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Finalmente in pensione

By 23 Febbraio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

1

Quando si era dimessa da docente e, benché giovane, aveva lasciato l’università, a Giuliana era sembrato di essere rinata a nuova vita.
Il grosso dei soldi della liquidazione era stato rapidamente speso in viaggi di gran lusso, vestiti di marca e nei più ricercati aggeggi informatici che venivano immessi sul mercato.
La pensione l’avrebbe presa solo al raggiungimento dei sessant’anni (grazie al cielo ne mancavano venti, di anni) , ma nel frattempo non era un problema mantenere l’alto tenore di vita grazie ai proventi del marito e della sua redditizia fabbrichetta.
Le tante peripezie del passato (che in parte l’avevano convinta a ritirarsi dal mondo del lavoro e a tuffarsi nell’ozio più assoluto), sembravano completamente dimenticate e ora pensava solo a rilassarsi e a godere di quello stato di completa inattività.
Purtroppo la vita a volte riserva amare sorprese proprio nel momento in cui uno abbassa la guardia e pensa solo in rosa.
Così Giuliana non immaginava certo che quella calma e tranquillità sarebbe stata presto spazzata via in modo drastico e radicale.
Quando Gabriele il marito le disse che doveva partire per qualche settimana all’estero in uno dei suoi tanti affari di lavoro, Giuliana, a cui le digressioni erano sempre piaciute, immediatamente pensò a come sfruttare quel periodo per concedersi una breve vacanza anche da Gabriele.
Era accaduto nel passato che, di tanto in tanto, Giuliana si concedesse delle scappatelle per rendere più piccante la sua vita, anche se questo ad un certo punto le provocò una situazione bruttissima che la portò ad una serie di (dis)avventure e conseguenti ricatti, costringendola anche ad essere oggetto nelle mani di più uomini.
Poi tutto, grazie al cielo era finito e lei era diventata irreprensibile.
Ma ora, senza molto da fare, aveva ripreso, di tanto in tanto, ad avere delle fugaci avventurette con prestanti giovanotti, conoscenze quasi sempre occasionali.
Tanto più che ora non essendo più una docente molto conosciuta e apprezzata per la sua serietà e fermezza, non aveva neanche la paura di essere giudicata nel mondo del lavoro.
Per cui ora la prospettiva di rimanere per due o tre settimane da sola, le faceva balenare l’idea di darsi alla bella vita: aveva giusto un ragazzo sottomano, che doveva essere intorno ai trent’anni, che da qualche settimana le faceva il filo corteggiandola con gli occhi.
Mentre il marito le spiegava i suoi prossimi impegni all’estero, lei già fantasticava su come fare la prima mossa e anche sulla possibilità di farlo dormire a casa sua per qualche notte in sostituzione di Gabriele.
Lei voleva ancora bene a suo marito, ma il sesso le piaceva troppo per accontentarsi di qualche scopata veloce che lui, troppo preso dagli affari, le dedicava raramente.
Quando Gabriele partì, lei, finalmente libera, aspettò che il baldo giovane facesse la prima mossa, ma passarono tre giorni invano.
Il ragazzo probabilmente lavorava presso uno studio notarile lì vicino, visto che entrava ed usciva da quel portone e faceva sempre di tutto per capitarle davanti quando lei usciva di casa, ma sino a quel momento, non andò oltre qualche sguardo prolungato e diretto.
Così, non volendo perdere molto tempo dietro un corteggiamento così vago e decisamente fuori moda, lei prese l’iniziativa e lo fece in un modo sfacciato nel quale stentò a riconoscersi: lo fermò dicendogli: ‘Ma non sei cresciutello per giocare con gli sguardi come un ragazzino? Se hai qualcosa da dirmi dimmela, senza capitarmi sempre davanti come per caso’.
Il ragazzo fu visibilmente sorpreso, non si aspettava quella aggressione, per cui il suo volto diventò rosso fuoco e cominciò a biascicare qualche parola poco comprensibile.
‘Ma non mi dire che sei davvero così timido da non riuscire nemmeno a parlare’ lo prese in giro Giuliana ridendo di lui.
‘Quanti anni hai?’
‘Quasi ventiquattro’.
‘Sembri più grande della tua età. Avanti, andiamo in un bar e offrimi un caffè, così mi dici perché da qualche settimana mi capiti sempre tra i piedi’.
Andarono verso un bar mentre lui con grande difficoltà provava a spiegarle che l’amava e che si era perdutamente invaghito di lei.
Mentre il ragazzo le dichiarava il suo amore, Giuliana fu presa da presa da un attacco di tenerezza verso quel ragazzone, per cui fece la sfacciataggine che mai avrebbe pensato di poter riuscire a fare.
‘Senti in quel bar il caffè fa davvero schifo: io abito qui vicino, perché non andiamo su a casa mia, il caffè sarà certamente migliore, almeno spero”.
Mentre parlava stentava a riconoscersi, come se fosse un’altra la ragazza che faceva quell’invito così diretto che di solito fanno solo i maschi in cerca di avventure.
Anche a casa, il ragazzo, che si chiamava Roberto, continuava a mostrare la sua timidezza, per cui toccò di nuovo a lei essere più esplicita e quando l’occasione giusta capitò, allungò una mano, accarezzò quei capelli scarmigliati che tanto le piacevano e che davano un’aria assai buffa e tenera a quel ragazzo, e avvicinando il viso gli sfiorò dolcemente le labbra con le sue.
A questo punto lui smise i panni dell’indeciso e la baciò con un bacio dolce, tenerissimo, che sciolse definitivamente Giuliana.
Si lasciò sfilare la camicetta e lasciò che lui si impossessasse dei suoi generosi seni.
Lo aiutò quando lui assai maldestramente stava per romperle il reggiseno nel tentativo di aprirglielo e sganciò la zip della gonna che scivolò lentamente verso il pavimento.
A sua volta prese a spogliarlo, togliendoli il maglione e pizzicandogli i capezzoli fino a fargli quasi male.
Senza smettere di baciarla, lui le mise una mano sulla porta del paradiso e le strappò un gemito di piacere.
Finirono di spogliarsi e a quel punto lui si staccò allontanandosi da lei un metro per ammirare meglio lo splendore del suo corpo: una donna non ancora neanche quarantenne la cui bellezza si ergeva statuaria e spettacolare.
Aveva il pube completamente rasato e lo sguardo del ragazzo non riusciva a scostarsi da quello spettacolo.
Quando lui ebbe finito di rimirarla, lei si inginocchio verso la sua asta che già si ergeva vogliosa e nella pienezza del suo splendore e, dopo averla accarezzata delicatamente, prese a baciarla: sembravano baci di gratitudine per quel desiderio manifesto verso di lei, più che baci destinati a regalargli piacere, eppure bastarono perché la sua voglia, repressa da chissà quanto tempo, esplodesse in un getto violento seguito da altri convulsi che sorpresero Giuliana riempiendole la faccia e i capelli.
Lui si scusò cento volte per la scarsa tenuta, lei gli sorrise e prendendolo per l’uccello, che ancora manifestava vitalità, lo portò nel bagno dove, dopo essersi sciacquata, prese a lavare lui massaggiandogli con maestria il sesso.
I tocchi di quel bidet erotico non tardarono a sortire gli effetti sperati, per cui nel giro di soli pochi minuti, quel sesso mostrava ancora voglia di lei e questa volta fece in modo che quel desiderio fosse destinato a regalare piacere anche lei.
Quando la tensione del dopo si allentò, lei gli disse: ‘Non so cosa mi è successo oggi per strada, scusami è la prima volta che mi comporto così; chissà cosa avrai pensato di me, ma mi ha fatto tenerezza il tuo modo buffo ed impacciato di comportarti con me, così non ho saputo resisterti. Mi sa che per colpa mia avrai anche rogne sul lavoro, nello studio del notaio’.
‘No, io non lavoro mica dal notaio, mi appostavo lì aspettando che tu uscissi e per fare in modo che ti capitassi davanti per caso, ma tu te ne eri accorta che non era per caso” .
Nei giorni seguenti lei tenne fede a quanto aveva deciso, ‘adottando’ quel ragazzo che più di una notte restò a dormire a casa sua.
Una di quelle notti (erano passate quasi tre settimana dalla partenza di suo marito che l’ultima volta per telefono le aveva detto che avrebbe prolungato la permanenza ancora per qualche giorno), all’alba, mentre dormiva abbracciata a Roberto, dopo una delle più soddisfacenti notti d’amore degli ultimi mesi, vennero bruscamente svegliati dal suono del campanello d’ingresso e da numerosi colpi alla porta.
Lei si spaventò moltissimo, non riusciva a credere potesse essere Gabriele (avrebbe certamente chiamato prima per avvertire, come aveva sempre fatto in tutti questi anni), ma come poteva esserne certa.
Cercò di nascondere Roberto alla meno peggio e andò verso la porta nuda come era, senza neanche coprirsi: era prestissimo, quasi le cinque e mezzo, chi poteva essere?
La sua curiosità fu presto e in modo brutale, appagata: ‘Aprite, siamo della Guardia di Finanza, abbiamo un ordine del Giudice!’
La Guardia di finanza, a quest’ora?
Dopo essersi accertata dallo spioncino che si trattava davvero di militari delle Fiamme Gialle e, dopo essersi infilata una vestaglietta, aprì e un ufficiale le mostrò un ordine di perquisizione, poi le chiese dove fosse suo marito poiché dovevano eseguire un mandato di arresto nei suoi confronti.
Lei si sentì venire meno e ancor prima che un giovane brigadiere riuscisse a sostenerla, si accasciò al suolo.
Nella caduta la vestaglia si aprì completamente mostrando la sfacciata bellezza del suo corpo completamente nudo.
Dopo aver indugiato più di quanto era necessario, i militari la coprirono sommariamente facendola rinvenire.
Quando si fu ripresa, lei spiegò che suo marito era all’estero e stava spiegando i particolari di quel viaggio per affari, quando alcuni militari si affacciarono nel salotto dove stava Giuliana con gli ufficiali, accompagnando Roberto che era ancora nudo con i vestiti in mano.
‘Questo deve essere il marito. Aveva provato a nascondersi in uno sgabuzzino”.
Fu umiliante ed imbarazzante per Giuliana provare a spiegare la presenza di Roberto nudo a casa sua, per cui a perquisizione ultimata, dopo essere stati fatti rivestire, furono accompagnati in caserma per essere interrogati.
Qui, finalmente, le furono fornite alcune spiegazioni e l’accusa lapidaria: bancarotta fraudolenta!
Senza che lei lo sapesse, negli ultimi mesi, la ditta aveva subito un tracollo e tutte le proprietà erano state ipotecate, anche se Gabriele aveva sottratto un bel po’ di soldi portandoli all’estero.
Dal momento che lei aveva, ignara, firmato delle carte in quel periodo, garantendo in quel modo, senza saperlo, alcuni debiti con le sue proprietà, fu trattenuta e solo dopo tre giorni il suo legale riuscì a farla rilasciare.
Tre giorni in carcere isolata dal mondo a pensare a come stava per cambiare la sua vita.
Roberto, invece, il quale aveva chiarito rapidamente la sua posizione, era stato rilasciato il giorno stesso e da allora non si fece più vedere.
2

Il giorno successivo tutti i giornali, soprattutto quelli locali, avevano in prima pagina la foto della bella docente e del suo giovane amante, nonché tutti particolari sulle vicende economiche della famiglia.
I pochi amici che frequentavano si rivelarono meno amici di quanto pensasse e presto si ritrovò da sola in mezzo ad una strada, visto che la casa, così come gli altri beni ipotecati le furono tolti.
In quelle settimane aveva sentito Gabriele solo una volta, l’ultima, quando lui aveva chiamato solo per pochi minuti per evitare che la sua telefonata venisse intercettata e senza dirle dove si trovava.
‘Puttana, se proprio una grandissima troia!’ le disse.
Evidentemente dove stava arrivavano giornali italiani.
Poi le spiegò rapidamente che aveva provato ad evitare tutto quello e che era andato all’estero in cerca, senza successo, di finanziatori e appalti proprio per trovare una soluzione perché non accadesse il peggio, come, invece, in realtà poi avvenne.
Aveva anche pensato, non appena le acque si fossero calmate, di chiederle di raggiungerlo all’estero, visto che ‘qualche soldo’ da parte era riuscito a portarselo.
‘Ma visto che ti trovi bene a fare la puttana, non avrai problemi a trovarti da vivere lavorando di notte sotto qualche lampione” le disse con tono di disprezzo chiudendo quell’ultimo contatto.
Prese una casa in affitto, utilizzando quanto le era rimasto della liquidazione che adesso le serviva per vivere e non più per divertirsi.
Cercò di riavere il suo posto all’università, ma ovviamente le chiusero le porte in faccia; cercò lavoro in qualche ufficio, ma tutti i suoi amici le avevano voltato le spalle, così prese la drastica decisone: avrebbe abbandonato la sua città e provato a rifarsi una vita in un paesino dove nessuno la conosceva.
Anche nel paese che scelse per vivere, non fu affatto facile trovare lavoro, fino a quando decise di rivolgersi all’ufficio di collocamento.
‘Attualmente abbiamo solo una richiesta per una cameriera in un bar” disse la signorina senza neanche alzare gli occhi dalle carte.
‘Ma si rende conto del curriculum che ho? Ero docente all’università fino a meno di un anno fa!’.
Però la recessione, la congiuntura e, anche se cercò di essere diplomatica, l’età, non aiutavano, malgrado il curriculum.
Se ne andò indignata.
Dopo due settimane di inutili tentativi, tornò in quell’ufficio.
‘C’è ancora quel posto di cameriera?’.
‘No, mi dispiace. Però proprio ieri mi hanno portato la richiesta per una cameriera a mezzo servizio, alla villa dell’ingegnere de Santis, quella appena fuori paese, se per una col suo curriculum va bene” aggiunse ironica.
Non aveva scelta se non cominciava a lavorare, i soldi sarebbero diminuiti parecchio sul suo conto.
Tornando verso il suo monolocale, le lacrime scendevano copiose sul suo viso.
Il primo giorno di lavoro si presentò alla villa dell’ingegnere e le venne ad aprire una vecchia governante che le fece vedere la casa e le spiegò cosa doveva fare.
Era molto semplice, doveva fare ciò che aveva sempre odiato: fare le pulizie, spolverare, lavare’
La villa era molto grande, però per fortuna venivano utilizzate solo poche stanze, così era meno faticoso tenere tutto in ordine.
L’ingegnere viveva da solo con la vecchia Adelina, però in quel momento in casa; la governante le diede una divisa nera come quella che indossava lei stessa e le disse di mettersela: quella sarebbe il suo nuovo abbigliamento di lavoro.
Odiava vestirsi in quel modo, per cui con grande malavoglia e spinta solo dalla necessità di non perdere il lavoro lo stesso giorno di inizio, si tolse i vestiti ed indossò quell’anonimo divisa.
Si guardò allo specchio e dovette riconoscere che addosso a lei quel pezzo di stoffa stava in modo quasi decente, anche se si era rivelato un po’ corto.
Le venne anche una grande tristezza: era precipitata davvero in modo brusco da un ceto sociale abbastanza alto ad uno decisamente basso.
Ma sarebbe stato per poco, presto avrebbe trovato qualcosa, magari avrebbe investito i soldi che le erano rimasti per aprire qualche attività, però per adesso con la Finanza addosso, non poteva aprire proprio un bel niente.
Si mise a lavorare, giorno dopo giorno, sotto la guida dell’esperta e stagionata governante, che si rivelò una persona deliziosa, cercando di non pensare troppo al suo attuale stato; dell’ingegnere nemmeno l’ombra.
A volte lo sentiva arrivare, dal momento che la governante aprendo la porta lo salutava a voce alta, ma non aveva mai avuto l’occasione di incontralo direttamente e solo una volta ne aveva scorto la sagoma in biblioteca.
D’altra parte il suo orario di lavoro e, quindi, la sua presenza in villa era limitato a quattro ore, per cui era anche difficile incontrarlo.
Quando questo per caso accadde, dopo un paio di mesi, fu in una brutta circostanza.
La governante era stata male e lei stessa aveva dovuto chiamare l’ambulanza perché fosse portata in ospedale.
L’ingegnere avvertito da qualcuno era accorso alla villa, ma Adelina, la governante, era già stata portata via.
Così si trovarono faccia a faccia e si presentarono ufficialmente: era un uomo di bell’aspetto, sulla cinquantina, ma molto ben portati, fisicamente ben messo e con lo sguardo penetrante: insomma, per farla breve, davvero un gran bell’uomo!
Dopo le presentazioni di rito, lui le chiese di aspettarlo in villa, – ‘lo so l’orario è finito, ma non si preoccupi le pagherò comunque gli straordinari’ -, finché non fosse tornato dall’ospedale dove stava andando per sincerarsi delle condizioni della ‘sua cara Adelina’.
Ovviamente lei le disse che non c’erano problemi, facesse pure con comodo, sarebbe rimasta ad aspettarlo.
Quando dopo un bel po’ tornò, la informò sulle condizioni di Adelina, poi le disse: ‘Visto che io sto poco in casa e fino a quando non torna Adelina, le do le chiavi della villa: anche se non la conosco quasi, ho fiducia in lei, mi raccomando in casa ci sono cose di molto valore”.
Giuliana avrebbe voluto replicare che lei era una docente universitaria, che era abituata agli oggetti di valore, che poteva avere tutta la fiducia del mondo in lei, ma rinunciò, quella Giuliana ormai non esisteva più, ora c’era solo Giuliana la cameriera.
Purtroppo Adelina non solo non migliorò, anzi ebbe un’altra ricaduta che la costrinse per sempre a letto, così l’ingegnere la sistemò in una clinica privata pagando di tasca propria tutto il soggiorno.
Il tempo passava e i rapporti con il lavoro e con l’ingegnere andavano bene: in quel periodo lui frequentava un po’ di più la villa e le poche volte che era in casa era sempre gentilissimo; di tanto in tanto le faceva preparare il caffè che prendevano insieme, anche se spesso lei lo sorprendeva a fissarle le gambe che la divisa corta lasciava scoperte, soprattutto quando si sedeva in poltrona a bere il caffè di fronte a lui.
Un tempo a lei piaceva giocare molto con gli uomini provocandoli con abili accavallamenti di gambe, però era lei a condurre il gioco, e gli uomini sbavano dietro a lei, l’irreprensibile (o almeno così pensavano tutti) docente, mentre ora era diventata una semplice cameriera e di fronte aveva il suo datore di lavoro, la cosa, quindi, la imbarazzava molto.
L’ingegnere era un tipo assai riservato e raramente qualcuno veniva a trovarlo in casa, difatti, come le aveva detto Adelina, era successo poche volte che qualcuno dei suoi rari amici venisse a trovarlo a casa e ancora meno che restasse a cena.
Un giorno, mentre era in banca per fare un prelievo con cui integrava quel poco stipendio, come da contratto, che l’ingegnere le dava per il suo lavoro part-time, le fu comunicato che il suo conto era stato bloccato dall’Autorità Giudiziaria a garanzia dei debiti contratti dal marito e da lei che aveva firmato quelle maledette carte.
Adesso era davvero nei guai, adesso era una donna davvero povera e la cosa brutta era che non era affatto abituata ad esserlo.
Però, siccome non era abituata ad esserlo, si fece prestare dei soldi da alcuni brutti ceffi che una volta le avevano presentato, nella speranza che la situazione in banca si sarebbe sbloccata presto come le aveva detto il suo avvocato.
Gli interessi non erano certo bassi e in breve lei con quel poco che prendeva non ce la faceva lo stesso, così da subito, non fu in grado di restituire la somma.
3

I brutti ceffi si rivelarono peggio di quanto immaginasse.
Infatti una sera sentì bussare alla porta del suo monolocale ed entrarono due degli uomini a cui doveva restituire i soldi.
Senza giri di parole le dissero che doveva pagare e subito, altrimenti’
Lei con voce tranquilla rispose che al momento non aveva un soldo in tasca, ma che sperava che presto il blocco del suo conto in banco venisse risolto, per cui quando sarebbe rientrata in possesso dei soldi avrebbe saldato pagando fino all’ultimo euro di interesse.
‘No, allora non ci siamo capiti: tu i soldi ce li devi dare subito, altrimenti passerai dei guai anche seri’.
‘Ma vi dico di stare tranquilli, i soldi li avrete presto, ve lo assic’.’.
Non la fecero finire di parlare, fu strattonata malamente e buttata sul divano, quindi i due uomini le furono sopra, una le bloccò le mani, l’altro cominciò a spogliarla.
Lei provò a divincolarsi e ad urlare, ma una mano le tappò la bocca: ‘Non ti conviene gridare, se lo fai un’altra volta ti taglio un orecchio e credimi che lo faccio, al confronto ti assicuro che quello che stai per avere sarà piacevole, ma se gridi un’altra volta, giuro che per te più nulla sarà piacevole”.
Il tono duro e deciso la convinse che non scherzavano affatto, per cui smise di dimenarsi e soprattutto di urlare.
Mentre uno continuava a tenerle le mani bloccate, l’altro era arrivato a spogliarla completamente, sollevandole il maglione e reggiseno ed abbassandole la gonna e gli slip.
Erano mesi che non faceva più sesso, da quella maledetta sera con Roberto, le mancava molto il contatto fisico, non era mai stata così tanto tempo senza farlo, ma non era certo quello il modo in cui aveva pensato di appagare le sue voglie sopite.
Con malagrazia uno le aprì le gambe, tirò fuori il suo arnese e senza tanti complimenti lo infilò dentro, malgrado non fosse affatto lubrificata.
Sentì dolore, ma si guardò bene dal lamentarsi.
L’altro nel frattempo aveva mollato le sue braccia e aveva deciso di tapparle la bocca con il suo sesso ancora mezzo moscio.
A Giuliana non restò che assecondare quella violenza e prese a succhiare l’uccello nella speranza che tutto finisse presto.
Ben presto l’azione della lingua e delle labbra, fecero sì che le dimensione di quell’uccello diventassero considerevoli, mentre l’altro continuava a stantuffare e fu così che, suo malgrado, sentì un calore salire dentro e la voglia repressa per tutto quel tempo venne prepotentemente fuori, così le salì un orgasmo incontrollabile.
Non riuscì a spiegarselo se non con la grande voglia che aveva di sesso e con la violenza che stava subendo, che probabilmente stava stimolando la sua fantasia.
I due continuarono a lungo scambiandosi i ruoli, poi mentre lei era a cavalcioni sull’uccello di uno, l’altro si avvicinò da dietro e appoggiò il suo sesso al buchetto, quindi senza tanti complimenti provò a violare il suo sfintere anale, cosa che dopo qualche tentativo riuscì a fare.
Altro dolore, ma anche questa volta nessun lamento.
Quando i due sentirono che stavano per venire, fecero in modo di schizzare il loro seme tutto sul corpo di Giuliana, quasi ad umiliarla, quindi la costrinsero a ripulire con la lingua gli uccelli dai resti dell’orgasmo che avevano appena avuto e, dopo essersi rivestiti, prima di uscire le dissero: ‘Questa scopata ti vale dieci giorni di proroga. Se tra una settimana non pagherai, prima ti scoperemo di nuovo noi ben bene, fino a quando non ci stancheremo, poi comincerai a resituirci i soldi, perché verrai in un posto con noi dove ti manderemo dei signori che tu intratterrai come hai fatto adesso con noi e la cosa andrà avanti fino a che il tuo debito non sarà saldato!’.
Di bene in meglio pensò, dopo la cameriera mi toccherà fare anche la puttana.
Il giorno dopo decise di parlare all’ingegnere, se lui fosse stato in casa, per chiedergli un anticipo, così avrebbe cominciato a restituire un po’ di quanto doveva: chissà se si sarebbero accontentati.
‘Vuole parlarmi? Certo, però più tardi, quando prenderemo il caffè’.
Al momento del caffè, dopo essersi seduti uno di fronte all’latro come sempre, lei gli chiese l’anticipo; lui rimase inizialmente sorpreso, poi rispose che non c’erano problemi, poi aggiunse: ‘Se ha bisogno di soldi, può lavorare da me tutto il giorno. Da un po’ volevo dirglielo, da quando è andata via Adelina mi trovo in grande difficoltà: prima badava a tutto lei, ora mi devo spesso arrangiare a pranzare e cenare fuori casa: se lei Giuliana accetta, potrebbe prepararmi lei il pranzo, per la cena poi mi arrangerò’.
Giuliana, disperatamente bisognosa di soldi, accettò con entusiasmo.
Con l’anticipo avrebbe tamponato, poi sperava di mettere qualche cosa da parte, visto che le entrate sarebbero aumentate, per pagare il suo debito.
Cominciò a stare nella villa tutto il giorno; quando l’ingegnere era in casa gli preparava da mangiare e glielo serviva nella sala da pranzo, poi, quando lui aveva finito, poteva ritirarsi a mangiare in cucina: lei che aveva frequentato i migliori salotti, trattata come una sguattera.
La sera, prima di andare via, se l’ingegnere aveva dato disposizioni, gli lasciava preparata la cena.
La cosa assurda era che dopotutto, lei si era così abituata a quella situazione che non ci badava più neanche.
L’unica cosa che un po’ la metteva in imbarazzo era la presenza nella villa dell’ingegnere, diventata ora più costante.
Quando lei puliva in cucina, per caso arrivava lui con la scusa di cose da prendere o per disposizioni per il pranzo o per la cena.
Quando lei puliva nello studio-biblioteca, vero regno dell’ingegnere sentiva costantemente i suoi occhi addosso, soprattutto sulle gambe visto che nelle operazioni di pulizia il bordo della divisa spesso risaliva verso limiti pericolosi.
Una volta, mentre puliva, le disse, quando le fosse stato possibile, di spolverare i libri posti nei piani alti di quella immensa biblioteca, avrebbe provveduto lui a portare su la scala dalla cantina.
Il giorno successivo, lei trovò la scala già piazzata in biblioteca e lui seduto in poltrona: ‘La scala l’ho presa, però se deve fare altro non si preoccupi, il lavoro lo faccia quando può”.
Dovendo stare una intera giornata era difficile che non facesse quel lavoro, per cui nel pomeriggio si decise e andò in biblioteca dove lui stava leggendo un libro.
Prese la scala, molto alta per poter raggiungere anche i libri collocati su in cima e cominciò a salire.
‘Stia attenta, la scala è vecchia e non è molto stabile, non vorrei che cadesse’
Aveva appena finito di parlare che la scala ondeggiò paurosamente facendo spaventare Giuliana.
Subito l’ingegnere corse verso di lei.
‘Sarà meglio che l’aiuti io tenendole la scala, altrimenti finirà che si farà male davvero’.
Difatti tenuta ferma, la scala acquistò stabilità.
Man mano che saliva, Giuliana realizzò che lui da sotto le avrebbe visto le gambe fino al minuscolo tanga che indossava e che le lasciava praticamene scoperto il culo.
Non sapeva che fare, non voleva urtarlo trattandolo come un guardone, ma era in grande imbarazzo a mostrarsi così.
Ci pensò un attimo, poi realizzò che non era in grado di fare la schizzinosa e correre il rischio di perdere il posto, per cui lasciò che lui si godesse quella visione.
Le cose andarono avanti con sguardi sempre più costanti e diretti, ma senza mai degenerare; anzi l’ingegnere manteneva nei suoi confronti sempre un atteggiamento molto formale, a volte quasi distaccato, ancorché gentile.
La sua vita scorreva come se non avesse mai fatto altro nella vita che quel lavoro: prima di andare in villa, passava dal mercato e faceva la spesa per l’ingegnere con l’attenzione di una vera massaia.
Però, siccome i guai, non vengono mai da soli, dopo soli pochi giorni le fu notificato la confisca di parte dello stipendio, sempre per pagare i debiti contratti dal marito.
La situazione cominciava ad essere disperata non ce l’avrebbe mai fatta a pagare il suo debito a quegli strozzini e vedeva la sua vita appesa ad un filo: certo che da professoressa a puttana per necessità non l’avrebbe mai immaginato.
Quando allo scadere dei dieci giorni, la sera bussarono alla porta, Giuliana sapeva già chi era.
Aprì con grande apprensione: si sarebbero accontenti dell’anticipo che le aveva dato l’ingegnere?
Questa volta erano in tre e senza preamboli le chiesero se aveva i soldi per saldare il debito.
Lei provò a spiegare che non li aveva tutti, ma poteva dare loro un anticipo.
Fece appena in tempo a finire di parlare, che un poderoso manrovescio la fece volare sul divano.
‘Allora non ci siamo spiegati: tu quei soldi ce li devi dare tutti insieme, come te li abbiamo noi, cos’è ‘sta storia delle rate e quanto c’avresti, poi?’
Giuliana provò a spiegare che era riuscita a racimolare duemila euro e che glieli avrebbe dati come anticipo; poi aggiunse, sapendo di mentire, che presto avrebbe dato loro il saldo.
Un altro manrovescio la zittì.
‘Basta sprecare tempo, mi sa che se sei più redditizia come puttana: se ricevi tutte le sere, con tre, quattro mesi te la puoi cavare’.
‘Non voglio fare quella fine, datemi ancora un po’ di tempo, non fatemi fare la puttana: in paese lo saprebbero presto tutti, perderei anche il lavoro e senza soldi non me ne potrei neanche andare via dal paese, dovrei fare la puttana per sempre”.
‘Cazzi tuoi”
‘Vi prego, farò quello che volete”.
I tre si guardarono.
‘Va bene, poi non dire che non siamo generosi, ti diamo altre due settimane. Però dopo basta proroghe. Comincia a darmi soldi che avevi portato e cerca di farci un lavoretto ancora migliore dell’altra volta’ disse quello che sembrava il capo, sbottonandosi i pantaloni.
Giuliana chiuse gli occhi, aveva sperato per un attimo che la loro generosità non prevedesse anche quello, ma rassegnata allungò una mano e prese a massaggiare il sesso.
Anche gli altri iniziarono a spogliarsi rimanendo in breve nudi e con gli uccelli già in tiro.
Aveva tre uomini nudi intorno a sé mentre lei continuava a rimanere vestita.
Delle mani le sollevarono la gonna, poi le sfilarono il tanga, poi sentì qualcuno che infilata la testa sotto la gonna cominciò a leccarla e ad infilarle le dita dentro.
Era piacevole, maledizione, perché ci stava prendendo gusto?
Poi un altro si abbassò su di lei, le infilò l’uccello in gola e iniziò scoparle la bocca; provò a scostarlo perché le si infilava davvero fin dentro la gola impedendole quasi di respirare e provocandole sensazioni di vomito, ma quello, quasi seduto sulla sua faccia continuava imperterrito.
Poi finalmente si decise a spostarsi, cacciò via quello che la stava leccando, le alzò le gambe fin sopra la testa e, senza tanti complimenti, infilò il suo sesso nel buchetto del culo.
Iniziò spingere furiosamente, quindi gli altri due le dissero di prendere in bocca i rispettivi uccelli.
Quello che la stava inculando, le ordinò di masturbarsi perché lo eccitava guardarla.
Giuliana indecisa, ma impotente, eseguì e mentre quello le sfondava il culo, cercò di darsi piacere da sola.
I tre continuarono a lungo prendendola in varie posizioni.
Alla fine si trovò stesa su di uno con un uccello nella figa, un’altro che da dietro la stava inculando ed il terzo che le aveva piazzato il cazzo in bocca.
Aveva suo malgrado goduto tante volte e alla fine tutti le vennero sulla faccia riempiendola di sperma.
Quando ebbero finito uno di loro le disse: ” ah, a proposito di andare via dal paese, sarà meglio per te che neanche ti sfiori questo pensiero, noi siamo buoni, ma se qualcuno prova a fare il furbo diventiamo molto cattivi, sai? Ti troveremmo dovunque tu provassi a nasconderti e non sarebbe piacevole per te, te lo assicuro’.
Con quest’ultima minaccia, la lasciarono lì tutta sporca del loro seme che lei rassegnata lasciava che le colasse dalla faccia, senza più alcuna volontà di reagire.
I giorni passavano e lei continuava ad avere il pensiero fisso su quella che sembrava dovesse ormai essere la sua futura occupazione: la puttana.
Anche l’ingegnere se ne era accorto e, pur cercando di non essere invadente, di tanto in tanto le chiedeva: ‘Tutto bene Giuliana? E’ da un po’ che mi sembra un po’ strana’.
Lei provava a tranquillizzarlo e lui, anche se non era affatto convinto, rispettava quel suo riserbo.
Era così assente col pensiero, che non faceva più neanche caso al fatto che gli sguardi verso le sue gambe erano ormai fissi e quasi sfacciati.
4

Capì che non aveva soluzione se non quella di ricorrere ancora una volta al suo datore di lavoro, così quando mancavano tre giorni alla scadenza dell’ultimatum, trovò il coraggio per chiedere all’ingegnere un altro anticipo che questa volta doveva essere ben più consistente.
L’ingegnere la guardò a lungo, poi le disse che, pur non volendosi impicciare degli affari suoi, prima voleva sapere a cosa le servisse quel denaro ” sa, diecimila euro sono una cifra consistente”.
Giuliana crollò e tra le lacrime le raccontò della sua vecchia professione, del fallimento del marito, del blocco del conto in banca, del prestito e delle minacce di mandarla per strada se non lo avesse restituito entro tre giorni.
Tacque solo cosa era stata costretta a fare per ottenere in contropartita le proroghe alle scadenze.
Quando ebbe ascoltato tutto, l’ingegnere tacque a lungo la guardò per un tempo che a Giuliana sembrò infinito, poi le disse: ‘Senta Giuliana, la aiuterò, però voglio in cambio qualcosa”.
‘Cosa?’ chiese Giuliana speranza.
‘Come avrà notato in questi mesi io sono un tipo solitario, frequento poche persone. Da quando c’è lei in casa, ho però come uno scopo nella vita ed è dato dalla sua presenza, dal vederla in questa casa. Adesso che mi ha spiegato chi è, o meglio chi era prima che gli eventi la travolgessero, il mio desiderio verso di lei è aumentato. Questo però comincia a non bastarmi più: io voglio lei Giuliana, la voglio completamente, possederla come un bene prezioso, come un oggetto raro da possedere quando la voglia ti assale, accetti di essere questa cosa preziosa per me ed io la aiuterò”
‘Ma lei è pazzo, è completamente malato di mente! Per farmi sfuggire al terribile destino di fare la puttana, dovrei fare la puttana con lei. Non è migliore di loro, anzi’!’.
‘Sì probabilmente ha ragione, non sono migliore di loro, anche perché io non le chiedo di fare la puttana, le sto chiedendo di più, di fare l’oggetto per i miei desideri; ma la mia è una proposta che non solo la toglierà dalla strada, ma la farà ricca anche, perché per tutto questo alla fine le darò un compenso’.
‘Lei è un maiale me ne vado!’ disse Giuliana andando di là per togliersi la divisa e vestirsi.
‘Bene, come crede, vuol dire che fra tre giorni la avrò pagando un piccolissimo prezzo, non sarà la stessa cosa, ma saprò accontentarmi’ la incalzò lui seguendola.
‘Fra tre giorni si vedrà, ma ora esca da questa stanza ché devo cambiarmi!’ concluse secca.
Quando fu pronta per andare tornò da lui: ‘Parte dell’anticipo che mi ha dato compensa il mio stipendio per questi giorni, il resto glielo ridarò quanto prima’.
‘Ci pensi bene, quella è gente che non scherza. Le sto parlando con il cuore. Io sarò malato, come dice lei, ma è una malattia che nasce dal desiderio; quelli, invece, li conosco, le faranno fare davvero una brutta fine. Comunque le auguro ogni fortuna’ concluse l’ingegnere accompagnandola alla porta.
Giuliana passò due giorni a pensare a come fare per uscire da quella situazione che sembrava davvero senza soluzione: se non voleva fare la puttana per mestiere, doveva fare la schiavetta per un vizioso.
Davvero una bella prospettiva.
Di scappare via non se ne parlava, non solo non aveva soldi, ma loro l’avrebbero sicuramente ritrovata e avevano l’aria di gente che non scherzava.
La sera prima dell’ultimatum alla sua porta si presentò uno dei farabutti, era da solo e, senza preamboli, dopo averle ricordato la scadenza del giorno dopo, provò a metterle le mani addossò.
Per un po’ lei, priva ormai di volontà lo lasciò fare
Poi, però, provò a reagire scostandolo in malo modo.
‘E’ inutile che fai la schizzinosa, tra qualche giorno dovrai soddisfare un bel po’ di persone e tra i tuoi clienti ti assicuro che ci saranno anche vecchi bavosi, mica saranno tutti come me, per cui ti conviene approfittarne, io ti prometto che proverò a farti avere qualche altro giorno di proroga’.
Per un attimo si lasciò abbagliare dalla parola proroga, per cui quello riprese a toccarla in modo diretto, poi capì che quand’anche fosse riuscita ad ottenerla la proroga, sarebbe cambiato ben poco, per cui si allontanò da lui, dicendogli che fino all’indomani era una donna libera.
‘Guarda che io e i miei amici non scherziamo affatto, ti faremo scopare da tutto il paese e dintorni: non riuscirai mai più a liberarti di noi fino a quando attirerai uomini; poi ti venderemo a qualche banda di slavi, questo è ciò che ti aspetta veramente, quindi, forse, se farai la carina con me, vedrò di aiutarti come posso’.
Lo fece uscire decisa e passò tutta la notte a piangere per il suo triste destino.
Il mattino dopo capì che davvero non aveva altra soluzione, per cui bussò alla villa dell’ingegnere.
Non c’era nessuno, evidentemente non era stata ancora sostituita e, senza lei in giro, lui non aveva alcuna ragione a stare in casa.
Stare per andare via per tornare più tardi, quando si ricordò di avere ancora le chiavi che aveva dimenticato di riconsegnare, per cui entrò.
Lo aspettò per mezzora in piedi in biblioteca, poi, visto che lui tardava, andò nel ripostiglio, si tolse i vestiti ed indossò la sua vecchia divisa riprendendo a fare il suo lavoro.
Il tempo trascorreva senza che dell’ingegnere ci fosse traccia.
Nel pomeriggio inoltrato fu presa dalla paura: e se l’ingegnere fosse partito, come avrebbe fatto? Chi le avrebbe dato i soldi per sfuggire al suo destino?
Cercava di non pensarci, ma una insopportabile tensione la stava assalendo, il pensiero che la sua scelta di accettare quanto proposto dall’ingegnere fosse arrivata troppo tardi, la bloccava rendendola incapace di qualsiasi azione.
Man mano che il tempo trascorreva, la paura si trasformò in panico che terminò improvvisamente quando sentì che finalmente lui stava per aprire la porta.
Che strano, quello che sapeva già sarebbe diventato il suo carnefice, e che si era reso colpevole di un odioso ricatto, le appariva adesso come il salvatore ed gli era addirittura grata di essere venuto a salvarla, benché il prezzo da pagare fosse davvero alto.
‘Come mai è qui lei, non dovrebbe essere altrove a concludere i suoi affari con quei loschi individui?’ la accolse gelido l’ingegnere.
‘Ho deciso di accettare la sua proposta”
‘La mia proposta’?’.
” la sua proposta di ‘aiuto’.
‘Cosa le fa pensare che io sia ancora disponibile a darglielo quell’aiuto?’
‘Non lo so, ma sono disponibile a fare tutto ciò che vuole, se non mi lascia in balìa di quei delinquenti!’.
‘Cosa intende per tutto quello che voglio’.
‘Non lo so, quello che vuole lei: lei ordina ed io eseguo’.
‘Mah, non so, la situazione è un po’ cambiata, lei mi ha molto offeso, per cui non ho più molta voglia di aiutarla e poi il mio interesse verso di lei è molto scemato dopo la sparata dell’altro giorno: non sono più sicuro che lei faccia al caso mio’.
‘La prego”
L’ingegnere rimaneva gelido.
‘La prego, mi aiuti”
‘Può darsi che possa ripensarci, però lei è disponibile a fare la mia schiava e ad esaudire ogni mio desiderio, qualunque esso sia senza discuterlo?’
‘Sì, la prego mi aiuti”.
‘Vediamo se ha capito: io l’aiuto e lei’?’
‘Ed io farò ciò che vuole’.
‘Non basta, di più!’.
”’
‘Non mi basta che lei faccia ciò che voglio, io l’aiuto e lei dovrà essere la mia’?’
” la sua schiava?’.
‘Brava!’
‘Sì, sarò la sua schiava, lo prometto’.
‘Va bene, la aiuterò. Allora a quanto ammonta il suo debito con loro?’
‘Mi hanno prestato 10.000 euro, ma con gli interessi assurdi che mi hanno apllicato, sono rapidamente già arrivati ad oltre 30.000 ed io gliene ho restituito solo due mila, quelli che mi ha anticipato lei: credo che ne vogliano ancora 31.000’.
‘Bene stasera verrò con lei e glieli daremo, poi tra un mese, se manterrà l’impegno, ne darò altrettanti a lei. Per cominciare da stasera stessa lei verrà a stare da me, più tardi passiamo a casa sua per prendere la sua roba’.
La vita le sembrò all’improvviso di nuovo sopportabile: un mese a fare l’amante, o meglio a ‘schiavetta’ come preferiva dire lui, e poi poteva avere a disposizione anche una discreta sommetta con cui ricominciare a vivere, magari da qualche altra parte.
Lei rinfrancata finì di fare i suoi servizi, mentre lui si rintanò come al solito in biblioteca.
Quando arrivò la fine del suo solito orario di lavoro entrò in biblioteca e comunicò all’ingegnere che era l’ora di andare via.
Andarono a casa e mentre aspettavano che gli uomini si facessero vivi, lei sistemò le sue cose in una valigia.
Quando alla fine arrivarono, si presentarono i soliti tre e furono molto meravigliati di vedere anche l’ingegnere che conoscevano.
‘Questa mia amica mi ha detto di avere qualche problema ed io sono venuto qui per darle una mano’.
Quindi staccò loro un assegno di 15.000 euro.
‘Veramente la signora ci deve 31.000 euro’.
‘Si lo so, me lo ha detto. I restanti 16.000 euro li avrete tra un mese con la maggiorazione di ulteriori 9.000. Così per voi saranno 40.000 in tutto: niente male per un prestito di dieci. Comunque voglio darveli in due tranche, è una sorta di garanzia per una questione privata. Mi conoscete bene e sapete che tengo sempre fede agli impegni. D’altra parte se non dovessi mantenerli, avete sempre lei su cui far valere le vostre ragioni’.
I tre si mostrarono un po’ titubanti, però l’affare era davvero vantaggioso 40.000 euro anziché 31.000, ma ormai erano convinti di aver messo le mani su una pollastrella che avrebbe fruttato loro lauti guadagni.
‘Giusto perché è lei ingegnere”.
I tre persero l’assegno, salutarono e uscirono dall’appartamento.
‘Bene Giuliana, da oggi e per un mese lei mi apparterrà, sarà una ‘cosa’ mia, farà tutto ciò che lei dirò di fare senza discutere e senza tentennamenti. Alla fine del mese lei avrà 31.000 euro e sarà sciolta dall’impegno. Se dovesse ripensarci me lo dica, io ci avrò rimesso 15.000 euro e lei sarà libera di tornare dai suoi amici appena usciti’.
Giuliana non rispose, prese la valigia e si avviò alla porta. 5

Nella villa l’ingegnere le mostrò la sua stanza: era semplicemente arredata, ma confortevole: c’era un solo problema, non c’era la porta né alla stanza, né nel bagnetto adiacente.
Quella sera vista l’ora tarda, le chiese di cucinare qualcosa di semplice e veloce, poi dopo aver cenato, lui in sala, lei dopo in cucina, andarono a letto nelle rispettive stanze.
Giuliana nel letto ripensava a quell’atteggiamento strano dell’ingegnere, era convinta, infatti che le sarebbe saltata addosso non appena giunti nella villa, mentre invece aveva continuato a comportarsi come sempre.
Una cosa era certa, l’ingegnere era molto furbo: con quel pagamento rateale l’aveva legata a sé per un mese: se lei non avesse fatto ciò che lui le avrebbe chiesto di fare, lei sarebbe stata sempre in balìa degli usurai.
Per l’indomani l’ingegnere aveva dato disposizioni che la colazione gli fosse servita alle 8 in biblioteca.
Quando lei si affacciò nella stana con il vassoio in mano l’ingegnere le chiese: ‘Buon giorno Giuliana, come ha dormito nella sua nuova stanza?’.
Mentre gli serviva la colazione Giuliana rispose che tutto era andato benissimo.
‘Quella divisa che indossa non mi piace affatto. Mi aspetti qui’.
Tornò dopo qualche secondo con un grembiule nero con dei begli orli bianchi.
‘Ecco butti via quella divisa e da oggi indosserà questo’.
‘Ma questo mi copre solo davanti e neanche tanto bene, in pratica starei con la biancheria intima di fuori’!’
‘No, no, niente biancheria, quella la deve eliminare pure, da oggi in poi, a meno che non glielo dica io, lei indosserà solo questo senza altro addosso, d’altra parte siamo in estate non avrà certo problemi di freddo’.
Giuliana restò titubante, ecco che cominciava a scontare il suo pegno.
‘Ci sono problemi? Su vada di là a cambiarsi, poi riprenda il suo lavoro’.
Mentre era nella sua cameretta intenta a spogliarsi Giuliana pensava al fatto che sarebbe dovuta rimanere nuda tutto il giorno davanti a lui, ma quello che la metteva più in imbarazzo era il fatto che continuava a trattarla in modo formale e distaccato: se doveva essere scopata per un mese da lui, che senso aveva continuare a darle del lei e a trattarla come prima, come una cameriera.
Tolse la biancheria e si infilò quel grembiule: oltre ad essere completamente nuda dietro, era così corto che a stento arrivava a coprire le sue labbra glabre, mentre le bretelle che tenevano su il grembiule a stento trattenevano il suo seno molto prosperoso.
Ritornò a lavorare cercando accuratamente di evitare gli ambienti dove c’era l’ingegnere, cosa che le riuscì per tutta la mattinata.
Verso l’ora di pranzo, però doveva prendere le disposizioni per il pranzo, per cui con grande imbarazzo si presentò a lui, che incurante del suo abbigliamento, continuò a trattarla formalmente, sembrava quasi non guardarla e non accorgersi che era lì nuda davanti a lui.
Diede le disposizioni, poi, prima che lei uscisse aggiunse: ‘Mi avverta quando è pronto. A proposito, complimenti per la sua nuova divisa: le sta in modo incantevole”.
Giuliana avvampò immediatamente ed uscì di corsa.
Quando più tardi il pranzo fu pronto, Giuliana aspettò, come d’abitudine che l’ingegnere si sedesse prima di servire a tavola; sia pure con grande imbarazzo, portò a compimento quel lavoro e anche stavolta, malgrado i movimenti le facessero di continuo uscire fuori i seni e malgrado quando si girava mostrasse il suo bel culo tondo completamente nudo, l’ingegnere restò del tutto impassibile.
Non sapeva se essere delusa o sollevata da quell’atteggiamento di assoluta indifferenza: che diamine, era una bella donna, lui stesso poi le aveva detto di desiderarla cosa che si capiva benissimo da come le aveva guardato le gambe nei giorni precedenti.
Ora invece niente, i suoi sguardi la attraversavano come se non la vedessero.
‘Il caffè me lo porti in biblioteca, per favore’.
Quando il caffè fu pronto, Giuliana, che non riusciva a smettere di sentirsi in imbarazzo nuda di fronte a lui che la trattava come se nuda non fosse, lo portò in biblioteca.
‘Se vuole se ne versi una tazza e lo prenda anche lei’ disse l’ingegnere come molte altre volte aveva fatto.
Giuliana decise di assecondarlo, per cui fece come al solito, andò a prendere una tazza, si versò il caffè e si sedette alla solita poltrona di fronte a lui.
A questo punto, di solito, lui le guardava le gambe, ora poi, benché lei le avesse accavallate e avesse cercato di sistemare il grembiule, lui avrebbe potuto vedere il suo sesso, nemmeno protetto dalla peluria, ma così bello, aperto e invitante.
Invece lui, con grande signorilità ed ostentata indifferenza, non la degnò di uno sguardo e conversò amabilmente come faceva in queste circostanze.
Anche questa volta Giuliana ci rimase molto male.
La giornata, dopo la cena svolta nelle medesime circostanze, si concluse in un modo assolutamente normale, se non fosse per quell’abbigliamento che lui aveva voluto e che non degnava neanche di uno sguardo, sembrava che nessun ‘patto di schiavitù’ ci fosse stato tra loro.
Lui la congedò concedendole di rientrare nella sua stanza: ‘Buonanotte Giuliana. Domani è sabato, mi porti pure la colazione a letto, per cortesia’.
Nella sua stanza Giuliana ripensava agli ultimi avvenimenti: dall’agiatezza di una posizione assai rispettabile, alle emozioni delle incertezze della sua vita attuale, passando per il rischio di essere destinata a fare la puttana e con un ‘contratto’ in cui ha accettato di fare la schiavetta per chissà quali bramose voglie del suo datore di lavoro.
‘Beh se si limita a farmi girare nuda per casa, poco male; ma non credo che possa essere così, sarebbe troppo bello’.
La mattina successiva, Giuliana sveglia di buonora, istintivamente indossò la biancheria e la vecchia divisa e solo mentre stava per portare la colazione, le venne in mente ciò che le era stato ordinato il giorno prima, per cui tornò in camera, si spogliò ed indossò quel grembiulino, quindi andò a portare la colazione all’ingegnere.
La stanza era aperta e trovò che l’ingegnere dormiva ancora.
A quanto sembrava al padrone di casa piaceva dormire nudo, o almeno il torace lo era, sotto, invece, era sommariamente coperto dal lenzuolo.
Posò il vassoio sul tavolinetto basso alla destra del letto e provò a svegliare l’ingegnere dapprima chiamandolo, poi scuotendolo un po’.
Finalmente si svegliò e dal movimento che fece per aggiustarsi il lenzuolo, Giuliana intuì che doveva essere nudo anche sotto.
Dopo che si fu sistemato, l’ingegnere disse a Giuliana di portargli la colazione, cosa che lei fece e chinandosi per prendere il vassoio, mostrò da dietro lo spettacolo meraviglioso del culo e delle grandi labbra meravigliosamente invitanti, roba da restare senza parole.
Giuliana lo sapeva, ma non poteva fare nulla per impedire che ciò accadesse, quello che però fece restare senza parole lei era l’assoluta indifferenza mostrata dal suo padrone: sembrava che non gli importasse assolutamente nulla della sua nudità.
Lei aspettò pazientemente vicino alla porta che lui avesse finito di fare colazione, poi prese il vassoio, ma prima di uscire fece in tempo a vedere che lui si alzò dal letto scostando il lenzuolo, dando conferma alle sue impressioni iniziali: era completamente nudo.
‘Aspetti’ la bloccò mentre lei era già fuori la porta, ‘tenga questo: è un campanellino elettrico, lo tenga nella tasca del grembiule, ogni qualvolta avrò bisogno di lei lo sentirà squillare, lasci tutto ciò che sta facendo e venga da me subito. Sono stato chiaro?’.
Annuì non potendo fare a meno di soffermarsi sulle sue nudità che lui mostrava con una indifferenza assoluta, come fosse vestito di tutto punto.
Il resto della giornata continuò a trascorrere come la precedente, due sole volte lui aveva fatto squillare il campanello per dare disposizioni per il pranzo e per informarla che aveva dato ordine al garzone del supermercato di portare tutti i giorni la spesa, di lasciarla all’ingresso e di suonare il campanello, poi di andare via; Giuliana, dopo qualche minuto, avrebbe potuto aprire la porta e portare dentro le buste senza che nessuno la vedesse.
Per l’approvvigionamento dei viveri non c’era bisogno, quindi che lei uscisse di casa.
Lei si sentì come prigioniera, segregata e lo sarebbe stata per tutto il mese, però lo accettò con rassegnata pazienza.
Anche il giorno successivo si svolse esattamente nello stesso modo.
Era prigioniera o schiava come aveva detto lui, ma sinora non aveva dovuto fare nulla di particolarmente sgradevole.
La sera successiva, mentre stava cominciando a preparare la cena, l’ingegnere la chiamò e le chiese di preparargli il bagno, cosa che lei fece.
Quando il bagno fu pronto, avvertì l’ingegnere e fece per tornare in cucina, ma lui la bloccò ‘Aspetti, mi serve qui, cucinerà dopo’.
Ciò detto, mentre lei aspettava in piedi vicino alla porta, lui si spogliò e si infilò nell’acqua calda.
Dopo qualche minuto le disse, secco, di lavarlo.
Lei cercò una spugna senza trovarla.
‘No, non mi piacciono. Usi le mani perdio’.
Cominciò a lavargli la schiena, poi proseguì lavandolo dappertutto, ma evitando accuratamente la zona pubica.
Quando ebbe finito di lavarlo da tutte e parti, capì che doveva lavarlo anche là, così infilò la mano nell’acqua e, per la prima volta da quando lo conosceva, gli prese il membro in mano.
Iniziò lavandogli i testicoli e massaggiandogli lo scroto, poi risalì il sesso aprendogli il glande, mentre con l’altra mano insaponava, quindi continuò insaponando l’asta che ora cominciava a mostrare segni di risveglio.
Lei per qualche istante si lasciò prendere dal ruolo e iniziò a far scorrere la sua mano su quel sesso, ma lui dopo qualche istante, le disse che poteva bastare, iniziasse pure il risciacquo.
Si fece lavare i capelli, quindi le ordinò di prendere l’accappatoio e di asciugarlo, cosa che lei fece.
Stimolata da questo gioco del quale non conosceva i contorni, iniziò a desiderare che lui si decidesse a scoparla una volta per tutte, così nell’asciugarlo, riprese a massaggiare la zona del pube, ottenendo anche questa volta la reazione desiderata, il sesso, infatti, iniziò a gonfiarsi sotto la sua mano.
‘Ha finito di asciugarmi?’
‘E’ sicuro che non vuole che io continui’?’ rispose lei ammiccante.
‘Nessuno le ha detto di assumere iniziative: se avessi avuto bisogno di lei come prostituta, bastava che aspettassi qualche giorno, lei ora mi serve come schiava e come tale non deve prendere iniziative. Se ha così fretta di farla la prostituta la rimando subito dai suoi amici. Sono stato chiaro?’.
Giuliana annuì spaventata.
‘Per questa sera lei non cena e non toccherà cibo fino a che non glielo dirò io, venga con me’.
Quindi dopo aver peso da un cassetto un paio di manette, la trascinò quasi nella sua stanza, le mise la manette su un polso e assicurò l’altra alla spalliera del letto.
‘Ecco fatto, così saremo sicuri che questa notte lei non si muoverà dal suo letto’. 6

Giuliana era sorpresa, non si aspettava assolutamente quella reazione e mai pensava che lui potesse giungere a tanto, ma non aveva la forza per reagire, troppa la paura che le sue minacce di ricondurla da quei delinquenti fosse reale.
Nella violenza dell’operazione, il grembiule era risalito di molto lasciando completamente scoperta la figa che lui ora guardava con interesse.
Con un gesto secco e nervoso, lei con l’altra mano fece scendere il bordo del grembiule coprendosi.
‘Le ha detto qualcuno di muoversi? Le ho forse ordinato di coprirsi?’ disse l’ingegnere alzando molto la voce, al punto che Giuliana impaurita tornò a mostrare la sua nudità.
‘Se è così che la pensa, da oggi in poi elimineremo anche il grembiule: andrà in giro senza niente addosso e il campanello lo legherà alla vita con un laccio: mi sono spiegato?’.
Giuliana pianse tutta la notte pensando di essere in balìa di uno psicopatico.
Si addormentò all’alba dopo una notte terribile e quando si svegliò, si accorse di non essere più legata alle manette.
Dopo essersi lavata, andò a preparare la colazione ricordandosi di non indossare nulla, come lui le aveva ordinato.
Aveva fame, visto che non aveva cenato, ma si guardò bene dal toccare nulla fino a che non glielo avesse detto lui.
Salì nella sua stanza e lo trovò sveglio, seduto in mezzo al letto con il lenzuolo che ricopriva le parti intime.
Mentre lui consumava la colazione lei stava sempre in piedi ad attendere disposizioni.
‘Devo urinare, Giuliana, non mi va di alzarmi: mi prenda il pappagallo che è in quel mobile’.
Giuliana eseguì, prese l’oggetto e glielo porse.
‘Bene, che sta aspettando, lo infili sotto il lenzuolo e me lo metta dentro’.
Giuliana lo guardò allibita, forse non aveva capito.
‘Allora gliele devo dire due volte le cose? Lo infili dentro il pappagallo e lo mantenga, non vorrei che mi schizzasse tutto il letto’.
Aveva capito bene.
Infilò l’oggetto di plastica sotto il lenzuolo poi gli prese il membro e lo infilò nel pappagallo, quindi con le dita percepì il liquido che sgorgava con un poderoso getto.
‘Ho finito può scrollarlo’ disse l’ingegnere senza smettere di mangiare.
Rassegnata Giuliana eseguì anche questa richiesta.
Poi gli chiese il permesso di mangiare qualcosa, ma lui glielo negò: ‘Non è ancora giunta l’ora, mangerà più tardi’.
La mattinata trascorse normalmente, se non fosse stata per la fame e per l’enorme imbarazzo di essere adesso completamente nuda davanti a lui.
Dopo aver servito il pranzo con evidente difficoltà dovuta alla fame sempre più crescente, lui le buttò un pezzo di pane per terra: ‘Per ora mangerà quello, poi più tardi si vedrà’.
‘Adesso basta, ma lei è pazzo, neanche i cani si trattano così!’.
‘Perché dice questo, se lei ha lavorato come si deve, per terra dovrebbe essere pulito, quindi può anche mangiarci. Comunque questa sua ribellione le costerà: per oggi quel pezzo di pane sarà tutto il suo cibo e questa sera dormirà di nuovo legata; anzi la lego già adesso: così se vorrà mangiarlo quel pezzo di pane dovrà raccoglierlo con la bocca’ disse legandole i polsi dietro le spalle con le manette e andandosene visibilmente arrabbiato.
Giuliana si inginocchiò scoppiando a piangere in modo irrefrenabile, ma per principio si rifiutò di toccare quel pezzo di pane.
Rimase legata tutto il pomeriggio, mentre l’ingegnere uscì di casa.
Al ritorno, era pieno di sacchetti di cibo pronto preso in rosticceria.
Chiamò Giuliana che si era rifugiata in stanza e le fece assistere alla sua cena.
Quando ebbe finito le disse: ‘Guardi che non scherzo, lei non toccherà cibo se prima non mangerà quello e non mi avrà chiesto scusa per questo suo inqualificabile gesto di ribellione’.
Giuliana, stremata dal lungo digiuno e dalla scomoda posizione delle braccia, piangendo avvicinò la bocca al pavimento e cercò di prendere il pezzo di pane.
Dopo vari tentativi, alla fine ci riuscì.
‘Brava, ora che ha capito chi è il padrone, la porto in camera sua: anche stanotte come le ho anticipato, dormirà legata al letto; lo so che è scomodo, ma è giunta l’ora che lei impari un po’ di buone maniere, non mi ha neanche ringraziato per quello che ha mangiato’.
Così, giunti in camera, stavolta la assicurò alla spalliera con due manette, uno per polso.
Era in una posizione scomodissima, cercò di sistemarsi al meglio, ma quello che ottenne era solo di aprire le gambe in modo sconcio davanti a lui che stavolta non sembrò restare impassibile: ‘Complimenti, devo riconoscere che è uno spettacolo davvero interessante’.
Giuliana resasi conto della situazione si vergognò immediatamente e arrossendo come una educanda, accavallò istintivamente le gambe.
‘Chi le ha ordinato di muoversi! Apra immediatamente le gambe più che può e resti in quella posizione finché glielo dirò io!’
Giuliana eseguì, poi lui la bendò e attaccò una specie di telecomando alla spalliera del letto, vicino alla sua mano: ‘Visto che non si può muovere, se ha bisogno di qualcosa di urgente, ma davvero urgente, mi chiami. Buona notte’.
Ritenendo che se ne fosse andato, Giuliana provò a sistemarsi meglio, ma subito la sua voce la bloccò, ricordandole che aveva ricevuto l’ordine di non muoversi.
Era ancora lì a godersi lo spettacolo, dunque, allora decise di non muoversi e rimanere in quella posizione fino a che lui non l’avesse liberata.
Benché scomoda e affamata, la stanchezza ebbe presto la meglio, visto che la notte precedente non aveva quasi dormito.
Si svegliò dopo un tempo indefinito, a causa di un bisogno impellente; non sapeva quanto tempo fosse trascorso, se lui era ancora lì o se era andato via.
Provò a resistere un po’, poi non ce la fece più e per non bagnare il letto dove dormiva, cercò a tentoni il telecomando e lo pigiò.
Dopo qualche minuto che a lei parve infinito, sentì una voce: ‘Spero che il motivo per cui mi ha svegliato sia davvero valido, anche se noto con piacere che è anche ancora nella stessa posizione di ieri’:
Giuliana spiegò il suo bisogno e lui le disse di aspettare qualche altro lunghissimo minuto, poi si sentì togliere la benda e una manetta: ‘Eccole una bacinella, faccia pure’.
‘Ma come, davanti a lei? Non può andare di là un momento?’
‘Senta, ho sonno e non ho voglia di perdere tempo: se la deve fare la faccia, altrimenti tolgo la bacinella e vado a dormire!’
Senza alternative Giuliana, si sistemò la bacinella sotto, si alzò sulle gambe e si lasciò andare, mentre l’ingegnere non si perdeva nulla di quello spettacolo.
Quando ebbe finito, l’ingegnere le liberò anche l’altra mano.
‘Per questa notte la lascio libera, spero che abbia capito la lezione. Domattina a colazione, oltre al the e al prosciutto, mi porti anche quei wurstel che ho messo in frigo’.
Il mattino dopo Giuliana si sentiva quasi svenire dalla fame, ma temendo qualche altra punizione si guardò bene dal toccare cibo mentre preparava la colazione per il suo ‘padrone’.
Svegliò l’ingegnere che ancora dormiva e gli servì la colazione.
Come il giorno precedente l’ingegnere le disse che doveva urinare, per cui provvedesse.
Giuliana, ormai consapevole del suo ruolo eseguì, scrollatina compresa, quindi, mentre continuava a mangiare tranquillamente davanti a lei che deglutiva a vuoto la saliva, le chiese se avesse fame.
‘Moltissima la prego, mi faccia mangiare qualcosa, sto morendo”
‘Non sia mai detto che il suo padrone non sia generoso quando lo merita’.
Mentre con una mano reggeva il vassoio, con l’altra, con un gesto secco, fece volare via il lenzuolo mostrando la sua completa nudità; poi prese del prosciutto, lo sistemò sul suo uccello, sotto lo scroto, e tutt’intorno al glande, quindi le disse: ‘Voglio essere generoso con lei e spero che questa generosità venga ripagata come si deve e che da ora in poi lei si comporti come si deve. Ecco, mangi questo prosciutto, però senza toccarlo con le mani, le metta dietro la schiena e usi solo la bocca’.
Giuliana per mangiare doveva leccare quell’uccello, magari ancora umido dell’urina appena fatta.
Ci pensò solo un istante, poi la fame e la paura che se non l’avesse fatto la punizione del digiuno sarebbe continuata ancora, la convinsero ad abbassare il capo verso il suo pube e a magiare quando vi era sistemato.
Mangiò rapidamente leccando tutto con avidità, mentre l’uccello che era moscio, cominciò a dare segni di risveglio.
‘Vedo che ha fame, voglio continuare ad essere buono con lei, gliene sistemo ancora un po”.
Giuliana ormai lanciata divorò anche l’altro prosciutto e continuò a leccare l’uccello per raccogliere anche le briciole del suo magro pasto.
‘Basta così. Ha ancora fame?’.
‘Oh sì, tantissima, la prego”.
‘Stamattina mi sento davvero generoso. Si avvicini al letto ed apra le gambe’.
Giuliana eseguì senza capire.
Gliele fece aprire ancora di più, quindi prese un w’rstel di discrete dimensioni e glielo infilò nel sesso, iniziando a farlo andare su e giù.
Quando fu pregno dei suoi umori, lo tirò fuori e le disse di mangiarlo.
‘Ma che schifo’ disse lei istintivamente un attimo prima di mordersi le labbra.
‘Vuol dire che anche per oggi non mangerà!’
‘No la prego, mi perdoni, ho sbagliato, lo mangio, lo mangio, ma non mi lasci a digiuno anche oggi’.
‘Voglio ricordarle che quello che sta facendo, lo fa per libera scelta, lei è una donna libera: può andarsene quando vuole, ci sono quegli amici che non aspettano altro. Però fino a quando starà qui, dovrà fare tutto ciò che le chiedo senza più tentennamenti, questo è l’ultimo che sopporto: lei è la mia schiava ed io il suo padrone e signore, non lo dimentichi mai’.
‘Ha ragione, sono una sciocca, a ora in poi non la contraddirò più, ma la supplico mi faccia mangiare’.
‘Voglio crederle, ma è davvero l’ultima volta, si infili nuovamente quel w’rstel dentro, lo inzuppi ben bene dei suoi umori, poi se lo può mangiare’.
Giuliana si infilò il w’rstel, lo tenne dentro muovendolo per farlo bagnare per bene, quando fu pronto gli chiese il permesso ed avutolo, lo mangiò avidamente.
Nel frattempo lui aveva preso dell’altro prosciutto, lo aveva sistemato di nuovo sul suo uccello sfregandolo a lungo, quindi la invitò a mangiare anche quello.
Lei lo fece avidamente e anche questa volta il membro ebbe una reazione che sfociò in una poderosa erezione, finito di mangiare Giuliana restò indecisa sul da farsi, allora lui le disse: ‘il prosciutto è finito, però continui pure a leccare ne sarà rimasta traccia dappertutto’.
Allora lei capita l’antifona, perse in bocca l’uccello e cominciò a succhiarlo, senza trascurare di tanto in tanto di leccare dappertutto.
Ci mise grande impegno, voleva fargli vedere che era brava e meritarsi la sua fiducia, forse lui le avrebbe concesso un premio.
Prima di venire lui le disse: ‘Stia attenta, beva tutto e non ne faccia cadere neanche una goccia’.
Ciò detto scaricò il suo seme nella bocca di Giuliana che, come da ordini, ma anche per piacere suo, non ne mandò sprecata neanche una goccia.
‘Bene così. Da domattina questa sarà il suo latte: dopo avermi fatto urinare, berrà il latte direttamente dalla fonte’.
‘Sarà un piacere per me potermi dissetare da questa fonte’ rispose Giuliana, ormai presa dalla parte, accarezzando l’uccello che si smontava.
7

Quel giorno Giuliana a pranzo, dopo aver servito il suo padrone, potè mangiare abbondantemente.
Passarono due giorni durante i quali tutto tornò normale, la mattina lei ottemperava alle operazioni da lui richieste, poi riprendeva le operazioni di pulizia, metteva a posto la spesa che qualche garzone lasciava davanti alla porta, preparava il pranzo per il suo signore e lei si sentiva quasi felice.
Il girono successivo ancora, qualche goccia di sangue sul lenzuolo, preannunciava l’indisponibilità mensile delle donne.
Portata la colazione all’ingegnere, dopo aver adempiuto ai suoi doveri ed aver avuto così la sua razione di ‘latte’, Giuliana gli espose il problema.
Lui le disse che da lì a poco sarebbe passato dal negozio e, tramite il garzone, le avrebbe fatto avere gli assorbenti, quindi la autorizzò per quei giorni ad indossare il tanga con l’assorbente.
A cena, poi, inaspettatamente, lui le annunciò che l’indomani si sarebbe assentato per un paio di giorni e che, suo malgrado, avrebbe dovuto chiuderla in casa.
Lei però avrebbe dovuto mantenere le stesse abitudini a avrebbe dovuto girare per casa solo con gli slip fino a quando avesse avuto sangue, poi di nuovo senza.
Quando l’indomani si svegliò l’ingegnere era già partito, per cui si sentì padrona di quella villa isolata dal mondo.
La porta blindata, come preannunciato, era stata chiusa e lei era prigioniera dentro, ma si sentiva bene, per due giorni avrebbe fatto ciò che voleva; non che ci fosse tanto da fare, visto che non c’era il televisore e neanche il telefono, però si sarebbe sicuramente rilassata.
Verso l’ora di pranzo le venne in mente che il garzone del negozio quel giorno non era passato, né sarebbe passato evidentemente fino a che non fosse tornato l’ingegnere.
Guardò cosa c’era in casa: non molto, ma comunque per due giorni si sarebbe arrangiata.
Trascorsi i due giorni di assoluta tranquillità, dell’ingegnere nessuna traccia, così come il terzo giorno.
Cominciò a preoccuparsi, trovandosi con pochi viveri in una villa completamente isolata.
Quando dell’ingegnere non ebbe notizia neanche il quarto giorno, l’allarme la spinse verso il panico: da lì non sarebbe mai potuta uscire da sola, visto che sia le finestre del pian terreno, sia i balconi sopra erano isolati da robuste grate, messe probabilmente per proteggere della villa da eventuali ladri.
E se fosse successo qualcosa a lui?
Nessuno sapeva della sua presenza in villa, magari sarebbero passate delle settimane prima che qualcuno provasse ad entrare lì dentro e lei sarebbe sicuramente morta.
Il pensiero della morte cominciò ad assillarla.
Il cibo, tra l’altro, era di fatto finito aveva rimediato un paio di biscotti che aveva trovato in un armadietto ma era di fatto digiuna: aveva fame, ma era per lo più terrorizzata dall’idea che lui fosse impossibilitato a muoversi, magari bloccato in un letto di ospedale, senza conoscenza e che non facesse in tempo a venire a salvarla
Il quinto giorno, verso l’ora di pranzo, mentre era stesa sul letto senza forze e con la mente oscurata da cattivi pensieri, sentì aprire la porta blindata che la rinchiudeva dentro: chiunque fosse era salva!
Naturalmente era il suo padrone, lei come lo vide gli corse incontro, poi gli si buttò ai piedi ringraziandolo e piangendo di gioia.
Lui non diede spiegazioni, né lei gliene chiese.
Aveva con sé alcune buste con abbondante cibo preso in rosticceria.
In fretta Giuliana sistemò la tavola e lui prese a mangiare, poi, visto che lei guardava quel ben di dio con gli occhi di fuori, prese un piatto, ci mise del cibo, poi lo poggiò per terra vicino ai suoi piedi e disse: ‘Oggi le concedo l’onore di mangiare con me’.
Giuliana, che ormai aveva abbandonato ogni briciolo di orgoglio, sedendosi per terra, lo ringraziò e prese a mangiare con le mani, quasi accucciata tra le sue gambe.
Quando ebbero finito, lui, come se niente fosse si ritirò nel suo studio-biblioteca.
‘In quella busta c’è dell’altra roba per la cena di stasera e per la colazione di domattina: me la servirà con le solite modalità. A proposito, vedo che ha ancora gli slip, quanto dovrà tenerseli ancora?’.
‘Oggi è l’ultimo giorno, domattina non li avrò più e sarò come mi vuole lei, padrone’.
Soddisfatto l’ingegnere si ritirò nello studio.
Nel tardo pomeriggio, Giuliana sentì lo squillo del campanellino. Corse nello studio.
L’ingegnere le chiese se aveva ancora fame.
‘Grazie a lei ho pranzato oggi, però un po’ di fame ce l’ho ancora’.
‘Meglio così, perché ho deciso di darle una razione supplementare di latte, oggi, si serva pure’, disse lui facendo capire le sue intenzioni.
Giuliana si inginocchiò, aprì i bottoni dei pantaloni uno per uno, scostò i boxer, prese l’uccello tra le mani e lo baciò affettuosamente; gli dava dei bacini come a una cosa cara, quindi passò a leccarlo facendo scorrere la lingua sull’asta e succhiando i testicoli, infine lo fece sparire dentro la bocca iniziando a succhiarlo e a farlo scorrere fino a quando non divenne duro come il marmo, poi lo fece uscire dalla bocca e prese a rimirarlo restando in adorazione di quel totem.
L’ingegnere a quel punto, evidentemente assai eccitato, le disse di fermarsi, poi le ordinò di voltarsi, le abbassò gli slip e le infilò il cazzo nel culo.
Era la prima volta che la prendeva, probabilmente aveva scelto il culo visto la sua momentanea indisposizione, oppure era proprio quello il buco che preferiva, comunque lei fu contenta adorava il sesso, sembrava nata per quello e i pompini ormai non le bastavano più.
L’ingegnere in preda ad una forte eccitazione prese a spingere con violenza sbattendola con colpi ritmati e forti.
Non durò molto, dopo poco, infatti, tolse l’uccello da dentro, si buttò sulla poltrona e fece inginocchiare Giuliana piazzandole l’uccello in bocca.
‘Le ho promesso di farle bere il latte ed io mantengo sempre le promesse” disse un istante prima di venire.
Giuliana bevve tutto avidamente e poi ripulì quell’uccello che fino a qualche istante prima le aveva ispezionato le viscere.
‘Grazie’ gli disse continuando ad accarezzare l’uccello amorevolmente e a leccargli di tanto in tanto le palle.
Allora lui, per a prima volta si lasciò andare ad un gesto di affetto accarezzandole i capelli.
Restò ancora a lungo accovacciata tra le sue gambe sbaciucchiandogli di tanto in tanto il membro.
La sera, dopo aver servito la cena, le chiese se preferisse cenare dopo in cucina, come al solito, oppure se preferiva cenare assieme a lui.
‘Non osavo sperarlo, ma se me lo consente vorrei mangiare qui accucciata ai suoi piedi, signore’.
Lui glielo concesse e si ripetè la scena del pranzo.
Erano già passati quasi 15 giorni dell’inizio della sua ‘pena’ e Giuliana non sentiva più la smania che finisse presto, si era ormai abituata a quel ruolo e tutto sommato si considerava fortunata a vivere quella condizione che costava all’ingegnere oltre 70.000 euro: per quella cifra era logico che esigesse che le sue stranezze fossero eseguite senza fiatare, ma adesso Giuliana aveva capito e lo assecondava senza alcuno sforzo.
L’unica cosa che desiderava era che lui la prendesse di nuovo, visto che da quel giorno in cui aveva preso il suo culo, non avevano più avuto contatti, se si esclude il pompino mattutino che però non le bastava più, voleva che venisse dentro di lei, aveva la figa che reclamava sesso, ma mai avrebbe osato manifestagli questo desiderio.
8

Dopo il giro di boa dei 15 giorni, la mattina, mentre era sola in casa, sentì suonare alla porta, il garzone del negozio era già venuto, ma, probabilmente, era tornato a portare qualcos’altro.
Attese come al solito un paio di minuti, poi aprì tranquillamente.
Le prese quasi un colpo quando si trovò davanti un ragazzetto: era il fattorino dei telegrammi, che di fronte alla straripante bellezza di Giuliana, completamente nuda, restò senza fiato.
Giuliana, non appena si riprese dallo spavento, cercò di coprirsi con le mani, poi provò a chiudere la porta, ma ormai il ragazzo aveva messo i piedi sulla soglia, per cui non le riuscì di chiudersi dentro.
Non sapeva come fare, corse a ripararsi dietro una tenda e da lì chiese al ragazzo cosa volesse.
Il ragazzo quasi balbettante le disse di essere venuto a consegnare un telegramma e nel frattempo si avvicinava sempre di più verso Giuliana, la quale gli intimò di posarlo sul tavolino e di uscire.
Il ragazzo, invece, continuava ad andare verso d lei che, inutilmente, gli diceva di fermarsi.
Allora lui le disse che aveva bisogno di una firma per l’avvenuta consegna.
‘Dopo la firma te ne andrai immediatamente?’.
Il ragazzo annuì e quindi Giuliana decise di uscire fuori da quella stupida situazione, si mostrò nuda – non sarà mica la prima volta che succede ‘ e presa la penna firmò il pezzo di carta che il ragazzo sempre più incredulo le porgeva.
‘Signora è meravigliosa’.
‘Grazie, ma ora vai via’.
‘Sa io non aveva ancora mai visto una donna completamente nuda: posso toccarla?’.
‘Ma sei pazzo, ora basta, vai via’.
Ma il ragazzo sovraeccitato da quella visione, ormai senza controllo, allungò entrambe la meni e le afferrò il seni stringendoli.
Giuliana, dopo la sorpresa iniziale, cercò d divincolarsi, ma impiegò non poco per avere la meglio su quel ragazzo e liberarsi dalla sua stretta.
Quindi lo spinse in malo modo fuori casa e chiuse la porta dietro.
Lei si era ormai abituata alla sua nudità e al fatto che il suo ‘padrone’ la vedesse sempre nuda, ma il fatto che un altro la vedesse in quelle condizioni la riportò bruscamente alla realtà: in quale abisso stava piombando?
Questi oscuri pensieri la tormentarono per tutta la giornata e anche a sera, quando l’ingegnere era rientrato, continuò a pensare a quello stato di dipendenza assoluta in cui lui l’aveva ridotta, costruendola quella bella gabbia intorno.
Si consolò solo con il fatto che metà del periodo era già trascorso e si trattava di pazientare solo per altri 15 giorni.
Presa da tutti quei pensieri, si era completamente dimenticata del telegramma, così l’indomani, portando la colazione lo mise sul vassoio.
L’ingegnere vedendo il biglietto le chiese cosa fosse, poi prese a leggerlo.
‘Chi lo ha portato?’.
Giuliana spiegò ciò le era successo il giorno prima, con lo spavento di trovarsi nuda davanti ad un ragazzetto, ma tacque, però, quello che il giovane aveva provato a fare.
‘Così è arrivato ieri e lei me lo consegna solo oggi. E in più si è anche fatta vedere tutta nuda da un ragazzo, cos’è le piace esibirsi adesso?’.
Giuliana provò a giustificarsi e a scusarsi per questa sua mancanza, però lui fu inflessibile: ‘Per punizione oggi resterà digiuna, non mangerà nulla tutto il giorno, quindi non le darò neanche il latte mattutino; e in più visto che le piace mostrarsi, dopo aver posato il vassoio, si metterà nel mio studio in ginocchio contro la libreria, faccia a terra, gambe ben aperte e culo all’aria e resterà in quella posizione fino a che glielo dirò io’.
Lo fece urinare come al solito, sistemò in cucina mettendo a posto le robe della colazione, quindi meccanicamente andò a sistemarsi nella biblioteca, si inginocchiò verso la libreria, poi aprì le gambe mise la faccia tra le mani e si piazzò in quella posizione oscena, come se si preparasse ad essere inculata, dove poteva essere vista senza vedere.
Dopo un bel po’ l’ingegnere entrò nello studio, lei lo sentì sistemarsi sulla poltrona, giusto dietro di lei, anche volendo non avrebbe potuto vederlo, poi il silenzio la avvolse: non sapeva cosa lui stesse facendo, non sapeva quali fossero le sue intenzioni né quanto tempo sarebbe rimasta così.
Ogni tanto provava a rilassarsi, ma sentiva repentina la voce del padrone: ‘Il culo in alto!’.
Rimase in quella posizione che a lungo andare era davvero scomoda, oltre che umiliante.
Cominciarono a farle male le ginocchia e la schiena, ma non si mosse da lì finché ad un certo punto non sentì che lui si avvicinava, sentì che si sistemava dietro di lei, ne percepì la punta dell’uccello sulla schiena, infine sentì che provava ad entrare nel buchetto aperto più che mai che costituiva un invito al quale era impossibile resistere.
Per la seconda volta da quando era in quella casa, lui la possedeva e sempre da dietro; evidentemente a lui piaceva incularla, cosa che oggettivamente piaceva anche a lei, ma la sua figa cominciava a lamentarsi di questa discriminazione: aveva una voglia matta che lui glielo infilasse nel sesso e la facesse godere come una matta.
Invece lui continuò a possederla in quella posizione finché non le scaricò il suo seme dentro.
Dopo essersi ripreso, le disse di alzarsi, ordinandole di preparare il pranzo, senza dimenticare, però, di essere a digiuno per punizione.
La sera lui rientrò con dei sacchetti in mano, cenò e subito dopo le disse che poteva ritirarsi.
Dopo un po’, mentre lei era nel bagno intenta a fare i propri bisogni, se lo vide comparire davanti.
Non se lo aspettava proprio di vederselo comparire davanti proprio mentre era in atteggiamento così intimo e per poco non fece un balzo per lo spavento.
Per fortuna riuscì a controllare l’istinto di coprirsi ed evitare così la sua ira e una nuova punizione, mentre lui, come fosse la situazione più naturale al mondo, le illustrò il contenuto del telegramma, dicendole che l’indomani sarebbero venuti a trovarlo due suoi lontani cugini che stavano al nord; venivano per un impegno di lavoro e lui li avrebbe ospitati per una notte.
Durante la permanenza dei parenti, i quali sarebbero arrivati verso l’ora di pranzo, era autorizzata ad indossare una nuova uniforme che le aveva appositamente comperato, ma sotto quell’uniforme non avrebbe dovuto portare assolutamente biancheria.
Lei lo ringraziò, disse che per l’ora di pranzo avrebbe indossato la nuova divisa, così lui si ritirò nelle sue stanze.
La mattina successiva le fu concesso di ‘bere nuovamente il latte’, visto che lui sembrava particolarmente voglioso e lei impiegò poco a farlo venire, poi uscì e lei rimase da sola in casa.
Nella tarda mattinata, come d’accordo, andò ad indossare una uniforme di colore celeste con sottili quadrettini rosa, ma la trovò esageratamente corta, oltre che molto scollata, anche se per fortuna dotata di bottoni quasi fino al collo, in compenso il completo aveva anche una curiosa cuffiettina.
Visto che sotto non doveva indossare biancheria, il vestito era davvero troppo corto, solo muovendosi rischiava di far vedere le sue intimità, per il seno sembrava non esserci problemi per via dei bottoni che chiudevano la visuale.
Dopo un’oretta bussarono alla porta, lei andò ad aprire e si trovò davanti due uomini che si presentarono come cugini dell’ingegnere.
Li fece entrare facendoli accomodare nello studio in attesa dell’arrivo del padrone di casa e offrì loro da bere.
I due non staccavano i loro occhi dalle sue gambe e a Giuliana sembrò di essere più nuda adesso che quando lo era completamente.
La cosa che la preoccupava maggiormente era che camera sua e addirittura il bagnetto erano senza porte, per cui anche per sbaglio, quegli ospiti in casa avrebbero potuto violare la sua intimità, comunque si trattava di una sola notte, per fortuna.
Quando l’ingegnere arrivò, per prima cosa le disse di aprire i bottoni che chiudevano la divisa sul seno lasciandoglielo così generosamente scoperto, poi cominciarono a pranzare e come d’abitudine, dopo averlo servito, lei assisteva in disparte al pranzo e sentì che i due parlavano di lei.
‘Complimenti per la cameriera, te la sei scelta proprio bene, hai l’occhio lungo tu e mi sa che non solo l’occhio”.
‘Ma lei non è una cameriera, è di più, è la mia serva, è un arredo di questa casa, è un animale fedele’.
Perché la stava umiliando così davanti a quei due, lei provava a comportarsi bene, perché dunque trattarla così.
Quando tolse i piatti dalla tavola, sentì che la mano di uno dei due, risalì sulla coscia fino a stringersi sul culo.
Guardò l’ingegnere che sembrava non essersi accorto di nulla, quindi con un brusco col movimento dell’anca si scostò e continuò nelle sue operazioni.
Quando i tre si ritirarono nello studio, lei andò in cucina per mangiare velocemente qualcosa e preparare nel contempo il caffè.
Inaspettatamente entrò l’ingegnere infuriato: ‘Come si è permessa a tavola di scacciare mio cugino?’
‘Ma mi stava toccando!’
‘E allora, lei non ha l’autorizzazione a reagire: questi sono miei ospiti e fino a quando resteranno in questa casa, hanno diritto a godere di tutti i privilegi della villa, lei compresa: sono stato chiaro?’.
‘Ma cosa sta cercando dirmi, che devo farmi mettere le mani addosso senza reagire?’
‘Le sto dicendo che se dovessero fare questo o altro, lei non è autorizzata a reagire’.
‘Ma questo non era nei patti”
‘Nei patti c’è che lei ha accettato di essere mia schiava e di fare tutto ciò che le chiedo!’
‘Ma io pensavo con lei”
‘Tutto ciò che le chiedo! Lei non è autorizzata a pensare, le ricordo ed è sul serio l’ultima volta che lo faccio, che lei è libera di andarsene quando vuole, anche adesso se lo ritiene, e visto che continua a ribellarsi, prenda pure le sue cose e vada via!’.
Non aveva certo intenzione di rimettere in discussione tutto: aveva resistito 15 giorni e tornare nelle mani di quei delinquenti dopo aver già sopportato quei giorni di segregazione era proprio da scema.
‘No, mi scusi, non stavo ribellandomi, stavo solo chiedendo al mio padrone come dovevo comportarmi”.
L’ingegnere la guardò a lungo con lo sguardo assai accigliato, alla fine disse: ‘Molto bene, se è così prepari il caffè e lo porti di là’.
Nel pomeriggio l’ingegnere uscì per lavoro e mentre i due cugini rimasero in casa per studiare delle carte per l’appuntamento del giorno successivo.
Di tanto in tanto chiamavano Giuliana con la scusa di qualcosa, ma era evidente che, in realtà, volevano solo provare a sbirciarle il seno e in più guardarle le gambe e oltre, visto che dal palpeggio sapevano che non indossava biancheria.
Poi si fecero portare il caffè e quando lei si chinò per porgere la tazza ad uno dei due, da dietro l’altro lesto, infilò la mano sotto il gonnellino arrivando a sfiorarle le grandi labbra.
Ebbe un sobbalzo, ma memore delle parole dell’ingegnere non si mosse fino a quando il primo non riposò la tazza sul piattino.
Mentre usciva intuiva i commenti sarcastici che i due facevano nei suoi con frontiera certa che da quel momento in poi non l’avrebbero lasciata più in pace e difatti, continuarono a chiamarla in continuazione, per i motivi più banali e ogni volta finiva che si ritrovava le mani di quei due addosso; aspettava il ritorno dell’ingegnere come una liberazione.
Così fu, non appena l’ingegnere tornò a casa, i due smisero di importunarla.
9

Servì la cena e come a mezzogiorno, sentiva gli sguardi dei due su di sé, così come a lei erano rivolti molti dei commenti che i tre si scambiavano.
Dopo cena uno dei due chiese il permesso di leggere un libro tra quelli esposti in biblioteca e l’ingegnere, ancora una volta rispose: ‘A casa mia, non devi chiedere nulla, tutto ciò che vedi appartiene anche a te, questo è il senso della mia ospitalità’.
‘Quando dici tutto, intendi proprio tutto?’.
‘Per me tutto ha un solo significato!’.
I due cugini si guardarono, con un sorrisetto soddisfatto che non piacque affatto a Giuliana.
Come dio volle, quella giornata finì e Giuliana potè finalmente tornare nella sua stanza a riposare, si infilò rapida sotto il lenzuolo e si nel giro di pochi minuti si addormentò.
Non sapeva da quanto tempo stava dormendo, quando avvertì qualcosa che la solleticava.
Aprì gli occhi e vide i due cugini vicino al suo letto e uno aveva in mano una piuma, con la quale evidentemente la solleticava.
Era coperta dal lenzuolo che sistemò meglio a difesa del suo pudore.
‘Che volete?’
‘Non lo immagini’?’
‘Guardate che chiamo l’ingegnere”.
‘Ma se è lui che ci ha dato via libera’.
Giuliana capì di essere perduta, dopo quello che le aveva detto l’ingegnere in cucina, non poteva più scacciarli dalla sua stanza senza che poi lei stessa fosse scacciata da casa.
‘Che intenzioni avete, che volete farmi?’
‘Niente di male, solo cose belle’ disse uno dei due sfilandole il lenzuolo dalle mani e scoprendo il corpo meravigliosamente nudo.
Giuliana non si ribellò più, ma iniziò sommessamente a piangere.
Piangeva per la rabbia di essere trattata come una cosa, piangeva per la sua dignità messa sotto i tacchi e piangeva anche per l’amara conferma che di lei all’ingegnere non importava assolutamente nulla.
‘Smettila di piagnucolare, altrimenti mi si smoscia, su da brava, chè dopo ti facciamo un bel regalino” disse uno mentre, tiratosi fuori l’uccello, glielo posizionava vicino alla faccia.
Giuliana ancora una volta si rassegnò e iniziò a fargli un pompino; nel frattempo l’altro le aveva aperto le gambe e vi aveva infilato la faccia prendendo a baciarla in mezzo.
Poi, dopo averla lubrificata per bene, tirò fuori il cazzo e glielo infilò.
Era quello che lei stava sperando succedesse da tempo, ma si accorse che era con l’ingegnere che voleva farlo, non con uno sconosciuto qualsiasi.
In breve, uno dopo l’altro le vennero dentro, concludendo quello strazio in meno di mezzora, senza che lei avesse minimamente soddisfatto le proprie voglie represse.
Prima di andarsene, uno prese il portafoglio e le allungò 3 banconote da cento euro che lei sdegnosamente rifiutò.
L’indomani la colazione all’ingegnere la servì in sala, assieme ai cugini e non come al solito a letto.
Dopo un’ora sentì che i due stavano lasciando la villa dopo calorosi saluti con il padrone di casa.
Quando più tardi sentì il campanellino suonare, Giuliana era già intenta a preparare il pranzo, lasciò ogni cosa e corse nello studio.
‘I miei ospiti sono andati via da un pezzo, com’è che non ha ancora provveduto a presentarsi con la divisa che più gradisco?’.
‘Le chiedo scusa, ho avuto da fare e mi è passato di mente; provvedo subito col suo permesso’.
‘Aspetti, i miei cugini mi hanno che ieri sera le avevano offerto un pensiero, ma che lei lo ha rifiutato: è così?’.
Quando aveva rifiutato aveva agito di impulso, non aveva certo pensato alla possibile reazione dell’ingegnere, per cui adesso temeva una nuova punizione.
Confermò tenendo gli occhi bassi con un semplice cenno del capo.
‘Brava, mi compiaccio con lei: mi sarei arrabbiato davvero molto se per offrire i suoi servigi a miei ospiti, avesse accettato del danaro da loro’.
Giuliana tirò un sospiro di sollievo: ‘Non ho mai pensato di farlo, ma posso chiederle cosa sarebbe successo se per caso quel denaro lo avessi accettato?’
‘Non avrei avuto alcun dubbio, l’avrei cacciata di casa stamattina stessa: per me avrebbe significato che ha proprio la stoffa della prostituta, per cui avrebbe potuto farlo meglio fuori da qui: glielo ho già detto non avevo bisogno di lei come prostituta, ma per fare ciò sta facendo’.
Grazie al cielo il dubbio non l’aveva nemmeno sfiorato, altrimenti avrebbe compromesso tutto.
Andò in stanza, si tolse l’uniforme e rimessasi nuda, la divisa più gradita al suo padrone, riprese a cucinare.
A pranzo l’ingegnere le concesse di pranzare assieme a lui, sistemando il piatto a terra, ovviamente.
Poi, all’improvviso fece una cosa assolutamente inusuale per lui, si alzò, si tolse i vestiti anche lui e si rimise seduto per continuare a mangiare.
Giuliana lo guardò seriamente stupita, poi vide che prese il barattolo della maionese e ne spalmò una cucchiaiata piena sul suo uccello.
‘La carne che sta mangiando ben si accompagna con un po’ di maionese, se vuole se ne serva pura; e poi stamani, per le circostanze che ben conosciamo, non ho potuto fornirle la sua razione di latte quotidiano’.
Giuliana, già accucciata ai suoi piedi, avvicinò la faccia e allungando la lingua prese a gustare la maionese.
Leccò dappertutto stando ben attenta a non lasciarne neanche una goccia, ripassando più volte la lingua su ogni centimetro di quell’uccello che vistosamente dava segni di gradimento e continuò oltre anche quando ogni traccia della maionese era sparita.
Quando l’erezione raggiunse il culmine, lui si alzò, la girò e piazzandosi dietro, le spinse nell’uccello nel culo: era una fissazione dunque.
Si appoggiò su lei stringendole, fino a farle male, le tette, ma non uscì nemmeno un lamento dalla sua bocca, tesa com’era alla ricerca del piacere anche in quella penetrazione che gradiva meno dell’altra.
Dopo una serie di spinte forsennate, lui non riuscì più a trattenersi e le venne dentro, poi sedendosi per terra le disse: ‘Mi scusi, ma temo che la sua razione di latte sia entrata dentro di lei per altre strade e come vede non ne è rimasta che qualche goccia’ disse mostrando l’uccello ancora gocciolante.
Allora lei vi avvicinò la faccia e prese a pulirlo con lingua fino a quando smosciandosi completamente ‘l’erogatore’ non tornò alle dimensioni originali.
‘Anche se erano solo poche gocce, il suo latte è così prezioso che mi sazia egualmente’.
L’ingegnere ebbe un momento di tenerezza e, per la seconda volta in tutto quel tempo, si lasciò andare ad una carezza sul suo viso.
Il resto dei giorni continuò così senza altri scossoni, i rapporti tra i due sembravano essersi quasi umanizzati, l’ingegnere oltre al pompino mattutino, aveva approfittato del culo di Giuliana per altre volte, senza mai toccarle la figa che, invece, era più che mai desiderosa di lui.
Il legame sembrava aver perso quella perversione del rapporto padrone-schiava: sia ben chiaro, lei continuava a fare sempre tutto ciò che lui le chiedeva, ma le richieste erano sempre più tese alla normalità e lei le eseguiva più che volentieri e addirittura negli ultimi giorni, lui le aveva chiesto di sedersi per pranzare al tavolo con lui.
10

Tutto tranquillo, dunque, almeno fino alla sera prima del fatidico giorno di fine del mese, quando a cena l’ingegnere, con una faccia che faceva impressione, le disse: ‘Mi dispiace, Giuliana, ma domani sera abbiamo ospiti alcuni miei amici per cena’.
‘Non c’è problema, rispose Giuliana, cucinerò volentieri per i suoi amici’.
L’ingegnere emise un profondo sospiro.
‘Il problema è che hanno parlato con quei miei cugini, quelli dell’altra volta ed ora vogliono essere invitati solo per vedere lei, forse anche per ‘.’
‘Non mi tenga sulle spine, finisca di dire, per favore”.
” per godere appieno del mio senso di ospitalità. So che può apparire antipatico, ma ai miei cugini avevo confidato il tipo di accordo intercorso tra di noi e del fatto che io la considerassi la mia schiava. Bene, non so per quale motivo, ma qualche giorno fa ne hanno parlato per telefono con questi miei amici che, sapendo che domani scadrà il suo impegno verso di me, si sono autoinvitati per ‘ conoscerla. Insomma, per farla breve, sia preparata al peggio”.
Giuliana rimase lì senza parole, il mondo le era crollato addosso, proprio ora che la meta sembrava vicina, tutto si complicava; il mondo le era crollato pesantemente addosso, facendole anche molto male; non riuscì neanche a piangere, ma la sua delusione gliela sui leggeva facilmente in viso.
Era più che delusa, era distrutta, era svuotata, senza più forze, con lo sguardo perso.
L’ingegnere sembrava sinceramente partecipe di quello stato d’animo probabilmente avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma non sapeva proprio cosa dire.
Dopo qualche minuto trascorso in quella situazione di catatonia da parte di Giuliana e di immobilità da parte dell’ingegnere, la prima si scosse e gelida disse.
‘Perché dice che le dispiace? Se non volesse, se davvero le dispiacesse, potrebbe tranquillamente opporsi a questa richiesta, se da vero le dispiace, perché non lo fa?’.
‘Perché sono uno stupido, perché ho sempre avuto una idea dell’ospitalità esagerata, per cui ogni cosa che è in questa casa è sempre stato a disposizione dei miei ospiti: lei non lo sa, ma loro invece sì’.
‘Così io sarei una cosa’ Grazie’.
La voce dell’uomo era rotta dall’emozione, come se una lotta improba si consumasse dentro se stesso.
‘Vada via Giuliana, la sciolgo dall’impegno, il suo debito lo pagherò comunque, ma vada via da me, non lo vede che sono marcio dentro. Sono marcio al punto da costringerla fare una cosa che, soprattutto ora, mi ributta profondamente. Vada via da me il più lontano possibile, si metta in salvo’.
Giuliana lo guardò con lo sguardo fisso, quasi impassibile, poi con voce sempre più gelida ed impersonale: ‘Ho preso un impegno con lei che ha pagato per ‘ avermi come sua ‘ schiava, come una ‘ cosa che fa parte dell’arredamento della casa, per cui ora lei è il mio padrone ed io sono tenuta a fare ciò che lei mi ordinerà di fare in questa casa. Quando il mio impegno verso di lei sarà finito, andrò via’.
Il tono gelido era andato via via umanizzandosi e alla fine lei aveva un groppo alla gola, ma si impose di non piangere.
Pianse per tutta la notte, invece, Giuliana che la trascorse senza smettere di piangere e di ripensare a quanto le era accaduto negli ultimi mesi: l’arresto assieme al suo amante occasionale, il fallimento, suo marito latitante all’estero, il lavoro da cameriera, il conto bloccato, i soldi presi dagli usurai, la prospettiva di diventare una prostituta, l’accordo con l’ingegnere.
Malgrado tutto gli eventi negativi e le umiliazioni che aveva dovuto subire, sembrava sul punto di poterne uscirne fuori, e anche con l’ingegnere alla fine era riuscita, al di là della situazione createsi, a costruire comunque un rapporto: ma quale rapporto, se lui ora la stava dando in pasto ai suoi amici come una cagnetta da far coprire.
E’ vero che lo aveva già fatto con i cugini, ma è anche vero che dopo erano trascorsi quasi quindici giorni in cui le cose tra di loro erano molto cambiate e lui via via l’aveva trattata sempre meno come la sua schiava.
Come dio volle, la mattina riuscì a preparare la colazione all’ingegnere e a portargliela in stanza.
L’ingegnere era già sveglio e neanche lui aveva l’aria di aver dormito molto.
Dopo aver servito la colazione, Giuliana gli chiese per quante persone avrebbe dovuto preparare la cena quella sera.
Lui senza mai avere il coraggio di guardarla in viso le rispose che i suoi amici erano quattro, per cui sarebbero stati cinque coperti a tavola, quindi, malgrado non avesse ancora finito, le disse di andare pure.
‘Devo ancora farla urinare, signore e poi devo bere il latte’ rispose lei gelida.
‘Vada via le ho detto, esca dalla stanza’ urlò quasi l’ingegnere.
I due si evitarono per tutta la mattinata e a pranzo, dopo averlo servito, lei gli chiese: ‘Vuole che pranzi con lei mettendo il piatto a terra o vuole che gusti i cibi che si degnerà di farmi assaggiare prendendoli direttamente dalle sue parti intime’?’ disse, continuando ad essere più che mai gelida.
‘Vada a mangiare in cucina, la prego e si metta qualcosa addosso, va bene pure l’uniforme dell’altro giorno’, rispose l’ingegnere in modo altrettanto freddo.
In verità l’ingegnere si era molto affezionato a Giuliana, dopo averla trattata a lungo come una schiavetta per i suoi desideri, però quel suo atteggiamento di ostilità adesso lo stava infastidendo e darla in pasto ai suoi amici più cari, cominciava a sembrava la punizione più adatta a tanta arroganza: possibile che lei non capisse che non poteva fare diversamente? Possibile che non si rendesse conto che ne andava di mezzo il suo onore e il suo alto concetto di ospitalità? Era stata una docente, una volta, cazzo, avrebbe dovuto capirle certe cose!
La giornata trascorse nell’assoluta indifferenza l’una dell’altro.
Verso sera, lui la intravide, con la sua corta uniforme e si sorprese a guardarle le gambe fino al bordo cercando di cogliere altro, ben sapendo che sotto era nuda: che strano l’aveva avuta in giro per casa completamente nuda per un mese ed ora che era vestita, o quasi, la trovava ancora più interessante.
Oltre tutto, i bottoni sul davanti erano sbottonati in modo ancora più generoso dell’altra volta, per cui anche il seno decisamente prosperoso, faceva capolino da quella divisa.
Quando verso le otto suonarono alla porta, Giuliana andò ad aprire e da subito, sentendo gli occhi dei quattro che la ispezionavano da cima a fondo, capì che sarebbe stata una serata assai difficile.
Fece finta di non sentirle neanche le battutine che i quattro si scambiavano e li accompagnò dall’ingegnere.
Tornò ai suoi impegni in cucina e non provò neanche ad immaginare i discorsi che i cinque uomini stavano sicuramente facendo su di lei.
Quando annunciò che la cena era pronta, tutti si accomodarono a tavola.
La cena fu difficile quanto immaginava, visto che spesso era chiamata in causa: ‘Ma è vero che tu sei il padrone di questa bella signora?’.
‘Sapete già tutto, perché riprendete questo discorso? Parliamo d’altro per favore’ cercò di tagliare corto lui.
Ma non ci fu niente da fare, gira e rigira, il discorso tornava sempre a questo punto, non solo, ma gli sguardi degli uomini erano tutti per le gambe completamente scoperte e per le tette che sembrava volessero scappare via da quella fragile copertura.
‘Ma se tu sei il suo padrone, lei chi è, la tua schiava? Come ai tempi dei romani?’ e giù risate.
L’ingegnere provava a troncare, ma dopo un po’ loro riprendevano e così per tutta la durata della cena, fino a quando cominciarono a mettere in mezzo anche lei.
‘Allora, dicci un po’, se tu sei la sua schiava, fai tutto quello che li ti chiede, è così’.
A questo punto Giuliana, non potendone più, reagì: ‘Sì, lui è il mio signore e padrone ed io sono la sua umile schiava pronta ad esaudire ogni suo desiderio e, se posso, anche a prevenirlo: soddisfatti?’.
Ancorché si fosse sforzata di apparire normale, il tono secco usato, bloccò per un po’ gli sghignazzi.
Ma anche stavolta durò poco, per cui quando il primo dei quattro, mentre lei toglieva i piatti del secondo appena consumato, azzardò a mettere una mano sulla sua coscia senza che lei replicasse, fu la fine, perché da allora, fino alla conclusione della cena, dalla frutta al dessert, fu tutto un palpeggiamento al quale lei non si sottrasse.
Addirittura sembrava più infastidito di ciò l’ingegnere che lei.
Erano già le dieci passate quando si spostarono in biblioteca a gustare l’ottimo cognac presente nelle cantine del padrone di casa, quindi, finalmente Giuliana li lasciò soli e andò in cucina a mangiare a sua volta.
Dopo quasi mezzora, stava giusto finendo di mangiare, che venne raggiunta da uno dei quattro, che, senza preamboli si mise dietro di lei seduta ancora a tavola e le infilò le mani nella camicetta toccandole le tette.
Lei seccata da quei modi spicci, reagì.
‘Non fare la santarellina ora, l’ingegnere e soprattutto i suoi cugini ci hanno raccontato tutto di te, per cui adesso andiamo di là e mi fai un pompino di quelli che sai fare tu’.
Quindi quasi trascinò Giuliana nella stanza e, appena vide il letto, ve la spinse sopra e cominciò a sollevarle la gonna trovando subito il suo sesso senza peli, ben curato come al solito e un attimo dopo si sbottonò i pantaloni: ‘Adesso me lo succhi fino a farmelo diventare duro come il marmo, poi te lo schiafferò nel culo, schiava!’.
Giuliana si trovò il cazzo piazzato sulla faccia, provò a voltarsi, ma quello si sedette sul suo petto e tenendole ben fermo il viso, le strusciò il cazzo sulle labbra, fino a che lei fu costretta ad aprire la bocca e a farlo entrare.
Dopo qualche minuto vide che un altro dei quattro amici entrò nella sua stanza: ‘Ma dove cazzo vi eravate nascosti, è da cinque minuti che vi sto cercando: Vedo che avete già cominciato, aspettatemi che arrivo anch’io’.
Ciò detto, si tuffò sulla figa di Giuliana rimasta ben in evidenza e cominciò a leccarla, mordicchiando le labbra ed infilando un dito dentro.
Poi si spogliò, aprì meglio le gambe della schiava e glielo infilò dentro con un colpo secco.
Dopo qualche minuto il primo, tirando via l’uccello dalla bocca, disse: ‘Aspetta, ferma non voglio venire così presto”.
Quindi si scambiarono il posto e la storia ricominciò.
Passarono ancora altri minuti, e sentì la voce del terzo che aveva finalmente trovato anche lui la stanza: ‘Ho lasciato Andrea con il nostro caro amico ingegnere, tra un po’ qualcuno dovrà andare a dargli il cambio”.
Dunque alla spicciolata stavano arrivando tutti – pensò Giuliana – mentre il suo ingegnere stava magari conversando amabilmente con il quarto.
Il primo, che evidentemente voleva tenere fede alla promessa fatta, la fece girare e, visto che lei ormai non protestava più, provò a violarle il culo, cosa che gli riuscì dopo qualche tentativo.
Mentre quello la inculava con evidente soddisfazione, gli altri due pretesero che lei prendesse in bocca i loro uccelli.
Passato il primo momento di ‘debolezza’ adesso il tipo dimostrava una buona resistenza, per cui continuò a spingere dentro il suo culo con una continuità e con un ritmo impressionanti, al punto che a Giuliana cominciarono a pesare sia la posizione, sia i colpi che riceveva senza sosta.
Quando dopo un bel po’ venne, scaricò dentro di lei una quantità impressionante di sperma che lei sentì dapprima risalire violentemente dentro di sé, poi ridiscendere lentamente.
Quando riuscì a staccarsi da lei, si rivestì senza parlare e andò a dare il cambio ad Andrea che li raggiunse dopo poco.
Ad uno ad uno vennero tutti e la notte si preannunciava assai lunga, quando all’improvviso sentì la voce dell’ingegnere che gridando entrò nella stanza e disse a tutti di rivestirsi e di lasciare stare Giuliana: ‘Lasciatela stare, andate via, è mezzanotte, il mio scellerato patto con la signora è scaduto, quindi da questo momento in poi lei è una mia ospite e in quanto tale nessuno, ripeto nessuno, può farle fare qualcosa che lei non voglia: in questa casa il rispetto per gli ospiti è sacro, ricordatelo’.
Brontolando per il gioco interrotto così bruscamente, i quattro lasciarono la stanza rivestendosi e lasciandola lì sul letto stanca e sporca.
L’ingegnere la coprì pietosamente con il lenzuolo e uscì assieme agli altri.
Giuliana piangeva sommessamente, avrebbe dovuto essere una donna libera da quel momento, però dentro di sé temeva il peggio: da come si era comportato, non escludeva che potesse rifiutarsi di pagare il resto dei soldi e darla in pasto a quei magnaccia.
Quando riuscì a smettere di piangere, si mosse da quella posizione e si fece una doccia; aveva sentito gli ospiti lasciare la villa, quindi si buttò sul letto addormentandosi subito.
La luce del mattino la svegliò, era stanca e avrebbe voluto restare ancora a letto, ma doveva preparare la colazione all’ingegnere, per cui si sforzò di aprire gli occhi.
Era ancora tutta intontita e ovviamente nuda come sempre, quando sentì la voce dell’ingegnere chiedere permesso dalla porta, quindi fare capolino nella sua stanza.
Restò senza parole quando lo vide con il vassoio della colazione in mano.
Entrato, posò il vassoio sul tavolinetto, poi le tirò su il lenzuolo coprendole le nudità, mentre lei continuava a guardava stranita.
‘Mi scusi se l’ho disturbata presentandomi nelle sue stanze così di buon’ora, ma le ho preparato la colazione e volevo avere il piacere di potergliela portare a letto io oggi’.
‘Cosa pensi che adesso basteranno queste cose per riparare a tutto ciò che mi hai costretta a fare?’il tono era freddo e distaccato ed era improvvisamente passata al tu, ne aveva abbastanza di quel falso formalismo.
‘Piuttosto credo che oggi stesso quei simpaticoni, verranno a chiedere il resto dei soldi che hai promesso loro: o intenzione di vendermi a loro, tanto adesso la puttana, grazie a te la so quasi fare”.
L’ingegnere non parlava, stava lì con gli occhi chiusi, come se quelle parole taglienti lo ferissero davvero.
‘Non credo che verranno, i soldi glieli ho dati già due giorni dopo che sei venuta nella villa”.
Giuliana fu sorpresa, dentro di sé aveva cominciato ad immaginare il peggio.
‘Lo so che le ho fatto molto male e non ci saranno cose sufficienti che io possa fare per scusarmi, però vorrei che lei sapesse che il gioco a cui ho dato inizio un mese fa, all’inizio mi ha preso la mano, poi, però qualcosa è cambiato e non avrei davvero mai voluto che terminasse come è finita ieri sera, negli ultimi giorni non ho fatto altro che immaginare su come farla finire nel migliore dei modi questa che era iniziata come brutta storia, invece mi è toccato farla finire peggio di come l’ho cominciata. Questo non me lo perdonerò mai. Comunque qui c’è l’assegno per lei, non cambierà la mia posizione, ma spero la possano aiutare’.
Giuliana cominciò a sciogliersi, stranamente in quel mese si era affezionata a quell’uomo e se non fosse stato per la serata precedente e per quella con i due cugini, ne avrebbe conservato, malgrado tutto, anche un buon ricordo.
‘Se volevi farla finire in modo diverso la serata di ieri, avresti dovuto farlo,avresti dovuto importi su di loro, invece dietro la scusa dell’ospitalità, sembravi un burattino in mano a quei quattro stronzi dei tuoi amici: loro mi trattavano nel peggiore dei modi e tu neanche una parola. E poi basta con questo lei del cazzo: mi hai fatto fare le peggiori cose e poi usi questo falso rispetto, dammi del tu’.
‘Come vuoi, ma non era per distacco o falso rispetto, sono fatto così, sono davvero poche le persone a cui do del tu. In tutti casi, so che ti sembrerà assurdo, ma sei venuta in questa casa come mia dipendente, poi hai continuato con quell’accordo assurdo, ora almeno per oggi, vorrei che tu fossi qui come mia ospite di riguardo, ecco perché mi andava di portarti la colazione a letto, per cui, se ti va ”.
Non riusciva ad essere arrabbiata fino in fondo come avrebbe voluto e dovuto, anche perché pensava che comunque ora era di nuovo una donna libera, per quanto ormai troppo chiacchierata per restare ancora in quel paese, fortuna che quell’assegno avrebbe risolto un po’ di problemi.
‘Va bene, ma tu farai colazione con me: pendimi una camicia dall’armadio, per favore’ gli disse continuando a coprirsi con il lenzuolo.
Lui le porse la camicia che lei indossò cercando di non far apparire le nudità che lui pur conosceva così bene.
Quindi si sistemò al tavolino e, mentre lui era andato a recuperare un’altra tazza, lei diede un’occhiata all’assegno: 50.000 euro, una cifra ben superiore a quella promessagli: in fondo doveva essere un buon diavolo quell’ingegnere.
Finirono la colazione.
‘Ma toglimi una curiosità, tu hai una fissazione con il mio didietro oppure hai avuto paura che io potessi restare incinta, perché se questa era la tua paura, volevo rassicurarti, prendo la pillola” gli chiese scherzando.
‘No, mi piace tutto di te, non lo so perché, forse per tenere fede a quel ruolo stupido che avevo assunto, non lo so, il tuo didietro mi piace da impazzire, ma forse non c’è una ragione’.
‘Ah no? E allora stavolta lo facciamo come dico io’ gli disse trascinandolo sul letto mentre lui ancora incredulo non riusciva a capacitarsi.
‘Ma allora mi hai perdonato”
‘Non ci pensare proprio, sto solo meditando su quale punizione darti: per intanto fammi godere e dacci dentro come non hai fatto sinora’.
Fecero l’amore a lungo, lei non sembrava mai sazia e lui la prese in tutti i modi, facendola godere più volte.
Rimase in quella casa, volontariamente, come ospite d’onore, per altri 3 giorni, in cui visse splendidamente il nuovo rapporto con il suo ex datore di lavoro, come una normale coppia.
Alla fine, benché lui l’avesse pregata di rimanere ancora e di non abbandonarlo, lei decise di andare via: aveva scoperto un aspetto della sua sessualità che non conosceva, quello della ‘slave’ della donna, cioè a cui piace ubbidire al suo padrone, però non avrebbe mai potuto restare con uno che l’aveva costretta a fare tutte quelle cose.
Lasciò la villa, quindi, cambiata, toccata da tante cose, ma assolutamente senza alcun rimpianto.
Ebbe anche alcune sorprese positive: quando andò in banca per cambiare l’assegno, scoprì che il suo conto da oltre dieci giorni era stato liberato, per cui ora poteva nuovamente disporre di quanto rimaneva della liquidazione, che assieme ai soldi dell’assegno cominciava a costituire un interessante gruzzoletto.
Poi lo stesso direttore della banca, le consegnò una lettera della Procura: l’avevano lasciata lì, visto che aveva abbandonato la vecchia abitazione e nessuno sapeva dove fosse andata.
Nella lettera veniva informata che, contestualmente allo sblocco del conto in banca, i capi di accusa a suo carico erano caduti, per cui adesso era una donna libera, completamente scagionata e con un discreto conto in banca.
Avrebbe ricominciato da qualche altra parte, chissà, forse le avrebbero ridato anche qualcuna delle sue vecchie proprietà temporaneamente sequestrate.

F I N E

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