura che quasi l’arnese di quello che stava scopando non lo sentiva. Vederla saltare con quei mammelloni che si ritrovava l’uomo non potette fare altro che fiondarvisi sopra iniziando a torturarli. Li leccava, mordeva i capezzoli, e poi immergeva la testa tra i due seni. Mentre subiva questo trattamento uno di loro salì con i piedi sul divanetto e le piazzò il cazzo in bocca. Non potette fare altro e accoglierlo e stavolta, iniziò a succhiare. Vedendo la collaborazione della donna, l’uomo la fece fare, godendosi la calda ed esperta bocca di Effe con suo sommo piacere. In lei era scattato qualcosa, si rese conto che prima questi uomini fossero venuti, prima sarebbe finito tutto. Così oltre a succhiare bene quel cazzo iniziò a muovere anche le anche per accogliere meglio l’uccello di chi la stava scopando. Si ritrovò un altro cazzo all’altezza del viso e ubidiente iniziò a succhiare anche quello. Alternandosi uno lo succhiava e l’altro lo segava così fino a quando non sentì una presenza vicino al suo buchetto. Si fermò d’istinto e girandosi protestò. Ovviamente le sue proteste non servirono a niente. Vide l’uomo che si portò un dito in bocca, lo leccò e subito dopo sé lo ritrovò nell’intestino. Emise qualche urletto di dolore subito soffocato dal cazzo di chi prima le stava di fronte. Il passo fu breve, dal dito subito si passò ad un cazzo. Con terrore riuscì a togliersi da bocca l’arnese che stava succhiando e si guardò di nuovo alle spalle. Tirò un sospiro di sollievo quando si rese conto che chi la stava per inculare non era il grassone con quel mega cazzone che si ritrovava. Ovviamente l’uomo trovò molta resistenza prima di riuscire ad incularla ed a poco servirono gli sputi per lubrificare quell’apertura. Dopo vari tentativi l’uomo che cercava di incularla era in lei. Urlava di dolore. La collaborazione che mostrava prima era svanita, nella sua mente c’era solo il dolore che le aveva procurato quel cazzo nel suo culo. Non curanti di questo i due continuavano a scoparla. Quello che la inculava le aveva preso i capelli in mano e a modi fantino la tirava a sé come si fa con una cavalla e l’altro da sotto non smetteva di martorizzarle le tette. Ovviamente gli altri stufi di guardare vollero il cambio e così iniziarono ad alternarsi. Mentre uno le scopava il culo, l’altro le scopava la fica. Solo il grassone era in disparte e segandosi lentamente quell’anaconda, osservava compiaciuto i suoi amici come approfittavano del bel corpo di Effe. Ogni uno di loro prima che arrivasse il momento di sborrare, si staccava da lei e si metteva in disparte facendo spazio agli altri. Tutti si erano staccati da lei Effe era seduta sul divano con il volto stremato ed il trucco sciolto. Si alzò il grassone. In piedi dinanzi a lei la fece prima inginocchiare e poi puntandogli il cazzo le ordinò di prenderlo in bocca, ma stavolta voleva un trattamento diverso. Voleva che lei si impegnasse. Afflitta ed esausta, sporgendosi con le labbra vicino alla cappella le socchiuse e pian piano cercò di ingurgitare quanti più centimetri potesse. Neanche ella immaginava che la sua bocca potesse accogliere tanto cazzo e sorpresa di lei stessa iniziò a succhiare e segare ancora con più vigore quella mazza. L’uomo si godeva il trattamento e sedendosi la portò a lui facendole capire che avrebbe voluto mettere quel cazzo tra le tette. Prima di godere di quelle mammelle, alzò l’uccello ordinandole di prendere le palle in bocca. Mentre faceva sparire una alla volta i testicoli in bocca con una mano segava con movimenti lenti ma decisi l’asta. Si avvicinò con i seni all’uomo e sorreggendoli da sotto e poi stringendoli avvolse quel meraviglioso cazzo. L’uomo le tolse le mani e stringendo lui le tette iniziò a scoparle. Tanto era lungo, arrivava vicino alle labbra ed Effe vedendolo così vicino al suo volto prima gli sputò sopra e dopo socchiuse la bocca facendolo entrare ogni volta che le si presentava la possibilità. Facendola mettere con la pancia appoggiata sul divano l’uomo alzandosi le si piazzò dietro. ‘Ti prego non farmi male!’ Queste furono le uniche parole di Effe. Il grassone prima di penetrarla le passo il cazzo sia sul buco del culo che sulla fica, come se impugnasse un pennello. Una serie di brividi di paura pervasero la schiena di Effe, fino a quando appoggiando la cappella sul buchetto fece per spingere. Lei trattenne il fiato ma spostandosi all’ultimo istante la penetrò in fica tutta d’un colpo. Emise un urlo che subito si trasformò in gemito. Iniziò a scoparla con tutta la forza che aveva in corpo, l’uomo non si manteneva sui fianchi per accompagnare la penetrazione ma le prese le mani da dietro e la tirava a se come se avesse le redini. Oramai si era abbandonata a quel cazzone, assecondava tutti i movimenti sperando in una veloce conclusione. In lei sopraggiunse un lieve senso di piacere ma vergognandosi anche solo per averlo pensato lo soffocò ritornando alla cruda realtà. L’uomo rallentò e penetrandola sempre più lentamente portava il cazzo quasi ad uscire dalla passera per poi rientrarle di nuovo dentro. L’ultima volta che si ritrasse lo fece uscire completamente e piazzandole la verga sul più stretto dei buchi lentamente le sfondò l’ano già maltrattato dai suoi amici. Non trovò quasi difficoltà. Aveva il cazzo tutto bagnato dai suoi umori che fecero da lubrificante per quello stretto anfratto. Adesso il dolore era lancinante piazzò le dita sui cuscini del divano e in ultimo mentre la penetrazione era arrivata al massimo ficcò anche la testa sul cuscino che strinse con i denti come si fa quando stai subendo un dolore insopportabile. Fatto sparire tutto il cazzo in culo pian piano lo ritrasse quasi a far uscire la cappella dal buco e se prima era stato delicato adesso con un colpo solo aveva rificcato tutto il cazzo in culo alla donna. La scopata prese vigore. Mentre la penetrava le prese i capelli con la mano destra tirandogli indietro la testa e con la mano sinistra la teneva per un seno. A quello spettacolo gli altri non resistettero, e ad uno ad uno piazzandosi innanzi a lei le vennero sul volto. Aveva fiotti di sborra da per tutto, sulle guance, sui capelli, ovviamente dato che stava ansimando ed era a bocca aperta uno di loro le venne completamente in bocca. Un po’ le colò sulle splendide tettone ed un altro po’ inevitabilmente dovette ingoiarlo. Era rimasto solo il grassone che lasciati i capelli e le tette si era aggrappato ai fianchi e continuava a penetrarla. Effe era una carcassa. Non sentiva neanche più dolore, solo la sensazione di sborra che le riempiva l’intestino la fece rinvenire. Dopo aver riversato tutto il contenuto dei suoi coglioni dentro il culo dell’ormai distrutta donna, gli sfilo il cazzo da dentro e prendendo una ciocca dei suoi splendidi capelli neri vi si pulì la cappella. In poco tempo gli uomini si rivestirono. Presero i panni della donna e buttandoli a terra dissero: ‘hai visto? Dicevo io che l’avresti pagata a caro prezzo!’ e scambiandosi il cinque con uno dei suoi approfittatori fecero per uscire dalla roulotte. Andarono via tutti. Effe ci mise un po’ ad alzarsi e rivestirsi. Quando entrò in macchina era cosciente che quell’incubo era finito ma la sensazione di disagio e sottomissione era rimasta in lei.

Erano circa le 12:00 ed Effe, dato che la scuola era finita si dedicava alla casa, facendo i classici lavoretti. Era sola, in disabill&egrave e si era da poco messa a lavare il lampadario in casa. Aveva attrezzato lo scaletto con secchio d’acqua e munita di voglia ed un po’ di olio di gomito si era messa a l’opera. Il suono del campanello la colse di sorpresa, chi poteva mai essere? Non aspettava nessuno. E soprattutto conciata com’era non avrebbe potuto accogliere persone in casa. Indossava quei classici vestitini a bretelline da casa, con fantasie oscene lunghi oltre il ginocchio. Non portava il reggiseno ed i suoi lunghi capelli neri erano raccolti da un codino per non intralciare il lavoro. Chiese chi fosse. Con sorpresa era venuto a trovarla suo nipote Ross, così aprì la porta e lo fece accomodare. Classici convenevoli. Un bacetto per salutarsi le classiche domande sul motivo per il quale fosse passato e successivamente chiese se gli poteva offrire qualcosa. Di buon grado Ross accettò, con l’obbligo che anch’essa avrebbe dovuto farlo compagnia. Versò due bicchieri di th&egrave freddo e si sedettero al tavolo. Effe notò che il ragazzo non riusciva a mantenere l’attenzione sulla discussione perché attratto dal suo prorompente seno. Dopo l’ennesima occhiata che Ross dedicava alle sue tette, Effe con fare gentile si scusò con il nipote ed alzandosi andò nell’altra stanza. Ritornò dopo qualche istante con in dosso una t-shirt colorata molto larga che non faceva intravedere più niente. Si erano fatte le 13:00 passate e la zia dato che dopo un po’ di disattenzione iniziale del nipotino, subito recuperata, la conversazione era diventata piacevole e soprattutto perché lui non l’andava mai a trovare lo invitò a fermarsi per pranzo. Ross accettò e così nel mentre la zietta cucinava lui si sedette sul divano a guardare un po’ di tv. Dopo poco andò in bagno a lavarsi le mani, era pronto il pranzo. La sua attenzione una volta entrato nella stanza da bagno fu rapita dagli indumenti intimi che c’erano sulla cesta dei panni sporchi. Come un falco si fiondò sugli indumenti e prendendo una mutandina prima ed un reggiseno poi li portò sul viso facendosi rapire da quel profumo inebriante di donna. Se li strusciava sul viso e preso da un istinto irrefrenabile prese le mutandine e cacciando la lingua le leccò nella parte dove toccavano la fica della zia. Solo la voce di Effe lo fece rinvenire: ‘E’ pronto, fai presto?’ Così posò il reggiseno nella cesta e senza pensarci su due volte si mise le mutandine in tasca. Si sciacquò le mani e ritornò in cucina. ‘Che buono, pasta con il pomodorino fresco, ci voleva con questo caldo.’. Effe lo guardava senza risponderlo fece un cenno con il viso come a voler apprezzare il suo complimento ma non disse niente. Era seduta sulla sedia con le gambe aperte e le spalle appoggiate fissando il vuoto. ‘Zia cos’hai? Non ti senti bene?’ Queste furono le parole di Ross che subito dopo le si avvicinò. Le prese un braccio e lo appoggiò sul tavolo, ma subito l’arto ritornò appeso lungo il suo corpo. Dalla bocca di Effe uscì: ‘mi sento debole, stordita.’ E Ross a queste parole, si spostò da vicino a lei e ritornando al suo posto si mise a mangiare. Ogni tanto buttava uno sguardo alla zietta e notava che si addormentava e poi si risvegliava, era come in trans, era come drogata. Ed infatti il suo scopo era andato a buon fine. Era riuscito a drogare la zia. Quando stavano bevendo il th&egrave e lei si era alzata per andare ad indossare la t-shirt lui nel bicchiere le aveva versato una sostanza insapore ed inodore che portava sonnolenza ed un po’ di incoscienza. Più che droga era come se fosse un sedativo. Finito di mangiare Ross prese la zietta in braccio e la portò in camera da letto, la poggiò sul letto e con calma si spogliò. Una volta denudatosi si avvicinò a lei, prima le tolse la t-shirt e poi fece cadere le spalline del vestitino ai lati delle spalle liberando quelle due fantastiche mammelle. Istintivamente vi si fiondò sopra iniziando a baciarle e strizzarle. Poi pian piano cominciò con la bocca a scendere più giù. Tolse definitivamente il vestito alla zietta e con la lingua impattò la tanto desiderata fica. Succhiava e leccava le grandi labbra per poi con la lingua uso pennello percorreva dal clitoride all’ano. L’eccitazione gli era salita a mille e già con il cazzo in tiro decise di penetrarla. Entrò in lei senza difficoltà, l’enorme saliva che aveva riversato su quella fica grazie alla lunga leccata avvantaggiò il ragazzo. Il suo sogno si stava avverando, aveva il cazzo in corpo alla splendida zia, e non importava se non era cosciente, l’unica cosa che contava &egrave che se la stava scopando. I colpi iniziarono ad essere più forti, Ross scopava talmente forte che quelle splendide mammelle si muovevano andando di qua e di là. Purtroppo però data l’incoscienza della donna non potette godere della sua splendida bocca ma questo non scoraggiò il ragazzo. Le sfilo il cazzo dalla fica ed avvicinandosi con il pube vicino al viso iniziò a strusciargli il pisello in faccia. La zia di tanto in tanto rinveniva, apriva gli occhi borbottava qualcosa per poi ritornare nel suo stato di trans. E fu proprio in quel momento che le mise il cazzo in bocce e le disse: ‘Succhia bella vaccona!’. Per un istinto involontario trovatosi l’arnese in bocca anche se per poco diede quattro, cinque succhiate a quel palo di carne permettendo successivamente al ragazzo di trattenere un altro pò il suo cazzo in bocca per qualche ultimo affondo. Fatto uscire il cazzo dalla gola di zia, Ross lo impugnò e tipo martello picchiettava sulla guancia dell’inerme donna, per poi come aveva fatto prima strusciarglielo per tutto il viso. Si era fatto passare un altro sfizio, ora toccava dedicarsi un altro po alle mammelle. Si appoggiò cavalcioni su di lei mettendo il suo cazzo all’altezza dei degli enormi seni della donna. Con le mani li cinse ai lati e strinse in una morsa il suo arnese. Come erano morbide, erano fatte a posta per accogliere un cazzo. Si spostò un po’, sputò nel mezzo e riprese da dove aveva lasciato. Questa sì che era una spagnola. Ora voleva chiudere in bellezza, l’unico buco ancora inesplorato era il culetto. Cercò di girare la zietta pancia sotto ed alzarle i fianchi facendole mantenere la posizione, ma non ci riusciva perché ovviamente dato il rilassamento della donna si afflosciava e rimaneva stesa. Allora ebbe un’idea, scese dal letto, la tirò a se facendole uscire tutte le gambe fuori e la rimase con tutta la parte superiore del corpo sul letto. Ora si che aveva il culetto in bella mostra. Le si posizionò dietro, ed iniziò un bel massaggio sulle chiappe, per poi aprirle ed iniziare a leccare l’anfratto più nascosto del corpo di una donna. Oltre la lingua iniziò anche con un dito a penetrarla, ovviamente non trovando resistenza dallo sfintere della donna. Incoraggiato da questo le aprì bene le natiche sputò sul buchetto e dopo aver insalivato anche la sua cappella, la appoggiò al pertugio e con una spinta prepotente si ritrovò nell’intestino della zia. Vero che era rilassato ma comunque era più stretto della fica. Questa sensazione non ci mise molto a far salire l’eccitazione al ragazzo che iniziava a sentire l’esigenza di eiaculare. Già aveva resistito troppo. Nella sua mente iniziò a pensare se le avrebbe voluto imbrattare quelle splendide mammelle di sborra oppure riempire quel suo splendido culo di caldo seme. Nel mentre decideva, continuava ad insistere con violenti colpi di bacino, regalando a quel inerme corpo anche qualche schiaffetto sul sedere. L’istinto prevalse sulla logica. Ross stava scoppiando e nel mentre avrebbe girato zietta si sarebbe perso il piacere del godimento, così assestando qualche altro colpo riversò tutto il suo caldo seme nel intestino di zia Effe. Dopo essere venuto si appoggiò anch’egli col corpo rilassato su quello della donna. Qualche istante e poi il genio. Fece scivolare il cazzo dal culo della zia e salendo sul letto, piazzandosi gambe aperte di fronte a lei, la tirò per i capelli facendo andare la testa all’indietro e la abbassò sul suo pisello ripulendosi l’arnese sulle labbra della donna. Le labbra di Zia Effe sporche della sua sborra fecero impazzire Ross che si fece cadere all’indietro con lo sguardo sognante verso l’alto. Qualche minuto e poi avrebbe dovuto rimettere tutto in ordine e sarebbe dovuto sparire dalla casa. Prese zia Effe e la stese sul letto preoccupandosi di rinfilarle il vestitino, le tolse la sborra dalle labbra con un dito aprendole la bocca e ficcandogliela dentro e poi andò in cucina. Si preoccupò di togliere solo il suo piatto così che non lasciava traccia di un ospite. Facendo questo aveva pensato che la zia una volta rinvenuta e vedendo solo il suo piatto non si sarebbe ricordata di lui. Ritornò nella stanza da letto e prima di andarsene fece uscire di nuovo il grosso seno per dedicargli qualche altro minuto. Qualche bacio, un paio di strizzate e poi andò via. Uscendo dalla casa sentiva di avere qualcosa nella tasca, andò a vedere e si ritrovò la mutandina che prima aveva preso, fece come per tornare indietro ma poi ci ripensò su. Questo era il suo bottino di guerra, questo era lo spunto per segarsi altre mille volte immaginandola con quelle mutandine addosso e quei splendidi seni fuori.

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