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Racconti Erotici Etero

Elegante

By 22 Maggio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Non potevo evitare di guardarmi allo specchio. Era uno di quei giorni in cui mi piacevo particolarmente. Avevo già stirato i capelli, dovevo solo finirmi di truccare e vestirmi, Marco, poi, era tornato tardi… potevo prendermela comoda. Per una volta era lui in ritardo e non mi avrebbe rimproverata per quanto tempo ci mettevo a scegliere i vestiti.
Avevo in mente di indossare un abito intero. Ero indecisa tra il vestito nero da allacciare dietro il collo, magari troppo leggero, quello rosso fuoco, forse troppo corto per la serata, e il bianco con i temi floreali colorati.
Potevo decidere con calma mentre mio marito si faceva la doccia… indugiando davanti allo specchio quanto volevo! Non era del tutto vero, dovevo vestirmi prima che uscisse dal bagno, certi particolari sarebbero dovuti essere una sorpresa.
Avevo addosso solo un paio di scarpe… forse le avrei cambiate, ma il tacco alto mi slanciava e mi sentivo più sensuale quando ammiccavo alla mia immagine riflessa.
Le mutandine le avrei scelte dopo il vestito e il reggiseno avevo già deciso di non metterlo. Il mio periodo si avvicinava e avevo le tette belle gonfie. Rinunciare al reggiseno era uno dei modi che quella sera avevo in mente per stuzzicare Marco.
Scivolai nel vestito floreale. Non era troppo leggero e nemmeno troppo corto, ma era troppo frivolo! Quella sera festeggiavamo il nostro anniversario di matrimonio, non era un aperitivo nel parco.
Svestendomi cercai di atteggiarmi il più sexy possibile: dopo cena tornati a casa avremmo fatto l’amore e Marco, quando mi sarei infine spogliata davanti a lui, doveva assolutamente considerarmi un dono del cielo. Quell’abito non era adatto. Lo riposi con cura e poi rivolsi l’attenzione a quello rosso.
Era davvero corto, ma lo provai lo stesso. Sorrisi, mi stava benissimo. Mi ammirai girando su me stessa e la gonna si alzò allargandosi nell’aria. Non era adatto al ballo: non avevo idea dove Marco mi avrebbe portata, poteva trattarsi di un locale che apriva le danze dopo cena. Afferrai il tessuto sui fianchi e sollevai la gonna, bastò poco per esporre il pube decorato dalla sottile striscia di peluria scura. Un’altra attenzione per mio marito che mi era costata cura certosina.
– No!
Ad alta voce bocciai anche quell’abito. Lo tolsi e lo feci imitando una professionista del new burlesque.
– Mmm… non è il mio stile!
La mia attenzione cadde sulla terza possibilità. Rimisi il rosso al suo posto e presi l’ultimo abito.
– Il nero in fondo è il più elegante… col nero non si sbaglia mai.
Lo infilai e lo allacciai dietro il collo come richiedeva. Era sottile davvero, il décolleté non era troppo coraggioso, ma si intendevano le forme dei capezzoli… d’estate la gente ci avrebbe fatto molto meno caso, mancava ancora un mese abbondante. Incerta sul da farsi mi voltai per osservarmi da dietro, la scollatura posteriore era piuttosto profonda… forse esageratamente… però risultava attraente e il tessuto si appoggiava sulle natiche divinamente. Scelsi comunque. Subito un fremito mi percorse il corpo.
– Marco?
Attesi la sua risposta dal bagno, forse sotto la doccia non sentiva.
– Maritino! Ci sarà freddo stasera?
– Mi hai chiamato Silvia?
– Ti ho chiesto se ci sarà freddo fuori?
Infine arrivò la risposta dell’oracolo.
– Fuori un po’… ma non staremo all’aperto.
– Ok.
Avevo una giacchetta adatta, un impermeabile inglese nero lungo al ginocchio, appena sotto dove finiva la gonna… sbirciai nell’armadio e lo trovai subito. Lo afferrai e lo appesi all’anta. Tutto si incastrava esattamente, ero orgogliosa di me stessa.
L’acqua ancora scorreva. Marco sotto la doccia ci stava sempre dei secoli.
Avevo ancora tempo e mi serviva. Ritornai veloce allo specchio, cercai di sopprimere il sorriso soddisfatto che mi si era stampato in volto… sforzai un espressione sensuale e con delicatezza portai le mani dietro al collo. Tirai i lacci e li lasciai andare. La stoffa nera scivolò a terra e in un attimo fui nuda. Il sorriso riaffiorò.
– Perfetto!
Compiaciuta mi complimentai con me stessa, ma poi mi accorsi che mancava un particolare.
Scattai al cassetto e cercai un paio di autoreggenti, temevo di non averne più, ma fortunatamente mi sbagliavo. Tolsi le scarpe e appoggiando prima un piede poi l’altro al letto infilai le calze con attenzione. Se le avessi rotte sarei stata costretta ad optare per i collant… una macchia indelebile alle sensualità assoluta che avevo deciso di raggiungere.
La calma stava sfumando. Come una furia ripresi l’abito nero, mi rivestii e mi rimisi le scarpe per poi tornare di fronte allo specchio.
Riprovai la scena dei lacci e quando l’abito ricadde mi trattenni per non saltare dalla felicità!
– Questo è il mio stile!
Alla fine anche le scarpe erano azzeccate, semplici, ma raffinate.
L’acqua smise di scendere.
– Hai detto qualcosa Sissy?
– No… nulla.
Presi il mascara e mi avvicinai alla mia immagine riflessa… complice mi fece l’occhiolino.
Pochi istanti dopo il mio ignaro marito uscì dal bagno all’oscuro di essere la vittima predestinata del mio complotto solitario.
– Ti sei asciugato bene prima di girare per casa? Non voglio vedere gocce sul pavimento.
– Sì… sì.
– Meglio per te.
Lo dissi per camuffare meglio il mio piano.
– Come sei elegante amore mio!
Fece per abbracciarmi da dietro. Lo fermai terrorizzata.
– Sono troppo elegante per dove andiamo?
– No. Tranquilla, sei perfetta.
Sorrise e si diresse all’armadio.
– Anche io mi metto elegante.
– Mi piaci quando ti tiri a lucido.
Gli sorrisi distrattamente. Non avevo ancora la biancheria intima… lui non se ne era accorto, pensai al perizoma nero col brillantino, era minuscolo e trasparente, avrebbero fatto la sua degna figura… certo non potevo prenderlo con assoluta certezza di non essere notata.
Pensai tra me e me che il brillantino però rischiava di agganciarsi al tessuto del vestito.
Sorrisi.
Era una scusa bella e buona.
Potevo sempre mettere delle altre mutandine… però mi era venuta un’altra idea.
Era la prima volta che me ne andavo in giro senza portare biancheria intima. La sensazione era piuttosto strana, nuova, imbarazzante e al contempo eccitante. Lasciammo le giacche al guardaroba e seguimmo in fila indiana il capo sala baffuto verso il nostro tavolo riservato.
Con quel vestito sapevo di essere meravigliosa, era un abito firmato e probabilmente molto costoso, lo avevo messo un’unica volta, mi era stato regalato in un’occasione speciale. Mi faceva sentire molto sensuale.
Catturai le occhiate di alcuni clienti ai tavoli, mi domandai se potessero immaginare che sotto il vestito non indossavo nulla. Certamente era facile intuire che non avevo il reggiseno, più difficile capire che avevo dimenticato anche le mutandine. Ponderai che non era comunque impossibile accorgersene e tale eventualità mi procurava una sottile euforia.
Il tavolo non aveva sedie, era per metà circondato da un divanetto a mezza luna, mi sedetti a gambe strette e strisciai fino al mio posto. Alzai gli occhi guardandomi attorno per vedere se avevo pubblico. Rimasi un po’ amareggiata non vedendo ammiratori che ancora indugiavano sulla mia figura.
– Allora Sissy? Che ne dici del locale?
– Bello, ne avevo sentito parlare’ non immaginavo che venissimo qui stasera. Per fortuna mi sono vestita elegante.
– Lo saresti anche nuda.
La frase mi fece trasalire, l’imbarazzo mi fece arrossire. Cercai di far finta di nulla.
– E’ caro?
Marco mi prese la mano e mi si avvicinò per sussurrarmi una confidenza.
– Molto!
Mi strinse l’occhio.
– Marco’ ma ne vale la pena?
– Ogni tanto sì.
– Però è tutto così’ non so’ freddo! Sarebbe stato più romantico alla cantinetta’ ci siamo passati di fronte e ho creduto mi ci portassi.
Deluso mio marito rimase senza parole.
– Scusami. E’ bello anche qui’ devo solo entrare nel personaggio della ricca donna dell’alta società.
Ridemmo assieme e fu bellissimo. Ci interruppe il capo sala baffuto.
Ci offrì la carta e rimase in piedi di fianco al tavolo sull’attenti come una guardia svizzera.
– Ordina tu Marco.
– Mmmm’ ti andrebbe un risotto al tartufo per cominciare.
– Come vuoi.
Mentre mio marito ordinava io ripresi a guardarmi attorno distratta, avevo come l’impressione di essere osservata, ma nessuno mi stava guardando. Poi alzai gli occhi verso quel rigido uomo baffuto e mi accorsi che mentre trascriveva l’ordinazione i suoi occhi talvolta scappavano nella mia direzione.
Istintivamente mi portai la mano sul petto per coprirmi, ma non era affatto necessario, quella sera non avevo un décolleté particolarmente ardito. Capii che il suo sguardo era attirato dall’altra scollatura, quella alle mie spalle.
Con scaltrezza e indifferenza portai una mano dietro la schiena e verificai dove finiva la vertiginosa apertura. Non mi ero resa conto che era persino troppo profonda per la posizione in cui stavo.
Arrossì violentemente, a quel gioco non lo avevo invitato io. Con nonchalance mi appoggiai allo schienale del divanetto.
– Perfetto signore. Le mando il somelier per la scelta dei vini?
– Sì, la ringrazio.
Sebbene non fosse un grande intenditore a mio marito piaceva scegliere il vino come uno che la sa lunga sul tema, vantava però solo una media cultura sul tema.
Passò un giovane cameriere che mi squadrò tentando di non darlo a vedere. Mi venne spontaneo sbuffare. Era già successo che giocassimo con camerieri all’oscuro delle nostre provocazioni, ma lo avevamo sempre deciso prima assieme io e Marco, di solito poi l’attenzione era sul mio seno.
– Va tutto bene Sissy?
– Perché me lo chiedi?
– Solo un’impressione. Non ti piace qui? Vuoi che ce ne andiamo?
– No’ devo solo abituarmi ti ho detto.
Avrei potuto rivelargli di come il capo sala mi aveva guardata, ma non mi andava di rivelargli che non indossavo le mutandine. La prima volta che indossai quel vestito non avevo avuto l’impressione che fosse così sfacciato sul di dietro’ ripensandoci mi tornò in mente che lo avevo notato, ma quella volta mi stava bene così.
Dovevo stare calma, era solo questione di abituarsi all’idea. Le regole alla fine le avevo scelte io sin dall’inizio: volevo essere bella, volevo essere guardata, volevo provocare.
Decretai la mia partecipazione ai giochi.
Quando arrivò il somelier mi rimisi nella posizione originale e persino inarcai maggiormente la schiena.
Sentivo il suo sguardo accarezzarmi lungo la mia azzardata nudità, mi esaltai e strinsi la mano di mio marito, la sua voce per un attimo tentennò nel scegliere il vino. Sorrisi malignamente. Anche la voce del somelier suonò incerta e fu per me la conferma che mi stava osservando.
– Allora un Muller Thurgau’ ve lo porto’ sì, ve lo porto immediatamente.
Risposi io.
– La ringrazio.
Credo che azzardai anche un fugace sguardo e un sorriso disonesto, solo per una frazione di secondo, non volevo assolutamente sembrare disponibile.
Mi ripresi.
Cominciammo a parlare della nostra giornata, per Marco era stata piuttosto impegnativa e mi spiegò il motivo del suo ritardo, un problema con dei fornitori spagnoli. L’argomento non mi coinvolgeva affatto, ma a volte far parte di una coppia significa pazientare e ascoltare, o almeno fingere di ascoltare. In base al tono di voce di Marco cambiavo espressione: corrugavo la fronte dimostrandomi concentrata, sorridevo di tanto in tanto comprensiva e accennavo un assenso per sostenere le sue tesi e le sue scelte.
Era del tutto all’oscuro della mia marachella, la ignorava sebbene fosse sotto ai suoi occhi. Io non lo avevo fatto partecipe e mi sentivo colpevole. Del resto ero finita in quella situazione per lui: mi ero fatta bella per lui ed era lui che mi aveva portata lì, era quindi non meno responsabile di me. Per lo meno me ne volevo convincere, perché quel gioco da cui lo avevo escluso mi stuzzicava.
Anche a Marco sarebbe piaciuto partecipare come complice, ma se lo avessi coinvolto gli avrei rovinato la sua sorpresa, eventualmente lo avrei fatto partecipe più tardi, a casa, soli’ e le mie confessioni forse avrebbero allungato la notte.
Arrivò il cameriere giovane.
– Tutto a posto signori? Avete bisogno di qualcosa?
– Nessun problema, grazie.
Marco poi si rivolse a me.
– Ho appena ordinato’ è ovvio che per ora non ci sono problemi.
Io pensai che era passato a darmi un’occhiata.
– Su Marco’ non essere nervoso. Non pensare al lavoro, pensa a noi stasera.
– Sissy’ hai ragione’ e poi qui sono troppo laccati, potevo portarti alla nostra cantinetta.
Mi venne in mente la sera in cui incontrammo la prima volta la sua giovane amica Elisabetta proprio in quel locale.
– Come sta Betta? E’ da un po’ che non la vedo.
– Ohh’ lei sta benone. Adesso sta insieme ad un ragazzo davvero in gamba’ a quanto mi dice. Ho l’impressione che sia la persona giusta per lei.
– Bene’ e a te non dispiace?
Lo vidi perplesso.
– Non fare quella faccia Marco. Lo sappiamo tutti e due che ha sempre avuto un debole per te. Adesso che si è innamorata magari ti dedicherà qualche attenzione in meno.
– Dai Sissy’ lo sai che tra me e lei non c’è mai stato nulla.
– Lo so’ ma so anche che ti faceva piacere che ti morisse dietro.
– Non mi è mai morta dietro. Mi si è solo affezionata. La vedo come una figlia ormai.
Io risi. Lo canzonai.
– Senti padre incestuoso. Salutamela e dille che una di queste sere passo e ci facciamo un aperitivo… io e lei’ le tue donne.
Marco arrossì per l’appellativo che aveva subito e per l’allusione. Sapevo bene che potevo stare tranquilla, mi potevo fidare, non ero gelosa di Elisabetta, ero però ben cosciente che fra lei e mio marito c’era una certa attrazione.
Arrivò il vino. Mentre Marco procedeva con l’assaggio, io ne approfittai per attirare l’attenzione del somelier aggiustandomi sul divanetto con disinvoltura. Quando alzai gli occhi su di lui lo vidi chiaramente fissarmi il fondoschiena, fu un istante piuttosto lungo che terminò quando si rese conto che io mi ero accorta del suo sguardo curioso. Sobbalzò e poi appoggiò la bottiglia per andarsene prima che Marco approvasse il vino.
– Il servizio non è poi così impeccabile.
Sorrisi all’osservazione di mio marito ancora all’oscuro della mia responsabilità.
Brindammo.
– Al nostro matrimonio, Sissy.
– A noi, maritino.
Stavamo per scambiarci un bacio quando arrivò il capo sala che aveva raccolto l’ordinazione.
– Pochi minuti e i vostri risotti saranno pronti signori.
Marco non gradì l’interruzione.
– La ringrazio’ però non c’è bisogno che passiate continuamente a verificare la nostra soddisfazione’ per lo più in due.
L’uomo si aggiustò i baffi imbarazzato, si scusò gentilmente e si congedò velocemente.
Il motivo di quella premura esagerata dovevo per forza essere io, mi parve comunque eccessiva, però mi lusingò’ e non poco.
Mi interrogai su quanto poteva essere realmente profonda la scollatura sulla mia schiena, avevo capito che era abbastanza profonda da rivelare qualcosa di troppo. Forse svelava di più di quanto immaginassi. Il dubbio mi fece uno strano effetto e mi diede modo di rendermi conto che il personale di sala del ristorante sapeva che non portavo biancheria intima. Mi eccitai violentemente.
– Marco, scusami’ vado un attimo alla toilette.
– Stai bene Sissy? Hai le guance rosse.
– Sì’ sì’
Sforzai un sorriso e mi alzai velocemente. Temevo che mi seguisse, non ero stata abbastanza convincente, non lo fece. Ero certamente umida, mi parve persino di percepire l’odore della mia eccitazione, l’idea che qualcuno al mio passaggio potesse avvertire quell’aroma femminile mi provocò un lieve capogiro.
Passai di fianco al capo sala e incrociai il giovane camerierie e lo sbadato somelier. Li ignorai, loro certamente no. Pensai che con un sorriso o al di più un sussurro ne avrei certamente convinto almeno uno a seguirmi alla toilette. Forse avrei potuto convincerne anche due o forse tutti e tre.
Fuggii nella toilette delle signore come se fosse un rifugio e invece fu una trappola. Il pensiero della compagnia di tre uomini eccitati mi assalì senza pietà divorandomi.
Mi appoggiai al lavabo e alzai la testa per guardarmi negli occhi.
– Ho persino i capezzoli duri!
In quel momento sentì uno sciacquone, uscì da una cabina di servizio una donna bionda, tinta e con un trucco pesante per nascondere la sua età non più giovanissima. Il suo décolleté esibiva un seno evidentemente rifatto.
– Cara mia’ dopo l’operazione ci convivo ogni giorno con i capezzoli ipersensibili, ti abituerai presto anche tu.
Inorridii all’allusione di quella donna. Pensava che avessi il seno rifatto! La strega era invidiosa di quanto era alto e ancora sodo piuttosto!
Non le risposi e mi chiusi in una delle cabine. La rabbia per l’affronto subito mi aveva però permesso di tornare lucida. Sentii uscire la megera, essere sola mi tranquillizzò ulteriormente.
Mi alzai la gonna e divaricai le gambe. Passai un dito sulla mia intimità e la trovai piuttosto sensibile oltre che particolarmente umida, più di quanto immaginassi. Un brutto pensiero mi liberò la mente dal sesso, invocai una preghiera alla divinità della moda e dello shopping.
– Ti prego’ fai che il vestito no si sia’
Invece si era bagnato, non molto e poi col tessuto nero non si vedeva troppo’ però era una macchia umida’ dovevo risolvere la faccenda. Socchiusi la porta della cabina e sbirciai fuori. Via libera. Perlustrai con gli occhi la stanza e individuai la mia meta: uno splendente e cromato asciuga mani automatico.
Tenendomi su il vestito uscì dalla cabina e arrivai alla parete opposta. Premetti il grosso bottone e l’aria calda subito prese ad uscire’ ci misi sotto il tessuto, per farlo dovetti alzarmi l’abito ben oltre l’ombelico.
All’improvviso percepii un rumore in preda al panico corsi verso la cabina. Scivolai e rischiai di cadere, rimasi in equilibrio e con un balzo quasi acrobatico tornai nel mio nascondiglio.
Era un falso allarme. Probabilmente era entrato o uscito qualcuno dall’adiacente toilette degli uomini.
Il mio piano si era effettivamente rivelato piuttosto rischioso. Se un’altra donna fosse entrata alla toilette mi avrebbe trovata mezza nuda e con la mia intimità ben curata per l’anniversario completamente esposta. Sarebbe stato molto imbarazzante’ ma per lo meno non sarei stata tenuta a spiegare perché il vestito fosse bagnato’ potevo essermi rovesciata dell’acqua addosso’ sarebbe ugualmente molto spiacevole.
Dovevo agire in fretta. Uscii allo scoperto, ma subito tornai sui miei passi, strappai un po’ di carta igienica e poi mi diressi all’asciuga mani.
Ripremetti il bottone luccicante e ripresi ad asciugare il tessuto, nel frattempo passai la carta igienica con la mano sul mio pube per asciugare la causa di quella situazione. Non potevo certo fare la verticale per usare il getto d’aria calda tra le cosce.
La carta era morbida, io ero eccitata. Dopo un paio di passaggi ne feci un terzo, poi un quarto e un quinto, dopo il sesto smisi di contare e l’idea di essere sorpresa in flagrante cominciava a non dispiacermi neppure tanto.
Fortunatamente il getto dell’aria calda si spense e mi diede modo di tornare in me.
– Sono la solita’ non posso distrarmi.
A malincuore mi pulii sul serio e buttai la carta, risistemai il vestito e verificai che fosse tutto a posto. Mentre mi guardavo allo specchio entrò una donna con la figlioletta al seguito.
Ringraziai il cielo. Solo un minuto prima e sarei morta.
Uscii dalla toilette delle signore che mi sentivo ancora molto eccitata.
Fu più forte di me. Camminai lentamente tra i tavoli con movenze sinuose, fissavo la schiena di Marco per rimanere concentrata, ma con la coda dell’occhio cercavo di carpire quanto attirassi l’attenzione degli uomini a cui passavo vicino’ clienti e servizio in sala.
Marco non sapeva che stavo tornando e ignorava quel mio gioco di seduzione. Sentivo gli sguardi su di me, mi stuzzicavano. Pochi metri mi dividevano dal tavolo, pochi passi e quella passerella sarebbe finita. Rallentai l’andatura, non volevo rinunciare a quelle sensazioni
Mi fermai a un metro dal tavolo, avevano portato il risotto, Marco lo stava già mangiando, le sue spalle e la testa si muovevano noncuranti di quello che accadeva dietro di lui.
Pensai che fosse un cafone per non avermi aspettato. Non si meritava di conoscere il mio gioco segreto, anzi si meritava una lezione.
Mi morsi il labbro inferiore e mi concentrai sulla carica erotica degli sguardi virili che mi bramavano, potevo sentirli addosso. Perché tradire il mio pubblico proprio alla fine? Perché invece non assecondare quelle richieste silenziose? Allargai lievemente le gambe puntando saldamente i piedi a terra. Quella scena l’avevo provata ed era semplice. Portai le mani dietro il collo dove era allacciato il mio prezioso abito. Un gesto banale avrebbe regalato un finale sensazionale, un solo istante mi separava dal rimanere divinamente vulnerabile di fronte alla sala. Presi tra le dita tremanti i lacci legati tra loro. Il cuore mi batteva forte, respiravo a fatica e l’eccitazione mi stringeva lo stomaco. Il vestito leggero cadendo a terra mi avrebbe regalato un’unica dolce carezza, ero quasi certa che mi sarebbe bastata per raggiungere l’orgasmo.
Anche le gambe mi tremavano, la paura mi eccitava anche di più’ trastullai i laccetti tra le dita, immobile dando le spalle alla sala, domandandomi in quanti mi fissassero, in quanti si chiedessero cosa stessi facendo ferma in quella posizione maliziosa e provocante, in quanti avessero intuito il gran finale.
Mi sentivo come ad un passo dal venire, ma non potevo arrivare’ non potevo senza uno stimolo più forte. Davvero allora pensai che tirando quei laccetti sarei istantaneamente venuta. Così’ senza neppure toccarmi.
Dopo tutto nella vita una persona qualche pazzia la deve pur fare, il difficile è scegliere quando e come.
Presi coraggio e spalancai le dita della mano lasciando ricadere i laccetti al loro posto, respirai profondamente. In certi momenti occorre più coraggio a rinunciare.
Mi allungai in un ultimo passo e raggiunsi Marco. Gli accarezzai la testa prendendolo alle spalle.
– Silvia. Sei qui. Ci hai messo un sacco.
– Potevi aspettarmi’
– Sì’ scusami’ hai ragione’ ma’
– Almeno è buono?
– Non tanto a dire il vero.
Lo guardai seria e sorridente.
– Andiamocene a casa.
Marco non si era reso conto delle mi intenzioni, tanto meno del mio stato.
– Possiamo prendere qualcos’altro.
Con la testa cercò il cameriere sgattaiolando alla mia destra.
Gli strinsi la spalla.
– Torniamo a casa. Stanotte potrai farmi tutto quello che vuoi.
Quella frase attrasse l’attenzione del mio amato marito. Ci scambiammo un unico sguardo di intesa.
Mi sorrise e si alzò dal tavolo.

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