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Hai impegni a capodanno?

By 12 Febbraio 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

Capodanno. Cucina, piatti sporchi, bicchieri mezzi pieni o mezzi vuoti, a seconda della prospettiva, come sempre. E poi ci sei tu, che mi segui con gli occhi da tutta la sera. E ci sono io, che ti ho provocata da quando sono arrivata, stringendomi forte a te e sfregando quasi impercettibilmente il mio seno sul tuo. Quasi, sì. E mentre sceglievi la musica al pc io ti stavo accanto, quasi a terra, con le gambe piegate e così chiacchieravamo, ogni istante un po’ più brille. E se mi mordevi sul braccio nudo mentre la tua ragazza era girata a parlare con qualcuno e il mio compagno guardava Facebook, subito mi giravo a controllare e magari me ne andavo verso il divano, lo guardavo di sottecchi, e lui mi riguardava sorridendo, chiaramente ignaro di quei morsi appena ricevuti che mi facevano avvampare ed eccitare.

E le ore sono passate così, mentre lui rimaneva su quel divano e io ballavo da sola, spostandomi in un angolo diverso quando si avvicinava a me, perché mi dava quasi ai nervi averlo vicino. Volevo te e basta. Ma adesso siamo assieme, io contro la parete della cucina, quella che confina col salotto, lungo la quale sta il divano. A meno di un metro c’&egrave lui, a pochi centimetri ci sei tu. Mi guardi con un bicchiere in mano, divertita.

“Da che scappi?”

“No, io, niente, forse non &egrave il caso di…”

“De che?”

“Di niente, di stare così vicine”

“A me era parso che ti piacesse, ma se non &egrave così…” e ti allontani.

No, ti prego non allontanarti.

“Ma io… volevo solo dire che, magari non qui, non ora. Ci sono loro due di là”

“Che ce frega, Mara sta giocando a risiko cogli altri e Mattia si &egrave addormentato… mica pensano a noi, loro”

“Ma se arrivano?”

“Shh”. E mi baci. Puzzi di alcol, anch’io di sicuro.
Le nostre lingue si intrecciano, i piercing sulle nostre labbra si scontrano, la tua mano mi palpa il seno mentre col ginocchio ti fai largo tra le mie gambe e spingi forte contro la figa, costretta in un paio di pantaloni superaderenti di ecopelle nera.

“No, Fra’, meglio di no” provo a dire.
Nel frattempo entra il cane dei padroni di casa e non sembra crederci nemmeno lui alle mie parole. In effetti, se volessi ti potrei spingere via. Sono più alta di te e con le zeppe questa sera ti sovrasto di almeno 15 centimetri. Tu ti sposti, di nuovo, e cominci con una logorrea fitta da ubriaca sul fatto che mi vuoi e che anche io ti voglio e dobbiamo lasciarci andare all’istinto e lo fai con un tono che intende colpevolizzarmi. E io un po’ ci casco e un po’ non ti sopporto più e allora ti bacio.

Ora ci strusciamo l’una sull’altra, adesso che sei sicura che io ti desideri non mi lasci andare, mi mordi forte sul collo e più forte mi mordi, tanto più dolcemente io accarezzo la tua testa rasata. Tu però non vuoi le carezze da me, non solo quelle perlomeno. Me lo fai capire stringendo la mia coda di capelli rosso scuro, passandoti per due volte la grossa ciocca attorno alle quattro dita e spingendomi a terra. Ora sono in ginocchio, ora sei tu la più alta. Con una mano ti sbottoni i jeans e tiri giù i pantaloni e le mutande quel tanto che basta perché io possa baciartela. Faccio appena in tempo a vedere il tuo pube scuro prima che tu mi spinga forte contro la tua figa. Mordo piano le labbra, le pinzo coi denti e le porto in avanti. Ti sento gemere, ma mi prendi la testa e la rispingi contro. Devo leccare e lo faccio con foga, sbavando e facendo rumore, sento la saliva che mi cade sulla mano con cui mi reggo a terra. Il tuo clitoride &egrave grosso, molto piu del mio. Lo posso prendere in bocca e succhiarlo e mentre lo succhio come un chicco d’uva fragola, lo accarezzo piano con la lingua.

“Toccati” mi dici.

Subito metto una mano tra i pantaloni e i miei slip rossi, quelli che Mattia m’ha regalato per Natale, e comincio a sfregare forte sul clitoride, poi la mutandina diventa come un cordino che passo nella fessura tra le labbra e che tiro sempre più su, sul davanti, mentre continuo a baciarti e a leccarti. A un tratto sento un rumore. Smetto tutto e mi giro a controllare verso la porta.

“&egrave il cane, sciocchina. Continua”. Io non mi fido della tua spiegazione ma tu mi tiri indietro per i capelli, avanzandomi contro e lasciandomi senza spazio prigioniera tra il muro e la tua figa.

“Te scopo in faccia” – così annunci. A me il tuo accento un po’ mi arrapa e un po’ mi fa ridere, ma non ho il tempo di farlo, perché già stai strofinando forte le tue labbra sulla mia bocca schiacciandomi forte la testa contro il muro. A volte me la fai anche sbattere e io spero che quello non senta nulla. C’&egrave la musica, non se ne accorgerà. Mi tocco ancora e con la lingua cerco di farti godere il più possibile, a costo di tenderla fino a che mi fa male. A un tratto spingi più forte e capisco che ci sei, questo mi fa venire assieme a te, silenziosamente io, soffocata dalle tue parti intime e più forte tu, come scossa dal singhiozzo.

Prendi il tabacco e giri una sigaretta anche per me. Ti siedi e mi guardi da uno sgabello mentre, sfatta, fumo seduta a terra, dove mi avevi messo dieci minuti prima. Poi mi alzo e ti do un bacetto. In bagno mi sistemo, ho il mascara colato, i capelli senza un senso, le mutande, bagnatissime, ancora dentro la figa.

In salotto mi sento lo sguardo di Mara addosso, ma decido di non pensarci troppo. Mattia sta sonnecchiando, il cellulare in mano. Lo sveglio con un bacio sulle labbra. Vorrei che sentisse il tuo gusto, Fra’, non mi sono sciacquata la bocca di proposito. Vorrei dirgli che si può fottere il suo smartphone e che a me ci pensi tu. Ma non lo faccio.

“Amore, andiamo sì?”

Lui solleva le palpebre e mi guarda con i suoi occhi azzurri chiaro, lo sguardo un po’ stolido, mentre mi risponde di sì.
Abbiamo salutato, abbiamo messo la giacca e camminiamo verso l’auto nel freddo di questo nuovo anno, tra i palazzi signorili di un quartiere quasi sconosciuto.

“Com’&egrave andata la serata? Scusa, sono crollato…”

“Bene, un po’ una palla, ma queste feste sono sempre così…”
Io non so dirle le bugie, sicché guardo a terra per non incrociare il suo sguardo. Mattia entra in auto, dalla parte del guidatore. Fa scaldare l’auto e sceglie la musica sul cellulare. Io disegno cuoricini sul finestrino appannato.

“Smettila, poi rimane il segno”

Partiamo. Per strada non c’&egrave molto gente, sono le 4 del mattino ma &egrave capodanno, mi aspettavo qualcosa di più.

“Sei stanca, cucciola?”

Odio che mi si chiami cucciola. Credo di averglielo detto un centinaio di volte, ma oggi non voglio litigare.

“Boh, un po'”

“Beh, lo capisco, dopo tutto quel lavoro in cucina”

Taccio.
“Lavoro?” – mi esce poi, in un sussurro. Ma poi capisco: prima della festa avevo fatto delle torte salate da portare per il buffet. “Aaah, sì, sarà quello. La prossima volta porto qualcosa di pronto”

Mattia continua a guidare, canticchiando. Io guardo fuori dal finestrino, cavolo con questo buio la strada &egrave irriconoscibile. Spingo il viso contro il vetro, schiacciando il naso contro. Ma questa non &egrave la via per casa.

“Mattia, che cazzo, hai sbagliato strada”.

Mattia si gira, mi sorride e rimette lo sguardo sulla strada. Poi accosta.

“Anche tu hai sbagliato qualcosa oggi. Adesso però sistemiamo tutto. Cucciola.”

Qualcosa mi inquieta nel suo modo di parlare. Perché si &egrave fermato qua in mezzo al nulla?

“Amore, che dici?” – provo a parlargli col tono più dolce possibile.

Mi mostra il cellulare. &egrave una foto ricevuta su whatsapp. Sono io tra le tue gambe, in cucina. Mittente: Mara. ‘Sta stronza. Chissà che momenti stai passando pure tu.
Negare mi pare inutile. Sento freddo, nonostante l’aria calda che esce dal condizionatore. Tengo lo sguardo basso e sento il suo respiro farsi pesante. Fa così quando &egrave incazzato, però non accade spesso, non con me. Devo cercare di risolverla senza casini, e quindi mento:

“Ma Mattia, era un gioco, sai i giochi alcolici… E poi &egrave una ragazza, ti pare che…”

Prima che io possa finire la frase arriva un ceffone, pesante, vedo un flash bianco, poi la realtà riprende in fretta i suoi contorni.

“Ma che cazzo fai?”

Alzo lo sguardo, i lineamenti del suo volto sono tirati.
Non parla, non muove un muscolo. Che poi io tutta sta incazzatura non lo capisco, tutti i miei amici farebbero carte false pur di scoprire la tipa a letto con un’altra e lui, invece, fa sto casino. Dovrebbe farmi un altarino. Ok, magari anche meno. Ma lui non mi ha mai picchiata, che gli prende?

“Amore mio, dai, non doveva succedere. Mi dispiace” gli dico.

Non &egrave vero che mi dispiace. Mi &egrave piaciuto tantissimo, lo farei altre dieci, venti, cento volte. Ma cerco di essere diplomatica per istinto di sopravvivenza.

Finalmente sta per parlare. Ora mi chiederà scusa e torneremo a casa. Domani me la paga per la sberla, ma ora voglio solo dormire.

“Succhiamelo” mi dice.

Sono sbigottita. Lui non mi parla mai così. E poi lo sa che non mi piace farlo.
Gli sto per urlare contro, ma prima che io possa aprire bocca mi ha già preso per i capelli, anche lui mi tiene per la coda, e mi spinge sul suo cazzo, mentre con l’altra si slaccia i jeans e li abbassa assieme ai boxer. Il suo cazzo &egrave duro, grosso e roseo e storge leggermente verso destra. Brutto pezzo di merda. Apro la bocca e lo prendo. Lo avvolgo nella mia bocca. E poi mordo, non fortissimo perch&egrave non voglio che stia davvero male, ma quello che basta perché capisca che non mi va di continuare questa scenetta.

Sibila un “puttana”, mi lascia, mi rialzo, mi riprende per i capelli ma non mi spinge contro il suo cazzo, no. Mi spinge sul cambio dell’auto. Serro la bocca, allora lui con il pollice e l’indice stringe le mie guance e devo aprire per forza.

“Non sei capace di succhiarlo bene come sembri esserlo quando la lecchi. Peccato. Adesso ti insegno, una volta per tutte”

Ho la parte superiore in bocca. Mattia mi spinge verso il basso. Il cambio entra sempre di più, per quanto sia possibile con la bocca piccola che ho.
Mi fa male, urlo ma non mi escono che grugniti dalla gola. Vedo la sua mano avvicinarsi al suo cazzo. Se lo sfiora leggermente mentre con l’altra mano continua a esercitare una pressione sulla mia testa. Dopo un periodo che non so definire in quantità sembra soddisfatto. Finalmente posso lasciare quella posizione scomoda e dolorosa.

Lui mi parla ma io non riesco a sentirlo. Mi fa male la mandibola, &egrave tutto pesante. E io sono stanca, voglio dormire. Perch&egrave fa così? Prima che io possa darmi una risposta, mi ha già ripresa e spinta sul suo cazzo. Ok, facciamo ‘sta cosa, almeno si sente in pari. Apro la bocca e mi sforzo di succhiare, di farlo godere il prima possibile, passo la lingua sulla sua cappella ed esercito con le mie labbra una pressione lungo l’asta. Su e giù. Non gli basta. Mi spinge la testa in basso. Lo odio. Sento il cazzo in gola, mi viene da vomitare, cerco di tenergli il polso lontano da me, lui prende le mie mani e le sposta in malo modo, e spinge ancora di più. Mi sento soffocare. Se svengo forse la smette. Non svengo e lui continua, ho un conato. Mi tira più su e riesco a riprendere fiato ma subito spinge di nuovo. Vedo il suo pube all’ombra della notte, i suoi peletti dorati brillare prima lontani poi vicini. Cerco di concentrarmi su di quelli mentre mi trovo di nuovo la cappella in gola. Un conato e poi un altro ancora più forte, il tuo cazzo scende ancora di più. Mi divincolo, cerco di scappare, ma lui spinge ancora, mi lacrimano gli occhi, sto per vomitare ma improvvisamente mi tira su, quel tanto da lasciarmi di fronte al suo cazzo mentre se lo mena per sborrarmi in faccia.

Non mi muovo, sto lì e lo guardo, cercando una traccia di rimorso sul suo volto.
Sento il suo liquido colarmi sul viso.

“Pulisciti”

“Hai un fazzoletto?”

“Usa le dita”

Ho un fremito. Qualcosa si muove laggiù. Non mi pu’ piacere davvero.
Sollevo lentamente l’indice, lui mi fissa, non perde un istante. Lo avvicino piano alla mia guancia e lo passo come una spatola dal basso verso l’alto. E poi lo appoggio sul labbro inferiore, che poi subito chiudo con quello superiore. E succhio. Lo sperma &egrave diventato freddo mentre pulisco il dito con la mia lingua. Continuo a fissare Mattia, che sembra soddisfatto e si accarezza l’uccello.

“Continua” – fa.

Raccolgo il liquido con il dito come avevo già fatto sull’altra guancia. Questa volta però non lo metto in bocca, ma lo lecco tirando fuori la lingua. Mi piace che mi guardi con quegli occhi quasi spiritati che non gli ho mai visto.

“Puttana” – sussurra. E le occlusive scoppiano nell’abitacolo come fuochi d’artificio.

Un fremito ancora.

“Ora puliscimi”

La mia figa si contrae. Mi fa schifo quello che sto per fare, ma mi sto bagnando. E poi forse me lo sono un po’ meritato. Mi abbasso sul suo cazzo e lo lecco con zelo, prima la parte superiore e poi in basso. &egrave facile perch&egrave &egrave circonciso.

Quando ho finito, alzo lo sguardo dal basso verso l’altro, cercando di fargli tenerezza.
Sembra leggermi nella mente perch&egrave mi dice:

“‘Sta volta non funziona. &egrave inutile che mi fai gli occhioni da brava ragazza quando sono ore che ti comporti da troia. Questo era solo l’inizio e il contrappeso per quello che hai fatto prima alla festa. Ma ora voglio qualcosa in pi’, me lo devi, sono il tuo ragazzo”.

Mentre lo sento parlare, penso che lo odio, che non voglio più avere a che fare con lui, che se muore domani faccio una festa. &egrave troppo tempo che mi annoio con lui e le sue regole per ogni singolo aspetto della nostra vita. Non riesco più a guardarlo mentre passa il tempo a scorrere foto e immagini idiote su facebook. Però, ora, più sento questo odio crescere, più sento voglia di farci sesso.

“Che cosa vuoi da me, ancora?”

“Il tuo culo”

Rido istericamente. Smetto di colpo, lo guardo in faccia e gli dico “Fottiti”

“No, fotto te”. Esce dall’auto, viene dalla mia parte, apre la portiera e mi tira fuori mentre mi divincolo. Non ci sono nemmeno i lampioni da queste parti. Fa freddissimo, non indosso la giacca, ma solo un maglioncino peloso e i miei leggings di finta pelle. Me li abbassa e mi spinge, facendomi arrancare, contro il bagagliaio dell’auto. Sono a novanta bloccata tra il suo cazzo caldo che spinge sul mio culo e il freddo metallico del veicolo. Con una mano mi tiene la schiena abbassata, con l’altra mi sposta gli slip. &egrave alto un metro e novanta ed &egrave forte, va in palestra. Mi sento impotente, ma provo lo stesso a divincolarmi.

“Mattia, ti prego”

Non mi risponde.

“Non farlo”

Divarica il mio culo, lo apre.

“No”, lo supplico

Sputa al centro del mio buco. Provo a scalciare

“No” – ringhio.

Appoggia la cappella dove ha appena sputato.

“No!” – questa volta urlo come una bambina, mi viene da piangere, cerco di spostarmi ma questo stronzo non mi molla. Sta cominciando a spingere. Oddio, quanto brucia. Sta facendo piano, ma brucia. Non &egrave la prima volta che faccio sesso anale, ma &egrave la prima volta con lui. So che non l’ha mai fatto né con me, né con nessun’altra. Deve essersi stufato di aspettare.

Lo muove lentamente dentro, come facendo dei piccoli cerchi. Poi spinge, &egrave entrata la cappella credo. Urlo e provo ad alzarmi dall’auto, ma con una mano mi sbatte la testa sulla carrozzeria. Vedo di nuovo bianco, ma dopo pochi battiti di palpebra ritorna tutto.

E lui dà ancora una spinta. Voglio scappare.

“Ti prego, lasciami, lasciami. Non voglio” sto urlando e sto piangendo. Ma a lui non interessa. Mi giro, cerco il suo sguardo, ma i suoi occhi non sono quelli di questa sera. Hanno dei lampi. E poi non mi parla, non mi lascia entrare nella sua dimensione, non &egrave il ragazzo che conosco.

Da un colpo ancora e lo sento tutto dentro. Mi sembra che mi stia squartando nelle viscere. Ora che &egrave dentro inizia a scoparmi, prima piano poi sempre più forte. Ho smesso di urlare, non mi muovo più, sono inerme. Credo che a guardarmi da fuori si capirebbe che sono viva solo dalle lacrime che continuano a scorrermi sul viso. Non sento più il dolore, né l’umiliazione. Mi percepisco come un corpo che non prova niente. Ormai anche le lacrime si sono seccate sul mio viso.

Lo sento venire, sta godendo e ogni suo gemito &egrave un colpo in più che ricevo.
Poi esce lentamente dal mio culo e si pulisce con un fazzoletto. Io rimango l’. Pulisce anche me, poi mi fa girare. Questa volta &egrave delicato. Vorrei insultarlo, ma non ho la forza. Prende un altro fazzoletto, mi pulisce il viso dalle lacrime, dalla saliva e dal muco. Mi lega di nuovo i capelli. Non ci guardiamo negli occhi, io vedo solo il vuoto e lui &egrave concentrato sulle sue azioni. Mi dice di andare in auto, ma io non mi sento più le gambe, così mi prende in braccio e mi riporta sul sedile anteriore. Fa scattare la cintura e mi dà un bacio sulla fronte. Poi fa il giro, entra e mette in moto.

Guardo fuori dal finestrino, sta ricomparendo il cuoricino che avevo disegnato prima. Anche la città torna visibile, con i suoi palazzi, con le sue strade e col suo grigiore. Sta sorgendo il primo sole dell’anno, ma tutto &egrave fermo perché &egrave festa. E io sono davvero molto stanca.

Fine

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