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Elena, Dante ed io

By 26 Novembre 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Elena, Dante ed io
1° cap

No, no, si, si, si. Per favore basta. Nooooo, non voglio. Siiiiiiiii
Questo è quello che sentivo dalla mia grande smart tv; quello che vedevo ero in sintonia con quanto sentivo.
Una signora discinta, che indossava unicamente delle autoreggenti, era in ginocchio, come una pecorella, sul bordo del materasso di un grande letto. Aveva lo sguardo perso e rivolto verso l’alto; il viso era arrossato e le tette, pendenti, oscillavano ipnotiche muovendosi di concerto al movimento del corpo.
La colpa di ciò era di un uomo massiccio, o meglio del pene dell’uomo massiccio. Era posto in piedi, a capo del letto e la stava scopando con movimenti pelvici profondi e frequenti.
Quell’uomo ero io che mi stavo godendo le grazie di quella bella, gentile, signora.
Vicino al letto, seduto su una poltrona, si intravedeva la figura di un uomo. Era defilato rispetto l’immagine principale, ma ben si vedeva che aveva i pantaloni e gli slip calati alle caviglie. Aveva lo sguardo fisso su quello che stava avvenendo sul letto e a modo suo partecipava all’amplesso della coppia con una mano che andava, su e giù, nel movimento di segare il suo nudo pene.
Per arrivare a capire cosa stava avvenendo in quella camera da letto bisogna tornare a tempi passati.
Ma datemi un momento, prima devo vedere il momento clou dell’amplesso, quello che non mi stanco mai di rivedere.
Il momento in cui il viso di lei si trasforma sotto l’influsso dell’orgasmo. La bocca aperta alla ricerca di aria, il suo bianco corpo preda delle convulsioni da piacere e poi la sua rilassatezza. Mi piace anche guardarmi. Guardare con quanta forza la faccio godere; con che impeto spingo il pene nella sua capiente vagina; con quale gioia raggiungo il mio orgasmo e come poi sfinito mi appoggio su lei.
Quello che mi disturba un po’ è vedere in parallelo l’orgasmo di lui, del marito, del cornuto.
Come si fa a godere nel vedere la propria donna gioire del pene altrui?
Mi chiamo Aldo e voglio raccontare la mia storia.
Vivo in un bellissimo paese alle porte di una grande città del nord Italia e faccio l’assicuratore, o meglio sono il titolare di una ormai antica agenzia con numerosi clienti.
L’attività l’ha iniziata mio padre che poi l’ha trasmessa a me e negli anni siamo diventati sempre più “importanti” assicurandoci un notevole benessere economico.
Quella che definisco agenzia in realtà è una piccola azienda; ho 20 dipendenti e 60 subagenti. (Chi è del settore comprenderà la mia “forza”)
Tra i miei dipendenti c’è Dante che ha una quarantina d’anni, quasi venti meno di me, sposato e con due figlie che frequentano la scuola elementare del paese.
E’ uno dei miei tecnici commerciali; è colui che studia i nuovi prodotti emessi dalla compagnia assicuratrice, di cui ho il mandato in esclusiva per la mia zona, e poi fa l’attiva di informazione e formazione per tutti gli altri collaboratori.
In alcune trattative importanti, dove si tratta con i nuovi prodotti, affianca il sub agente per la vendita.
Io tiro le fila dell’azienda e mi godo i risultati sempre crescenti negli anni.
Ho famiglia, mia moglie ha un anno meno di me e due figli maschi che vivono in città.
Fisicamente l’età si fa sentire. Giocavo a rugby e con i miei 190 centimetri ed i miei novanti chili facevo bella figura. Adesso l’altezza è la stessa
, ma i chili sono diventati cento e distribuiti diversamente.
Ma ero e sono uno che se si prefigge un obiettivo lotta per raggiungerlo anche sgomitando.
Dante è un bel uomo; l’ho visto crescere. Ha cominciato a lavorare con me oltre venti anni fa; è uno che si impegna, ma gli manca quel quid per fare il salto di qualità. E’ un ottimo consulente, ma non sa vendere.
E’ simpatico ed ha una discreta presenza; è alto un po’ meno di me, ma è molto più magro, forse troppo. Per il lavoro che gli ho “ritagliato” è ottimo.
Abbiamo un buon rapporto senza dimenticare che sono io il titolare.
In comune abbiamo da tre quattro anni il piacere del ballo latino. E’ stato lui a parlarmene tempo fa; che lui con la moglie Elena si erano iscritti ad un corso che si teneva presso una del paese e che si stavano divertendo molto. Era anche un modo per staccare. In quelle sere le figlie gliele teneva la suocera che abitava non distante da loro.
La cosa mi interessò; la proposi a mia moglie che condivise e da tre anni impariamo e balliamo latino americano.
Una sera la settimana andiamo a “scuola” ed un’altra sera se possiamo andiamo a ballare. Abbiamo fatto un gruppo di sei/sette coppie e ci organizziamo per il nostro divertimento.
Ed arriviamo al punto focale.
Conoscevo la moglie di Dante. Si erano sposati una dozzina di anni fa ed ero stato invitato al loro matrimonio. Allora era una giovane, carina, fresca sposa. Adesso mamma di due bimbe non era più così giovane. Il suo fisico pian piano si stava modificando. Aveva acquisito qualche chilo che male non le faceva.
E’ alta intorno al metro e settanta e da giovane portava i capelli, neri, lunghi e sciolti mentre adesso sono più corti e le incorniciano un viso fresco e dolce.
I fianchi si sono arrotondati ancor più e qualcosa si è aggiunto sul culo rendendolo ancor più attraente. Il seno che ha è importante.
Se posso sinteticamente darle un profilo direi la classica mamma mediterranea. Gambe lunghe e tornite, culo alto e imperiale, tette su cui vorresti dormire, un grembo attraente ed un viso solare che ti dà piacere a vedersi.
Ho avuto più volte modo di incrociarla in paese durante i giorni festa; giorni in cui la gente si riversa nel piccolo centro storico per la classica passeggiata.
La vedevo camminare elegante nel suo bel vestito affiancata dalle sue belle bimbe e con il marito. Una bella famiglia.
Quello che lei non vedeva, ma io si, erano gli sguardi più che attenti degli uomini alla sua figura. Anche le donne la guardavano, forse per invidia, forse per piacere.
Fatto questa premessa devo anche dire che sino a poco tempo prima non mi aveva mai attirato in modo particolare; una bella donna come ce ne sono tante. Avevo avuto anche di meglio, ma qualcosa cambiò.
Da quando avevamo cominciato il “ballo” anche io la guardavo con più attenzione. Nella mia gioventù ed anche dopo non mi erano mai mancate le donne, avevo tutto per conquistarle, ma con il matrimonio, i figli, il lavoro avevo abbandonato quella simpatica vita ed Elena me la fece tornar presente.
La sua freschezza e gioia nel ballo e nei rapporti con le persone me la fecero considerare in modo diverso dal passato.
Iniziò ad intrigarmi. Cominciai a vedere qualcosa che sin allora non avevo visto.
Mi sorpresi a fissare la curva delle sue anche, i profili del seno, la bocca che ad ogni suo sorriso si apriva invitante e altro ancora.
Ogni volta che la vedevo nuovi strani pensieri affollavano la mia mente e non solo quella.
Mi ritrovai seduto alla scrivania o nel letto matrimoniale a pensare a lei ed alle sue grazie.
Durante le lezioni di ballo spesso cambiavamo il partner ed essendo anche balli di contatto mi accorsi che quando ballavo con lei l’eccitazione mi prendeva trasferendosi al mio ancora “vivente” uccello.
I giorni, le settimane passavano e quella che io ritenevo una stupida infatuazione non accennava diminuire, anzi era sempre peggio.
Ero arrivato a farmi delle seghe” pensando a lei, al suo culo, alle sue tette, alle sue vermiglie labbra.
Avevo notato che alle unghie dei piedi ed a quelle delle mani aveva sempre un lucido smalto rosso che le dava quel tocco di malizia femminile che altrimenti non sarebbe apparso.
Elegante, ma sobria. La gonna sempre sotto le ginocchia; il tacco alto, ma non troppo; la camicetta che evidenziava il seno, ma ben chiusa. Lasciava immaginare, ma non vedere. Notai anche che non si staccava mai da Dante che rimaneva sempre presso lei.
Ma le cose sulla sua intima femminilità e malizia ebbero un’impennata, provocandomi una massima eccitazione che mi tormentò per lungo tempo, fu quando andammo a ballare presso un vicino paese in un locale non molto grande. Nella foga di un ballo, io ero seduto accanto alla pista da ballo ad un divanetto e chiacchierando con un amico guardavo i suoi eleganti volteggi, la sua gonna, che era svasata per permettere agevoli movimenti, si sollevò in parte e vidi che indossava dei reggicalze. Non credevo ai miei occhi. Attesi nella speranza di rivedere e fui ricompensato della mia attesa. Erano proprio dei reggicalze nere.
Così casta fuori, così calda dentro?
Quella notte, tornato a casa, mia moglie fu sorpresa e felice della mia irruenza, non è che lo facessimo spesso.
L’immagine di quella gonna che si alzava e la vista di quel pezzo di coscia bianca e nuda che spiccava oltre il reggicalze continuava a passarmi nella mente e negli occhi.
Fu quella sera che decisi che doveva essere mia.
Da quel giorno pianificai come averla. Si pianificai perché lei non era una ingenua ragazzetta ed io un furbo bel giovane Era una donna sposata ed indipendente, lavorava presso il comune dove era ben stimata. Era mamma e moglie fedele e faceva opera di volontariato nel paese.
Non sarebbe stato facile.
Nelle chiacchierate d’ufficio, parlando delle nostre vite, Dante mi aveva detto che Elena era di principi solidi , forse persino antichi, che per lei la famiglia era sacra e che non ammetteva “distrazioni”, inoltre non le piacevano le smorfiose e quelle che si atteggiavano a dive. Avevo anche scoperto che aveva avuto un solo fidanzato prima di incontrare lui.
Non beveva alcolici, nemmeno vino , e quelle volte che festeggiamo per brindare per i risultati avuti si limitava a bere un mezzo calice di spumante e quel poco era sufficiente a “stordirla”.
Era una mamma senza grilli e pretese particolare; l’unico sfizio era che amava molto il ballo. Disse anche che era anche timida, ed alla mia obiezione in merito, disse che solo durante il contesto del ballo si “apriva”.
Io volevo sapere di più ed un giorno lo portai a parlare di “Victoria secret’s”, di quelle stupende modelle che indossando un intimo devastante allietano i sogni di milioni di uomini.
Gli chiesi se avesse mai visto in tv qualcuna di queste sfilate ed al suo sì, ebbi buon gioco, parlando ,parlando, ad arrivare a chiederle se Elena indossasse i reggicalze lamentando che la mia non voleva nemmeno parlarne (era vero).
Dante si fece “gonfio”. Si, Elena li indossava. Era un piacere che faceva a lui, se fosse stata per lei…
Gliene aveva comprato tre paia e lei li indossava soltanto al ballo, e non sempre, e su esplicita richiesta di lui in altre occasioni.
E quando con fare scherzoso gli feci i miei complimenti e “scivolai” con un po’ di volgarità: su con quel culo sai che piacere. Lui disse ridendo, ma con una leggera tristezza: quello no, è tabù. Il discorso finì lì e continuammo a parlare delle modelle di Victoria.
Preparai la mia strategia.
Organizzai più cene del “gruppo ballo” per migliorare la nostra sintonia ed abituare a stare insieme che ci fossimo tutti o meno.
Fu interessante scoprire che Elena non beveva alcolici nemmeno un bicchiere di vino e che quando nei festeggiamenti per qualcosa per farci contenta beveva anche un solo calice di spumante andava in confusione.
Questo me lo confermò in modo innocente anche Dante. Avevo trovato un tallone d’Achille
Cominciai ad affidare a Dante dei lavori che a volte richiedevano la sua presenza lontano da casa per almeno una notte. Ne fu contento perché in parallelo si alzò il suo stipendio e fece delle attività relazionali interessanti.
Elena pian piano si rilassò con i componenti del gruppo e ormai anche fuori dal locale da ballo chiacchierava spontaneamente con tutti e passava lunghi periodi lontano da Dante anche in pista.
Arrivò il momento cruciale.
Organizzammo un’uscita di gruppo presso un locale da ballo della zona, ma quel pomeriggio arrivò, tramite me una brutta notizia per Dante. Doveva andare subito da …., un grosso cliente, affiancando Giorgio, il subagente, per un’importante trattativa. Avrei dovuto andarci io , ma una improvvisa chiamata dalla Direzione mi aveva dato un altro urgente impegno. Gli chiesi se poteva occuparsene lui. Come poteva a dire di no?
L’unica obiezione, ma stasera? Gli dissi: non possiamo mandare a monte, ormai tutti si sono organizzati. Tranquillo so quanto dispiacerà a Elena, se vuoi….ci pensiamo noi.
Apparve sollevato da quella che era un’infame proposta. La chiamammo insieme a telefono per dirle la novità e seppur spiaciuta, sollecitata e spinta da lui, ci attendeva per la serata.
Il primo passo era fatto.
Si ero stato io a manovrare il tutto.

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