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Eneide Postmoderno – Della scoperta di Maghera e della vendetta di Tia

By 15 Aprile 2020Maggio 31st, 2020No Comments

L’indomani, Maghera era in piedi da ben prima dell’alba.
Come previsto, Asclepia l’aveva avvisata che la spedizione sarebbe partita alla nona ora antemeridiana e quindi la giovane doveva riuscire a lasciare la nave per quell’ora.
Secondo le sue stime più avvedute era la sesta ora. Il cambio della guardia stava avvenendo in quel momento e avrebbe richiesto due minuti totali.
Previdente, aveva preparato un fantoccio che non avrebbe tratto in inganno nessuno a un esame ravvicinato ma sicuramente sarebbe stato in grado di distogliere l’attenzione se visto dall’ingresso della stanza. Di comune accordo con Asclepia aveva inventato la storia del malore dovuto al cibo.
Semplice ma efficace. L’Apotecaria si sarebbe occupata di evitare nel limite del possibile che la disturbassero. Lei invece salì, circospetta e attenta sul ponte. Scalvalcò la murata e, estratti i suoi coltelli e messa la maschera, prese a scendere lentamente lo scafo, arrivando sino a metà della sua altezza. Mentalmente contò fino al tre, poi si tuffò.
L’impatto con l’acqua fu spiacevole: fredda, salata, percepita dappertutto salvo che attorno al capo, avvolto dalla maschera. Maghera prese a nuotare, respirando piano. Il cuore batteva forte.
La maschera funzionava. Rapidamente, la giovane nuotò in modo da situarsi dietro la nave.

Tia sorrise a Cassius. L’uomo le sorrise di rimando.
-L’ho drogato.-, spiegò la giovane, -Certe erbe inibiscono l’eccitazione. Ora dorme come un angioletto.-. Cassius rise beatamente all’idea.
-Come vuoi procedere?-, chiese lei. Lui si permise di pensarci, di riflettere, infine parlò.
-Beh, potresti entrare, vedere se vuole scopare e poi… entrerei io. In modo del tutto casuale. Ma non ci crederà mai.-, ghignò Cassius. Anche Tia sorrise, maleficamente.
-Non serve che ci creda. Anzi, meglio se non ci crede. Voglio umiliarlo, lo capisci?-, chiese.
-Capisco. Ma che penserà di me? Mi odierà…-, considerò Cassius. Lei sorrise di nuovo.
-Via Cassius, pensi davvero che ti odierà? Non può permetterselo. Odierà me. Ma non potrà far nulla.-, minimizzò Tia, -Ricorda che sei il più valente guerriero di questa spedizione.-.
-Già. Ho come l’impressione che tu abbia un impressionante capacità in ambito cospiratorio.-, ammise Cassius. Lei sorrise, notando la sua eccitazione. Anche lei era ben su di giri.
“Ancora poco tempo”, si forzò a pazientare.
-Necessità, pura e semplice.-, disse Tia, -La mia gente si adatta o muore.-.
-Già. Pare sia questo che tanti non capiscono.-, disse Cassius. Si separarono.

Maghera aveva atteso pazientemente. Quando la scialuppa arrivò, lei si aggrappò alla meglio alla chiglia, usando i coltelli per avere maggiore appiglio. Ora doveva solo aspettare. Più o meno.
L’ossigeno puro erogato dalla maschera le entrava nei polmoni facendola sentire leggera…
Sbatté gli occhi un attimo, vedendo davanti a sé Athlia, solo per un istante.
“È un’allucinazione… Solo un’allucinazione.”, pensò. Strinse la presa sui coltelli. Doveva restare concentrata. La nave si muoveva piano.

Tia notò che Aniseus dormiva a pancia in giù. Sorrise. Iniziava lo show.
Si avvicinò al giovane e prese ad accarezzargli il membro. La sera prima, quando le erbe ancora non avevano fatto effetto, lui l’aveva presa ancora una volta, umiliandola di nuovo.
Lentamente, prese le manette. Le aveva usate anche lui, ma ora toccava a lei…
Legò i polsi del giovane a letto poi prese a dedicarsi al suo pene, manipolandolo piano.
-Cos?-, chiese Aniseus aprendo gli occhi.
-Ben svegliato, mio signore…-, sussurrò Tia, chinandosi a leccare il pene del giovane.
-Schiava.-, fu il saluto di lui. La giovane sorrise. “Ancora per poco…”.
-Non ti si rizza, mio signore?-, chiese. Aniseus la guardò. Si guardò. E sorrise.
-È solo l’intorpidimento… La calma che precede la tempesta.-, disse. Lei sorrise a sua volta.
“Come no. Ora vedrai caro mio…”, pensò. Prese a succhiare il membro flaccido del giovane.
Come previsto: il pene del ragazzo non si attivò neanche per finta.
-Sembra proprio che le mie abilità siano inutili, mio signore.-, disse Tia.
-Non capisco…-, Aniseus pareva decisamente scocciato. Solo allora si accorse di avere i polsi ammanettati al letto. -Merda! Schiava!-, la risposta di Tia fu un ceffone in piena regola.
-Zitto, bamboccio.-, sussurrò, -Pare che la tua virilità sia scemata. Una fortuna che ci siano altri uomini a bordo.-. Dette quelle parole, Cassius entrò.
-Cassius! Liberami! Questa puttana…-, la voce di Aniseus si estinse appena notò che Cassius non stava guardando lui, ma lei. E con uno sguardo decisamente voglioso.
-Ora… guarda qua.-, disse Tia. Si spogliò della toga con pochi gesti per poi raggiungere Cassius ed estrarre il membro. Era enorme. Merito di una vita sana, avrebbe potuto dire Tia.
-Scopami visto che il bamboccetto non ce la fa.-, sussurrò salacemente. Fagocitò il pene dell’uomo in un colpo, infilandoselo sino in gola.

Maghera lottò per rimanere lucida. Ora le macchie davanti agli occhi avevano assunto altre fisionomie. Sentiva il bisogno atroce di aria, aria vera, quella da fuori la maschera.
“Claustrofobia…”, realizzò. Non doveva arrendersi. Non poteva…
Fu l’urto col fondale a riportarla alla realtà. Mai un dolore le era stato tanto utile. Svellò i coltelli dallo scafo e prese a nuovare piano verso un tratto di spiaggia isolato, ignorando la sensazione di chiuso che le aleggiava attorno al capo.
Raggiunse una spiaggia sufficientemente lontana minuti dopo. Emerse piano, vedendo il gruppo andare verso un bosco. Oltre ai due adepti dell’Apotecaria c’era anche Brutus, uno dei sostenitori di Aniseus. Coincidenze? No, non credeva proprio. Era più probabile che il giovane non si fidasse.
Poco male: se fosse andata bene non li avrebbe neppure visti.
Ora però doveva riflettere. Si tolse la maschera respirando l’aria salmastra a pieni polmoni e dando un occhiata alle sue vesti. Il cuoio si sarebbe probabilmente rovinato.
Un piccolo prezzo da pagare, valutò.
-Ora… Cassius e Sullastius erano andati verso l’entroterra. Poco ma sicuro, verso il Tempio.-, disse. Così si diresse da quella parte, furtiva e attenta. Non avrebbe avuto molto tempo.

Tia gemette quando Cassius la penetrò con un solo colpo. A farla godere più di tutto era l’espressione di Aniseus. Mischiava rabbia e impotenza a una sofferenza percettibile.
-Ti piace, finocchietto?-, chiese lei con un ghigno mentre Cassius le entrava dentro con forza.
-Cassius… Liberami! La puttana mi ha drogato!-, esclamò Aniseus, implorante.
-Credo abbia ben di meglio da fare.-, disse Tia. Lo sentì affondare di nuovo dentro di sé.
Stava già venendo. L’orgasmo la scosse all’improvviso, lasciandola senza fiato mentre Cassius la pompava ormai a ritmo.
-Questo é quello che mi hai fatto provare. Ti piace, stronzetto?-, chiese all’indirizzo di Aniseus.
-Bastarda!-, ringhiò lui, cercando di liberarsi.
-Cassius qui é un brav’uomo. E decisamente più dotato di te. Ora… presso la mia gente quelli come te, impotenti e privi di virilità, divengono spesso le puttane degli altri uomini…-, disse.
Aniseus sbiancò, letteralmente, divenne pallido come un cencio. Cassius continuò a pompare.
-Mmmh, sembra che abbia ben di meglio da fare…-, disse Tia. Sentì arrivare il secondo orgasmo.

Maghera raggiunse il Tempio, o meglio, la base. C’erano pietre, molteplici. Alcune grosse, altre non. Una trappola, aveva detto Cassius. Ma in realtà, lei lo poteva ben immaginare, forse era stato un depistaggio. In fin dei conti avrebbe potuto anche essere perfetto, no?
Il corpo di Sullastio doveva essere ancora là. Sicuro. Si mise a rimuovere pietre, ferendosi le mani e faticando, col timore che la scialuppa ripartisse senza di lei.
Ma alla fine, dopo ben venti minuti di lavoro, lo vide. Un corpo umano. Mal messo, tumefatto dai massi, ma indiscutibilmente quello di Sullasius. E, sul petto, un segno chiaro, palese.
Il segno di un’arma di Licanes, Maghera lo riconobbe subito.
-Cassius…-, sussurrò con odio. Desiderò poter portare il corpo con sé, dargli degna sepolutra ma non era possibile. Non senza allertare Brutus e indirettamente anche Aniseus.
No. Avrebbe dovuto accontentarsi di andarsene con la consapevolezza che i suoi sospetti erano fondati. E sperare che Janus si scuotesse dal suo torpore. Abbandonò il tempio, tornando rapidamente alla spiaggia. E fu lì che lo vide. Brutus.
-Bene bene. Pare che la tua malattia non sia poi così grave…-, disse avanzando verso l’amazzone.
Era solo. Gli adepti erano andati verso la loro scialuppa, evidentemente. Maghera realizzò subito cosa l’avesse tradita. La maschera… Brutus o qualcuno degli altri doveva averla trovata.
E lei, stupida idiota che nella sua euforia l’aveva lasciata sulla spiaggia…
-Ti ha mandato Janus?-, chiese Brutus.
-No.-, ammise lei, -Mi ha mandato la mia coscienza. Cassius ha ucciso Sullastius.-.
-Uhm già. E tu pensi forse che io ti lascerò tornare alla nave senza problemi?-, chiese.
-Penso proprio di no.-, ammise Maghera sguainando i coltelli.
-Bene.-, sorrise Brutus, -Non ho mai sopportato voi Amazzoni. Tutte così arroganti…-.
Estrasse la spada corta. Maghera lo guardò.
-Non deve andare così. Cassius é un assassino e Aniseus é un traditore.-, disse.
-Non me ne frega nulla! Janus insegue una chimera! Mi sono stancato di fingere, di dover continuare a seguire un folle! Meglio seguire un imbelle come Aniseus che un pazzo che ci condurrà alla rovina!-, esclamò Brutus.
-Janus ci salverà tutti. Io ho fede in lui.-, replicò Maghera guardandolo. Notò qualcos’altro.
-Ah, certo. Solo perché hai aperto le gambe per lui, eh?-, chiese Brutus.
-No.-, rispose lei a denti stretti, -Ma penso che non ti sia dato capire.-.
-Probabile. Ma tra breve non importerà.-, disse Brutus. Estrasse dalla fondina alla cinta una delle armi prese al popolo di Re Gunkal. Piccola ma letale.
-Ultime parole?-, chiese. Maghera sorrise, sorrise alla grande.
-Non le sue.-, disse una voce. Un bastone si spaccò sulla testa di Brutus. L’uomo sparò un colpo a vuoto cadendo svenuto nella sabbia. Uno degli adepti di Asclepia era dietro il traditore, il ramo stretto nella mano. L’altro adepto, una giovane dalla pelle diafana e i capelli biondi raccolse l’arma caduta a Brutus mentre quello che l’aveva colpito legava rapidamente l’uomo. Maghera gli sorrise.
-Io non so granché di quello che Janus intende fare o se sa o meno dove siamo diretti. Non posso neppure dire di sapere se vivrò per vedere il termine di questo viaggio. Una cosa però la so. Aniseus e i suoi sono una cricca di traditori e assassini. Tanto mi basta a sapere da che parte sto.-, disse. Porse all’amazzone le armi del traditore. Maghera le prese, rinfoderando le proprie. Il bastardo riprese i sensi.
-E ora, puttana?-, chiese Brutus, -Mi uccidi? Certo… te lo vedo negli occhi. Vuoi spararmi.-.
Lei sospirò. Lo sapeva eccome anche lei. La Dea sapeva quanto avrebbe voluto ucciderlo.
Quanto avrebbe voluto massacrare tutti loro, tutti, per quello che avevano fatto.
-O forse preferiresti tagliarmi la gola… Presso la tua gente il tradimento si punisce così?-, chiese Brutus, sprezzante e derisorio, -Selvaggi!-. Il pugno che Maghera gli sferrò lo mise a tacere.
-Non ti farò nulla di tutto ciò.-, sibilò la giovane, -Tu vivrai. Vivrai per sottostare al giudizio di Janus, secondo le consuetudini di Licanes.-.
-Aniseus non lo permetterà.-, rispose Brutus. La risposta di Maghera fu un secondo pugno che stese il traditore a terra, privo di sensi.
-E ora?-, chiese la bionda.
-Ora torniamo alla nave.-, rispose l’amazzone.
-E lui?-, domandò l’adepto. Pareva sorpreso dalla piega presa dagli eventi.
-M’inventerò qualcosa.-, promise lei. In realtà non aveva idea di come evitare che gli altri congiurati venissero a sapere di quanto accaduto. Uno scontro pareva inevitabile.

Tia sorrise quando Cassius si versò dentro di lei. Guardò Aniseus con disprezzo.
-Penso che ora tu debba capire cosa vuol dire essere usato.-, disse. Raggiunse la sua toga ed estrasse delle compresse a base di erbe. Le mostrò ad Aniseus.
-Sono eccitanti. Tutti assieme saranno belle potenti, ma ti permetteranno di soddisfarmi come si deve. Da adesso tu sei la mia puttanella.-, ghignò. Cassius, sfilatosi e ormai flosciò, guardò la giovane, dubbioso. -Sei sicura?-, chiese. Lei non gli badò. Montò a cavallo di Aniseus, forzandogli la bocca e infilandogli le compresse in bocca, forzandolo a inghiottire.
L’effetto fu immediato: il membro del giovane prese ad assumere consistenza e turgore, ergendosi.
-Adesso ti scopo io.-, disse Tia. Lui forse volle dire qualcosa, ma lei lo prevenne. S’impalò e prese a cavalcarlo. Lo sentì fino in fondo. Un paradiso.
-Troietta, adesso ti svuoto.-, gli disse. Prese a muoversi a un ritmo indiavolato. Non le importava di farlo godere, voleva solo che provasse una frazione dell’umiliazione che le aveva inflitto. 
Sapeva già che non sarebbe durato a lungo. E infatti non durò più di sei minuti a quel ritmo.
Lo sentì esplodere dentro di lei, versarsi come mai prima d’allora, riempendola con un eiaculazione copiosa come nessun’altra. Poi vide il volto di lui assumere caratteristiche grottesche.
Aniseus sospirò e giacque immobile. Cassius si avvicinò e controllò le pulsazioni del giovane.
-Morto.-, disse, -Le tue cazzo di erbe lo hanno ucciso!-, esclamò, impanicato.
-Già. Ma non é necessariamente un male.-, disse Tia. Cassius la fissò con rabbia.
-Non possiamo dire come é morto.-, disse.
-Non servirà. Comunque avevo già un piano.-, si tolse da sopra il giovane, usando un lembo di coperta per evitare di sporcare. Raggiunse una lettera scritta.
-L’ho convinto a firmarla una sera che era ubriaco.-, disse passandola a Cassius che lesse.
-Questa dimostra che Aniseus mi cederebbe il comando qualora accadesse qualcosa.-, disse lui.
-Esatto. I miei più profondi rispetti, o Comandante Cassius!-, esclamò.
Lui annuì. Sorrise alla giovane.
-Hai proprio previsto tutto.-, si complimentò, -Mi toccherà stare bene attento a non sottovalutarti.-, osservò. Lei sorrise di rimando.
-Mi basta che tu mi rispetti e che ci porti verso un luogo dove metter radici.-, disse.
-Per il resto… sarò la tua fedelissima compagna…-, aggiunse con un ghigno.
Cassius sorrise. Sapeva che avrebbe dovuto preoccuparsi, muoversi con cautela, stare attento a Maghera e a quella tale Draupadi, e liberarsi di loro quanto prima. Sapeva che la strada era tanta.
Ma aveva tutta l’intenzione di percorrerla.

Maghera scalava la murata della nave con lentezza, dal lato opposto di quello della scialuppa.
Bussò alla finestra del Sanitarium. Asclepia le aprì. La giovane s’issò all’interno.
-Ho le prove. Ma anche un problema: Brutus… mi ha scoperta.-, disse.
-Dov’é ora?-, chiese Asclepia senza tergiversare.
-Sulla scialuppa, privo di sensi. Per adesso.-, disse Maghera, -Ho ordinato agli adepti di portartelo.-. 

-Allora tu devi sparire.-, disse l’Apotecaria comprendendo le implicazioni. 
Le gettò una toga da adepto. Maghera annuì.
Si cambiò rapidamente senza dar troppa importanza al pudore. Asclepia non poté evitare di osservarla, lamentando la bellezza che non poteva assaporare con altri sensi che la vista.
-Come facciamo con Brutus?-, chiese lei.
-Non so ancora. La soluzione migliore sarebbe stato ucciderlo sull’isola.-, disse.
-Non siamo come loro.-, rispose Maghera. Asclepia annuì.
-No, ovvio. Ma ci avrebbe risparmiato un bel po’ di casini.-, replicò.

Maghera sgattaiolò rapidamente nella sua stanza, smontando il fantoccio e buttandosi a letto.
Ora doveva solo aspettare e contattare Janus. E fu lì che sentì il trambusto.
E capì che la situazione era cambiata di nuovo.

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