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FACCIO MARCHETTE, MI PIACE E GUADAGNO BENE

By 2 Maggio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

FACCIO MARCHETTE. MI PIACE, E GUADAGNO BENE.

Buona famiglia borghese ed almeno benestante, uno dei più famosi licei classici della città e tutto il resto.
Uno splendido sabato pomeriggio la gita in bicicletta, era tardi ed ho bucato. Andate voi, io non ho problemi. Non c’ è neppure la cameriera a casa, no, neppure qualcuno da avvisare, andate, grazie, vi vediamo lunedì a scuola. Poco indietro c’era una vecchia cascina con l’ insegna di un ciclista, avrei provato li. Il ciclista c’ era e mi ha riparata la gomma, ma doveva assolutamente andare altrimenti perdeva la corriera ed era l’ ultima. Io per un’ ora non potevo partire. Farebbe si e no un chilometro signorina, il mastice deve asciugare. Sul retro della cascina in disuso c’era una tettoia e mi mi ci son messa sotto a mangiare il panino portato per merenda e rimasto intatto. Stava facendo buio ma ero tranquilla, poi un rumore improvviso. Un uomo si avvicinava con il feltro che gli copriva il viso. Mentre mi alzavo senza essere minimamente preoccupata, un altro rumore dietro di me. Mi hanno presa, legata ed imbavagliata, portandomi poi su per una scala. Il resto potete immaginarlo da soli. No? Va bene. Erano quattro uomini, la unica cosa certa della loro identità è che parlavano un perfetto italiano di qui, di Milano e dintorni. Imbavagliata e bendata da subito, tenuta ferma, pur lottando terrorizzata ho potuto fare ben poco. Solo una cosa. Papà commerciava in stoffe e so riconoscere al tatto ancora adesso una lanetta mezzo peso eccellente da stoffe meno pregiate. Almeno un paio di loro indossavano abiti confezionati con simili stoffe molto costose. Un paio perchè nel frattempo ero rimasta nuda e delle corde che immaginavo lerce mi tenevano stesa tra i pali a gambe divaricate oscenamente. Assurdamente la sporcizia di quelle corde è la cosa che ancora oggi mi fa più schifo. A questo punto, per quanto molto giovane ero grande abbastanza per sapere cosa stesse per succedere. Ero anche stranamente lucida. Mi accorsi per esempio che dopo i primi momenti concitati parlavano pochissimo e che non avevo sentito nessun nome. Il primo mi venne sopra. Avevano discusso e tirato a sorte, sempre però bisbigliando e troppo distanti. Mi toccò i seni strizzandoli lungo e facendomi rabbrividire, ma, assurdamente pensai potesse essere il fresco della notte incipiente. Poi, sempre lo stesso mi sfregò il coso sulla fessura e rise, dai, disse piano una voce, sbrigati che anche noi abbiamo voglia di farcela. Un colpo doloroso ma non quel dolore, aveva sbagliato mira, ma non sbagliò mira poi. Un dolore acuto ma breve. -Cazzo se è stretta.- Cosa pensavi, che una così fosse come le puttane da due soldi del casino? Poi fece quel che voleva, ma non mi faceva più male neppure quando usciva per poi rientrare nel mio corpo. Mi sembrava ci giocasse. Non mi resi conto che stava eiaculando. Fece altrettanto i suoi comodi il secondo, poi il terzo e l’ ultimo ma nessuno mi fece troppo male. Ero ancora presente a me stessa. Un poco almeno. Non so valutare il tempo, tutti mi avevano fatto la cosa una volta almeno e dopo un poco sentii il rumore di una macchina e non molto più avanti, mentre uno dei rimasti si accomodava di nuovo con me, -un antipastino- disse uno degli altri -mentre arrivarono le cibarie.- Da mangiare e da bere. Offrirono da mangiare anche a me ma rifiutai, non avrei proprio potuto mangiare ma avevo sete. Mi tolsero il bavaglio e potei bere della’ acqua minerale gassata. Stavo tornando in me, era stato tremendo è vero ma avrei temuto peggio. Sazi di cibo loro ed io di nuovo impossibilitata a gridare, si rivolsero di nuovo a me, il loro giocattolo e giocarono a lungo. Il peggio fu quando mi girarono prona e usarono per i loro divertimenti il mio posteriore. Quando il primo di loro me lo forzò bestemmiando perchè non riusciva a far quelo che voleva, svenni od almeno credetti di svenire mentre sentivo la carne lacerarsi. Con gli altri non so quante volte fui meno fortunata. Anche il sesso però era ormai in fiamme ma ormai ero spesso priva di sensi. Mi risveglio a sufficienza solo mentre stava già facendo chiaro. Ero stata slegata. Presi i vestiti scesi, non desideravo altro che lavarmi e sotto c’ era un rubinetto che avevo visto ed usato la sera prima. Mi girava la testa, ero tutta un dolore e piangevo ma ebbi forze sufficienti per pedalare in qualche modo fino a casa. Acqua calda, tanta acqua calda. Papà era via, Inghilterra e poi USA. Sarebbe tornato in aereo di li a qualche giorno. La cameriera invece telefonò che sua madre stava un poco meglio ma si assentava ancora due giorni, tornava martedì. Poco male. Non ero una gran cuoca ma due spaghetti sapevo farmeli ed aprire una scatoletta pure. Al ritorno della cameriera il martedì ero apparentemente a posto e due giorni prima avevo iniziato il mio periodo mestruale, la ‘malattia’ come dicevo a papà quando mi vedeva sbattuta e pallida. Comunque non ero incinta e questa fu la cosa che mi decise al silenzio. Ho mantenuto il segreto con tutti. Papà avrebbe fatto fuoco e fiamme ma senza costrutto, non ero in grado di identificare nessuno e sarei diventata la favola della scuola e della città. Ripensando a quelle ore, di una cosa mi resi conto. Finché non fui sodomizzata non avevo provato dolore o quasi, forse, quasi una forma di perverso piacere unito ad un altrettanto perverso senso…di non so cosa. Confermai la sensazione di piacere anni più tardi, dopo la maturità. Non ero più vergine e senza patemi d’ animo andai a letto con un giovanotto che scoprii essere piuttosto rude e mi piacque. Meno mi piacque qualche tempo dopo un altro uomo tutto gentile. Di nuovo con il giovanotto rude fu bellissimo. E’ da allora il mio amante. Amante e padrone della mia volontà. Sua succube se volete. Faccio tutto quello che vuole, sempre e compreso questo. Marchette per me e per lui. Guadagno bene, molto bene. Il ‘giro’ mi reclamizza come una splendida giovane signora della buona società. Per questo con i clienti, molto spesso, quasi sempre stranieri, indosso una maschera e posso così perdermi e tornare a quelle ore. Benedetti quei quattro. Non conoscerei C. e non guadagnerei quel che guadagno. Mi piace fare questo mestiere. Morendo papà non ha lasciato molto e farei la impiegata oppure avrei un marito tedioso e qualche marmocchio. Mi piace questo lavoro, chiavare e dare il culo a pagamento. Pompini no. Li faccio e con piacere solo a lui, C. Qualche volta con chi dice C.

Mi sono svegliata tardi questa mattina ed Anna mi ha lasciata dormire come sempre. Sa che se voglio svegliarmi le lascio un biglietto in ingresso e se è importante punto anche la sveglia sul comodino. Una sveglia da viaggio, della Hermes di Parigi, regalo di mamma a papà. Ora è mia.

Sospiro, un lungo sospiro, mi stiracchio sbadigliando. C. oggi è via, non ho niente da fare tutto il giorno,e nessun appuntamento di lavoro per due giorni. Quasi le undici e mezza, Anna se ne è già andata, mi ha chiesto di fare solo due ore oggi ma, conoscendola, la caffettiera è pronta, basta accendere il gas. Vado in cucina a bermelo con addosso solo le ciabatte, sono abituata a girare nuda per casa quando non fa freddo.., poi un bagno. Una occhiata allo specchio, non sono poi male. Le tette un poco grosse forse, ma servono con il lavoro che faccio e poi a lui piacciono, le vorrebbe ancora più grosse l’ esagerato. Sono incerta se uscire a pranzo, ma sono un poco impigrita, il tempo è brutto…alla fine decido per il solito ripiego: pasta al burro ed una scatoletta, tonno o carne in scatola.

Una telefonata. E mi son dovuta precipitare al ‘lavoro’. Di solito seguo una specie di programma ma questa volta no. Sostituisco qualcuno oppure… un cliente improvviso; non lo so e non mi interessa, una cosa vale l’ altra, è sempre una marchetta in più, cioè soldi. Un taxi, e due piani in ascensore. Una bella casa, signorile, in centro, come sempre o quasi. Come facciano ad avere a disposizione appartamenti di questo genere che cambiano in continuazione non so, è una altra cosa che mi lascia indifferente. Mi importa che i clienti siano puliti, cortesi e lascino buone mance. Quello che guadagno viene dato direttamente a C che me ne consegna la metà. Neppure so chi siano i ruffiani. Io e certamente altre facciamo marchette e loro, tutti, ci guadagnano.

I soldi che mi arrivano sono molti lo stesso quindi mi sta bene e sta bene a C. Ho una sola ora per prepararmi ma basta. Quando Mr Blonde arriva sono pronta. Mi è stato detto un numero, è un tre. Uno che paga bene quindi, il massimo della classificazione. Non è giovane, non sono mai giovani, ma potevo aspettarmi di peggio e comunque un tre paga bene. I soliti convenevoli appena dentro la porta, mi bacia persino la mano, un gesto quasi fuori uso che compie come gli fosse abituale. Non si parla di soldi, posa il cappello, appende il cappotto senza permettere che lo aiuti mentre parliamo del tempo. Di che altro se no? Posso offrirle un caffè?…Viene dalla Germania e si complimenta per come parlo la sua lingua. Neppure gli dico che parlo meglio l’ inglese ed il francese. Sorseggiamo il caffè in camera da letto, in un angolo c’ è un tavolino con due poltroncine ed il necessario anche per una bibita od un liquore. So come fare per abbattere quando serva il muro che mi separa da un cliente timido. Adesso serve, Qualche parola soltanto…

Mi può continuare a chiamare Anita, mr. Blonde. Ovviamente non è il mio nome…come il mio non è Peter Blonde ma mi chiami pure Peter replica ridendo. E’ fatta. E’ un poco forzare la mano, non passo mai al nome di battesimo ed al tu così in fretta, ma non importa. La pendola batte le tre. E’ qui già da trenta minuti e più ma fretta non ne ha. Non c’ è un orario preciso, gli spiego. Sul serio? Posso rimanere qui quanto voglio? Fino a domani o magari di più? Rido e ride anche lui. So che gli hanno spiegate le regole e chiaramente. Fino al tardo pomeriggio la casa (ed io) siamo a sua disposizione. Anche oltre se vuole ma dovrà chiedermelo e non è certo che io possa restare. ‘Starà a lei decidere, signorina’, avevano detto. Sono una signora che diavolo. Non posso proprio, mio caro ed anzi,… nel caso ipotetico mi incontri fingerà di non conoscermi, scusami, fingerai di non conoscermi, e mi spiace.
Ma certo bellissima Anita…

E’ raro chiacchierare così a lungo. Mi decido. Gli chiedo scusa e vado in bagno. Quando torno tolgo il copriletto e gli indico il bagno. Tra poco altrimenti questo si mette a parlare di politica o della guerra avevo pensato qualche momento prima. Mi infilo nuda tra le lenzuola o lo aspetto in vestaglia? Mi mette un poco in soggezione.

Una scopata classica. Un uomo normale, ancora focoso, ma stranamente silenzioso. Si è persino quasi addormentato ‘dopo’. Temo di non essere stata per lui niente di speciale. Sono io adesso che quasi mi addormento. Cazzo, speravo meglio. Mi ha scopata come fossi una verginella. Me lo ha infilato lentamente ma ero quasi asciutta ancora, io che mi bagno subito. Per fortuna non è venuto proprio subito ma…una mezza delusione. Anche se sto lavorando preferisco un buon manico.

Quando torna dal bagno si scusa. E perchè Peter? Non sono stato di gran compagnia. Se vuoi…possiamo ricominciare, dico con un sorriso biricchino. Non ride e tra me e me lo mando al diavolo. Esita. Sai, ho sempre avuto un…sogno. Un sogno di quelli insomma. Non so se posso. Prova, cosa vuoi dire? Ma lo so già. Un pompino o il culo. Si vergogna. Dio che bamboccio, ed ha almeno 50 anni. Ha fatto la guerra, ha una ferita, il segno almeno ed è timido. Magari era nelle SS…Gli sorrido invitante, un pompino no, ma vediamo cosa cazzo voglia, il culo di sicuro, che altro c’ è? Voglio possedere una signora come te, e qualcuna la ho avuta, ma…ma? Il culo allora. Nell’ altro modo, conclude dubbioso. Un mio vecchio sogno.

Fatico a non ridergli in faccia, esito. Sei molto caro, gentile, un vero gentiluomo. Me lo hanno chiesto in molti ma…io…
Sto per dirgli che voglio altri soldi, non in questo modo ma……io non ho voluto mai, proseguo. Gente sguaiata, ecco, proprio sguaiata. Scusami cara, spero non ti sia offesa. Caro, sei stato gentile, delicato, e mi do della scema. Mi piace prenderlo nel sedere e mi piacciono i soldi in più che mi danno. Scusami ancora, sono stato ignobile. Fatico a trattenere una risata. Ma percepisce il mio divertimento che però fraintende e se ne meraviglia. Ecco caro, non lo dirai a nessuno vero? Cosa? Con quelli non avrei osato. Ma…sono curiosa. Tu, tu vuoi? Sul serio muoio dalla curiosità, ma…ma? Se mi fai male, se ti dico basta ti fermi?
Ma certo, sul serio vuoi? Fingo di esitare, poi faccio segno di si.

Come devo mettermi? Temo di aver esagerato. Sarò per quel che sa una signora del bel mondo, ma qui faccio marchette. Ma no, ha ingoiato esca amo e piombi il mio pesciolino. Non parliamo di soldi. Pericoloso, una specie di scommessa. C’ è il rischio non molli una lira dopo aver avuto quel che vuole. Ormai è fatta. La sorpresa è la posizione che mi indica. Sulla schiena, ma non con le gambe sulle sue spalle ma con i piedi sul lenzuolo per alzare il bacino ed offrirgli il culo da infilare e la figa da vedere. La fica con tanto di cespuglietto, una signora non si rade il pube. Tutto il resto ma non quello. Mi spalma la crema che avevo messo in bagno come sempre, una precauzione, lo appoggia ma non si decide. Proprio vuoi? Si caro, solo fai piano, è la prima volta e…e fermati se mi fa troppo male.

Stringo i muscoli dello sfintere come posso. Dovrebbe essere vergine ma tra clienti e C… Lo punta di nuovo e preme. Io mi lamento un poco, gli dico di continuare ma lui teme di farmi male. Su caro, sono io adesso che lo voglio. Ti prego,lo voglio. Me lo forza, me lo allarga, ecco, pian piano entra, me lo spinge tutto dentro e per fortuna non è un superdotato. Io stringo forte altrimenti non serve e mi fa male, un male boia. Non mi spiace però. Sei stretta, non voglio lacerarti. Continua caro, continua, fa male ma lo sopporterò. Prima non ti sono piaciuta molto… Continua e mentre mi chiava il culo mi tocco, non un ditalino ma insomma…Poi la logica conseguenza, si abbatte spompato. Penso sia meglio ingraziarmelo se voglio mi lasci una mancia, ma cosa gli dico?

Non gli dico niente, faccio qualcosa. Lo lavo con una salvietta inumidita, lo bacio anche, cosa rara per noi puttane. La mano calda sul cazzo gli piace. Gli piace che gli carezzi l’ inguine e lo scroto. Un trucco che mi ha insegnato C.

Vorrebbe un pompino…aspettiamo un poco cara amica e me lo fai ringalluzzire di nuovo…su cara. Mi lavo prima, è ovvio… Pompini no, non se ne parla, gli dico seria e sostenuta. Ma perchè? Mica gli posso dire che il mio uomo non gradisce. La bambina, mormoro appena. Concordiamo per prenderglielo in bocca ma si deve fermare prima di venire…

E’ ancora mezzo moscio quando me lo infila tra le gambe, si agita un poco e conclude rapidamente. Finisce così la sua grande avventura nel bel mondo milanese. Speravo mi desse di più, ma è parecchio lo stesso. Devo andare a casa caro. Prendo al volo un taxi ed alle otto sono dentro la vasca. Alle nove in trattoria. Alle undici sotto le coperte pensando a Peter.
Mi ha chiesto se può tornare. Gli piaccio. A me piacciono i suoi soldi, ne deve avere parecchi.

..
MI FACCIO SVERGINARE ALTRE DUE VOLTE.

Prima di andare in banca gli telefono. Ciao bella, come mai? Ho puntato la sveglia per trovarti in casa. Devo darti qualcosa… Ma ieri…una sorpresa? Si caro, una sorpresa notevole

Come sempre, quando sono ‘brava’, mi spetta un premio, ci vediamo questa sera, mi porta in pizzeria. Sono abbastanza una novità le pizzerie, quelle buone almeno e di pizza siamo ghiotti entrambi.

Una cenetta leggera e poi da lui. E’ questo il premio. Mi spoglio e mi rinfresco mentre fa qualche telefonata, il che significa una mezza’ ora almeno. C. Il mio C. Rido, non sa per cosa stia C.

Dopo l’ incontro con i magnifici 4 che mi hanno fatto il servizio completo sono stata zitta ed è stato un bene. Adesso, invece che aspettare lui, metterei a letto i marmocchi ed al massimo andrei a letto con un marito già girato da l’ altra parte. Oppure neanche quello. Invece a me piace scopare, con C. ovviamente. Bugia, bugia, bugia. Mi piace sempre, anche se sono clienti, purché in gamba. Rari quelli con un buon manico purtroppo. Più facilmente sarei stanca morta per aver lavorato tutto il giorno in qualche ufficio per quattro soldi. Non è che papà mi abbia lasciato in eredità più di tanto, non di che vivere comunque. Ho cominciato a pensare al cazzo due o tre anni dopo il fattaccio in cascina. Ero ormai al liceo, in seconda e vergine non lo ero più: volevo fare l’ amore, scopare con uno scelto da me, ma con chi? All’ inizio forse era curiosità soltanto, poi rabbia mista a voglia, una voglia crescente. Mi toccavo spesso. Pensavo a quei maledetti e mi infilavo in fica un vecchio bambolotto di legno smaltato a forma di birillo e della misura giusta. Se fossero stati più gentili, forse mi sarebbe piaciuto… Quattro amanti…Idiozie insomma. Il problema era sempre e solo con chi.

Esclusi i miei compagni di scuola. Bambocci e boccaloni. Esclusi ragazzi del mio giro di conoscenze, figli e amici di conoscenti di papà. Ce ne erano di ‘potabili’ e più di uno, ma il rischio di sputtanarmi era troppo grande. Neanche allora ero una ragazzetta scema e senza testa. L’ estate della maturità al mare ho conosciuto uno…ma è finita in niente ed anzi mi sono presa una bella paura. Piuttosto bello, universitario, gentile. Mi ha fatto la corte con insistente discrezione e ci sarei anche stata, e come, ma è andato tutto a montE. a l’ ultimo momento, la sera fatidica, l’ appuntamento è saltato. Papà mi ha portato da certi suoi amici ed è stata una fortuna. Lui e l’ altra…casino… Per quanto mi guardassi in giro, niente. Da non crederci. Una vuole scopare e non trova nessuno.. Non sarò la più bella del creato ma sono almeno discreta. Niente o nessuno come lo volevo io. Alcuni si facevano avanti, ma erano quelli che proprio escludevo. Troppo pericoloso.

Neanche parlarne neppure con i compagni del corso di lingue in Bocconi. Tutte donne, e, tra i maschi di economia, le chiacchiere erano mica poche. Se appena… Ho conosciuto due tizi per caso e quasi contemporaneamente. Potevano andare. Uno, più che belloccio, cortese, laureando in chimica, l’ altro meno bello, diplomato soltanto, lavorava come venditore e certo non guadagnava granché. E’ stato il caso a decidere. Papà al solito in viaggio e la cameriera dalla madre. Chi dei due invito a pranzo? Avevamo da poco la televisione, tra i pochi a Milano e c’ era la partita dell’Italia trasmessa dal grande Nicolò Carosio, il primo radiocronista ed adesso telecronista di calcio al mondo. L’ inventore del calcio alla radio. Una ragione sufficiente per invitare un paio di amici. Poi, a l’ ultimo momento, l’ altra coppia…ecco, ho pensato di dire che mi abbiano telefonato, non possono venire e siamo noi solo noi. Allora, chi dei due invito? Il laureando belloccio ovviamente. Mi telefona quasi a mezzogiorno che non può. Destino. Guardo incazzata ma stranamente sollevata la tavola già preparata per quattro e vado a cercar l’ altro al bar dove la domenica va per l’ aperitivo. Una balla anche per lui.

Finito di mangiare sparecchio e se speravo che chiedesse di aiutarmi come nei film americani mi ricredo. Non mi ricredo sul resto. Pensavo anche di doverlo incoraggiare almeno un poco ed invece dopo un attimo devo difendermi. Solo per salvare la faccia ovviamente. Più o meno mi costringe sulle sue ginocchia e fatico a tenerlo lontano dal reggipetto che resiste qualche minuto soltanto. Resistono le ginocchia chiuse un poco più a lungo, poi decido di aver resistito abbastanza. Una sola cosa va secondo le previsioni. Il sacchetto di sangue di gallina si rompe nel posto giusto al momento giusto. E’ convinto di essere stato il mio primo uomo e se ne mostra fiero come un galletto ruspante ancora adesso. Ho detto un numero di no sufficiente, ho detto ‘ai’, irrigidendomi tutta in maniera convincente quando me lo ha messo dentro ed il sacchetto di sangue, come ho detto, lo rompo al momento opportuno. Poi non ho problemi. Dentro la fica, in fondo in fondo, ho un ‘sacchetto indiano’. Vietatissimi in Italia e costano cari ma un aborto costa ancora di più.

Non c’ è molta differenza tra lui e quei bastardi. Mi sgrulla ben bene senza troppe delicatezze e cortesie. Mi sbatte insomma e ben bene. Mi porta dove speravo, godo insomma. Godo ancora meglio più tardi. Lo mando via che è notte. Le lenzuola nel mastello per il candeggio e dormo nel letto pulito.

Soddisfatta? Abbastanza, credevo meglio però. Ho la fica in fiamme come anni fa. Speravo in qualcosa di più? Lui, C. è piuttosto rude, quel che vuole vuole e se lo prende. Qualche giorno dopo sono invitata da l’ altro a cena. Un poco brilla, sul serio e non per finta, per poco non incasino tutto con il solito sacchetto di sangue. Lui è gentile persino a letto, quasi chiede il permesso per qualsiasi cosa e, spassionatamente, tra i due non c’è confronto. E’ un pesce lesso, una autentica frana. Per la una, dico, devo essere a casa. Per l’ una mena dieci ci sono. C. doveva uscire di casa mia alle sei di pomeriggio ed è andato via a mezzanotte. Vuole restare ancora mi dice ogni volta che cerco di liberarmene, e ci resta.
Viene da me altre due volte. Comincia a piacermi anche se…insomma vuole comandare…che il maschio comandi è anche giusto ma lui esagera.

Mi dice di andare da lui un certo pomeriggio. Devo dire di no. Ripete la richiesta dopo qualche giorno e di nuovo non posso. Si incazza di brutto quando fingo di esitare al terzo appuntamento e mette giù il telefono senza salutare. Ha detto di essere a casa, l’ appartamentino in periferia appena affittato. Per ricevere me? Mezz’ora più tardi il taxi mi scarica da lui che mi accoglie a muso duro. Senti bene, mi dice secco. Io sono l’ uomo, io porto i pantaloni. Mi piaci ma se vuoi che continuiamo, questa è la condizione. Altrimenti…amici come prima, anzi, aria, quella è la porta. Non credevo possibile una cosa del genere, a me, piango mentre mi spoglia, smetto di piangere quando mi fa guaire come una cagna. Non ho più dubbi, è lui che voglio.

Rivedo l’ altro solo anni dopo. E’ sposato e la sua dolce metà aspetta il secondo bebè e non scopa in gravidanza. Non mi riconosce sotto la maschera. Dico agli organizzatori di non mandarmelo più, ma questo non c’ entra con quella memorabile scopata.

Quel giorno sono andata fuori di testa, ho pensato persino di sposarlo. Lui riderebbe come un matto se lo sapesse. Mi sbatte con foga, rabbia quasi, mi fa anche un po male. Mi rigira come fossi una frittata, una frittata molto leggera. Poi diventa un poco più delicato, gentile ma irruento, insaziabile. Sei una gran vacca, mi dice, se non ti avessi avuta vergine, se non te la avessi rotta io direi che scopi da quando sei nata. Non modera quel che pensa, lo dice e ride. Rido pure io. Mi piace sentire le mani che mi toccano dappertutto, mi piace sentire che mi desidera, che è affamato di me. Mi piace sentirlo godere nel mio ventre e mi piace godere con quel grosso cazzo nel ventre. Godere, non sapevo ancora cosa fosse un orgasmo, che scema. E’ grosso o piccolo? Gli chiedo qualche giorno dopo. Ci pensa su. Normale credo. Mica vado a misurarlo con gli altri. Anche quando mi spoglio in palestra… si guarda altrove. Mica tanto piccolo, penso. Questo è il primo che vedo, ma…di nuovo ride. Sei brava a letto, si vede che ti piace. Mi piaci tu amore.
Quando papà è via ci vediamo tutti i giorni o quasi. Per una sveltina soltanto magari.
Vado io da lui quasi sempre. Una o due volte soltanto passa la notte da me. Papà via e via la cameriera.

Oggi, adesso anzi, ti insegno una cosa. Cosa amore? A fare i pompini. Ovviamente so di cosa si tratta, ma…neppure ci avevo pensato. Non rientrava nel mio ‘bagaglio culturale’, non avevano osato mettere i loro uccelli a tiro di una sana dentatura.
Ero la sua amante da meno di due settimane. Sei matto se pensi… Uno schiaffo che mi fa fischiare le orecchie. Uno schiaffo da poco, un buffetto, capirò in seguito. Quando vuole picchia molto più forte e ti lascia cinque dita stampate sulla faccia difficili da coprire persino con la cipria apposita che in seguito porterò sempre con me. Quando vuole andarci leggero ti picchia sulle orecchie, fa male ma di meno e non lascia segni. Poi mi mette a pancia in giù sulle ginocchia a mi fa toc toc sul culetto. Roba da non sederti più per tre giorni.

Ha i nostri due sapori mescolati, noto sin dalla prima volta che glie lo succhio dopo che abbiamo scopato. So già che mi dovrò abituare. Ti insegnerò tutto su l’ argomento e ci impiegheremo parecchio, mi ha detto. Oppormi? Non ci ho neppure pensato. Non rinuncio a lui per tutto l’ oro del mondo e sa essere molto convincente, sempre.

Arriva finalmente. Si stende mi abbraccia, mette la mano sulla fica, un dito dentro e mi carezza anche più in alto. Anni prima lo avevo scoperto da sola il clitoride, toccandomi. Pensavo fosse una anomalia a l’ inizio e non osavo parlarne con nessuno. Lo attirerei su di me, il vigliacco invece si fa desiderare, grido un poco, gridolini soltanto di piacere anche se fa male. Mi fa venire i brividi quando mi torce i seni, piano però. Poi…è il momento, apro le gambe e lo prendo dentro. Quella volta fa piano, entra esce, rientra e sta fermo. Capisce se sto per…mi mordo il labbro, dice, e lo tira fuori. Gli do dello stronzo ma piano, eppure capisce e ride. Riprovaci a dire una cosa del genere e ti faccio gonfia. Gli credo. Da allora se mai lo penso ma non lo dico.

Chiavava e chiava ancora adesso come un dio il mio uomo, non come quell’ altro stronzo che mi suda sempre sopra. Lo scopo domani. Viene ogni due mesi regolare come un orologio, ed è anche lui in cima alla lista, un 3, paga cioè e molto per un pomeriggio intero ma…meglio, fatico di meno. Fossero anzi tutti così…ce ne sono invece di assatanati. Sarà una settimana piena, per la Fiera campionaria arrivano da tutto il mondo, L’ Italia e Milano vanno alla grande, Io vado alla grande. La mia fica ed il mio culo vanno alla grande. Che gran cosa avere tra le gambe la fica. Viva la fica!

Eccolo, arriva col cazzo in resta. Sarà un gran figlio di troia..ma è innamorato di me. Di me e dei soldi che gli procuro. E mi mena anche…ma adesso non mi mena, non usa le mani ma il cazzo. Rido alla idea che qualcuno del vecchio giro mi senta parlare così, mi sentisse pensare, sapesse come vivo. Che scandalo, orrore, vergogna. Andate tutti a farvi fottere. Lui intanto fotte me alla grande e mi piace.

A tutto pensavo tranne che a veder tornare Peter così presto. Una telefonata di mattina presto che vuol dire prima delle dieci, le nove poi è l’ alba. Un messaggio lasciato al portinaio di Alfredo, già, si chiama Alfredo il mio uomo. Il portinaio gli fa da segreteria telefonica in casi urgenti. – e gli dica per piacere quando lo sente che non potrò fare quello che mi aveva chiesto, un impegno imprevisto ed improrogabile di lavoro, non tornerò prima delle sette od anche più tardi…- Capirà che le marchette sono due o comunque…cretina! Stavo per indossare lo stesso abito che ha già visto. Esito, gli uomini quasi mai si accorgono di queste cose ma non si sa mai. Comunque Lui non si incazza mai se manco ad un appuntamento per una marchetta sostanziosa e sostanziose lo sono sempre. Ogni cazzo che prendo è una parte della azienda che vuole mettere su. Gli ho persino proposto di dargli di più della metà di quello che guadagno o di vendere la casa. Mi sentirei un ruffiano ha risposto. Che pirla, lo è già un ruffiano anche se dice che mi restituirà tutto interessi compresi. Ciao nino!

Arrivo per miracolo prima di lui che si scusa del suo ritardo. Cinque minuti soli…precisione teutonica. Un caffè, caro amico? E’ in fregola ed io sono contenta di vederlo e di notare la fregola evidente. Ringrazio la mia memoria, non casco dal pero quando, scusandosi della intrusione chiede come stia la mia bambina. Non parlo mai della ‘mia famiglia’, avevo accennato ad una bimba per non fargli un pompino. Come palla è buona, sono in tanti a volere un pompino per chiudere in bellezza ma C. non vuole. Sono tornato solo oggi, non so quando sarà possibile rivederci. Ci resto male, speravo di aver arpionato un ottimo pesciolino. Su non fare quella faccia. Non ho detto che non ci vediamo più ma solo che non posso sapere se tra un mese o più presto. Gli sorrido soddisfatta e la soddisfazione deve trasparire perchè mi abbraccia nonostante io sia a metà di una svestizione complicata. Ti aiuto, lascia fare. Perché mai voi donne mettiate dieci bottoni dove tre bastano…questi poi sono dodici…e piccoli. Rido. Non sai quanto possa essere bello farsi spogliare…dèshirer ma robe, non so come dirlo nella tua lingua. Traduce lui in tedesco e ride… Imparerai il tedesco ancora meglio ed io l’ italiano. Finisce di slacciare l’ ultimo dei maledettissimi bottoni e mi sfila standomi alle spalle il giacchino attillato e senza maniche. Poi ci sono i bottoni della camicetta. Poi, poi mi abbraccia da dietro stringendomi i seni un poco gonfi. Mi succede sempre a metà del ciclo. Spogliare una donna in ‘gran tiro’non è mai una cosa semplice ma direi gli piaccia. Tutto sommato piace anche a me. Questa gonna a palloncino di sottogonne ne ha due. Le calze di seta, non amo il nylon gli dico. Il bustini col reggicalze. Per la età che ha non è male. E’ anche più in tiro di una settimana fa. Fossi con il mio uomo gli soppeserei le palle facendo qualche commento salace, lui riderebbe, ma è roba da puttane. Mr. Peter si meraviglierebbe non poco se lo prendessi per l’ uccello trascinandolo a letto. Chissà, col tempo forse. Se è assiduo e paga bene gli extra… Mi toglie subito ogni dubbio su cosa sia venuto a fare. Prima però vuole scopare, da dietro, alla pecorina. Mi sta bene, in ginocchio appoggio la fronte sugli avambracci e lascio sia lui a guidare le operazioni. Perché preoccuparmi? Pagano un ginecologo perchè mi visiti tutte le settimane; le malattie tremende come la sifilide, mortali fino a pochi anni fa, vengono subito diagnosticate mentre sono ancora in incubazione e poi debellate immediatamente con una puntura. Un ginecologo che tira ad un qualche incarico universitario se ho ben capito. La infermiera mi fa accedere allo studio del dottore dal suo ufficio e salto la fila. In compenso, è la regola, lui può ‘accomodarsi’. Gli ho spiegato fin dalla prima volta la mia idiosincrasia per i pompini e lui, con metodo, senza sbagliare mai, mi fa una volta il culo e la volta dopo mi scopa davanti. Sempre in fretta perchè ha la sala d’ aspetto piena.

Mi sta accarezzando la fica. Posa le labbra sulla natica, poi si avvicina e comincia a spingerlo sulla vulva. Mi bagno in fretta ma è troppo frettoloso. Aspetta caro, un attimo di pazienza altrimenti mi fai male. Ascolta e segue i miei suggerimenti, a modo suo però. Invece che carezzarmi mi fa metter sulla schiena e me la lecca. Gli spiego dove trovare il clitoride e cosa sia o meglio cosa possa fare. Neanche io lo so bene. E’ così in tutte, chiede meravigliato. Si caro ma non lo direi normalmente. Non posso fermarmi qui; è, proseguo, un argomento sul quale noi donne parliamo poco e solo tra noi. Sei il primo uomo con cui parli di questo. Solo con mia cugina, più grande di me ed una volta sola, anche tra donne se ne parla pochissmo di queste cose. Ovviamente lo sanno quasi tutte. Poi la stoccata. Prova a farlo con tua moglie, toccala li se…Mi fermo, non so continuare.
Una occhiata perplessa ma non dice niente. Mi ha eccitata, fatta bagnare parecchio toccandomi dove gli ho detto e come gli ho detto.

Ti è piaciuto? Ad occhi chiusi faccio un segno di assenso con la testa. Per una parte è scena, ma senza provare un vero e proprio orgasmo, raro anche con il mio Lui, ho provato piacere.
Mi piace sempre con un buon manico…Mezz’ ora dopo è di nuovo quasi pronto. Io devo lavarmi di nuovo, gli dico alzandomi. Vengo anche io, mi lavi tu? Dai bella, lava anche me. Lo guardo interdetta, questa è nuova. ma per mettermi il cazzo nel sedere ‘quasi pronto’ non basta. Sei matto gli dico ugualmente.
Lo dico in italiano, francese, inglese e tedesco. Se vuoi te lo dico anche in spagnolo. portoghese e qualche altra lingua che invento. Ride e non riesco a stare seria ed arrabbiata neppure io. Mi hanno insegnato che la intimità in bagno persino tra coniugi è sacrosanta, gli dico tornando seria. Lo hanno insegnato anche a me, cosa credi, ma non siamo sposati. Cosa vuole dire, mi da della puttana? Lo sono una puttana però e rido non sapendo cosa ribattere. Cara, non fraintendere, non volevo mancarti di rispetto, speravo…tace. Va bene, ti chiamo quando puoi venire. Gli ho fatto fare la doccia. Qui c’ è oltre la vasca uno stanzino in muratura. Mai vista una cosa del genere se non una volta in un grande albergo molto esclusivo. Lo lavo come un pupino. La prossima volta facciamo la doccia insieme cara? Vedremo. Se torna anche domani non è detto che sia qui. Asciutti e profumati torniamo sul letto. Aspetta Peter, lo sistemo meglio. Guardo anche l’ orologio. Non molto ma di tempo ne resta abbastanza. Faccio di tutto per eccitarlo. Non è molto difficile. Tra le gambe ha il cannone di prima ed è un problema. Di grossi così ed anche più ne ho visti ma nel sedere non li ho mai presi. Come è possibile che in una decina di giorni ti sia trasformato, ti sia cresciuto? Diventa mogio e vergognoso. Avevo fatta una cura per un mio problema, e la cura mi aveva ridotto uno straccio. Due mesi fa quasi non si rizzava, poi lentamente è tornato quasi come prima. Quasi, quasi come prima? Ride. Si, quasi. Poi serio. Se non vuoi…non importa. O meglio a me piaceva…ma…Se mi fa troppo male…mi fermo. Prometto. Mi fa stendere il porco. In questo modo può spingere meglio e scappare per me diventa quasi impossibile.

Sto per dirgli di mettermi della vasellina ma ricordo, me lo ha detto la volta precedente: la odia. Va bene. Mi stendo con le gambe chiuse e lui si appoggia alle ginocchia poste quasi alla altezza della mia pancia. Per fortuna mi ha accarezzata a lungo ed intinge il cazzo nei miei umori. Meglio che niente. Fatico a non gridare, preme con il suo corpo massiccio, mi apre, lentamente ma senza soste, penetra sempre di più. Mi ascolta quando chiedo che si fermi ma non prima che lo senta distintamente forzarmi, aprirmi quasi lacerandomi le viscere. Sono ben dentro, mi dice, il peggio è passato ma se vuoi… sta fermo, non uscire, mi faresti male di più. Mordo il cuscino. Ho un paracarro dentro non un cazzo. Ti fa tanto male? Vorrei nominare qualche santo, vorrei non aver accettato…ma pian piano il dolore diminuisce, diventa più sopportabile. Penso alla prima volta, quando Lui mi ha sverginato il culo. E’ stato molto peggio. E’ spesso peggio di così con Lui, non ha molta pazienza povero caro. Riprova. Ma…Si, lo so già, mi fermo quando vuoi ma penso che ora il peggio sia passato, sul serio. Col cazzo che il…sto per chiedergli di fermarsi ma non so se per caso o cosa…i pendagli sfiorano le mie natiche, si ferma da solo. Preme ancora un poco, adesso sto fermo un poco, dice carezzandomi la spalla. Posso dire a madame che ha il miglior culo della storia? Ride, io no, non ancora. Forse dopo. Mi chiava il culo, delicatamente per quel che può. Brucia un poco. Adesso è tollerabile. Lo sta tirando fuori…esce e mi entra dentro di nuovo. Mentre gode un pensiero allucinante. Tra poco ho un altro cliente. Se anche lui mi vuole fare il culo?

Mi ha dato una somma persino superiore alla volta precedente. Lo chiama bonus. Ho già rifatto il letto, sto fin che posso col sedere nella acqua fredda.

No amore, l’ altro voleva solo scopare. Per fortuna. Sarebbe meglio che anche tu adesso non…non dire sciocchezze. Vediamo che non ti abbia rovinata. Non mi ha rovinata ammette dopo la prova, sono come prima. Per la contentezza lo usa due volte. Mi sveglia non so a che ora. Non è che anche questa volta tu gli abbia fatto un pompino! Non cambierà mai. No caro. E’ uno stronzo ma lo amo. Lo penso solo però.
……
NON FARMI FARE BRUTTE FIGURE!
………..

La portinaia, la ‘pipelè’ come diceva papà da buon milanese, mi ferma. Lui è su. Le buone mance servono, bisogna però, diceva sempre papà, sapere cosa e come darle e me lo ha insegnato. Mi batte un poco il cuore entrando, lui è sul divano, un poco sbracato.

I soliti convenevoli. Un bacio mozzafiato con le mani che arrivano praticamente dappertutto. Controllo delle proprietà, dice. E’ qui, mi spiega, perché la macchina si è guastata poco lontano. Sarà pronta o questa sera tardi o domani.
So bene perchè sia qui a casa mia od almeno anche il perchè. Non scopa da giorni od almeno lo spero. Ha le chiavi ma ci viene raramente, ama le sue comodità, le sue abitudini. Gli piace il suo letto ma fortunatamente anch’ io rientro tra le abitudini inculcate anche ben in fondo nel suo cervello…di ghisa: si, non scopa da qualche giorno, conferma e penso voglia rimediare immediatamente. Dice che gli viene mal di testa se non scopa abbastanza spesso. Io scopo fin troppo in questo periodo e contavo oggi pomeriggio di riposare. Neanche provare a dirgli una cosa del genere. Son quasi le due, caro, non ho voglia di uscire, metto in tavola quel che ho in casa, vatti a lavare le mani. Polpettone fatto questa mattina da Anna la cameriera ed insalata mista.
Poi il dolce, sono io il dolce.

Continua a dirmi di comprarne uno nuovo, ‘decente’, alludendo al mio letto, un letto alla francese, secondo lui troppo stretto. Col cavolo, mi dico, ci ho dormito sempre e su questo letto, proseguo ad alta voce, ci abbiamo fatto a l’ amore la prima volta e non avevi fatto il difficile. Ho i soldi contati, fatico ad arrivare a fine mese questa volta, lo sai. Ma stai lavorando parecchio. Per, fortuna lavoro così tanto altrimenti non saprei dove sbattere la testa.
Mi son fatta una doccia veloce e lo ho raggiunto. Per un attimo penso di indossare la camicia da notte di seta tutta volanti e ricami frù frù che mi ha regalata un cliente, ma è inutile anche se mi piacerebbe farmela levare da lui, piano piano, con tante coccole magari. Non è il suo stile. Non molto alto, ma questo non mi disturba, ha due spalle larghe così. Insomma è ben fatto. Il viso, se fosse, ecco meno squadrato, più sottile…al diavolo, mi va bene come è, mi piace da sempre. Si, mi va bene e mi piace da sempre l’ arnese che si ritrova tra le gambe e che sa usare così bene.

Riposare? Ma siamo matti? La stanchezza passa in un baleno. Mi piacciono le coccole e piacciono anche a lui. Provvedo. Qualche carezza basterebbe, è già pronto come sempre ma lo voglio come dico io. In questo periodo scopo molto, tutti i giorni e spesso mi faccio due clienti al giorno. Quel che ammazza di più non è la fatica ma la noia. Con quelli non scopo, lavoro. Adesso invece scopo, mi è mancato…

In vita mia ho scopato con solo tre uomini. I ‘bastardi’ che conto per uno, e sono i primi e gli unici ovviamente ad avermi sverginata. Poi c’è Lui, C. crede di avermi sverginata, è stata la seconda volta ma lo ho fregato bene, ed infine il laureando, il terzo, anche a lui son riuscita a far credere di avermela rotta, di averci piantata la sua bandierina. I ‘ bastardi’, solo loro hanno il diritto di dire…Se Alfredo viene a saperlo mi ammazza di certo a sganassoni. Si pavoneggia tutto per avermela rotta ‘di battuta’ come dice sempre. Mi piace la idea di averlo, averli anzi imbrogliati tutti e due. Mi bagno sempre in fretta e con lui, oggi ancora di più. Ne ho voglia anche io. Lo guardo tra le sopracciglia socchiuse. sembra pronto a far faville ed a me non dispiace, col cazzo cHe mi dispiace. Guai se mi sentisse parlare così, per lui, nonostante tutto sono la Alice di quando mi ha conosciuta, la ragazza di buona famiglia borghese, con un papà pieno di soldi, studentessa in una università snob.

Ho le tette gonfie per la voglia ed i capezzoli duri ed ingrossati come nocciole. Me lo spara dentro senza nessuna cerimonia, bagnata o non bagnata mi fa male ma passa e mi monta con inconsueta dolcezza. Non me lo aspettavo. Gli aggancio le caviglie dietro e mi abbandono. Sono sotto il mio uomo, chiavo il mio uomo. Il mio uomo mi fa, mi sbatte. E’ una macchina per chiavare e sta chiavando la sua donna me. Anche se non ce lo ha grossissimo lo usa da gran maestro chiavatore, con foga controllata, senza smancerie, a lungo…tanto a lungo da farmi quasi spasimare. E poi spasimo sul serio quando si china e stringe tra le labbra il capezzolo. Fa anche male ma…voglio soffrire così per l’ eternità. Quando riapro gli occhi è posato su un gomito e mi guarda in faccia. Sei la mia maialina, poi ride conscio e fiero del successo nel farmi impazzire. Gli piace farmi impazzire. Questa volta non ho dovuto fingere. Ringraziando il cielo è raro che debba fingere con Lui. Con i clienti invece il difficile è trovare la giusta via di mezzo per farmi credere. Accendimi una sigaretta, e poi uno dei suoi rari ‘per piacere’. Sono al settimo cielo. Mi sfrego contro di lui, non è ancora arrivato il momento di cercare di farglielo rizzare di nuovo, non ci riesco quasi mai così in fretta e lo infastidirei. Sembra dormire, ma è il suo modo di fare, di ricaricare le batterie.

L’ uomo non dorme. E solo piacevolmente rilassato. Il momento più bello, dopo una scopata a lungo desiderata, frenetica. Ora assapora quei momenti e quelli che verranno. Tempo ne ha. Dieci giorni in giro per lavoro. Non è andata malaccio, anzi, tanto che si è allontanato il pericolo di dover andare in banca a spiegare un altro ritardo. E quella? Nei suoi giri evita i bordelli ma scopare gli piace troppo.
Qui ha la sua donna anche se di tanto in tanto…una bella squinzina pulita non se la fa scappare. Altra classe però, belle e desiderabili prima ma poi, si, una altra classe. In giro e sopratutto questa volta niente, dieci giorni! Ma quella…gli lo fa tirare da matti. E’ caccia vietata. Riserva della padrona del vapore e quel vapore non deve perderlo, lesbica ambidestra? Ha persino pensato quanto sarebbe bello averle tutte e due nel letto, ma ci crede poco.

Per lui è il sacro momento della sigaretta e delle chiacchiere. Sono così quasi tutti.
Ti ricordi…ho una ottima memoria e di noi due ricordo tutto, meglio però lasciarlo parlare…certo a casa tua, quando te l’ ho rotta eri un poco tesa, impaurita. Anche io ero un poco nervoso. Sai eri la prima che sverginavo. Non lo sapevo, caro, caro, caro…. Ti ho sverginato anche il culo pochi giorni dopo. E mi hai fatto male. Ci starebbe bene uno ‘stronzo’ ma lo tengo per me. Mi attira vicino. Di già, penso ben contenta. Mi bacia e mi ‘ripassa’ con delicatezza la figa, cerca il puntino, uno dei pochi uomini che ne conosca l’ esistenza. Vanno tutti subito e sempre a smaneggiare la figa. Con i clienti ha vari nomi idioti, lui la chiama figa con la g, io devo, dovrei almeno con i clienti dire fica, è più fine con la c. Lui è invece il mio C… Tace, sembra addormentarsi di nuovo. Lo conosco, tra qualche momento ricomincia la danza del cazzo. Rido tra me. Se ricordo quando mi ha rotto il sedere? Ma no! Certamente no, è ovvio. Una donna dimentica facilmente una cosa del genere…Scuoterei volentieri il capo. Gli uomini, tutti uguali. Forse però mi prende per il culo. Mi aveva chiavata e richiavata. No, niente ‘ripassi’ solo chiavata, ma ero persino in estasi. Me lo ha fatto succhiare, ormai non rognavo più se voleva un pompino, mi ha fermata quando era ancora lontano…Mi scopava spesso alla pecorina e pensavo che sarebbe stato il solito. A pancia in giù e già lo pregustavo. Invece…me lo ha appoggiato, ma lo faceva spesso, poi ha spinto. Me lo aveva detto, oggi ti rompo il culetto bello. Lo diceva sempre però. ‘Hai gridato un poco, ma poco’, faceva male, cazzo ma sarebbe stato peggio se non avessi giù preso in quel modo tre o quattro cazzi dei bastardi. Sapevo almeno cosa aspettarmi.
Ancor meno mi lamento poco dopo quando si sveglia di colpo. Tutti i salmi…in culo. Mi piace prenderlo in culo. Non lo deve sapere quanto mi piaccia ma forse glie lo dirò. Gli dico quasi tutto…quasi…

Il resto del polpettone avanzato a mezzogiorno e tegolini. Erano già pronti e non li avevo visti. Poi a letto. Spero che un pompino gli basti e non voglia più il mio popò. Sarebbe la terza volta oggi ed ogni volta ci sta una mezz’ora. Però non mi fa male per niente. Neppure io so quante volte mi son fatta fare così. Sono ben rodata e per imbrogliare qualche ‘estimatore’, stringo bene. Sono parecchi i clienti a crede che sia quasi vergine o vergine del tutto da quella parte, Peter compreso. Giusto viene dopodomani.
C. vuole il pompino che per Lui. è la chiusura di ogni festa. A me piace fargli i pompini e sono brava. Solo con lui però. Assolutamente non vuole lo faccia con altri. Lui comunque lo apprezza tanto che son sempre ben allenata.

Anche quando, per fortuna raramente, mi dice di essere gentile con un suo amico, lo avverte che pompini non vuole li faccia. Già, mio padre era ancora vivo, ed io matricola a lingue. Diciotto anni compiuti da poco, per la guerra, avevo guadagnato un anno.

Dopo qualche discussione con me che non volevo, G. ha invitato un amico con la sua ragazza a pranzo a casa mia. Non mi piaceva molto l’ idea, i vicini, la serva… ed al tempo stesso mi stuzzicava mostrarmi ai suoi amici nella veste di perfetta padrona di casa, e che casa. Ovviamente papà era in viaggio ed Anna, al solito, doveva andare dalla madre che cominciava per fortuna a stare un poco meglio. Si era fermata per servire a tavola e rigovernare ma doveva prendere un treno ed appena finito era schizzata su un taxi pagato da me. Servo il caffè in salotto aiutata dalla ragazza del l’ altro, Rosa o Rosetta si chiamava. Volgarotta ma bellina. Mi sono subito accorta che C. la guarda in un certo modo che non mi piace. Lui invece sembra indifferente a come il suo amico, guarda me.

Per farla breve ci dicono che hanno fatto una scommessa (idiota) su chi delle due abbia il petto migliore, più bello, più grosso. Ricordo quel momento. Rosa e…Enzo, ecco, si, Enzo. Sono in piedi e lei non sembra minimamente toccata dalla cosa. Alfredo seduto sul divano mi aveva fatto sedere in una posizione che in pubblico non gradivo per niente. Teneva le gambe aperte ed io ero seduta in modo da sentivo l’ uccello duro al centro tra le chiappe. Non gradivo neppure le mani a coppa sulle tette. Resto di sale quando Enzo slaccia la camicetta alla sua donna che immobile e rivolta verso di noi lascia fare, alza anzi le braccia per farsi sfilare la maglietta, non lo prende a schiaffi quando le toglie il reggipetto, sembra indifferente. Per qualche momento posso sembrare indifferente io pure, di sale appunto.
Cerco anche, dopo l’ attimo della sorpresa, di staccarmi da C. che mi tiene stretta. Non farmi fare una figuraccia, mi sibila a l’ orecchio. E a voce più alta, con il tono che ho da tempo imparato a temere, mellifluo ma deciso: adesso tocca a te…no Alfredo, io…TOCCA A TE!

Mi dibatto, quasi riesco a liberarmi, tanto che cado a terra. Sto cercando di alzarmi, frastornata, furente ed impaurita. Non voglio biascico ormai quasi in piedi. Indignata e furente alzo il capo giusto in tempo per ricevere uno schiaffo violento che mi fa vacillare. Non vuoi? Un manrovescio accompagna le due parole. Memoria o non memoria ricordo poco del resto. Non mi vuoi più. Vuoi che ci lasciamo? Ne trovo cento di puttanelle come te. Sto piangendo ora, lascio fare perchè sono distrutta. Lascio fare perchè lo amo, lascio fare perchè sono sul serio la sua donna, no, sono la sua troia penso infine. L’ ho capito in quel momento e non mi sbagliavo.

Lascio fare. Non si limita a scoprirmi in alto, slaccia la gonna, fa scendere le mutandine con i pizzi, resto solo con il bustino reggicalze. Mi attira sulle ginocchia e solo allora alzo gli occhi. Rosa è ‘ vestita’ meno di me, le sta togliendo anche le calze e vedo che sotto non ha il vello pubico. Mai neppure sentita una cosa del genere. Le orecchie mi fischiano, tutte e due, e la faccia mi brucia, la vergogna oltre agli schiaffi. Gli occhi di C. mi fissano, sembrano indifferenti. Resto, ma solo se tu farai…forse dice altro, ma non importa, con due, tre parole ha detto tutto. Vorrei gridargli di andarsene, vorrei insultarlo, graffiarlo. Per piacere…resta…non posso…resta, e comincio di nuovo a piangere disperata. Mi ami allora. Lo dice con un sorriso, quel solito sorriso cui non ho mai saputo e mai saprò resistere.

Due donne e due uomini. Meglio che una ragazzina sola e quattro uomini. Mi riprendo, non ragiono molto bene, mi gira la testa, ho freddo. Stranamente guardo con odio Rosa, odio anche Enzo ma non il mio amante che mi sta tradendo, vendendo, regalando, qui nel salotto ‘ buono’ di mia mamma.

Il resto è una burla feroce. Ci misurano, ci palpano e discutono. Decidono che siamo alla pari, che abbiamo il petto a pari merito, che nessuno dei due ha perso, che hanno vinto sia l’ uno che l’ altro. Non capisco subito. C. mi stringe l’ avambraccio con forza e mi fa male. Non ha capito che ormai…ormai accetto tutto, faccio tutto. Persino di chiavare in quattro (allora dicevo fare l’ amore), in quattro ed in camera dei miei. Non fingono nemmeno più di tanto. C. mi stringe mormorando le stesse parole di prima. Non importa. Mi abbraccia, se lo fa succhiare un poco come fossimo soli. L’ altro fa più o meno le stesse cose con la sua ragazza. Li ho addosso entrambi per qualche momento per restare sola tra le braccia del l’ altro. Mi scopa e non ricordo altro. Lui si dedica a Rosa. Il resto? Ordinaria amministrazione ma pompini no. Non voglio che lei faccia pompini ad altri, solo a me. Quello ride. Hai delle belle fisse, Con Rosa fai quello che ti pare. Ore sgradevoli. Vogliono che faccia il ‘cinema’ con l’ altra. Non sono una…lesbica protesto appena. Neppure lei è lesbica, mi rispondono. Le imita molto bene comunque.

Mi ha solo scopata davanti. Anche C scopa l’ altra solo davanti, poi però. Neppure con i ‘bastardi’… Un ignobile pomeriggio che dura una eternità. Me li trovo tutti addosso. L’ amico siede sul bordo del letto e fa sedere me sul suo cazzo, me lo infila nel culo. Me lo devo anzi infilare da sola nel culo scendendo, gravando col mio peso, e fa male. So solo che ad un certo punto mentre uno mi lavora il culo Lui mi chiava e lei si fa leccare la figa. Rosa deve tornare nella ‘casa privata’, fa la vita ed Enzo è il suo magnaccia. La vede un giorno la settimana, ma deve rientrare in orario. Ci laviamo insieme, mi lavo cioè con una puttana. Ed io cosa ero di diverso già allora?

Ricordi lontani. Ho scosso il capo, me li sono lasciati alle spalle. Sono contenta di quello che faccio. Sono contenta di lavorare per un bordello ‘sui generis ed extra lusso’. Sono contenta, felice anzi di essere a letto con il mio uomo senza problemi di marito, figli ed il contorno. Sono anche contenta di non dover lavorare in qualche ufficio a due lire al mese, otto ore tutti i giorni tranne la domenica. Saranno settimane dure ma il fondo che la banca amministra per me, questo mese cresce e di parecchio. Se li tengo in borsetta, quei soldi sembrano sempre volar via. Vestiti, qualche regalo a Lui. Quel ristorante caro come il fuoco. Per questo periodo, prima, durante e subito dopo la Fiera Campionaria voglio fare… ho firmato per fare versamenti extra, molto extra. Ridacchio un poco. Ho fatto anche un salto dalla sarta per il guardaroba estivo…Devo avere un guardaroba alla altezza se i clienti devono credere che faccia ancora parte di quel mondo ormai sbiadito che ho lasciato alle spalle. Roba bella e mi sa consigliare bene. Non veste i grandi nomi, quelle no, vanno a Firenze o Roma…ma veste molte delle signore che si danno lo stesso molte arie qui da noi a Milano. Non è mai stata una sartina anzi. Mamma però le ha fatto fare il salto di qualità ed è riconoscente…Ha sempre dei tagli di stoffa, avanzi troppo piccoli per un capo ciascuno, che abbina e cuce con gusto ed abilità. C’ è sempre un negozio dove andare a vedere se hanno uno scampolo…e, andando come adesso in anticipo sulla stagione, mi veste con poco, relativamente poco. Mi aiuta anche con gli accessori e vorrebbe presentarmi a…ed a…vorrebbe trovarmi marito insomma. Un altro problema sono i ‘sacchetti indiani’. Sempre più difficile trovare il necessario per confezionarli. Il vecchi erborista ha chiuso.
Parlano di pastiglie ma da noi non si trovano, forse le stanno solo studiando.

Lui dorme, è cotto. Per qualche giorno niente male alla testa. Domani un cliente al mattino ed un altro il pomeriggio. Dopo domani arriva Peter. E’ la quarte volta. Vuole portarmi fuori a pranzo. Sta dalla mattina alla sera. Se si è innamorato di me può diventare un guaio, penso però che quel che ama sia il mio ‘bel culo patrizio’ come dice. Me lo infilerà religiosamente dietro, sarà una santa messa in culo.

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