Skip to main content
Racconti Erotici Etero

Eneide Postmoderno – Del comando di Cassius e di Janus e Maghera

By 15 Aprile 2020No Comments

Avviluppata nella sua coperta come l’ultima dei lebbrosi e discosta dal gruppo dei Licanei schierati sul ponte davanti al castello di poppa, Maghera assistette al discorso di Cassius. Aniseus era morto in circostanze poco chiare. Nelle sue ultime volontà lasciava scritto che il comando andava allo stesso Cassius. La giovane notò che quasi nessuno parve ribellarsi, ma poté vedere Draupadi. L’ex Monaca fece un verso bizzarro, una sorta di schiocco con la lingua. Era come se stesse contestando la legittimità di Cassius, cosa che effettivamente era buona e giusta. Il nuovo comandante ordinò subito che venisse fatto l’inventario di tutto quanto a bordo e un rapido censimento. Decretò inoltre che il comando in seconda sarebbe passato a Tia, estromettendo de facto Maghera dal suo ruolo.
La giovane incassò quel colpo, il viso corrugato dalla rabbia. Le Amazzoni la guardarono. Sicuramente alcune di loro patteggiavano per Cassius ma altre, le più fedeli erano sicuramente addolorate da quella decisione e non l’avrebbero accettata a cuor leggero.
Lei fece loro una serie di segni gestuali rapidi che l’occhio allenato delle amazzoni percepì come degli ordini non vocali. Poi si voltò e, senza fingere lo sdegno che provava, tornò sottocoperta.

Cassius continuò il suo discorso non senza notare la partenza di Maghera. Si fece l’appunto mentale di liberarsi di lei e degli altri dissidenti. E poi avrebbe dovuto parlare con Brutus.
La storia del suo ferimento, raccontata dagli adepti, non lo convinceva per nulla.
C’era qualcosa sotto e cominciava anche a immaginare cosa. Forse c’entrava anche Draupadi. Quella donna era un enigma, un mistero indecifrabile.
E Janus… lui doveva sparire, morire in modo insospettabile, magari suicida.
Sì. Solo una volta fatto ciò, avrebbe potuto assiucrarsi il dominio che ora era minacciato da quelle incertezze. Guardò verso i suoi sostenitori, Betea, Ossius, Tia e altri.
Ce l’avrebbe fatta. Sicuro. Avrebbe trionfato!

-So che mi seguireste sino all’inferno se ve lo chiedessi, ma vi chiedo di attendere. Di non agire e di non reagire.-, disse Maghera, -Questa non é una battaglia che si può vincere tramite colpi di testa e atti eroici, é una guerra priva di ogni nozione d’onore.-. Le Amazzoni annuirono, tutte leali e pronte ad eseguire quegli ordini.

Draupadi lo vide arrivare, in pompa magna. Si alzò appena dalla posizione seduta.
-Cassius.-, disse.
-È Comandante Cassius, Monaca.-, disse lui. Nessuna scorta. Solo loro. La giovane sorrise.
-Come io non sono più una Monaca, tu non sei comandante. Non ancora.-, replicò.
Il viso di Cassius parve venire attraversato da una rabbia tale da farle temere che l’avrebbe aggredita. Ma Draupadi si limitò a restare immobile.
-È praticamente cosa fatta. Janus dichiarerà la mia legittimità a breve.-, disse.
-Già. E sicuramente tu sarai dispiaciuto del suo suicidio.-, replicò Draupadi.
Il volto di Cassius passò da rosso intenso a bianco alabastro in un istante.
-Io lo so cosa farai. L’ho visto. Come so che mi ucciderai.-, disse la Monaca. Parlava con una tale calma da sembrare persino irreale, -Ma so anche che questo é il mio destino.-.
-Finalmente siamo d’accordo.-, disse Cassius. Fece entrare Quintus. Il guerriero sguainò il pugnale. Osservò la donna con vago disprezzo.
Draupadi sorrise. Non tentò di sollevare armi, non si oppose, rimase ferma, immobile.
-Fammi un favore: nessun colpo errato. Un colpo diritto al petto. Dignitoso.-, disse.
Quintus annuì. La guardò, stupito.
-Come fai a non avere paura?-, chiese. La giovane non smise di sorridere.
-Non c’é nulla di cui aver paura.-, replicò, -Perché non c’é nulla da guadagnare o da perdere.-.
-Sei pazza…-, mormorò Cassius. Lei gli sorrise, un sorriso di compatimento.
-Ti renderebbe tutto molto più facile il sapermi pazza. Ma sappiamo entrambi la verità.-, fece un passo indietro, -Sappiamo tutti e due che se c’é un pazzo qui, quello sei tu.-.
-Altro da dire?-, domandò Quintus.
-Possa tu trovare pace.-, ribatté lei con tono calmo, senza acredine. Poi aprì le braccia.
E Quintus la colpì. Il pugnale trovò facilmente la sua strada. Draupadi lo fissò, il dolore assolutamente assente dal suo viso. Cassius fissò quella scena. Di tutte le morti che aveva visto e inflitto, quella era la più strana. Quintus svellò il pugnale. Un rivolo cremisi macchiò la toga arancione della giovane, la quale fece un passo indietro e si sedette sui talloni.
Rimase immobile. Una fottuta staua. Cassius improvvisamente ebbe timore.
-Quintus… Chiama gli altri. Di loro… Di loro di procedere.-, disse. La voce gli tremava.
-Signore… lei…-, Quintus s’interruppe. Cassius agitò le mani e il capo, come a voler scacciare quella verità. Si avvicinò. Toccò appena il collo morbido di Draupadi. Neanche un battito.
Morta. Si sentì invadere dal sollievo.

Maghera bussò alla porta di Janus. Doveva ascoltarla! Doveva sapere! Poi lo notò. La porta era aperta. Entrò. Lentamente. L’uomo era seduto, rivolto alla parete spoglia. Non aveva toccato cibo, per giorni. E non si era lavato. La giovane arricciò il naso ma si fece forza.
-Janus… sono io. Sono Maghera.-, disse avvicinandosi. Nessuna risposta.
-Devi riprenderti. Cassius… lui e altri hanno preso il comando. So che forse non t’importa, ma non l’hanno fatto nel modo giusto. Non con la votazione o il favore della gente, ma con macchinazioni e le mani macchiate di sangue.-, continuò lei imperterrita. Nessuna risposta. Lei sospirò.
-Sono stata sull’isola… È stato Cassius. È stato lui a uccidere Sullastius!-.

Il vuoto era assoluto. Poi, nella vacuità riverberò una frase.
-Janus… sono io. Sono Maghera.-. Maghera? Sì, ricordava. Ma aveva deluso anche lei.
Aveva deluso tutti loro, prima li aveva traditi, poi attirati, poi delusi. Non meritava quella vicinanza e quel perdono. Era indegno di calore umano, finanche di quello di quella giovane.
-Devi riprenderti. Cassius… lui e gli altri hanno preso il comando. So che forse non t’importa, ma non l’hanno fatto nel modo giusto. Non con la votazione o il favore della gente, ma con macchinazioni e le mani macchiate di sangue.-, nel vuoto, qualcosa riverberò, un senso di scoramento, di assoluta stanchezza. Quando avrebbero imparato? Quando sarebbe finita?
Quanti ancora sarebbero dovuti morire per cose senza senso?
-Sono stata sull’isola… È stato Cassius. È stato lui a uccidere Sullastius!-.
Quella frase fu una scintilla. La scintilla incendiò il vuoto. E improvvisamente, l’orizzonte degli eventi collassò, portandosi dietro tutto il resto, scagliando Janus in un universo in cui nulla era e tutto poteva essere. Solo nel migliaio di possibilità, attese.
-Non é la sola morte di cui Cassius si é macchiato.-, disse una voce.
Draupadi. La giovane emerse. Aveva la toga lacerata, insanguinata. Lo guardava.
-Sei morta.-, sussurrò lui.
-Già. Come anche tu e Maghera, e altri. Cassius non si fermerà. Devi fermarlo, Janus.-, rispose lei.
-Non sono degno di guidarli… li ho traditi… Li ho mandati a morire!-, ribatté lui, piangendo.
-Sì. Ma questo é il tuo fardello. Sei il solo a poterlo portare.-, disse l’apparizione.
-Perché? Perché non uccidermi semplicemente? Gli déi non conoscono misericordia?-, chiese lui.
-Non sarebbe forse questa la misericordia? Il tuo peccato é già assolto. Ora devi terminare ciò che cominciasti. La destinazione non é lontana! Fallo o tutto questo sarà stato inutile.-, disse Draupadi. Janus sospirò.
-Scorrerà del sangue vero? Più di quanto ne sia già stato versato…-, disse. Draupadi annuì.
-È inevitabile. Il cambiamento non é doloroso ma chi resiste ad esso non conoscerà pace.-, rispose.
-Ricorda: procedi verso sud per sei giorni. Evita le isole, vi sono solo pericoli.-, disse Draupadi prima di svanire dalla sua percezione.
Solo allora, lentamente, Janus aprì gli occhi.
-Maghera.-, disse, la voce arrochita dall’ascesi e dal silenzio autoimposto.
-Sono qui…-, sussurrò lei.
-Aiutami ad alzarmi, per favore.-, disse, -Abbiamo un destino da rivendicare.-.
Lei gli porse la mano. Lo tirò in piedi e abbracciò. Lui la baciò. L’amazzone rispose al bacio, ma si fermarono. Non era tempo, non ancora.
-Come facciamo? Non sappiamo quanti Cassius abbia convertito alla sua causa.-, disse lei.
-Non temere. Abbiamo un vantaggio che loro non hanno.-, replicò lui. Sorrideva.
-Cioé?-, chiese lei.
-Ci credono già sconfitti.-, disse. La giovane annuì. Era vero, ma rischiava di diventare realtà se non avessero agito in fretta.

Tia accolse il seme di Cassius dentro di sé. Erano due ore buone che ci davano dentro in più posizioni e modi. Lasciò che l’uomo finisse di godere poi si distese su di lui con un sorriso appagato. La voce dell’uomo la scosse dal torpore.
-Tu lo sai che abbiamo ancora un paio di cose da sistemare, vero?-, chiese.
-Janus.-, disse Tia come se quel nome fosse veleno.
-E Maghera. E forse anche Asclepia.-, disse Cassius.
-Lui é mio, Cassius.-, sibilò la giovane. L’uomo grugnì in modo affermativo.
-Lo sarà. Ma lei… sarà dura liberarsene… Dovremmo avvelenarla e ho già un’idea…-, rifletté lui.
-Allora sbrighiamoci perché temo che quello sull’isola non sia stato un incidente. Maghera era ammalata, lo é stata per un giorno, uno solo, ma più che sufficiente a tornare là e a scoprire cos’hai fatto.-, disse Tia. Cassius sussultò.
-Hai ragione.-, disse, -Vediamo di organizzarci. Domani passeremo all’azione.-.

Leave a Reply