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Racconti Erotici Etero

Esperto di computer

By 22 Dicembre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

In ufficio sono considerato uno bravo con il computer e, quando qualcuno ha un problema, chiama sempre me.
Lucia è una collega carina e simpatica, una bella signora non più giovanissima, ma neanche decrepita.
Se vi aspettate una di quelle donne con le gambe magre, sempre in tiro, con il ventre piatto inguainato in un busto stretto che toglie il respiro, e le tettone a palla, rifatte da poco, siete fuori strada.
Lucia è tutto l’opposto: una donna abbastanza formosa, con le gambe piene e ben modellate, la vita stretta ed il sedere grande, morbido e sporgente. Ha anche un seno generoso che comincia un pochino a scendere, ma a cinquant’anni non si possono pretendere le ‘tette di marmo’.
Capelli scuri, due occhi neri vivaci ed un viso non bellissimo ma espressivo.
Veste in maniera tradizionale, elegante e le sue gonne, un po’ attillate senza però dare l’idea che la stiano strizzando, mettono sempre in evidenza il suo corpo.
Mi capita spesso di guardarla e devo dire che le leggere smagliature che iniziano ad apparire sul suo collo, non mi disturbano affatto.
Anche lei sembra contenta di sentire i miei occhi che le scorrono addosso, soffermandosi prima sulla scollatura del vestito, poi sulle curve dei fianchi, per finire, scivolando in basso sulle gambe.
Non so se dipende dal fatto che in ufficio ci sono poche donne giovani e quindi mi devo accontentare, oppure, più semplicemente, Lucia mi attira proprio, ma mi capita spesso di passare da lei con una scusa.
Anche lei sembra apprezzare la mia presenza e quando ci incontriamo, mi fa un bel sorriso e si mette in posa, del genere ‘petto in fuori e pancia in dentro’.
Giorni fa è passata nella mia stanza.
Aveva una bella gonna aderente con un discreto spacco, che mostrava in parte le cosce carnose, foderate da un collant velato.
‘Scusa se ti disturbo’, ma che disturbo, penso io, mentre lo sguardo si punta sulle sue gambe, per scendere fino ai piedi che calzano delle scarpe nere con il tacco alto e sottile.
‘Mi hanno detto che tu te la cavi bene con il computer …’, il mio sguardo è risalito e sta spaziando sui suoi seni grandi e morbidi, che si intravedono attraverso la scollatura generosa del vestito.
Se ne deve essere accorta perché sporge leggermente le tette in fuori, al punto che intravedo un pezzetto di reggiseno nero.
‘Beh, non è proprio il mio lavoro, ma qualcosa ci capisco, posso provare ad aiutarti …’
Mi spiega che ha un problema con quell’apparecchio con l’antenna attaccato al telefono, che non comunica più con il suo computer, ‘ah, il wifi’, dico io.
Mentre lei continua a parlare io proseguo nella scansione del suo corpo, centimetro per centimetro, lo faccio in maniera discreta ma non può non essersene accorta, infatti sorride e mi lancia delle piccole occhiate.
Le dico che non so se il problema risiede nel computer o nella scatola con l’antenna (il router) e che quindi sarò costretto, se vuole, a fare l’intervento a casa sua.
Continuiamo con un po’ di convenevoli della serie ‘non vorrei arrecarti troppo disturbo’, ‘ma figurati’, ‘con tutte le cose che avrai da fare …’, ‘non ti preoccupare, sarà questione di mezz’ora, un’ora al massimo’.
Alla fine ci accordiamo per il giorno dopo.
Mia moglie la sera mi ha chiesto ‘ma è una giovane?’
‘Figurati, giovane, lo sai che siamo tutti il là con gli anni, è solo una signora un po’ imbranata con il computer.’
L’indomani mi porto dietro in ufficio alcuni cd di configurazione ed un netbook, per provare bene la rete di Lucia.
Il pomeriggio esco dal lavoro e lei sale in macchina con me.
Ha accavallato le gambe e devo fare un piccolo sforzo per concentrarmi sul traffico, sarebbe imperdonabile tamponare proprio oggi.
Durante il tragitto parliamo, ma se dovessi provare a ricordarmi l’argomento della conversazione, non saprei che dire, mentre sarei in grado di scrivere un piccolo trattato sulle sue gambe fasciate da un collant chiaro appena velato, oppure potrei parlare diffusamente della voglia che ho di ficcare il mio naso in mezzo ai suoi seni grandi e morbidi.
A casa siamo soli, mi dice che suo marito arriverà tardi, come fa tutti i giorni, ed io mi metto al lavoro.
Mi faccio dare la password e provo a collegarmi con il mio computer. Mi connetto in un attimo, quindi il problema deve essere nel suo computer.
Lucia intanto mi ha chiesto se voglio un tè, e, alla mia risposta affermativa, ha cominciato a trafficare in cucina.
Sento rumori di tazzine, mentre smanetto con il suo computer fisso.
è questione di cinque minuti, si tratta molto banalmente della pennetta wifi che, per qualche misterioso motivo, si era disattivata.
Bastano due cliccate e si collega a razzo.
Vedo Lucia che si avvicina con il vassoio del tè e, chissà perché, clicco di nuovo e tutto torna come prima.
Mentre sorseggiamo il tè le dico che dipende dal computer, visto che il mio si è collegato benissimo e che è più complicato del previsto, ma spero di riuscirci.
Lei si è seduta a fianco a me e inizio una nuova scansione, mentre faccio finta di lavorare sul computer.
Si deve essere tolta il vestito che aveva in ufficio ed ora indossa solo una vestaglia rossa.
Ne sono sicuro perché quando ha accavallato le gambe, la vestaglia si è aperta un bel po’, scoprendo una discreta porzione di cosce, e non si è vista la stoffa del vestito.
Immagino che sotto la vestaglia indossi soltanto mutandine, reggiseno e le calze.
Le sue gambe sono ancora fasciate dal collant velato, che le ricopre come una morbida carezza, allora il mio sguardo scende, percorrendole fino in fondo.
Ai piedi porta delle pantofole rosse con il tacco, aperte dietro che lasciano vedere il rinforzo sul tallone. Mi sono sempre piaciute le gambe delle donne, quando portano le calze.
Questa volta devo averla guardata in maniera troppo palese e se ne deve essere accorta, o meglio, non ha potuto far finta di non essersene accorta, infatti con la mano richiude rapidamente i due lembi della vestaglia che si erano aperti in maniera troppo evidente.
Io distolgo lo sguardo per non imbarazzarla, mentre comincio a sentire un sommovimento in mezzo alle gambe e cambio posizione.
La mia coscia destra viene a contatto con la sua coscia sinistra.
Dovrei spostarmi, o forse dovrebbe farlo lei, ma non accade nulla e rimaniamo immobili, mentre mi accorgo che sto avendo un’erezione come non mi capitava da tempo.
A questo punto Lucia sposta verso l’esterno l’altra gamba e la vestaglia si apre nuovamente.
Accidenti, non posso non guardare, il mio sguardo è puntato fisso in mezzo alle sue gambe allargate e lei sembra volermi dire: ma che aspetti?
Infatti non aspetto e la mia mano si posa leggermente sul suo ginocchio.
Questo è il momento della verità, ora lei si ritrae bruscamente ed io clicco sull’icona che riattiva la scheda wifi del computer e me ne torno a casa, prima di combinare guai.
Invece non succede nulla di tutto ciò: lei non si allontana da me ed io non ho ancora risolto il problema per cui sono stato chiamato.
In compenso la mia mano si serra intorno al suo ginocchio.
La sensazione della sua carne morbida attraverso la trama leggera del collant, è piacevolissima, ancora più piacevole è quando la mia mano si infila sotto la vestaglia e scivola risalendo lungo la coscia.
Lucia ha uno scatto e si alza di colpo, proprio quando sono arrivato quasi alla fine.
è in piedi davanti a me con la vestaglia completamente aperta.
Avevo ragione, sotto, oltre alle calze, indossa soltanto un completo, slip e reggiseno, nero, molto sexy.
Mi alzo anch’io e mi tuffo sul suo corpo morbido.
Lei ha allargato leggermente le gambe e si strofina contro di me, la sento respirare profondamente, mentre le mie mani le stringono forte le chiappe.
‘Aspetta’, le dico, e mi scosto.
Per un attimo assume un’espressione delusa, della serie ‘perché hai rotto l’incantesimo?’, ma io dovevo assolutamente fare una cosa: ‘lui’ era rimasto incastrato tra elastico delle mutande, pantaloni e camicia e dovevo assolutamente liberarlo.
Lucia sbircia in mezzo ai miei pantaloni mezzi aperti, poi riprende a strofinarsi addosso a me, con rinnovato impegno, finché non decidiamo di spostarci in camera da letto.
Siamo in piedi davanti al grande letto matrimoniale, lei ha buttato via la vestaglia e si irrigidisce un attimo quando le mi dita iniziano ad armeggiare sulla chiusura del reggiseno.
Forse non se la sente, di farlo con un altro sullo stesso letto ‘ il rimorso di tradire il marito.
‘Aspetta, quello no.’
‘E perché?’
‘Mi vergogno, sono ‘ un po’ mosce.’
Io le faccio un gran sorriso e slaccio.
Beh, un po’ scendono, certo, ma sono ancora due bellissime tette, e poi sono di quelle vere, non quella robaccia rifatta piena di silicone.
La mia espressione deve averla rassicurata e poi inizio subito a carezzarle, così si mette tranquilla, mentre i grandi capezzoli scuri, rapidamente si fanno duri e sporgenti.
Mi ha aiutato a spogliarmi ed ora io sono completamente nudo mentre lei è rimasta solo con il collant e le mutandine.
Accenna a togliersi le calze ma la fermo.
‘Lascia fare a me.’
Glie le sfilo piano piano, assaporando con le dita la morbidezza del tessuto leggero, la consistenza ed il calore della sua pelle, mentre scendo verso le ginocchia rotonde, per poi passare ai polpacci ben torniti, le caviglie sottili, per finire ai piedi piccoli e delicati.
Quando le mie dita passano sulla pianta si scuote e ride, allora continuo un po’ a farle il solletico.
Lei protesta, grida, cerca di allontanarmi, lottiamo un po’, avvinghiati, e la cosa eccita entrambi, finché lei, fingendo di essere esausta, si arrende.
Fatico un po’ a sfilarle le mutandine, perché ha un sedere bello grosso, per di più appoggiato sul materasso.
Ne sono sicuro, sta facendo apposta, me la vuole far sudare questa scopata, penso, mentre, finalmente riesco ad abbassarle lo slip fino a metà coscia e scopro il premio delle mie fatiche.
è bagnata fradicia, me ne accorgo quando ci passo delicatamente due dita e lei emette un gridolino ed allarga le gambe.
Mi hai fatto faticare a toglierti le mutandine, ora non aspettarti che te lo ficchi dentro subito, dovrai attendere.
Ha la pancia morbida e rotonda, con appena qualche accenno di smagliatura, le mie dita giocano con il piccolo ciuffetto di peli che ha lasciato e lei geme ancora.
Passo più volte il polpastrello sulla pelle morbida, si è depilata con cura e da pochissimo, magari lo ha fatto di proposito perché sapeva o almeno sperava che sarebbe andata a finire così.
Le finisco di togliere le mutandine e riprendo subito a carezzarla.
Il suo sesso sembra una bocca, grande e carnosa, aperta e desiderosa di essere baciata.
Così mi chino su di lei e comincio a baciarle la pancia, poi scendo e, approfittando del fatto che ora, liberata dall’impaccio dello slip, ha completamente allargato le gambe, poso le labbra tra l’attaccatura della coscia e la sua fica.
L’odore forte che emana mi eccita e mi stordisce, ma resisto, aspetto ancora e passo a baciarla dall’altro lato.
‘Ti prego ‘ dentro ‘ scopami.’
La guardo, le sue tettone morbide, ora che è sdraiata, si sono adagiate sul suo petto, scivolando leggermente in basso e di lato.
Appaiono più piccole ed i capezzoli, completamente dritti, sembrano quei monumenti di pietra che spesso si trovano in cima alle montagne.
Le mie labbra si posano finalmente sulla sua fica e Lucia grida, mentre la mia lingua si fa strada dentro di lei.
Sento le sue unghie piantarsi nella carne delle mie chiappe, cerca di tirarmi su, vuole che glie lo ficchi dentro, non resiste più e anch’io ‘
Così l’accontento, tolgo la bocca e mi sposto, avanzando, sdraiato su di lei, verso le sue tette.
Quando arrivo a portata, lei è più veloce di me, me lo afferra con una mano e lo guida dentro la sua fica.
è stata una scopata rapida ed intensa, che ci ha lasciato senza fiato, al punto che siamo rimasti a lungo immobili, i nostri corpi uno sopra all’altro.
Il mio arnese, ormai completamente ammosciato, era uscito dal suo corpo, insieme ad un bel po’ di sperma, sentivo la pancia e le gambe bagnate ed appiccicose, ma non avevo alcuna voglia di andarmene.
Mi sono deciso solo quando mi ha detto che tra un po’ sarebbe tornato il marito.
A mia moglie ho detto che non sono riuscito a sistemare il computer della collega e che, purtroppo, uno di questi giorni, sarò costretto a tornarci.

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