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High Utility – Episodio 17

High Utility

Episodio 17

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Comunque, per Flavia, una delle cose migliori del capannone in cui scaricava la propria frustrazione che la vita le gettava addosso a palate con le orge era, sicuramente, lo spogliatoio con le docce funzionanti. Non avrebbe mai detto che un edificio in quelle condizioni, come quelli che si vedono nei servizi dei telegiornali su terremoti o bombardamenti, potesse disporre di una comodità simile, ma era così, e tutte le volte ne approfittava più che volentieri. E non solo per ripulirsi della sborra, il sudore e la polvere che le restava addosso quando si rotolava con le altre due ragazze e i loro quattro amanti nel cellophane in mezzo a quello che, un tempo, era stato l’ambiente principale, dove gli operai facevano il loro lavoro, ma anche per rilassarsi. Sentire l’acqua calda scorrergli addosso, lungo le sue curve non troppo generose, come se si fosse portata via anche i pensieri e le delusioni, era qualcosa di meraviglioso.
Uno scaldabagno di tutto rispetto in fondo al locale piastrellato lampeggiava come un albero di Natale indicando le varie funzioni in corso, con un tubo dell’acqua in ingresso ed un altro in uscita, che, a vista, si divideva in sei più piccoli e che andava ad alimentare i soffioni di altrettante docce. Era stato comprato da Yuri, a quanto aveva capito la ragazza intercettando delle chiacchiere in un paio di occasioni dopo altrettante orge, quando Jago gli aveva fatto visitare il capannone comprato tempo prima dal padre e mai finito di ristrutturare, proponendolo per soddisfare il loro sogno di fare sesso di gruppo con delle ragazze. Yuri aveva accettato la proposta, ma aveva insistito che ci fosse uno spogliatoio decente, dove potersi lavare una volta finita la scopata, e chiamato lo stesso amico che aveva fatto l’impianto idrico della sua villetta, chiedendogli di montare la migliore caldaia che avesse sottomano, pagandolo il doppio perché non ne facesse parola ad anima viva.
In effetti, sembrava che nessuno conoscesse l’ubicazione del luogo in cui si riunivano due o tre volte alla settimana, forse nemmeno il padre di Jago (ma la ragazza credeva che lo stesso ne fosse informato, o sarebbe stato curioso di scoprire per quale motivo si trovasse a pagare una bolletta per l’elettricità in un capannone semidiroccato). In ogni caso, a parte loro sette, quelli che si riunivano e passavano del tempo nudi, gli uni dentro le altre, nessuno aveva mai messo piede lì dentro (a parte l’idraulico, ovviamente, ma a quanto pareva la paga doppia doveva avergli causato un episodio di amnesia selettiva).
Ecco, il docciaschiuma era di una marca scadente, pensò Flavia mentre ne faceva colare un po’ in una mano, un liquido verdognolo dal deciso profumo di pino, ma non poteva certo aspettarsi che un uomo che passava le giornate a comprare e vendere denaro elettronico dai nomi ridicoli capisse anche di queste cose. E poi, finché era comprato con i soldi di Yuri, non le dava il minimo fastidio.
“Magari, la prossima volta potrei ringraziarlo anche per questo…”, pensò la ragazza, mentre si passava il liquido profumato sulle braccia e le spalle. Fisicamente, Yuri non la eccitava quanto Vittorio, ma era comunque il più educato di tutti, almeno quando non le stava sfondando il culo, cosa che gli riusciva comunque piuttosto bene. Si domandò se la sua Tesla avesse i sedili reclinabili per poterlo ricompensare una volta come si doveva…
Erano rimaste solo lei e Alena, costrette a fare i turni per lavarsi perché le docce non erano sufficienti per tutti in una volta. Si rincontrarono quando Flavia terminò la doccia e trovò l’amica accanto ai phon, questi comprati da Jago con i soldi della paghetta elargita dal padrone della struttura, scadenti al pari del docciaschiuma.
L’amica, una bionda che, nonostante il nome e l’aspetto lasciassero supporre una provenienza da nazioni dell’ex blocco sovietico, era di una famiglia di Caregan da almeno tre generazioni, alta e ben dotata sia di seno che di sedere, l’accolse con un sorriso. Flavia rispose con un altro, mettendosi accanto a lei e, nude entrambe, iniziò ad asciugarsi i capelli rossi.
– Ehi, Fla, – domandò la bionda, guardandola corrucciata, e toccandola in un fianco – cos’hai qui?
Flavia spense il phon, alzando al contempo il braccio per vedere la zona indicata dall’amica: una macchia rossa era appena sotto le costole in rilievo. – Porca troia, dev’essere stato quello stronzo di Diego quando mi ha presa a pecora, prima.
Alena annuì solidale. – Pare non gli basti sfondarti con il suo cazzone, deve pure lasciarti il segno con quelle manacce…
Flavia scosse la testa, sentendo i capelli bagnati picchiarle contro la schiena. Riaccese il phon. – Cosa ci costringe a fare queste cose, mi domando… due pezzi di fighe come noi, che potremmo avere gli uomini ai nostri piedi ad un solo cenno… – ironizzò, non riuscendo però a non sentire un tocco di gelosia per il corpo perfetto dell’amica.
La bionda però non sembrò accorgersi dell’accento di battuta dell’amica. Mentre riprendeva ad asciugarsi una gamba, appoggiata ad una sedia con un piede, confessò: – Non so te, ma io lo faccio perché voglio sedurre Jago e campare a sbafo con i suoi soldi. I soldi del vecchio, in realtà, perché lui mi sa che non se li sa tenere in tasca – ci tenne a sottolineare, sogghignando.
Flavia annuì, nascondendo una sensazione spiacevole che sentì crescere in lei a quelle parole. Per qualche motivo, l’amica le parve aliena come mai prima di allora. Deglutì quell’impressione.
Alena finì di asciugarsi l’inguine e, dopo aver preso le sue mutandine, vi infilò un piede. Senza alzare lo sguardo, chiese: – Che ne dici se sabato sera usciamo insieme? Piadineria e poi cinema?
“Come ogni sabato”, pensò Flavia, annoiata dalla stessa proposta. Nonostante ciò, considerando che non aveva niente di meglio da fare, e soprattutto nessun altro con cui farlo, non poté che accettare. Sperò solo che quella volta non fosse stato un altro stupido film romantico…

Continua…

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